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Covid e stage, le università si organizzano e i tirocini vanno (più o meno) avanti

L'Italia è in un nuovo, sostanziale lockdown. Come si stanno organizzando adesso le università rispetto ai tirocini di loro competenza, ovvero i curriculari e gli extracurriculari per neolaureati? A un mese dall'ultimo dpcm che ha tinto di rosso la quasi totalità delle regioni italiane, la bella notizia è che non sembrerebbe sia più in corso quella generalizzata interruzione dei percorsi a cui erano andati incontro gli stage dopo le prime chiusure a causa del Covid, quelle di marzo 2020. Neppure per i tirocini curriculari, che rientrando nell'ambito della didattica sono soggetti a essere sospesi al pari delle lezioni in aula, per proseguire ove possibile a distanza. Gli stessi sono anche quei percorsi spariti dai radar dei conteggi ufficiali purtroppo, non essendo più necessaria, dal 2007, la comunicazione obbligatoria della loro attivazione. Per questo la Repubblica degli Stagisti, secondo le cui stime i tirocini curriculari sono circa 200mila ogni anno, chiede da tempo una nuova legge che li regolamenti, non potendo bastare una norma di oltre vent'anni fa, il decreto ministeriale 142/1998, a cui tuttora si fa riferimento in assenza di un testo legale specifico per questa categoria di stage. Stando almeno agli atenei contattati dalla Repubblica degli Stagisti, la regola adesso è quella di consentire sempre il proseguimento dei tirocini ma da remoto, o tutt'al più in modalità mista, contenendo al massimo i disagi per gli studenti. A Padova però ci sono volute le proteste degli studenti per arrivare alla determinazione di non sospendere i tirocini curriculari. In un primo momento la decisione del rettore era stata infatti quella di sospenderli: «Le attività didattiche curricolari dell’università (lezioni teoriche e pratiche, esami di profitto e di laurea, tirocini curriculari) potranno essere erogate solamente a distanza» si legge in una pubblicazione sul sito dell'ateneo datata 15 marzo. Unica eccezione, le attività sanitarie, per le quali la presenza resta ammessa. Scoppiano le proteste degli studenti, e così si fa un passo indietro, due giorni dopo. Il 17 marzo sul sito compare un nuovo avviso, con cui si chiarisce che «è consentito lo svolgimento dei tirocini curriculari esterni se le attività non sono surrogabili da remoto».La decisione «è stata quella di rispettare la libera scelta di aziende e studenti» sottolinea Gilda Rota, responsabile del Career service dell'università di Padova, «e consentire il proseguimento degli stage quando possibile, nel rispetto dei protocolli sanitari». Anche perché un tirocinio a distanza non sempre è un'opzione praticabile: «Pensiamo a un ingegnere che si dovesse laureare senza aver mai visto una fabbrica in vita sua» sottolinea Rota. Oppure a chi studia per le professioni sanitarie: in quei casi il tirocinio a distanza è impossibile. Nel frattempo si sperimentano strade nuove per sopperire alla eventuale cancellazione degli stage. All'ateneo padovano ad esempio è nato per gli studenti di Economia il Virtual Stage, ovvero una piattaforma con corsi online che soppiantano i tirocini, nata «per consentire di laurearsi nelle sessioni di marzo, luglio, e ottobre 2021 senza che gli effetti della situazione sanitaria» si legge nella presentazione «possano rappresentare un ostacolo per l’ottenimento dei 10 cfu legati al tirocinio curriculare obbligatorio». Gli studenti possono così laurearsi senza perdere sessioni per colpa della mancata maturazione dei crediti formativi. Si può scegliere tra tre opzioni: seguire corsi online sulle competenze trasversali, analizzare percorsi professionali per riconoscere competenze di carattere tecnico proprie di alcune professioni, stendere una lettera motivazionale. Esiste anche un altro strumento «aperto a tutte le altre facoltà e che noi utilizzavamo già da qualche anno» dice Rota: una piattaforma «composta da quattordici moduli sulle soft skills che riguardano la transizione verso il mondo del lavoro», anche questa utilizzabile in tempi di Covid per maturare eventuali crediti mancanti. Anche all'università Bicocca la regola è quella di far proseguire gli stage curriculari «in presenza o in smart working» come chiarito sul sito. Mentre per quelli extracurriculari si va avanti «con la modalità a distanza, che è da preferire» evidenzia Vasyl Zhuk del Career service, «lasciando però la possibilità di assistere anche in presenza laddove possibile, e sempre nel rispetto dei protocolli sanitari». Il contraccolpo con la terza ondata di contagi non c'è stato, «anzi possiamo dire di essere tornati con le attivazioni dei tirocini per neolaureati quasi ai livelli pre Covid, con circa 35 nuovi stage attivati a marzo contro i 30 dello scorso anno nello stesso periodo». Identica la linea anche a Bari. Teresa Fiorentino, responsabile del placement, è netta: «Non possiamo permettere che gli studenti perdano ancora opportunità, quindi noi già dallo scorso maggio, almeno per i tirocini extracurriculari ci stiamo orientando sulla modalità mista, combinando il remoto e la presenza» spiega «anche perché le chiusure sono state fortemente penalizzanti e abbiamo avuto molti casi di studenti mai più richiamati per i tirocini una volta sospesi a causa della pandemia». Le Regioni, si sa, vanno in ordine sparso, «non c'è una linea condivisa da Nord a Sud». Il rettore dell'ateneo di Bari a un certo punto aveva perfino vietato i tirocini in presenza per le professioni sanitarie, «salvo poi tornare sui suoi passi, anche perché nel frattempo ci sono state le vaccinazioni», con il conseguente contenimento del rischio di contagio. Così, per andare avanti «noi ci atteniamo al principio per cui ciò non è vietato è consentito, come ad esempio gli stage fuori regione, che stiamo continuando a attivare» prosegue Fiorentino.Quanto a Roma, si legge sul sito della Luiss che «sono da considerarsi sospesi tutti i tirocini curriculari in presenza in corso nelle regioni in zona rossa, salvo poter proseguire nella sola formula a distanza». La zona rossa nel Lazio è stata però confermata fino al 29 marzo. «Da quel momento in poi, con il passaggio in zona arancione, non abbiamo avuto nuove indicazioni regionali circa la sospensione delle attività in presenza, che possono dunque proseguire» dice il Career service.Anche qui nel frattempo è nata un'iniziativa simile a quella di Padova, il Virtual Internship, un tirocinio a distanza che ha coinvolto finora circa 300 ragazzi e 40 aziende. Si tratta di «una opportunità di formazione della durata di cinque settimane dedicata agli studenti dell’ultimo anno di tutti i corsi di laurea magistrale e a ciclo unico» si legge sul sito. Dentro ci sono colossi come Accenture, Coca Cola, Enel, e la società di consulenza EY che fa anche parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti. I tirocini virtuali vertono su progetti aziendali. «Un'alternativa al tirocinio curriculare per il conseguimento dei crediti formativi», nell'intento di preservare le opportunità formative per gli studenti nonostante il Covid. Ilaria Mariotti 

Un terzo delle opportunità di stage cancellato dal Covid, finalmente i dati inediti su tutto il 2020

