Lavoro stagionale, opportunità o sfruttamento?
La Repubblica degli Stagisti compie in questo mese di agosto un viaggio nell'universo del lavoro stagionale: articoli e storie che focalizzano questo particolare segmento del mercato del lavoro, con le sue luci e ombre.La stagione estiva è in pieno svolgimento e con essa i cosiddetti “lavoretti” estivi. Camerieri, baristi, bagnini e gelatai: queste alcune delle professioni più richieste, soprattutto nelle località turistiche costiere. Secondo un’elaborazione condotta da Repubblica degli Stagisti su dati Excelsior, questa estate i lavoratori stagionali impiegati nel settore turistico, con un contratto di lavoro stagionale, sono circa 40mila. Una stima che emerge considerando le assunzioni totali previste da parte delle imprese italiane per il terzo trimestre del 2019, quelle del settore turistico e l’incremento dei contratti a tempo determinato nel medesimo periodo. Il lavoro stagionale è utilizzato dalle imprese che, in vista dell’aumento dell’attività in particolari periodi dell’anno, decidono di assumere nuovo personale facendo ricorso a contratti stagionali. Così liceali, universitari e neo laureati, ma anche persone più avanti con gli anni, per guadagnare un po’ di soldi, si rimboccano le maniche e “vanno a fare la stagione”.Ma come sono disciplinate in Italia queste occupazioni? Cosa prevedono i contratti stagionali di lavoro? Sono una forma di sfruttamento o un’opportunità per i più giovani?Il lavoro stagionale «è un particolare tipo di occupazione a tempo determinato caratterizzata per la stagionalità delle prestazioni svolte», spiega alla Repubblica degli Stagisti Roberto Maurelli, 34 anni, avvocato specializzato in diritto del lavoro: per inquadrarlo bisogna fare riferimento a due testi normativi, il decreto presidenziale 1525/1963 e il decreto legislativo 81/2015.«Il decreto del 1963» prosegue Maurelli «elenca le attività stagionali e il decreto legislativo, in relazione a queste, prevede alcune peculiarità rispetto alla disciplina “generale” del contratto a tempo determinato» rendendo così il contratto di lavoro stagionale più elastico e con meno vincoli.«Queste peculiarità fanno sì che il contratto stagionale non sia sottoposto al limite di durata massima di 24 mesi» aggiunge Carla Capriotti, 54 anni, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Ascoli Piceno, provincia nota per il turismo estivo che, secondo i dati dell’Osservatorio Turismo della Regione Marche, nel quinquennio 2013-2017, ha registrato una media di 1.300.000 presenze turistiche solo nel trimestre giugno, luglio, agosto, nelle località balneari della provincia.«A questo contratto» prosegue Capriotti «non si applicano nemmeno le prescrizioni relative allo stop and go, ossia l'obbligo di rispettare, ai fini del rinnovo, gli intervalli di tempo minimo tra un contratto e un altro». Inoltre, aggiunge la consulente, «il contratto stagionale non prevede il regime delle causali». Questo significa che può essere rinnovato senza che siano giustificate determinate esigenze connesse all’attività.«Il contratto stagionale» chiarisce Carla Capriotti «è anche escluso dai limiti quantitativi del 20% rispetto alla forza lavoro impiegata con contratto a tempo indeterminato». Ciò implica che per le imprese non c’è un limite massimo di lavoratori stagionali assumibili. Questi, infine, hanno diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore per le stesse attività stagionali.Secondo Roberto Maurelli non si può parlare di lavoro sottopagato o sotto tutelato perché «il decreto legislativo del 2015» che si applica anche ai lavoratori stagionali «stabilisce che al lavoratore a tempo determinato spetti lo stesso trattamento economico e normativo applicato nell’impresa ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato». Dello stesso avviso è Carla Capriotti che, definendo il contratto stagionale «un buon contratto», evidenzia come questo possa essere «un’opportunità per i giovani che studiano e cercano di rendersi autonomi, ma anche per tutti quei lavoratori che non riescono a trovare una stabile occupazione».A tal proposito Roberto Maurelli ricorda che «la normativa riguarda persone di tutte le età, in quanto nessuna norma impone che il prestatore di attività stagionale debba essere “giovane”».