«Cerco un'azienda in cui usare il cervello e che investa su di me»: il dietro le quinte di Meet the future, l'evento di recruiting di EY
La giornata si apre a fine mattinata: invece del solito iter di selezione, inizia un mega evento per mettere i candidati direttamente sul banco di prova. Lo ha fatto EY con 'Meet the future' a Roma qualche giorno fa (e c'è stata anche una data milanese). Così, nel giorno del match Italia-Spagna gli studenti e neolaureati che si sono distinti per la miglior performance online preliminare hanno riempito gli ex magazzini del Foro Italico, oggi Officine Farneto. Un enorme capannone immerso nel verde e circondato da una terrazza. Stile industriale e avanguardista, perfetta cornice per i meeting dedicati all'innovazione.Bandendo le formalità che caratterizzano di solito il primo contatto tra candidati e aziende, la multinazionale ha convocato circa 70 ragazzi (altrettanti la volta precedente a Milano) filtrati attraverso un quiz online sui temi del marketing e del digitale. «Parallemente abbiamo chiesto loro di registrarsi sul sito e di mandarci il cv» spiega Annalisa Lucarelli, responsabile recruiting ed employer branding di EY. «E la sorpresa è stata scoprire al momento dello screening finale che i profili erano coincidenti con quello che cercavamo: laurea in economia, ingegneria, informatica, matematica e statistica e interesse per il digital». Il primo impatto smentisce subito l'idea di chi non avverte nelle nuove generazioni sufficiente energia. Si respira anzi voglia di fare, dinamismo, concentrazione. Con un clima, nonostante di mezzo ci sia una corsa verso posti di lavoro, tutto fuorché di tensione, ma più simile a una festa: ragazzi vestiti di tutto punto, aperitivo, musica, chiacchiere (immancabile maxischermo per godersi insieme la partita). E nel frattempo un business case da risolvere. Sotto la guida dei mentor i partecipanti vengono divisi in gruppi, e viene chiesto loro di lanciare un progetto di e-commerce per costumi da bagno con un budget di 125mila euro. Obiettivo: studiare il target, strutturare la campagna, trovare i canali social per diffonderla, creare un video di presentazione per il cliente.Le riprese sono poi proiettate davanti a tutti, tra commenti divertiti, entusiasmo e un po' di inevitabile timidezza. Alla valutazione da parte dei recruiter segue anche qualche bonaria tirata di orecchie: «Dovete presentare il vostro team al cliente, è la prima cosa». E ancora: «Il lavoro va suddiviso in fasi, servono degli step, dovete spiegare come vi muoverete». «Bisogna cercare informazioni sul mercato di riferimento». Poi la proclamazione del vincitore, il team giallo. Tra i gialli c'è Fabiola Tammaro [nella foto sopra], 26enne di Avellino. È spigliata e ha uno sguardo determinato: ha archiviato la sua laurea in geologia per un amore improvviso per la consulenza scoppiato a seguito di un master in economia a Londra: «Lì per il marketing non conta niente la provenienza accademica. Ci sono manager che hanno studiato chimica». Viene dal liceo scientifico, è un po' pentita della scelta universitaria fatta («a 19 anni idee dettate più dalla passione che dall'esperienza»), ma non di aver optato per il campo scientifico: «Con il senno di poi sceglierei però un percorso che dia più sbocchi come economia o ingegneria». Adesso per lei e decine di coetanei impegnati nel business game si prospetta l'inserimento in una delle big four della consulenza, tramite stage o contratti di lavoro. «Una ragazza che aveva un paio di anni di esperienza è stata già assunta a Milano» specifica Lucarelli. «Abbiamo posizioni aperte già da subito, altre che si apriranno dopo l'estate: l'obiettivo è arrivare a immettere quasi tutti coloro che abbiamo incontrato agli eventi di Roma e Milano».Non un «vi faremo sapere» insomma, ma una vera e propria call. Un sogno per tanti dei partecipanti. Una è Antonella Di Luca, romana, 23 anni, studentessa di Business Administration a Tor Vergata con aria sognante, che vorrebbe «un'azienda in cui usare il cervello, applicare le conoscenze teoriche dell'università e che investa su di me: in EY si imparano in due anni cose che altrove si assimilano in molto più tempo». «È come un ciclo continuo di apprendimento» le fa eco Giorgia Pannimiglio, coetanea all'ultimo anno della magistrale in Corporate Finance alla Luiss [con Antonella Di Luca nella foto a destra], look informale: «Mi piace molto studiare ed è importante per me che ci sia formazione». E continui stimoli: «Nella consulenza si cambia di continuo progetto e team di lavoro, si va avanti per obiettivi, che è come io organizzo la mia stessa vita. Mi sento affine per personalità a questo mestiere».Pierpaolo Paoloni [a destra nella foto sotto insieme ai compagni], timido e brillante 24enne di Fermo (a lui il primo posto nella competizione online), specialistica in Bocconi in Marketing Management, è attirato dal settore della consulenza «perché si può lavorare in diversi campi e business, espandere la propria conoscenza su diversi mercati». Anche l'ambiente di lavoro fa la sua parte: «So che si può contare su un clima di serenità, per questo mi attrae il modo in cui lavorano» dice con piglio sicuro Massimiliano Scarpa, 25 anni, laureato alla Federico II di Napoli. «L'ambiente è giovanile e innovativo, in più vogliono fare digital branding, che è quello che un giovane di oggi cerca». Massimiliano, che ha alle spalle stage come business analist, riflette anche sull'importanza di questi incontri, che «insegnano soft skills, tra cui fare public relation». «Non ho idea di come finirà», ammette Renzo Tarantino, 25 anni e laureato a pieni voti in management aziendale all'università di Lecce [al centro nella foto]. Parla disinvolto e si dice soddisfatto perché «abbiamo lavorato su come organizzare al meglio la campagna, anche se in modo improvvisato».Tra i partecipanti insomma poca rassegnazione, tantomeno voglia di scappare dall'Italia temendo di non avere un futuro. Per Fabiola «se una persona è tenace e si impegna le viene data la possibilità di dimostrare quanto vale». Alla condizione però di «coltivare interessi, essere diversi dagli altri. Fare la differenza aiuta». Un capitale umano che non è sfuggito a EY, che fa parte del circuito di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti. E non a caso premiata quest'anno con un AwaRDS per la «miglior performance di assunzioni dirette di giovani» con il 71% di assunzioni post stage e 477 giovani assunti direttamente, lo scorso anno, senza nemmno passare per lo stage. Ilaria Mariotti