Eleonora Voltolina
Scritto il 02 Ott 2016 in Notizie
Commissione Europea Disoccupazione Garanzia giovani Neet Parlamento europeo Youth Forum
L'Unione europea fa abbastanza per contrastare la disoccupazione giovanile? La domanda si intreccia inevitabilmente con la sorte della Garanzia Giovani, l'iniziativa di matrice europea avviata nel 2014 proprio per aiutare i Paesi europei con più alti tassi di inattività tra gli under 30.
Un paio di settimane fa la Commissione europea, durante sessione plenaria, ha presentato il suo documento di revisione di medio termine del quadro finanziario pluriennale. E c'è stato uno spazio anche per anticipare l'intenzione di proseguire l'esperienza di Garanzia Giovani.
Lo strumento principale per finanziare Garanzia Giovani è la Youth Employment Initiative, che al suo avvio aveva avuto una dotazione specifica di 3,2 miliardi di euro più altri 3,2 del Fondo sociale europeo. Su questa base finanziaria nel 2014 era stata avviata la Youth Guarantee: inizialmente i soldi erano pensati per essere usati nell'arco di 7 anni, ma quasi subito (e principalmente grazie all'impegno italiano) era stato approvato un front-loading dei fondi.
Ottenuto l'ok a utilizzare tutti i fondi nei primi due anni, cioè 2014 e 2015 (con effetti che perdurano anche nel 2016), ci si era però resi conto che la GG restava al palo: da qui la battaglia di alcuni parlamentari europei, tra cui il giovane italiano Brando Benifei del Pd, per far approvare un deciso aumento della quota di pre-finanziamento (dall'1% al 30%). I programmi Garanzia Giovani infatti non partivano, nei vari Paesi interessati, perché Stati e regioni non riuscivano non avevano il cash per anticipare il 99% delle spese legate ai progetti. Da quando la quota di prefinanziamento è stata approvata, il meccanismo di Garanzia Giovani in tutta Europa ha cominciato a girare: a rilento, ma sembra che stia funzionando.
Quanto? Come? Con quali disparità? Finalmente, dopo tante domande, stanno anche per arrivare le risposte. Il 12 ottobre la Commissione pubblicherà il molto atteso report sui risultati di Garanzia Giovani e Youth Employment Initiative. Si tratta di un report di medio termine, a cura della DG Employment della Commissione, che finalmente racconterà come e dove sono stati spesi i soldi, dove sono stati usati meglio, che impatto hanno avuto in termini occupazionali e cos'hanno hanno portato in termini di ammodernamento del mercato del lavoro dei Paesi membri.
Le anticipazioni all'interno del documento sul quadro finanziario pluriennale sono positive: in quella sezione si legge che il programma Youth Employment Initiative sta avendo successo, «incrementando significativamente le opportunità per i giovani».
Benifei si dice moderatamente ottimista: «Nell'ultimo anno c'era stato un umore piuttosto grigio sulla possibilità di rifinanziare la Youth Employment Initiative: sembrava che gli Stati beneficiari non fossero in grado di utilizzare questi fondi». Gli stati “finanziatori netti”, cioè quelli che contribuiscono più degli altri al bilancio UE, come ad esempio Germania, e che finanziano dunque lo YEI senza beneficiarne – non avendo, fortunatamente per loro, livelli preoccupanti di disoccupazione giovanile e di Neet – erano comprensibilmente irritati. «La Commissione deve dimostrare che questi fondi stanno funzionando: e a questo punto sembra proprio che stia scommettendo sul programma». Cosa che non era affatto scontata.
Resta però il nodo sulla quantità di soldi che verranno messi sul piatto per questo rifinanziamento. Nella proposta della revisione di medio termine si parla di un miliardo di euro di fondi specifici YEI e un altro miliardo tratto dal Fondo sociale europeo 2017-2020.
In sostanza, vorrebbe dire circa un terzo del finanziamento precedente: «Certo, è un bene che si parli di questi due miliardi», commenta Benifei, «perché avremmo potuto averne anche zero». Ma il periodo di riferimento è stato aumentato – da due a tre anni – e i fondi sono stati diminuiti. Tuttavia i Paesi beneficiari dello YEI da 20 si riducono a 15: aumentando dunque la dotazione finanziaria effettiva per quegli Stati con un tasso di disoccupazione giovanile attualmente superiore al 25%.
Pur non potendo parlare di un vero e proprio taglio ai fondi – essendo di fatto un'aggiunta alla disponibilità originariamente stanziata – questa riduzione “di fatto” di risorse annue per i programmi YEI fa infuriare anche lo European Youth Forum: «Senza volontà politica e finanziamenti per attuare efficacemente la Garanzia giovani, la disoccupazione giovanile in Europa continuerà» si legge in un comunicato: «La Garanzia Giovani ha i suoi difetti, ma gli Stati membri ne stanno gradualmente migliorando l'attuazione e milioni di giovani ne hanno beneficiato direttamente con un lavoro, un periodo di formazione o un apprendistato». Secondo lo Youth Forum l'attenzione concreta – leggi: i soldi – verso il target dei giovani è ancora troppo scarsa: «I nostri studi hanno dimostrato che solo l'1,8% del bilancio Ue si rivolge direttamente ai giovani. Tuttavia essi sono il gruppo più a rischio di povertà ed esclusione sociale in tutta l'Unione, e la disoccupazione giovanile a luglio ha toccato il 18,8%». Insomma «non è più il tempo per le belle parole», come riassume Johanna Nyman, presidentessa dello Youth Forum: «Abbiamo bisogno di risposte, di nuovi investimenti nei giovani».
Benifei promette battaglia: «Durante le negoziazioni, Parlamento e Consiglio europeo dovranno accordarsi sui soldi. Noi avanzeremo una rivendicazione ragionevole: la proposta di tutto nostro gruppo politico, l'Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici, sarà quella di chiedere una allocazione finanziaria maggiore, per riuscire a incidere maggiormente sulla crisi occupazionale».
E il documento della Commissione europea previsto per il 12 ottobre non sarà il solo: a breve dovrebbe essere ultimato anche un report del Parlamento europeo sulla implementazione della Youth Employment Initiative che potrebbe contenere delle raccomandazioni di tipo politico in questo senso. E differenza del report della Commissione, quello del Parlamento conterrà solo un'analisi dei dati ufficiali, ma anche istanze provenienti da altre fonti, e una lettura più politica dell'intera iniziativa. Stiamo a vedere.
Eleonora Voltolina
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