Il Covid ha fatto calare esattamente di un terzo le opportunità di stage. Finalmente la Repubblica degli Stagisti è in grado di pubblicare i dati dell’intero 2020 e fare un confronto con l’anno precedente, per capire quanto la pandemia abbia impattato sui giovani (e meno giovani) e sulle dinamiche della transizione dalla formazione al lavoro.I numeri inediti ottenuti dal ministero del Lavoro raccontano l’andamento del 2020 trimestre per trimestre. Nel trimestre gennaio-marzo, solo parzialmente toccato dalla pandemia, il calo delle attivazioni di tirocini extracurricolari (gli unici monitorati e conteggiati a livello ufficiale) è stato pari a –18%. Poi c’è stato il vero e proprio crollo, in concomitanza con il primo grande lockdown: tra aprile e giugno gli stage in Italia sono calati del 73%. Il trimestre estivo è stato quello della ripresa, del ritorno a una parvenza di “normalità”, e quindi anche gli stage sono ripresi: infatti tra luglio e settembre il calo registrato è stato solo del 12%. E adesso sono arrivati anche i dati dell’ultimo trimestre del 2020, che fotografano una situazione in cui tra ottobre e dicembre 2020 è stato attivato quasi il 26% in meno (per la precisione, –25,7%) di stage rispetto allo stesso periodo del 2019.In numeri assoluti: 234.513 percorsi formativi extracurricolari attivati in tutta Italia nel 2020 a fronte dei quasi 356mila che erano partiti nel 2019. Il calo percentuale è dunque del 34,1%: vuol dire appunto che poco più di un terzo delle opportunità di tirocinio abitualmente disponibili in Italia sono state cancellate dal Covid.E bisogna subito dire che le donne hanno patito di più la riduzione di stage rispetto agli uomini: per loro il numero di attivazioni tra 2019 e 2020 si è ridotto di oltre il 36%, mentre il calo registrato per i maschi è rimasto appena al di sotto del 32%. Nel dettaglio, se è vero che i numeri dell’intero anno non sono disastrosi dal punto di vista del genere – dei 234.513 tirocini partiti nei 12 mesi, 114.304 pari al 48,7% ha riguardato donne, e 120.209 pari al 51,3% ha riguardato uomini – è la tendenza a preoccupare.Primo trimestre 2020, praticamente Covid-free salvo nell’ultimo dei tre mesi (marzo): il calo degli stage c’è ma è contenuto, solo grossomodo un –18%, e lo sentono lievemente più le donne (–18,1%) che gli uomini (–17,6%). Secondo trimestre, arriva la megabatosta, gli stage calano più o meno del 73%, e questa volta le donne sentono la botta ben più degli uomini, con uno “scarto di genere” di ben quattro punti percentuali: 74,7% di tirocini in meno attivati a favore di stagiste, contro il –70,9%  rilevato per i tirocini a favore di stagisti.Lo svantaggio per le donne continua anche nei numeri “in ripresa” del terzo trimestre: tra luglio e settembre il calo medio rilevato è del 12%, ma gli uomini patiscono solo un –10,3%, a fronte di un –13,7% delle donne. Lo “scarto di genere” resta oltre tre punti punti percentuali.E si arriva così al quarto trimestre, quello per cui sono ora disponibili i dati inediti. Qui la disparità di genere si fa clamorosa: a fronte di un –25,7% “generale” ci sono quasi nove punti percentuali di scarto tra le opportunità di stage andate perse per le donne (–29,9%) e quelle andate perse per gli uomini (–21,1%).    La disparità è ancor più evidente se si pensa che lo stage fino al 2019 era stranamente rimasto una “oasi” di parità di genere, con le occasioni equamente distribuite – trimestre dopo trimestre, anno dopo anno – in una misura del 50-50 tra stagisti e stagiste, o al massimo del 49-51 (e quasi sempre in favore delle donne). Nel 2019, per fare un esempio, si erano registrati 179mila stage attivati a favore di donne e poco meno di 177mila attivati a favore di uomini: insomma, parità perfetta. I dati assolutamente inediti arrivati dal ministero permettono anche di avere una qualche idea anche sull’impatto del Covid sull’efficacia del tirocinio come preludio all’assunzione. La probabilità di essere assunti dopo un’esperienza formativa è calata a seguito della pandemia, e sopratutto della crisi economica che la pandemia ha generato? Ovviamente sì.Se al ministero risulta che, delle 355.863 persone che avevano iniziato un tirocinio nel corso del 2019, ben il 43% sia poi stato assunto (nello stesso posto dove aveva svolto il tirocinio o altrove) nel corso dei primi sei mesi dopo la fine del tirocinio, questo dato scende a 17% se invece si considerano le 234.513 persone che hanno iniziato un tirocinio nel corso del 2020.Ma attenzione: questi dati sono da prendere con le pinze perché si riferiscono alle assunzioni avvenute nei sei mesi successivi alla fine del tirocinio. Dunque non bisogna dimenticare che una considerevole fetta dei tirocini attivati nel 2020 è tuttora in corso (basti pensare a quelli attivati a novembre-dicembre), e che gran parte dei i tirocini attivati nel 2020, anche se ormai terminati, non sono però terminati da molto. Per giunta i dati del ministero riportano il tasso di assunzione post tirocinio conteggiando le assunzioni realizzate “entro i sei mesi dalla fine del tirocinio ed entro il 31/12/2020”. Quindi dentro il 17% non ci sono nemmeno, per dire, le assunzioni degli stagisti 2020 realizzate in questi primi tre mesi di 2021. Ciò vuol dire che il quadro potrebbe cambiare molto quando, a fine anno, si potranno tirare le somme sulla sorte delle persone che hanno fatto uno stage cominciato nel 2020, lo hanno svolto, terminato, e rilevare cosa ne è stato di loro nei sei mesi successivi al termine del tirocinio, se sono state assunte o no, e con che tipo di contratto. È molto probabile che il 43% realizzato nel 2019 resterà un miraggio: ma quel che è sicuro è che il dato del 17% è destinato a salire (almeno un po’).L'unico confronto che potrebbe essere considerato calzante, sulla base dei dati a disposizione, è quello tra il tasso di assunzione rilevato per gli stage attivati nei primi tre mesi del 2019 e quello rilevato per gli stage attivati nei primi tre mesi del 2020. In questo caso abbiamo infatti numeri sostanzialmente omogenei, perché è verosimile che, pur con tutti i ritardi e sospensioni/riprese dovuti al lockdown, quasi tutti i tirocini attivati tra gennaio e marzo 2020 siano stati conclusi entro la fine del 2020 (è vero però che per alcuni di essi non c'è stato il tempo di "latenza" dei sei mesi, dunque la confrontabilità dei dati non è proprio perfetta neanche questo caso – ma come si dice: il meglio è nemico del bene).E vediamo allora questi dati del primo trimestre: nel 2019 erano partiti tra gennaio e marzo poco meno di 85mila tirocini. Di essi, secondo il ministero del Lavoro, il 46% ha portato a un contratto di assunzione di un qualche tipo (non necessariamente nello stesso posto di lavoro dello stage, beninteso) nei primi sei mesi dopo la fine dell'esperienza formativa. Nello stesso periodo del 2020 i tirocini avviati sono stati poco meno di 70mila, e solo il 36% ha fatto scaturire entro i sei mesi successivi un'assunzione. Dunque si può dire che, dai primissimi dati, il Covid abbia ridotto di circa un quarto le possibilità di assunzione post stage. Ma è veramente un dato “a tentoni”.Diverso sarebbe il discorso se il ministero avesse fornito i dati relativi alle assunzioni entro un mese dalla fine del tirocinio. In quel caso si registrerebbe l’efficacia immediata dello strumento del tirocinio come anticamera del lavoro (e inoltre si eviterebbe tutta l’incertezza dovuta ai sei mesi di “lasco” nel conteggio dei dati). Ma questo dato a un mese non è disponibile, almeno per ora, e dunque sull’impatto effettivo della pandemia sulle assunzioni post stage resta un punto di domanda.[La foto è di Christian Erfurt, tratta da Unsplash]

Indennità ai praticanti nelle Avvocature di Stato: promessa per legge sei anni fa, ma nessuno l'ha mai ricevuta

