Scritto il 23 Set 2019 in Notizie
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Da giugno Danone ha deciso di fare quello che nessuna altra azienda in Italia (quantomeno per ora) aveva mai fatto: ha incluso gli stagisti nel suo piano di welfare.
Il piano di welfare è un pacchetto di “benefit” che ormai quasi tutte le grandi aziende – e anche qualche pmi – prevedono per i loro dipendenti. Va ad aggiungersi allo stipendio mensile permettendo di usufruire di alcuni servizi, oppure ricevere un rimborso per alcuni tipi di spese: si tratta insomma di un “regalo” verso i dipendenti, per renderli più soddisfatti e andare incontro alle loro necessità. In pratica è un modo per aumentare il loro potere d'acquisto senza bisogno di dare aumenti di stipendio; sentirsi “coccolati” fa sì che i dipendenti si sentano più motivati, siano più fedeli, performino meglio. Alcuni esempi di cose che le aziende possono prevedere di finanziare: attività sportive, polizze sanitarie integrative, polizze di pensione integrativa, corsi di lingua; oppure possono stipulare convenzioni con esercizi commerciali in modo che poi i dipendenti possano godere di sconti, o offrire servizi di consulenza legale, giornate di volontariato d’impresa, visite culturali… Chi più ne ha più ne metta: perfino lo smart-working è, formalmente, una forma di welfare aziendale.
Negli ultimi anni alcuni contratti collettivi nazionali – come quello dei Metalmeccanici – hanno previsto che per le aziende sia obbligatorio prevedere strumenti di welfare – che possono essere anche semplicemente buoni shopping e spesa. Ma nessun contratto collettivo impone che il welfare sia messo a disposizione anche degli stagisti.
Danone ha deciso di aprire questa pista. E non – o almeno, non solo – per “bontà”. «Tutte le nostre politiche di welfare hanno prodotto ROI [acronimo che sta per “Return On Investment”, il famoso ritorno sull'investimento] e risultati eccellenti in termini di ingaggio delle persone» conferma alla Repubblica degli Stagisti Sonia Malaspina, direttrice HR Sud Est Europa di Danone, snocciolando i risultati relativi ai progetti portati avanti sopratutto in ambito donne e maternità: «Le tre aziende di Danone in Italia [Danone, Mellin e Nutricia, ndr] sono certificate Great Place to Work. Due delle tre aziende sono nella top ten list; hanno aumentato l’attrattività e la retention dei talenti; hanno favorito la crescita del management femminile. Oggi il 45% dei manager sono donne; il 40% delle promozioni degli ultimi due anni ha riguardato donne al rientro dal congedo; il 100% delle donne è rientrato al lavoro dopo la maternità».
Vi è un forte parallelismo, secondo Malaspina, tra le politiche che Danone attua da molti anni per favorire l’occupazione femminile e le carriere delle donne in azienda e la decisione di aprire il welfare agli stagisti. Investire sulle donne e investire sui giovani sono insomma due cose correlate, e «producono dei risultati molto positivi per la competitività dell’impresa. È un cambio di paradigma» La policy a favore dei caregiver (termine tenuto volutamente neutro, anche se di fatto chi si occupa di bambini e anziani è quasi sempre una donna) in Danone Italia «è stata applicata in un arco di tempo significativo – otto anni – e ha contribuito a produrre grandi risultati in termini di ingaggio e produttività delle persone. Siamo convinti che a distanza di qualche anno potremo dire lo stesso dell’estensione del welfare agli stagisti».
Una tesi che Costanza Ramorino, vicepresidente dell’associazione Valore D, sposa in pieno: «La D di Valore D è "donna", perché da dieci anni ci impegniamo per l’equilibrio di genere e ancora oggi - purtroppo - non é un risultato raggiunto. Ma la sperimentazione di politiche di diversità e di inclusione di genere ha creato una consapevolezza e un know-how che consentono di valorizzare altri tipi di diversità, a partire da quella generazionale e da quella culturale. Spesso in ufficio convivono cinque diverse generazioni, ed é quindi strategico ascoltare e capire i loro diversi bisogni: quest'anno l'associazione ha contribuito alla ricerca “Generazione Z: un nuovo approccio al mondo del lavoro” per offrire alle imprese un quadro della situazione e possibili risposte organizzative». Quindi «sì, investire sull’inclusione é un investimento utile e profittevole: c’è una forte correlazione tra grado di diversità delle persone in azienda – considerando diversità di genere, background educativo, cultura, carriera, settore di provenienza – e la percentuale di ricavi da innovazione». E certo estendere il welfare aziendale agli stagisti è un bell'esempio di innovazione e inclusione.
