3500 opportunità per i giovani e impegno sull'orientamento: la Alliance for Youth di Nestlé traccia i “mestieri d'Italia”
50mila opportunità in tutta Europa offerte a giovani under 30 da 200 aziende “partner”, a vario titolo, di Nestlé. Sono le prime cifre di Alliance for Youth, la “Alleanza per i giovani”, stretta tra il colosso svizzero e le aziende – da quelle più piccole alle multinazionali – con cui intrattiene rapporti commerciali nelle sue varie sedi europee. Obiettivo: «giocare un ruolo attivo contro la disoccupazione giovanile». Nestlé – che in Italia aderisce da sempre al network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, fregiandosi anche del Bollino OK Stage per le ottime condizioni offerte ai giovani – porta avanti da due anni un suo progetto peculiare, Nestlé Needs Youth, aprendo posizioni di stage e di lavoro al suo interno e lavorando sul territorio con attività di orientamento a favore dei Neet; attraverso la Alliance stimola le aziende con cui collabora a fare altrettanto. Quelle che hanno accettato di impegnarsi su questo progetto sono 200, di cui 13 in Italia: Accenture, Arti Grafiche Reggiane, Chep, Dhl Supply Chain, Dimension Data, DS Smith, FM Italia, Gi Group, Inalca, Nielsen, Praesidium, Publicis, Sit Group. E dato che il progetto Alliance for Youth è stato lanciato proprio un anno fa, adesso è tempo di primi bilanci. Le opportunità lavorative e di stage generate in Italia sono state 3.500: l'obiettivo iniziale di arrivare a 5mila entro il 2016 sembra dunque a portata di mano. Nestlé ha voluto trasformare la presentazione dei primi risultati, a Expo, in un'occasione di riflessione e di elaborazione di nuove proposte: «Il tema dell'occupazione dei giovani è molto importante e pesante», ha ribadito Leo Wencel, presidente e amministratore delegato di Nestlé Italia, dando il via al dibattito: «Oggi non presenteremo solo numeri ma anche riflessioni su come aiutare i giovani a trovare lavoro, e capire come investire nel passaggio dalla formazione al lavoro».«Lavorando sui giovani si può immettere linfa nuova nelle aziende, creare innovazione e aumentare la produttività» gli ha fatto eco Giacomo Piantoni, Human Resources head del Gruppo Nestlé in Italia, sottolineando i risultati incoraggianti dell'Alliance e rilanciando: «Cosa possiamo fare in più? Ci abbiamo riflettuto e stiamo ragionando su alcune idee, per esempio su formazione aziendale cross – strutturata», e sulla valorizzazione “incrociata” delle competenze acquisite: «Può capitare che al termine di uno stage in una delle aziende dell'Alliance non ci sia possibilità di assunzione lì, ma magari invece c'è un posto in un'altra». «Vogliamo parlare dei mestieri d'Italia, cioè quelli che rendono le nostre aziende competitive» anticipa Piantoni: «A volte sono completamente nuovi, come quelli del digital, altre volte sono mestieri che esistono da sempre ma che negli ultimi tempi hanno avuto una grande evoluzione». E se i giovani, come dice l'AD di Nielsen Giovanni Fantasia presentando i risultati di due ricerche sui Neet, «devono arrivare preparati all'appuntamento con il loro futuro», per arrivare preparati i nuovi mestieri bisogna conoscerli.Così parte la carrellata: il primo è il “consulente dell'innovazione”, descritto dal direttore Risorse umane di Accenture Paolo Galletti attraverso il racconto del «costumer innovation center» di Accenture: «Analizziamo le tendenze di consumo: i nostri consulenti devono capire come migliorare l'esperienza dei consumatori attraverso le nuove tecnologie, per aiutare le aziende ad essere sempre all'avanguardia. In questo centro l'età media è 28 anni, 50% uomini e 50% donne. Hanno energia, creatività, voglia di fare una esperienza internazionale, e lavorano su qualcosa che deve