I giovani laureati in Giurisprudenza che fanno il praticantato per diventare avvocati devono ricevere una indennità mensile? Da qualche anno sì: è un loro diritto. Tranne in un caso: se svolgono il praticantato presso enti che per qualche motivo sono esonerati dal rispettare questa regola. Eh sì, perché mentre gli studi legali privati sono obbligati a rispettare questo principio (anche se ci sono, in effetti, modi per evitarlo... ma non divaghiamo) c'è chi è dispensato dal farlo. Nello specifico, l'Avvocatura dello Stato. Che quindi può ospitare praticanti senza doverli pagare. Già è triste che non ci sia un obbligo nel pagare i praticanti. Ancor più triste è la vicenda delle indennità mancate. Perché a un certo punto, sei anni fa, qualcuno si era accorto che non pagare i praticanti dell'Avvocatura era ingiusto, e aveva trovato un modo per destinare loro dei soldi. Atti, controatti, regolamenti: ma in sei anni nessuno è stato in grado di passare dalle parole ai fatti. Tanta attesa, e nemmeno un euro nelle tasche dei circa mille giovani che avrebbero avuto diritto a ricevere questa indennità.Proprio ieri un drappello di ex praticanti sarebbe dovuto scendere in piazza a Roma, sotto il ministero della Giustizia, a manifestare contro questa vergogna. Poi, causa contagi Covid tra i gruppi di partecipanti, l'evento è stato annullato. Ma l'iniziativa è stata assorbita in un'assemblea pubblica online, già prevista, che è ancora possibile visionare sulla pagina facebook del Coordinamento giovani giuristi italiani. E a inizio mese un parlamentare, il senatore Nencini, ha depositato un’interrogazione al governo Draghi in cui chiede conto dei 4 milioni di euro di soldi pubblici stanziati a suo tempo per pagare questi giovani, oggi ancora fermi, ed evidenzia come sia «assolutamente inconcepibile che proprio da parte dell’Avvocatura statale vi sia una tale mancanza».Ricapitoliamo la vicenda: da molti anni i giovani possono svolgere il praticantato – gratuitamente – presso l’Avvocatura dello Stato, per un minimo di 20 ore settimanali, rispondendo a un bando di selezione che solitamente richiede una laurea con voto non inferiore a 105-106, votazioni alte a determinati esami, e un’età tra i 24 e i 27 anni.  A partire dal 2013 con il decreto 69 il percorso viene legittimato ai fini dell’accesso al concorso in magistratura. «Questa possibilità ha attirato un maggiore interesse per il tirocinio presso l’avvocatura dello Stato, perché oltre alla pratica forense qualificata avrebbe dato questa possibilità in più», spiega alla Repubblica degli Stagisti Giovanni Antonino Cannetti, presidente del Coordinamento giovani giuristi italiani, associazione nata dall’incontro tra paraticanti ed ex praticanti delle Avvocature dello Stato. L’anno seguente la legge di conversione 114/2014 istituisce anche apposite borse di studio per i praticanti presso l’Avvocatura. E lo fa in un modo particolare. Stabilisce, infatti, che in ipotesi di sentenze favorevoli per le amministrazioni difese dall’Avvocatura, il venticinque per cento del recupero delle spese legali a carico delle controparti venga destinato alle borse di studio per la pratica forense. In poche parole «si accantonava un quarto della somma che fa parte della retribuzione accessoria del personale togato e la si faceva defluire in una sorta di fondo che serviva a finanziare le borse di studio», spiega Cannetti. C’è un problema, però: la legge 114 prevedeva anche che spettasse all’Avvocatura stabilire attraverso un suo regolamento interno le modalità, i tempi e l’erogazione delle borse. Eppure in sette anni non c’è traccia dei criteri per l’attribuzione di queste indennità mensili. Tutto questo nonostante le ripetute istanze presentate dai praticanti delle Avvocature in tutta Italia. Il motivo è facilmente intuibile: il personale togato non vuole affatto rinunciare a quella, seppur piccola, parte della sua retribuzione a favore dei praticanti. E dunque ha bloccato tutto con la tecnica dell' “ostruzionismo”, rallentando fino a paralizzare ogni passaggio e contemporaneamente agendo le vie legali per contestare il provvedimento.Ad oggi nessuno dei praticanti che si sono susseguiti dal 2015 in poi ha mai visto un emolumento. «Abbiamo fatto varie istanze di sollecito: la prima nel 2016 come Coordinamento giovani giuristi italiani al segretario generale dell’Avvocatura dello Stato» spiega Cannetti «facendo presente che la norma prevedeva dal primo gennaio 2015 l’accantonamento e l’erogazione e chiedendo spiegazioni». Il 22 dicembre 2016 l’Avvocatura generale dello Stato risponde formalmente spiegando che «era necessario aprire un capitolo di spesa presso il Ministero dell’economia e delle finanze», spiega Cannetti, per la richiesta di riassegnazione delle somme ai nuovi capitoli di spesa. L’Avvocatura spiega anche che precedentemente sarà necessario fare una verifica contabile delle somme riscosse. Solo a quel punto si potrà determinare a quanto ammonta quel venticinque per cento «dedicato al finanziamento delle borse di studio» e si potranno assegnare grazie alla «definizione di una disciplina specifica» all’epoca ancora in corso. Sono passati altri due anni per avere una risposta a una nuova istanza dei praticanti dell’Avvocatura che chiedevano i tempi di attivazione della procedura di valutazione comparativa per l’erogazione delle borse di studio. Poi il capitolo di spesa è stato approvato: nero su bianco ci sono le quote da destinare a borse di studio per la pratica forense presso l’avvocatura dello Stato, pari per l’anno 2018 a più di 2 milioni 180mila euro – da distribuire per la pratica a partire dal 2015 – e per le seguenti due annualità, 2019 e 2020, un milione di euro ciascuno. Per un totale di stanziamento già disposto con la legge del 2014 di oltre 4 milioni 180mila euro.Il 3 novembre 2018 l’Avvocatura scrive di aver iniziato «l’esame della questione dell’applicazione temporale della norma, nonché dei criteri di accesso alle borse di studio per lo svolgimento della pratica forense che dovessero istituirsi», e fa capire che non c’è alcun termine se non ipotetico entro cui debba provvedere a farlo. «I soldi sono stati accantonati, lo stanziamento è stato previsto fino al 2020 ma l’Avvocatura non ha mai emesso questo regolamento» precisa Cannetti. Per cui non si sa nemmeno alla fine a quanto dovrebbe ammontare questa borsa: se si fosse applicato un criterio simile a quello dei tirocinanti negli uffici giudiziari non sarebbe stato, come prevede la norma, più di 400 euro al mese per 18 mesi per un totale massimo di 7.200 euro a praticante. Ma questo con un criterio ripartito in base all’Isee, altrimenti se la distribuzione fosse stata più ampia, la somma sarebbe stata più bassa. Solo ipotesi, però, non essendo mai stato pubblicato un regolamento sul tema.Non solo, a un certo punto si aggiunge la beffa al danno: a fine 2017, con l’approvazione della nuova legge di bilancio, qualcuno decide di tagliare la disposizione che prevedeva l’accantonamento del venticinque per cento della retribuzione accessoria per le borse di studio che, quindi, «dal primo gennaio 2018 cadono, visto che la norma che le regola non c’è più». Quel venticinque per cento torna a far parte della remunerazione accessoria dell’avvocatura, con il personale togato «che era arrivato a portare il contenzioso in sede Tar, arrivando alla Corte costituzionale, per riavere quella cifra».Ora se da una parte può essere comprensibile che una categoria di lavoratori si mobiliti contro un taglio improvviso del proprio stipendio, è bene precisare che il personale togato non aveva visto tagli sulle mensilità fisse. Aveva subito – in teoria – una riduzione del venticinque per cento della retribuzione accessoria, quindi di quel guadagno aggiuntivo variabile che dipende dalle cause vinte. Ma, ecco, bisogna anche dire che il personale togato dell'Avvocatura è tutto tranne che mal pagato: anzi, l'importo annuo lordo è – o almeno, era una decina di anni fa – di 160mila euro all'anno di media. E dunque quei soldi destinati ai praticanti non avrebbero fatto una differenza così grande nella retribuzione complessiva dei 300 avvocati e 70 procuratori dello Stato. C’è poi un’altra precisazione da fare: la norma di fine 2017 non è retroattiva, per cui se anche dal 2018 l’Avvocatura fosse stata legittimata a non pagare i suoi praticanti, restano i tre anni precedenti per cui c’era una norma in vigore che prevedeva un pagamento e che non è stata rispettata.Per tre anni una legge dello Stato ha stabilito che questi praticanti andassero pagati, lasciando a un organo del nostro ordinamento giuridico il compito di decidere le modalità per distribuire questi rimborsi. In tre anni l’Avvocatura non è stata in grado di produrre questo regolamento e nel frattempo è arrivata una nuova legge che ha soppresso il pagamento (ma non retroattivamente). Eppure passati altri tre anni – in totale sei dall’inizio della storia – non si è ancora stati in grado di produrre un testo per distribuire queste somme – dovute – che sono già a bilancio. «Hanno un preciso vincolo di spesa», eppure sono ancora ferme lì, inutilizzate. Del regolamento non c’è traccia e una delle ultime richieste di accesso agli atti è stata respinta perché «materia potenzialmente oggetto di contenzioso». Il Coordinamento ha fatto anche un esposto alla procura della Corte dei Conti competente per il Lazio, ma non ha avuto risposta.Nel frattempo, oggi, chi sceglie la strada del praticantato presso l’Avvocatura dello Stato non percepisce alcun rimborso spese visto che non c’è una norma che obblighi a farlo. Anche perché, spiega Cannetti, «questo praticantato si muove anche in deroga rispetto alle previsioni e agli obblighi della legge forense. Quindi se negli studi privati dopo sei mesi è possibile pattuire un emolumento dell’attività del praticante, per l’avvocatura dello Stato non è così».Oggi i praticanti tra il 2015 e il 2017 sono abilitati, «alcuni addirittura lavorano come procuratori presso l’Avvocatura». Quelle risorse a loro destinate non sono state ancora distribuite. «Fino al 31 dicembre 2017 c’è anche una violazione della norma applicabile pro tempore. E poi ci sono dei soldi stanziati fino al 2020 per questo scopo, e visto che sono stanziati al di là della previsione e della norma, nulla vieta di destinarli per ciò per cui erano fin dall’inizio destinati. Basterebbe un passaggio formale coordinandosi con gli uffici del Mef e con la presidenza del Consiglio» spiega Cannetti, «se lo volessero non avrebbero difficoltà a erogare le borse fino alla fine dello scorso anno». Eppure, continua, «Qui ancora parliamo del regolamento che disciplina come distribuirle».Sui ritardi nella formalizzazione del regolamento e nella distribuzione delle borse punta, come detto, anche l’interrogazione del senatore Nencini, che sottolinea il contributo decisivo per il funzionamento della difesa erariale svolto da questi praticanti che hanno dovuto anche sostenere notevoli spese e «chiede di sapere se non si ritenga doveroso intervenire per sollecitare l’assegnazione delle borse di studio», visto che è «assolutamente inconcepibile che proprio da parte dell’Avvocatura statale e distrettuale vi sia una tale mancanza». Questi giovani non hanno intrapreso vie legali per veder tutelati i propri diritti, nonostante gli estremi per agire in giudizio fossero presenti. «Abbiamo un bel ricordo del nostro praticantato, un’attività che abbiamo svolto con rispetto e non c’è volontà da parte nostra di porre in essere un contenzioso che abbiamo cercato in tutti i modi di risolvere». Per questo hanno cercato di ottenere risposte, senza risultato. La misura, però, ormai è colma. «Il 2021 per noi sarà l’ultimo anno di attesa delle risposte, prima di decidere di intraprendere anche un contenzioso». Marianna Lepore   Foto di apertura: di Sergio D'Afflitto da Wikipedia in modalità Creative Commons

Covid, che succede se lo stagista risulta positivo?