Da notare che Danone ha espressamente scelto di non essere “autoreferenziale” nella sua scelta: al contrario, ha voluto condividerla – anche formalmente – con il sindacato. «Avrebbe potuto certamente procedere per conto suo all'estensione del welfare, senza confrontarsi con la Fai Cisl e senza "fissare" quindi in un accordo scritto un impegno tra le parti sociali – e senza richiamare i principi di inclusione e perequazione che non a caso sono stati inseriti nel testo» spiega Gennaro De Falco, sindacalista Cisl che si è occupato dell'iniziativa: «Aver inserito in un accordo l'estensione del welfare fa sì che esso diventi “storia contrattuale”, così che anche gli stagisti futuri possano beneficiare di questo accordo». Anche, insomma, se il management che oggi ha approvato questa estensione dovesse cambiare.
Il valore monetario della scelta di Danone è di 2mila euro pro capite, e in futuro potrebbe anche crescere: «Nell'accordo si cita che agli stagisti viene esteso il welfare destinato ai dipendenti: ciò vuol dire che se i dipendenti in futuro percepiranno un welfare superiore ai 2mila, così succederà per gli stagisti, e questo è un ulteriore grande punto di valore dell'accordo». Ovviamente i 2mila euro per i dipendenti sono calcolati su base annuale, dunque per gli stagisti verranno poi proporzionati alla effettiva durata del tirocinio.
Ma la domanda è d’obbligo: dato che dei soldi sono stati stanziati a favore degli stagisti, non è che tra i dipendenti c’è stato qualche mugugno? Della serie “Ma se hanno questi soldi, perché non darli a noi”? «La premessa è che, visto che per definizione le risorse non sono mai infinite, trovare un equilibrio è un esercizio molto difficile, ma l'unico modo per non perdere la fiducia delle persone che si rappresentano – e far sentire loro che c'è un rapporto di lealtà – è far comprendere i meccanismi che hanno portato a determinate scelte». Massima trasparenza e nessun mugugno dunque: «I dipendenti del Gruppo Danone non hanno assolutamente mosso obiezioni all'estensione del welfare agli stagisti; questa fiducia dunque si trasforma – nel caso specifico – in un'approvazione di questa estensione».
La Repubblica degli Stagisti ha deciso di conferire un riconoscimento speciale, lo scorso giugno, a Danone proprio per questa estensione: uno “Speciale AwaRdS Welfare per gli Stagisti”[nella foto, Malaspina con De Falco e Voltolina]. Forse qualche altra azienda l'anno prossimo riuscirà a vincerlo? In questo caso in effetti, contrariamente a quanto succede di solito nel mercato, Danone vorrebbe essere copiata, e si mette a disposizione per “indicare la strada”: «Le aziende hanno grandi capacità di produrre un cambiamento positivo nella società perché possono contribuire a ispirare le istituzioni, collaborare con le parti sociali per migliorare le condizioni; possono allearsi in associazioni come Valore D per produrre un maggiore impatto sociale. Siamo a disposizione di tutte le aziende che vogliono approfondire l’argomento» promette Malaspina.
«Questo accordo potrà sicuramente servire a sensibilizzare anche altre aziende sull'argomento» aggiunge De Falco: «Estendere il welfare significa valorizzare l'impegno che le giovani e i giovani mettono quando iniziano un'esperienza di stage, oltre che venire incontro praticamente alle esigenze di uno stagista e alle sue aspettative. Una scelta del genere è un atto di responsabilità sociale».
Sul sito di Valore D si legge che l’87% delle aziende associate ha attivato piani di welfare aziendale per il benessere dei collaboratori e dei loro familiari. «In un contesto in cui la spesa pubblica per il welfare é in continua riduzione, quello che è un tempo era chiamato "welfare sussidiario" o " secondo welfare", cioé quello privato erogato dalle aziende, sta in realtà diventando fondamentale» riflette Ramorino, che è anche Co-Head of HR CEO Functions di Unicredit: «Basti pensare che, secondo gli ultimi dati Osce, l'Italia spende il 27,9% del proprio PIL per politiche sociali, ma la metà – 13,6% – é assorbito da pensioni mentre solo il 6,7 % é destinato alla salute e solo il 2% a politiche di supporto alla famiglia, di corto termine – cash benefit. Per dipendenti e collaboratori il welfare aziendale diventa quindi non solo una leva di motivazione e fidelizzazione ma di vera e propria integrazione dello stipendio».
E chissà se nella prossima edizione del suo vademecum “Policy perfette” sui piani di welfare Valore D aggiungerà il suggerimento di includere anche gli stagisti… «Possiamo valutare con attenzione questo spunto, facendo magari best practice sharing con Danone» chiude Ramorino.
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