essere ogni giorno creato e portato alla luce».Si passa poi all'“esperto in e-commerce”: «Noi viviamo nello shopper marketing, segmento focalizzato sul processo di acquisto e su come il consumatore si muove» racconta Enrico Babucci, presidente di Praesidium: «Abbiamo lavorato su nuove professionalità, non ancora codificate, e per questo cerchiamo giovani che conoscano il linguaggio di comunicazione delle nuove tecnologie»Ma nel futuro c'è spazio anche per i vecchi mestieri, a patto che siano declinati nel senso dell'innovazione. Per esempio, della figura del venditore ci sarà sempre bisogno: «Ma oggi ha abbandonato la vecchia valigetta, gira con il tablet» rimarca Elena Savinelli, responsabile HR area vendite di Nestlé, ammettendo però con rammarico la grande «distanza da parte dei giovani nei confronti di questa professione, che invece merita di essere rivalutata. I percorsi scolastici e universitari proiettano sempre di più verso le aree di marketing e di strategia pura, ma é importante vivere l'esperienza diretta dell'area vendite. Il momento della verità è il momento dell'acquisto!». Una esperienza nel settore vendite, attraverso cui si sviluppano «le soft skills, come l'intraprendenza», può essere peraltro una «tappa di sviluppo che porterà poi magari al “desiderata” del marketing o del trade marketing». Cosa che è spesso accaduta anche all'interno di Nestlé con il progetto Sanpellegrino Sales Campus, che la Savinelli cita con orgoglio: «Abbiamo sviluppato un percorso di grande successo, il 90% dei giovani che hanno partecipato hanno trovato poi lavoro dentro Nestlé o in altre aziende».Nestlé si è anche cimentata in una sperimentazione di “stage doppio”, insieme a Chep: «Abbiamo realizzato un percorso di stage condiviso nella supply Chain, con la selezione e poi la formazione condivisa con Nestlé Waters» racconta Paola Floris, AD di Chep: «Obiettivo: creare una maggiore employability, dando la possibilità ai giovani di fare esperienza non solo in una sola azienda bensì in due. Per noi aziende è stata una occasione per condividere le best practice; e abbiamo acquisito una persona che aveva fatto uno stage in Nestlé ed è stata assunta poi in Chep».Anche settori iper tradizionali come la logistica stanno vivendo, con le nuove tecnologie, una piccola rivoluzione: «Il magazzino non è più un antro oscuro. Oggi le merci arrivano tracciate, gli operatori utilizzano sistemi di radiofrequenza» dice Marilina Raimondo, direttore risorse umane di Fm logistic: «Abbiamo necessità di esperti della logistica che sappiano organizzare questi mestieri, con competenze manageriali». «Non c'è più il magazzino buio, non abbiamo più i vecchi scaffali: abbiamo bisogno di professionalità specifiche. Cerchiamo ingegneri che non siano semplicemente ingegneri, devono avere uno spirito commerciale, conoscere la tecnologia, proporre soluzioni ai nostri clienti» le fa eco Anna Casali, vicepresidente di Dhl supply chain: «Cerchiamo un background ingegneristico, ma anche il valore della spinta all'innovazione. Il settore del “Solution design” fa riferimento a un mondo di ricerca e sviluppo che difficilmente si trova nel nostro settore. Alcuni dei ragazzi che abbiamo inserito anche grazie a questa Alliance».E tra i lavori antichi, spazio all'accoppiatore e al fustellatore, operai specializzati «ma 2.0» specifica Francesca Traversi, direttore HR di Arti Grafiche Reggiane: «Cerchiamo diplomati di istituti professionali e tecniche, ma devono sapere l'inglese per confrontarsi con i tecnici manutentori internazionali». Con una riflessione sulla alternanza scuola-lavoro, «per noi fondamentale: poter avere ragazzi tra i 16 e i 18 anni che cominciano subito un percorso di formazione nella cartotecnica per noi può cambiare la vita