A un anno dallo scoppio della pandemia l'Italia sembra vivere un secondo semi-lockdown, ma per fortuna è anche in atto una campagna di vaccinazione. A questo punto vale la pena chiedersi: quali sono le tutele per gli stagisti in caso di contagio da Covid?Per prima cosa un chiarimento: il contagio da Coronavirus è considerato e quindi trattato come infortunio sul lavoro e non come malattia. La Repubblica degli Stagisti ha interpellato l’Inail per avere chiarimenti sulla situazione contagio da Coronavirus sul luogo di lavoro per quanto riguarda la categoria dei tirocinanti, ma è bene chiarire subito che le risposte – arrivate dopo quasi un mese e mezzo di attesa – si riferiscono quasi sempre al “lavoratore” e non al caso specifico degli stagisti. Anche i numeri a disposizione, utili per farsi un'idea generale della diffusione del fenomeno, sono relativi esclusivamente ai lavoratori. Secondo gli ultimi dati, riferiti fino al 31 gennaio 2021, i contagi sul lavoro da Covid denunciati all’Inail sono stati poco meno di 150mila (per la precisione 147.875), pari a circa un quarto delle denunce complessive di infortunio pervenute all’Inail dall’inizio del 2020. Quasi sette su dieci provenivano, come intuibile, dal settore della sanità e assistenza sociale. Secondo per numero di contagi il settore della pubblica amministrazione – ovvero Asl, amministrazioni regionali, provinciali e comunali – con poco più del nove per cento di denunce. Nessun dato disponibile, invece, sulla casistica dei tirocinanti contagiati. Leggendo i numeri si sa solo che i soggetti fino a 34 anni hanno denunciato un infortunio da Covid sul lavoro all’Inail sono stati 28.429, di cui cinque sono morti. Sono, però, tutti giovani lavoratori: il dato sugli stagisti, come detto, manca. A questo punto, vediamo nel dettaglio cosa succede in caso di positività al Covid sui luoghi di lavoro. Se un dipendente fa un test e risulta positivo, viene messo in quarantena e vengono attivate misure di contenimento, procedendo all’isolamento di tutte le altre persone che lavorano negli stessi locali. Ma se a risultare positivo è uno stagista?Innanzi tutto è bene ricordare che ogni volta che si firma una convenzione di stage c’è sempre l’obbligo assicurativo presso l’Inail, a carico del soggetto ospitante o del soggetto promotore, proprio per tutelare il tirocinante in caso di infortuni. E questo vale sia per i tirocini curriculari, previsti all’interno di un percorso di studi, sia per quelli extracurriculari, svolti per l’inserimento nel mondo del lavoro grazie a un periodo di formazione in un’azienda o studio professionale. Per entrambe le tipologie «sussiste l’obbligo assicurativo presso l’Inail e, di conseguenza, la relativa tutela, inquadrando per l’aspetto assicurativo il contagio da Covid 19 avvenuto in occasione di lavoro nella categoria degli infortuni sul lavoro, in quanto in questi casi la causa virulenta è equiparata a quella violenta», spiega alla Repubblica degli Stagisti Fausta Savone dell’ufficio stampa Inail.C’è però una differenza tra i due tipi di stage in fatto di assicurazione, che esisteva già prima della pandemia. Se infatti per i tirocinanti extracurriculari «è prevista la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro di tutte le attività rientranti nel progetto formativo, comprese quelle eventualmente svolte al di fuori dell’azienda, e quindi anche gli infortuni in itinere, lo stesso non può dirsi per i tirocinanti curriculari, per i quali quest’ultima tutela è da ritenersi esclusa». Questo significa che se all’interno dello stesso ufficio ci sono due stagisti, uno extracurriculare e uno curriculare, ed entrambi dovessero avere un infortunio – o, nel caso specifico della pandemia in atto, venire a contatto con un soggetto positivo al Coronavirus – nel tragitto verso l’azienda solo il tirocinante extracurriculare avrebbe diritto alla copertura assicurativa. Questo perché la tutela in itinere è esclusa per i tirocini curriculari visto che, si legge anche dal sito Inail, «gli infortuni devono essere ammessi a tutela nei limiti e alle condizioni previste per gli alunni e gli allievi dei corsi professionali e cioè quando si verifichino in occasione delle esperienze tecnico scientifiche, pratiche e di lavoro». In ogni caso, stabilire se il contagio sia avvenuto nel tragitto casa – ufficio o a contatto con altri lavoratori in ufficio è pressoché impossibile.  E infatti la risposta dell'Inail è sibillina: «l’accertamento del nesso causale viene effettuato caso per caso esaminando le cause e le circostanze dell’evento denunciato dal datore di lavoro, ricorrendo nei casi più complessi anche ad indagine ispettiva», il tutto secondo «orientamenti consolidati dalla scienza medico legale». La circolare Inail del 3 aprile 2020 fa un po' di chiarezza: vi si legge che «sono tutelati dall’Istituto anche i casi di contagio da nuovo Coronavirus avvenuti nel percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro, che si configurano come infortuni in itinere». Su questo punto l’Istituto ha fatto anche un’ulteriore precisazione scrivendo che «poiché il rischio di contagio è molto più probabile a bordo di mezzi pubblici affollati, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere in presenza è considerato necessitato l’uso del mezzo privato fino al termine dell’emergenza epidemiologica». Non solo, «la tutela assicurativa si estende anche ai casi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti più difficoltosa. In tali casi la circolare spiega che si dovrà fare ricorso agli elementi epidemiologici, clinici, anamnestici e circostanziali, al fine di garantire la piena tutela». Ma si parla comunque solo di lavoratori.Bisogna poi vedere cosa succede se lo stagista è positivo al Coronavirus o sia entrato in contatto con un soggetto positivo e di conseguenza sia obbligato alla quarantena. L’ufficio stampa precisa che «la tutela Inail nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro presuppone una inabilità temporanea assoluta al lavoro fino alla guarigione clinica» e che, come stabilito dalla circolare 13 del 2020, «nei casi accertati di infezione da Coronavirus in occasione di lavoro il medico certificatore redige il certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail». Inoltre il datore di lavoro «una volta appreso dell’infortunio deve avvertire l’Inail mediante la comunicazione di infortunio attraverso il servizio denuncia/comunicazione d’infortunio, entro due giorni da quando il lavoratore gli ha fornito notizia dell’evento assieme agli estremi del certificato medico, con l’eventuale documentazione sanitaria allegata».Le prestazioni Inail nel caso accertato di infezione da Coronavirus sono erogate anche per il periodo di quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria con conseguente astensione dal lavoro. Savone precisa che «la tutela assicurativa Inail spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus contratta in occasione di lavoro per tutti i lavoratori assicurati all’Inail, compresi tirocinanti e stagisti». Tutela che decorre dal primo giorno di astensione dal lavoro attestato dal certificato medico di avvenuto contagio o coincidente con l’inizio della quarantena sempre a causa di Coronavirus.In caso accertato di infezione da Covid in occasione di lavoro l'Inail prevede l’inabilità temporanea assoluta al lavoro fino alla guarigione clinica. All’Istituto deve quindi arrivare la documentazione utile per l’apertura del caso di malattia – infortunio che è indispensabile per la verifica della regolarità sanitaria e l’ammissione del caso alla tutela Inail.A quel punto, una volta accertata la malattia e la conseguente inabilità al lavoro, chi paga il lavoratore? «Nel caso di soggetti assicurati che hanno contratto il contagio da Covid 19 in occasione di lavoro, la tutela assicurativa è a carico dell’Inail che provvede a erogare le relative indennità per il periodo di astensione dal lavoro». Se quindi, come l'Inail afferma, «la tutela assicurativa opera per tutti i lavoratori assicurati, compresi tirocinanti e stagisti» allora anche questi soggetti dovrebbero di fatto ricevere l'indennità a carico dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro durante l'astensione dal tirocinio. Ma la Repubblica degli Stagisti non ha ancora dati a supporto.Cosa fare invece per tornare in ufficio a svolgere lo stage una volta guariti? «Per il rientro/reintegro al tirocinio è necessario che si presenti al datore di lavoro il certificato di avvenuta negativizzazione e in caso di stagisti che siano stati ricoverati, che vi sia stata la visita del medico competente per verificare l’idonetà alla mansione specifica», spiega Savone, come stabilito anche dalla circolare ministeriale del 12 ottobre 2020. Fin qui le risposte dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. A queste va aggiunto quanto stabilito nel Dpcm del 3 novembre 2020 all’articolo 1 comma nn in riferimento alle attività professionali per cui si raccomanda «che siano attuate mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza» e che «siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio». Questo significa che ai tirocini che si svolgono in presenza o in modalità mista è necessario applicare i protocolli di sicurezza anti contagio e che l’ente ospitante deve dichiarare all’università di assicurare anche nei confronti del tirocinante l’applicazione del Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e la prevenzione dal Covid 19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile dello scorso anno tra Governo e parti sociali. Come già detto, le risposte arrivate dall’Inail fanno quasi sempre riferimento al “lavoratore” e non al caso specifico dello stagista. E infatti, nella pratica, ad oggi in ambito di tirocinio si sta optando per altre modalità piuttosto che per la sospensione assoluta dal lavoro. Per quanto lo stagista sia equiparato al lavoratore e venga nei suoi confronti applicato il protocollo, fin quando possibile si continua con lo svolgimento dello stage in modalità a distanza.Prendendo, infatti, ad esempio le indicazioni dell’università Bocconi, se il tirocinante è risultato positivo al Covid durante lo svolgimento dello stage e questo si sta svolgendo in presenza o in modalità mista e le condizioni di salute del giovane lo consentono, allora «è possibile proseguire senza interruzioni in modalità a distanza durante il periodo di isolamento del tirocinante». Stessa cosa se lo stagista è in quarantena in attesa di tampone o perché contatto stretto di un positivo.Se, invece, le condizioni di salute non lo permettono «è possibile sospendere lo stage per il tempo necessario, con facoltà dell’azienda di recuperare la sospensione alla guarigione del tirocinante». Se, invece, il tirocinante «è entrato in contatto con persone dell’azienda si deve fare riferimento al Protocollo aziendale prevenzione Covid19». Sospensioni e modifiche devono sempre essere confermate dallo stagista e approvate dall’Università.Tenendo presente quindi le indicazioni Inail, conviene sempre farsi dare copia del Protocollo aziendale prevenzione Covid e allo stesso tempo dare un’occhiata alle indicazioni della propria università – o altro soggetto promotore – e a quelle adottate dalle singole Regioni. Nel Lazio, per esempio, il tirocinio va sospeso in caso di quarantena o isolamento, adottando la causale della sospensione per malattia lunga. La tutela Inail resta la stessa ovunque, ma la possibilità eventualmente di procedere con il tirocinio a distanza – soprattutto se asintomatici – dipende dalle singole situazioni.Ad oggi però, come detto, non è dato conoscere il numero degli stagisti infortunati Covid e i dettagli sul trattamento economico che hanno ricevuto e stanno ricevendo dall’Inail come indennizzo. Non appena l'Inail ce li fornirà, torneremo a occuparci di stagisti con il Coronavirus sulle pagine della Repubblica degli Stagisti.  Marianna Lepore