«In ogni caso» aggiunge l’avvocato «la ratio della normativa del lavoro stagionale non è quella di offrire un’opportunità ai giovani, bensì quella di rendere più flessibile la disciplina del contratto a termine, laddove incompatibile con le caratteristiche delle attività stagionali». Infatti tale disciplina è stata concepita per favorire «alcune attività che altrimenti non potrebbero essere svolte e non i lavoratori» illustra Maurelli spiegando che «è comunque idonea a tutelarli».Non bisogna però limitarsi a quanto scritto nelle norme di riferimento. Secondo entrambi i professionisti ci sono delle considerazioni ulteriori da fare che evidenziano alcune criticità. «La verità è che per alcuni lavori stagionali, tipicamente quelli estivi di bagnino, cameriere o barista, i datori di lavoro non ricorrono a questa forma contrattuale, ma ne preferiscono altre, come i contratti a chiamata» sottolinea Maurelli «che consentono di impiegare il lavoratore non per l’intera “stagione”, ma solo per quei giorni in cui la prestazione viene ritenuta proficuamente utilizzabile, ad esempio quando è bel tempo o nei fine settimana». Si tratta di una scelta legittima «anche se, ovviamente, comporta una riduzione della retribuzione percepita dal dipendente».Il fenomeno che, invece, andrebbe contrastato è quello dell’utilizzo fraudolento di queste forme contrattuali, come ad esempio «le prestazioni occasionali che vengono rese oltre i limiti massimi consentiti e che, in realtà, mascherano rapporti continuativi» spiega Maurelli.Una pratica che nasconde illeciti e abusi, spesso subiti dai giovani disposti ad accettare qualsiasi condizione pur di avere un’occupazione. Anche sulle attività stagionali, infatti, si abbatte la piaga del lavoro in nero, come testimoniato da alcuni giovani. «Dai 14 ai 19 anni ho lavorato come barista stagionale e sono sempre stato pagato in nero: mi facevano addirittura prendere da solo i soldi dalla cassa» racconta alla Repubblica degli Stagisti Emanuele, 22 anni: «Ero consapevole del comportamento scorretto dei miei titolari, ma non mi sono mai lamentato per paura di essere mandato via».Il problema, precisa l’avvocato, «non può essere risolto rimettendosi esclusivamente all’iniziativa del singolo di tutelare i suoi diritti in giudizio, ma potenziando le verifiche ispettive degli enti competenti e la conseguente attività repressiva degli illeciti». Dall’azione di controllo svolta nel 2018 dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro risulta che il settore “attività dei servizi di alloggio e ristorazione” ha il più alto indice di dipendenti irregolari (15.621 accertati in 18.689 controlli). L’Ispettorato rileva anche che in questo settore, al secondo posto per le irregolarità nelle fattispecie contrattuali flessibili, nel 54% degli accertamenti sono stati trovati lavoratori in nero: oltre 10mila sono i dipendenti senza contratto. Considerando che nel campo in esame sono compresi alloggi, ristoranti, bar e gelaterie, ovvero i luoghi dove per i ragazzi è più facile trovare il “lavoretto” stagionale, non è difficile trarre le conclusioni.Per fortuna però, c’è chi come Gioia, diciannovenne neodiplomata all’istituto tecnico per il turismo, ha avuto la possibilità di lavorare in regola, con tutte le dovute garanzie e tutele. «Quest’anno sono stata assunta, con regolare contratto, come cameriera in un hotel» racconta la ragazza alla Repubblica degli Stagisti: «Sono entrata in contatto con i miei datori di lavoro tramite amici in comune. Per essere la mia prima esperienza come stagionale mi ritengo molto fortunata perché percepisco 900 euro lordi per lavorare 8 ore al giorno. Anzi, delle volte anche meno perché i miei titolari, se non c’è molto da fare, mi fanno andare via prima. Il contratto scadrà a fine mese, ma spero proprio che me lo rinnovino: è piacevole lavorare qui».