dell'azienda».Così come i mestieri che ruotano intorno alla valorizzazione dell'eccellenza agroalimentare italiana: «Il nostro è un settore “old economy”, una attività a servizio perenne della società: la macellazione delle carni. Abbiamo dunque bisogno del macellaio, il “principe degli artigiani”, colui che gestisce il cibo più nobile» racconta Luca Macario, direttore comunicazione di Inalca: «Sembra incredibile ma oggi questa figura va scomparendo e non c'è una scuola di formazione, a parte qualche iniziativa a livello locale. Eppure ci sono competenze che si sono sviluppate nei secoli, pensiamo solo ai salumi. Noi ci siamo inventati una sorta di scuola: ogni anno circa 600 giovani, molti dei quali stranieri, fanno i nostri corsi con 2 mesi di parte teorica e 3-4 mesi di parte operativa. Il 90% trova lavoro, oppure torna in Russia o in Africa portando queste competenze e mettendosi in proprio. Pensiamo adesso di strutturare una Academy: stiamo formando dei giovani che in Congo, in Angola e in Russia potranno aprire dei centri di macellazione».E ancora: «Quello del designer tecnico è un mestiere antico ma in continua evoluzione: noi stiamo investendo molto su questa figura professionale. È difficile, servono conoscenze e capacità tecniche ma bisogna anche capire le nostre necessità produttive e avere cognizioni di marketing e di logistica» dice Luca Rizzo di DS Smith, passando poi il microfono al “testimonial” Nicolò Barbieri, che con i suoi 24 anni è il relatore più giovane: «Ho sempre saputo quello che volevo fare. Il passaggio dalla scuola al lavoro non è stato dei più semplici, ma con testardaggine sono riuscito a trovare una azienda come Ds Smith, che mi ha formato e mi ha dato la possibilità di andare all'estero, e di confrontarmi con colleghi e clienti di altre nazionalità».Dopo Barbieri, un altro ventenne si presenta alla platea per raccontare il suo mestiere del futuro: quello di “Innovatore in ricerca e sviluppo”. «Non bisogna pensare allo scienziato calvo chiuso nello sgabuzzino: oggi il ruolo è fortemente connesso con il business» assicura Alexandro Righi, 27 anni, da un anno e mezzo in Sit, azienda importante nel panorama del packaging flessibile: «Bisogna capire le esigenze del mercato, costruendo una strategia ragionata di innovazione».Anche mestieri relativamente giovani, come quelli della comunicazione, sono cambiati moltissimo negli ultimi anni: «Più di altri settori abbiamo subìto e sentito il peso della trasformazione del mondo della comunicazione da offline a online: internet ha cambiato il nostro modo di lavorare e quindi le competenze che noi cerchiamo all'interno del mercato del lavoro» spiega Giulia Vitetta, direttore risorse umane di Zenit Optimedia - Publicis, multinazionale francese della comunicazione: «Il “data scientist” analizza il grande mondo dei big data, uno dei fenomeni più importanti di questo momento storico; è diventata una vera e propria professione, non deve solo recuperare dei dati ma deve utilizzare e trasformare le informazioni che provengono dai siti per poterle utilizzare in ottica di sviluppo del business. Questa Alliance ci aiuta molto, speriamo che il mondo accademico ci supporti sempre di più perché i giovani possano arrivare da noi con qualche capacità tecnica in più».Ma come si instradano i giovani verso i mestieri che più il mercato del lavoro oggi richiede? «Noi cerchiamo di porci come intermediari. Dobbiamo puntare sull'alternanza scuola lavoro, portare i giovani in azienda» risponde Zoltan Daghero, direttore commerciale di Gigroup: «E poi dobbiamo creare academy per costruire quelle professionalità di cui le aziende hanno bisogno ma che non sono conosciute tra i ragazzi». La sfida dell'Alliance è anche questa: l'orientamento e la formazione.