Stagisti "anziani": raddoppiati in otto anni quelli tra i 35 e i 54 anni, triplicati gli over 55

Il dato sull'età media degli stagisti del terzo trimestre 2020, con il calo significativo degli under 25 (per loro le attivazioni di stage tra luglio e settembre sono diminuite del 17%, facendo un confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente) e il balzo in avanti della classe degli over 55, aumentati addirittura del 20%, ha riacceso i riflettori sul fenomeno degli stagisti avanti con l'età.Ed effettivamente siamo di fronte a una crescita che negli anni è stata costante e addirittura clamorosa. Qui sulla Repubblica degli Stagisti già nel 2016 avevamo dato l'allarme nell'articolo “A cinquant'anni non è giusto essere stagisti, per almeno cinque ragioni”, riprendendo poi il tema nel 2018 (“Sempre più stagisti in Italia, e sempre più vecchi”). Da allora la situazione non è cambiata, anzi: in otto anni, tra il 2012 e il 2019, il numero di  persone tra 35 e 54 anni coinvolte in esperienze di tirocinio extracurricolare è aumentato di quasi il 90% – cioè è quasi raddoppiato, passando da poco meno di 26mila a poco meno di 49mila. E il numero di persone di oltre 55 anni è più che triplicato, da poco più di 3mila a quasi 10mila.Nel dettaglio, andando indietro di quasi un decennio a compulsare i numeri riportati nei vari Rapporti annuali sulle Comunicazioni obbligatorie del Ministero del lavoro, si scopre che nel 2012 erano stati attivati 25.807 tirocini su persone tra 35 e 54 anni, più 3.139 su persone di oltre 55 anni; tali numeri erano saliti rispettivamente a 28.077 e 3.405 nel 2013 e a 29.979 e 4.077 nel 2014.E hanno continuato a salire negli anni, tanto che l’ultimo Rapporto sulle CO, quello pubblicato nel 2019, si legge che nel 2018 sono partiti 46.126 tirocini a favore di persone tra 35 e 54 anni più 9.430 a favore di persone di oltre 55 anni; nel 2019 questi numeri sono arrivati a 48.613 e 9.733.Chi sono questi stagisti anzianotti? Cosa cercano – e cosa trovano – negli stage? È davvero ragionevole ridurre una persona di cinquant'anni, che magari ha già vent'anni di esperienza lavorativa alle spalle, al rango di stagista, come se fosse un giovane alle prime armi?Ormai è automatico, quando si parla di questo tema, pensare alla faccia del grande Robert De Niro sorridente e incravattato stagista nell'azienda ipertecnologica della giovane startupper Anne Hathaway nel film del 2015 The Intern (titolo tradotto ne “Lo stagista inaspettato”). Attenzione però: lì De Niro interpretava il ruolo di un neopensionato vedovo, benestante, con figli e nipoti lontani, tanto tempo libero e poca voglia di passare le sue giornate davanti alla tv o al parco a dar da mangiare ai piccioni. L'internship rappresentato nel film era più un periodo di volontariato, una sorta di programma di inclusione di pensionati ad alto potenziale di esperienza lavorativa in azienda: al punto che nella versione inglese uno dei payoff del film era “Experience never gets old”, l'esperienza non invecchia mai.. Insomma De Niro non aveva bisogno dello stage né per guadagnarsi da vivere né per reinserirsi nel mondo del lavoro. Era, per lui, un hobby.Ma non è così per le quasi 10mila persone over 55 coinvolte in tirocini extracurricolari in Italia nel 2019. Ben più probabile che si tratti di persone in grande difficoltà, disposte a tutto pur di poter ottenere un compenso mensile – e pace se, anziché una vera e propria retribuzione, sarà solo una indennità di stage – nella speranza di riqualificarsi e riuscire a ottenere un nuovo lavoro, per non restare disoccupati per gli ultimi dieci o dodici anni prima di raggiungere l'età della pensione. Allora bisogna chiedersi: qual è, in ultima analisi, il fine principale degli stage? È addestrare a una specifica mansione oppure orientare una persona inesperta verso il mondo del lavoro, permettendole di fare una esperienza on the job e di sviluppare quelle soft skills che sono trasversali rispetto a tutte le mansioni lavorative – come comportarsi sul posto di lavoro, come interagire con colleghi e superiori, come rispettare le deadline, come rapportarsi con clienti e fornitori...?Perché se concordiamo che la finalità degli stage sia questa seconda, allora utilizzarli su persone già molto avanti con l'età, già avvezze alle interazioni nel mondo del lavoro è completamente inappropriato.La verità è che molto spesso gli stage per persone over 35 e specialmente per persone over 55 sono stati considerati degli ammortizzatori sociali di ultima istanza, impropri, una sorta di extrema ratio quando tutte le altre misure (dalla cassa integrazione ai sussidi di disoccupazione) erano state esaurite. Nelle normative vigenti in Italia – che sono ben ventuno: una per Regione e addirittura due diverse per le Province autonome di Trento e di Bolzano – non sta scritto da nessuna parte che uno stage extracurricolare non possa essere attivato per persone oltre una certa età. Non vi sono limiti anagrafici, e dunque questi quasi 60mila stage attivati nel corso del 2019 per persone di oltre 35 anni non hanno infranto nessuna normativa.A parte, forse, il principio etico che vorrebbe che a ogni età della vita venissero offerte opportunità adeguate; e che una persona di cinquant'anni, che magari ha anni di esperienza lavorativa alle spalle conclusi malamente, oppure ha lavorato in casa crescendo qualche figlio, non fosse costretta a ripartire dalla casella del via, fianco a fianco con ventenni appena usciti dalle superiori o dall'università. La questione dell'umiliazione psicologica di fare un tirocinio in tarda età viene raramente considerata. A torto.E non andrebbero nemmeno ignorate le diverse esigenze economiche delle varie età della vita: non percepire contributi – cosa che accade, naturalmente, per gli stage dato che essi non sono contratti di lavoro e non valgono nulla ai fini pensionistici – può non essere drammatico per un 22enne alle prime armi; per un 40enne invece creare un buco nel suo profilo contributivo è ben più problematico. Allo stesso modo, percepire poche centinaia di euro al mese come indennità può essere già un buon trattamento economico per il nostro 22enne, che fino a quel momento è stato mantenuto dalla sua famiglia; lo stagista 40enne invece come farà a farci stare la rata del mutuo, le bollette e magari il dentista per i figli?Questo è solo un accenno a tutta la miriade di motivi per cui utilizzare lo strumento dello stage su persone adulte – o addirittura quasi anziane – non è una buona idea. Certo, ci sono le eccezioni. Certo, ci sono i 50enni entusiasti che giurano che fare uno stage ha cambiato la loro vita, permettendo un cambio di carriera altrimenti inimmaginabile. Questi casi esistono. Solo che sono una esigua minoranza. Il resto dei 30enni, dei 40enni, dei 50enni non vorrebbe uno stage. Vorrebbe un lavoro, grazie mille.Eleonora Voltolina

Stage da 1.200 al Comitato delle regioni UE, malgrado il Covid «cerchiamo di assicurare un tirocinio memorabile»

Sono circa 50 in totale, suddivise in due tornate, le opportunità di tirocinio con indennità che offre ogni anno il Comitato delle Regioni europeo (CoR) di Bruxelles. L'organo, composto da 329 membri rappresentanti dei 27 Paesi europei, conta su 525 dipendenti e opera in rappresentanza delle comunità regionali e locali «facendosi loro portavoce». La pandemia sembra aver avuto un qualche effetto sul numero totale delle application pervenute. Sono state solo 2.795 quelle per la sessione della primavera 2021 (dunque per il ciclo di stage appena iniziato), secondo i numeri forniti dall'ufficio tirocini, a fronte delle 3.150 depositate per la sessione primaverile 2020 e delle 3.120 per la sessione autunnale dello stesso anno. Una leggera flessione – un dieci per cento in meno – che non si riflette però nelle application provenienti dagli italiani, che nello stesso arco temporale sono cresciute invece del 25%: rispettivamente 1.112,  1.169 e infine 1.424 per l'ultima tornata. Tanto che anche gli italiani selezionati sono cresciuti da due a sei. Un trend, quello dei nostri connazionali, che si verifica per quasi tutti i programmi di tirocinio delle agenzie europee e degli organismi internazionali, e che sembra confermarsi a ogni bando.Le candidature aperte al momento sono quelle per la sessione autunnale, che si svolgerà dal 16 settembre al 15 febbraio 2022: la deadline è fissata per mercoledì 31 marzo. Cinque mesi di tirocinio accompagnati da una borsa di studio di circa 1200 euro mensili, «tassabili a seconda delle diverse legislazioni di appartenenza del candidato», e con supplementi «del 10 per cento in caso di tirocinanti con coniugi disoccupati o con figli a carico» come chiariscono le faq.La particolarità di quest'anno – non potrebbe essere altrimenti per via della pandemia in corso – è quella della possibilità di svolgere lo stage sì da casa, «ma nella città Bruxelles» specifica alla Repubblica degli Stagisti Marcel Lysoněk dell'ufficio tirocini. «Il telelavoro è la norma al momento» specifica, nel senso che è già applicato per i tirocini in corso: «Il Comitato delle Regioni fornisce a tutti i tirocinanti un laptop aprendo l'accesso alla rete di lavoro interna». E come per ogni altro membro dello staff del CoR, prosegue Lysoněk, «il telelavoro non può essere svolto dal Paese di provenienza a meno di circostanze eccezionali, quali situazioni difficili per motivi familiari, forme severe di lockdown, assenza di collegamenti aerei o ferroviari».  Solo in questi casi, «la questione va sottoposta all'ufficio tirocini il prima possibile, in modo da trovare una soluzione appropriata». Il viaggio a Bruxelles, sia di andata che di ritorno, rimane comunque coperto, come avviene nella maggioranza dei casi dei tirocini Ue, sempre che si completino almeno tre mesi di stage dei cinque totali. In più è riconosciuta anche una copertura per gli spostamenti con i mezzi pubblici nella capitale belga. I requisiti per fare domanda corrispondono alle consuete condizioni poste dai bandi delle istituzioni Ue. Vale a dire la cittadinanza europea, una laurea almeno triennale, una conoscenza eccellente di una delle lingue europee e una conoscenza anche solo 'sufficiente' di inglese o francese. Escluso dalla possibilità di candidarsi è invece chi abbia avuto oltre otto settimane di incarichi presso qualche istituzione della Ue. La procedura per la candidatura è tutta online. Per la lettera di motivazione, specificano le faq, «meglio non inserire dati personali». Questo per «assicurare che il processo di selezione sia il più possibile obiettivo, anonimo e basato sul merito». Ragion per cui, proseguono le faq, «il database non consente ai dipartimenti di effettuare ricerche indicando nomi o dati personali come per esempio le foto». Per i candidati attuali la selezione finale sarà a giugno, con intervista telefonica inclusa, a cui si accederà dopo una mail che avvisa dell'inserimento nella lista dei finalisti e la richiesta eventuale di spedizione di documenti a supporto della propria domanda.Ma non finire nella lista finale «non significa non essere abbastanza qualificati» tranquillizzano le faq: «Ci teniamo a sottolineare che non si tratta di una valutazione negativa del vostro percorso accademico o professionale» scrivono. Il significato è solo che «è stato trovato un migliore abbinamento tra candidato e esigenze delle varie unità, e non un migliore candidato». Bisogna indicare almeno tre dipartimenti presso i quali si vorrebbe lavorare. La struttura del CoR è indicata qui. La scelta può cadere sugli uffici legali, le aree comunicazione, le direzioni risorse umane e finanza, la logistica, gli uffici per le traduzioni; ma sono poi i diversi dipartimenti a filtrare i candidati a seconda delle posizioni vacanti del momento. E sulle diverse attività del Comitato potrebbero esserci variazioni dovute al Covid: «Come per tutti i Paesi Ue, le misure sanitarie di contenimento dei contagi potrebbero avere un impatto sulle attività pensate per gli stagisti» sottolinea Lysoněk «quali conferenze o altri eventi, che potrebbero tenersi esclusivamente online». La speranza è che la pandemia il prossimo autunno sia già scemata, ma – proseguono dall'ufficio tirocini – per le restrizioni in corso al momento, «le opportunità di incontrare di persona colleghi o altri tirocinanti sono giocoforza limitate». Benché il CoR «stia facendo il possibile per accogliere gli stagisti e assicurare loro un tirocinio interessante e degno di essere ricordato».Ilaria Mariotti 

Il Covid diminuisce le opportunità per i giovani (e specialmente le giovani): meno stage sopratutto in alberghi e ristoranti

Nel terzo trimestre del 2020 sono stati attivati 68.514 tirocini extracurricolari: il 12% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, quando avevano preso il via 78.043 percorsi formativi di questo tipo. Un calo non drammatico, tutto sommato, frutto della piccola “ripresa” estiva. Ma ovviamente dal punto di vista della suddivisione per settori ve ne sono alcuni che hanno continuato a patire e per i quali questa “ripresa” è stata meno pronunciata. In cima alla lista, prevedibilmente, ci sono le strutture turistico-ricettive. In alberghi e ristoranti gli stage attivati tra luglio e settembre del 2020 sono stati  6.952, rappresentando solo il 10% del totale; nello stesso arco di tempo dell’anno precedente, in epoca pre-pandemia, erano stati 10.051, cioè quasi il 13% del totale. Il calo del numero di opportunità di stage in termini assoluti dall’ultimo anno pre-pandemia, il 2019, all’anno del Covid – confrontando per entrambi gli anni i mesi di luglio, agosto e settembre – è stato del 31%, quindi quasi il triplo del calo mediamente registrato in tutti i settori produttivi (– 12%). Ma tutto sommato una flessione meno pronunciata di quanto si potesse temere per un comparto, quello ricettivo, che ha subito un impatto devastante dalle misure sanitarie restrittive. E forse qui pesa il fatto che gli stage siano così convenienti dal punto di vista economico: non è improbabile che albergatori e ristoratori al momento della riapertura, e specialmente in vista di una stagione estiva incerta, abbiano prediletto gli inquadramenti in stage – meno onerosi e meno vincolanti – ai contratti stagionali.È sempre importante osservare i dati anche con l’ottica di genere: e quindi sapere che dei  6.952  stage nel settore Alberghi e ristoranti, tra luglio e settembre 2020, una buona fetta – 3.637, pari al 52% – ha riguardato donne. Una percentuale identica peraltro a quella registrata nello stesso periodo dell’anno precedente.Meno 20% di opportunità nel terzo trimestre 2020 nel settore che il ministero intitola “Industria in senso stretto”: 11.465 tirocini extracurricolari (si parla sempre e solo di questi quando si citano dati ministeriali, perché sono gli unici monitorati) attivati tra luglio e settembre 2020 a fronte dei  14.496 che erano stati attivati nello stesso periodo dell’anno precedente, e in questo caso la schiacciante maggioranza delle opportunità è riservata ai maschi, che rappresentano il 69% degli stagisti in questo settore di attività in questo periodo. Anche in epoca pre-pandemia comunque si verificava un simile disequilibrio, sebbene in maniera un po’ meno pronunciata: nel terzo trimestre 2019 per esempio il 66,5% degli avviamenti in stage in questo settore avevano riguardato maschi.Meno 20% anche per le attività afferenti ad “Altri servizi pubblici, sociali e personali”:  3.950 tirocini extracurricolari partiti tra luglio e settembre dell’anno scorso, di cui il 56% ha riguardato stagiste donne. Nel 2019 gli stage in questo settore nello stesso arco di tempo erano stati 4.912. Qui il contraccolpo per le donne, con un calo significativo delle opportunità per loro, si è fatto decisamente sentire: c’è stato oltre un 5% di attivazioni di tirocini improvvisamente “migrato” dagli donne agli uomini, se si pensa che nello stesso periodo del 2019 le donne erano state le beneficiarie del 61,5% dei percorsi formativi di questo tipo. In questa macrocategoria vi sono per esempio i cinema e i teatri, le radio e le televisioni, le biblioteche, gli stadi e gli altri impianti sportivi, ma anche i sindacati, le associazioni datoriali di categoria e gli ordini professionali, e ancora gli stabilimenti balneari – ma anche le aziende che si occupano dello smaltimento dei rifiuti e delle acque di scarico.Quindici per cento in meno per il settore multisfaccettato dei “Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese”: 14.935 stage contro i 17.561 dell’anno precedente. In questo gruppo si trovano, tra le altre, anche le aziende che si occupano di organizzazione di fiere e convegni e le agenzie di recupero crediti. Flessione davvero piccola infine nel settore “Commercio e riparazioni”: qui gli stage attivati sono stati tra luglio e settembre 17.383, solo un – 7% rispetto al 2019. Il che è coerente, del resto, con il fatto che molte attività del settore commercio (a cominciare dai piccoli e grandi punti vendita di generi alimentari e farmacie) sono state in un certo senso “risparmiate” e hanno potuto continuare a lavorare anche nei momenti dei lockdown più duri.Praticamente nessuna flessione invece nell’agricoltura, dove comunque lo strumento dello stage è utilizzato in maniera irrisoria: 1.314 percorsi formativi extracurricolari attivati tra giugno e settembre 2020, in quattro casi su cinque coinvolgendo stagisti maschi; nel 2019 erano stati 1400 (con una percentuale quasi identica, 78%, a favore di maschi).Ci sono però due settori che fanno registrare un segno più: +16%  nella “Pubblica amministrazione, istruzione e sanità”, con 8.632 tirocini attivati (e il 56% sono stagiste donne) contro i 7.430 partiti nello stesso settore nello stesso periodo dell’anno precedente (in quel caso le stagiste avevano rappresentato addirittura il 59% del totale). L’altro è quello delle costruzioni con un +11%: nel terzo trimestre 2020 sono stati infatti attivati addirittura più stage – per la precisione 3.866 – rispetto allo stesso periodo del 2019, quando le attivazioni registrate si erano fermate a 3.497. Manco a dirlo, un settore quasi esclusivamente maschile: gli stagisti rappresentano l’86% (3.335), le stagiste solamente il 18% (14%). Il fatto che questi due settori abbiano “tenuto” può a prima vista sorprendere, ma era una tendenza già emersa quando qui sulla Repubblica degli Stagisti avevamo pubblicato i dati inediti relativi ai primi due trimestri del 2020. Probabilmente da un lato incide il fatto che la pubblica amministrazione non si è potuta fermare, in questi mesi, e anzi ha dovuto fronteggiare una profonda riorganizzazione delle policy per poter fornire prestazioni ai propri utenti anche in una situazione di lockdown o semilockdown senza considerare il fatto che all'interno di questo settore è compresa anche la sanità, che anzi è stata letteralmente sotto stress negli ultimi mesi. Dall'altro, non è da escludere che il settore delle costruzioni "regga" anche grazie ai bonus che sono stati previsti dai decreti di emergenza, e che stanno permettendo di eseguire ristrutturazioni (per esempio interventi di riqualificazione energetica, bonus facciate etc) con importanti detrazioni fiscali. E tutto questo si traduce in una non-diminuzione, anzi addirittura un aumento, delle opportunità di tirocinio. Credits per le immagini:Foto di apertura di Kate Townsend tratta da Unsplash foto del barista di Quaid Lagan tratta da Unsplash

Stage in ripresa tra luglio e settembre malgrado il Covid, sopratutto – a sorpresa – nelle Regioni del Mezzogiorno

Tra luglio e settembre del 2020 sono stati attivati 68.514 tirocini extracurricolari. Un po’ meno rispetto a quello che può essere considerato – almeno in gran parte – come l’ultimo periodo pre-pandemia, e cioè il primo trimestre del 2020 (quando il dato era stato 69.461), ma sopratutto il 12% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, quando erano partiti 78.043 percorsi formativi di questo tipo.Il calo dipende dal Covid, ovviamente: e proprio per “quantificarlo” e comprenderne la portata è opportuno fare il confronto con il 2019. La prima cosa evidente è che nel terzo trimestre 2020 non si è verificato un crollo delle opportunità di tirocinio – niente di paragonabile, insomma, al – 73% registrato nel catastrofico secondo trimestre – ma per una ragione ben precisa: dopo il secondo trimestre, tra aprile e giugno, quando c’era stato il primo lockdown totale, è comprensibile che il trimestre luglio/agosto/settembre sia stato quello della ripresa e sopratutto del recupero del tempo perduto. Ergo: tutti gli stage che erano stati bloccati e messi in stand-by nei mesi “di fuoco” del Covid, proprio tra luglio e settembre sono stati recuperati.La prima cosa che si nota nei dati, che sono inediti e sono stati forniti alla Repubblica degli Stagisti dal ministero del Lavoro, è che le Regioni del Mezzogiorno sono quelle che sono tornate più impetuosamente ad attivare tirocini tra luglio e settembre del 2020.Sembra quasi incredibile, infatti, che in quei mesi sia stato attivato in Sicilia, Campania e Sardegna un numero di tirocini uguale allo stesso periodo del 2019 – quasi che il Covid non ci fosse stato. Nel dettaglio in Campania 5.128 tirocini, in Sicilia 3.106, in Sardegna 1782: dati pressoché identici a quelli (rispettivamente 5.075,  3.170 e 1725) registrati in queste due Regioni nel 2019. E non è tutto: i 2.687 stage extracurricolari avviati in Calabria nel terzo trimestre 2020 rappresentano addirittura un incremento (!) rispetto all’anno precedente (1.751). Un aumento del 53%! Come sia stato possibile questo exploit – dove siano stati inseriti tutti questi tirocinanti, in un periodo di crisi economica e di grande difficoltà per le aziende – è un quesito ancora senza risposta.Anche in Basilicata tirocini più numerosi nel terzo trimestre 2020 che nel terzo trimestre 2019, anche se in questo caso l’aumento numerico è più modesto: 1.093 contro 844, vale a dire il 19% in più. Tra le Regioni del centro-nord l’unica in cui si rileva un aumento, pur contenuto, è l’Emilia Romagna, con un + 14% (5.604  nel III trim 2020 contro i 4.905 del III trim 2019).La Puglia invece è l’unica regione del Sud in cui la flessione c’è: 3.958 tirocini nel terzo trimestre 2020 contro i 4.493 del 2019, dunque in linea con la media nazionale di – 12%.Mentre invece la Lombardia, Regione che di solito ospita da sola un quarto degli stage di tutta Italia – e ha anche un mercato del lavoro più solido e vivace – nel III trim 2020 si è fermata a  12.626 tirocini extracurricolari avviati, poco più del 18% del totale nazionale, con un calo del 22% – vale a dire dieci punti percentuali sopra la media – rispetto allo stesso periodo del 2019.Il fatto che il “mercato dello stage” sia ripreso, tra luglio e settembre dello scorso anno, è certamente un elemento positivo: vuol dire che i giovani – la metà dei tirocini, in media, viene attivata a favore di persone al di sotto dei 25 anni – hanno potuto avere accesso a questa opportunità per fare esperienza e guadagnare qualcosa, dopo il primo impatto devastante della pandemia che aveva bloccato gran parte delle attività economiche e formative in Italia e nel mondo. Resta però sempre un'ombra quando in un momento di crisi economica i posti di lavoro diminuiscono – così come le ore lavorate – e però contemporaneamente i tirocini aumentano (o anche solo restano stabili dal punto di vista numerico). Perché il timore è che molti di quei tirocini possano essere, purtroppo, un sottoinquadramento per persone che altrimenti avrebbero dovuto essere assunte con un vero contratto e una vera retribuzione. Valutare l'andamento dei tirocini è dunque sempre molto complesso: ci sono tanti elementi da tenere in considerazione. Nei prossimi giorni qui sulla Repubblica degli Stagisti pubblicheremo anche l’analisi dei dati settore per settore e dal punto di vista della parità di genere (come già avevamo fatto in questo e questo articolo per il primo semestre 2020).Le foto a corredo di questo pezzo sono tratte da Flickr in modalità Creative Commons:- “Young People Work In Modern Office” di Lyncconf Games- “Two Women Sitting in Chairs Using Laptop Computers” di TopTen Alternatives

Riforma dell'apprendistato per ridurre gli stage, la proposta arriva alla Camera

La proposta di riforma di stage e apprendistato arriva in Parlamento. Il progetto elaborato dai Giovani Democratici di Milano, presentato al pubblico tre settimane fa, è diventato una proposta di legge depositata dalla deputata PD piemontese Chiara Gribaudo pochi giorni fa alla Camera. In particolare, la proposta dei GD si suddivide in due azioni: per quanto riguarda la riforma dello stage, sostiene la proposta di legge depositata oltre due anni fa da Massimo Ungaro (deputato 34enne eletto nelle file del PD, oggi passato a Italia Viva). Una iniziativa legislativa focalizzata sui tirocini curricolari – per estendere a loro le tutele finora riservate agli extracurricolari, a cominciare dal diritto a una indennità mensile – che la Repubblica degli Stagisti appoggia con entusiasmo, avendo anche contribuito a redigerla.Per quanto riguarda invece la riforma dell’apprendistato, le proposte dei GD sono confluite appunto nella nuova proposta di legge (pdl), depositata a prima firma Gribaudo ma sostenuta in maniera bipartisan anche da altri tre parlamentari: oltre a Ungaro di Italia Viva, già da anni attento ai temi dell’occupazione giovanile, anche Valentina Barzotti, avvocata 35enne del Movimento 5 Stelle, e l’ex sindacalista Guglielmo Epifani, già leader della Cgil e oggi deputato di Leu.La pdl ha come titolo "Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e altre disposizioni concernenti la disciplina del contratto di apprendistato”; è indicata come “Atto camera 2902”: risulta “presentata il 22 febbraio 2021, annunziata il 23 febbraio 2021” e presto sul sito della Camera sarà anche disponibile il testo integrale.La proposta di riforma di stage e apprendistato arriva in Parlamento sulla scorta di un sostegno popolare rilevante: la petizione pubblicata sulla piattaforma Change.org meno di un mese fa ha già raccolto quasi 50mila firme (ed è ancora aperta, se qualcuno volesse aggiungere la sua). Tra i firmatari anche il segretario nazionale del PD Nicola Zingaretti, con la motivazione «Dobbiamo tutelare i diritti del lavoro, perché i giovani in questo paese devono avere un futuro», e poi Brando Benifei, capodelegazione degli eurodeputati PD al Parlamento europeo e da anni in prima linea per i diritti dei giovani nel mercato del lavoro, insieme ad altri eurodeputati come Irene Tinagli e Pierfrancesco Majorino, e parlamentari nazionali di vari schieramenti come Lia Quartapelle e Tommaso Nannicini (PD), Lisa Noja (Italia Viva),  Niccolò Invidia (M5S).Ora «vogliamo vedere il pdl approvato» scrivono i GD di Milano in un comunicato «e poi vogliamo risposte e soluzioni anche sull'abuso dello stage extracurricolare, da cui tutto è partito: non possiamo più accettare che la nostra generazione passi da uno stage all'altro a pochi euro al mese, senza diritti, senza contributi, senza la possibilità di diventare indipendente».L’aggiunta più rilevante alla pdl Ungaro sugli stage curricolari insita nella recente proposta dei GD, come avevamo raccontato nel nostro articolo, sta nel fatto che quest’ultima oltre a migliorare le condizioni per i tirocinanti curricolari prevede anche di abolire – o quasi – gli stage extracurricolari. Per la precisione di impedire per legge la maggior parte di essi, prevedendo che si possano attivare solo a favore di persone che abbiano concluso l’ultimo ciclo di formazione da meno di tre mesi. Vorrebbe dire quindi che, una volta laureati, si avrebbero ancora tre mesi di “latenza” per poter essere inquadrati come stagisti extracurricolari; una volta sorpassati questi tre mesi, niente più stage. La proposta, se approvata, eliminerebbe anche tutto il massiccio utilizzo dello stage su persone adulte: non bisogna dimenticare che per l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati ufficiali, il 2019, solo il 47% dei 355mila stage extracurricolari attivati aveva riguardato giovani al di sotto dei 25 anni; vi era stato un 36% di stage che aveva coinvolto persone tra i 25 e i 34 anni, e i 58mila restanti stagisti avevano più di 35 anni – in particolare quasi 10mila erano over 55! Va da sé che, in uno scenario in cui la proposta dei GD divenisse realtà, la stragrande maggioranza di questi 186mila stage per over 25 verrebbe spazzata via.Resterebbe naturalmente ferma la possibilità di fare stage quando contemporaneamente si è impegnati in un percorso formativo: una soluzione simile a quella francese, dunque, dove ormai da un decennio è possibile fare per legge solo stage curricolari (e pagati, ad oggi, almeno 600 euro al mese).«Noi abbiamo portato alla politica una proposta chiara: l'abolizione dello stage extracurriculare» ribadiscono i militanti dei GD Milano «e la riforma dell'apprendistato per renderlo più accessibile. Sull'apprendistato un primo passo c'è, ora lavoriamo sul resto: senza questa riforma non c'è alcun futuro, dobbiamo darci una mossa e abolire una volta per tutte questa vergogna tutta italiana».Ora vedremo se la Pdl Ungaro sullo stage verrà tirata fuori dal cassetto in cui è finita oltre due anni fa, e rispolverata per essere portata in discussione; e se la Pdl Gribaudo sull’apprendistato verrà calendarizzata.

Meno opportunità di stage in tutta Italia a causa del Covid: calo del 37 per cento nei primi nove mesi del 2020

Nel 2020 i tirocini sono decisamente diminuiti. Mancano ancora i numeri degli ultimi mesi dell’anno (per la precisione manca il quarto trimestre), è vero, ma il dato relativo ai primi nove mesi del 2020 è ben eloquente: un calo del 37% delle opportunità di stage.La Repubblica degli Stagisti ha chiesto e ottenuto dal ministero del Lavoro i numeri relativi a questo argomento: eccoli. I tirocini extracurricolari (gli unici, ricordiamolo, che vengono conteggiati e monitorati) attivati in Italia tra gennaio e settembre 2020 sono stati 165.146: 85.075 – il 51,5% – hanno coinvolto stagisti maschi e 80.071 – il 48,5% – hanno coinvolto stagiste femmine.      In calo del 37%, appunto, rispetto ai 263.196 che erano stati attivati nel nostro Paese nei primi tre trimestri del 2019: in quell’anno la suddivisione era stata, per quei nove mesi, di 132.479 stage attivati a favore di maschi e 130.717 attivati a favore di femmine: una percentuale di 50,3% per gli uomini e 49,7% per le donne, quindi parità quasi perfetta.A livello geografico, considerando i primi nove mesi del 2020, a patire di meno il calo di stage sono state tre regioni del Mezzogiorno: la Calabria con –17% (8.364 tirocini extracurricolari avviati contro i 10.103 del 2019), dunque ben venti punti percentuali sotto la media nazionale; la Sicilia con –19% (7.573 contro i 9.332 del 2019), e la Basilicata con –22% (1.852 contro i 2.366 del 2019). Al quarto posto, poco lontana, si trova la la provincia autonoma di Bolzano con –24% (1.854 contro i 2.452 del 2019). Le Regioni dove, al contrario, la contrazione delle opportunità di stage si è sentita di più tra gennaio e settembre del 2020 risultano essere l’Umbria con –48% (2.475 attivazioni contro le 4.801 del 2019), cioè undici punti in più della media nazionale; e poi il Friuli Venezia Giulia con –47% (1.872 contro i 3.519 del 2019) e la Toscana con –46% (6.255 contro i 11.441 del 2019).Ma bisogna anche dire che i dati specifici del terzo trimestre rappresentano, come previsto, un miglioramento rispetto a quelli del secondo trimestre. Il secondo trimestre infatti comprende i mesi di aprile, maggio e giugno: e specialmente i primi due, nel 2020, sono stati quelli del lockdown totale causa pandemia, con gli stage completamente bloccati in quasi tutte le Regioni. Per il secondo trimestre dunque il tonfo era stato fragoroso: dalle oltre 100mila attivazioni di stage registrate nel 2019 si era passati d’un colpo a poco più di 27mila attivazioni nel 2020. Un crollo: –73%.Invece il terzo trimestre 2020 è stato il momento in cui il peggio sembrava passato: piano piano si stava uscendo dal lockdown, i contagi scendevano, le attività economiche riaprivano i battenti. Ed ecco quindi perché il confronto tra il terzo trimestre 2020 e il terzo trimestre 2019 non è così clamoroso. La diminuzione c’è, naturalmente, ma è lieve: 68.514 stage attivati, quando l'anno prima nello stesso periodo erano stati 78.043. Un calo del 12% soltanto.Naturalmente il numero risponde anche alla situazione contingente: nelle attivazioni del terzo trimestre 2020 sono confluite tutte quelle che erano rimaste bloccate nei mesi precedenti causa pandemia, formando quindi un “grumo”: una volta sollevate le restrizioni rispetto al movimento delle persone e all’apertura delle attività, moltissimi tra coloro che avevano sospeso le attivazioni di stage hanno voluto recuperare il tempo perduto. Così si spiega una flessione così modesta nel terzo trimestre 2020.È molto probabile che i dati relativi al quarto trimestre 2020, quando saranno disponibili, riporteranno una diminuzione nuovamente marcata delle attivazioni di tirocini, anche in ragione del semilockdown vissuto in Italia a partire dall'introduzione delle nuove misure restrittive, in ottobre, e dall'istituzione delle zone gialle-arancioni-rosse da novembre. E a quel punto, con i dati di tutti e quattro i trimestri a disposizione, si potranno tirare le somme su quale è stata la misura del crollo degli stage, nel 2020, a causa del Coronavirus.