Servizio civile all'estero, salta la partenza di 350 giovani. Diciannove paesi nella black list

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 15 Set 2021 in Notizie

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Trecentocinquanta volontari del servizio civile universale in partenza per progetti di volontariato all'estero sono rimasti bloccati in Italia. La doccia fredda è arrivata con una nota del Dipartimento per le politiche giovanili che a metà agosto ha pubblicato sul sito un avviso in cui invitava gli enti per il Servizio civile a sospendere i progetti già avviati tra maggio e giugno e quelli in avvio a settembre.

Una decisione presa sulla scorta del parere negativo espresso dal Maeci sull'invio di operatori in alcuni paesi esteri «in ragione dell’emergenza sanitaria globale e delle conseguenti misure restrittive, del contesto securitario o di entrambi i fattori». Non solo motivi legati al Covid dunque. Con un comunicato congiunto è arrivata la risposta delle organizzazioni attive nella gestione del serivizio civile, il Forum nazionale servizio civile, la Cnesc, Conferenza nazionale enti servizio civile, l’Aoi, associazione ong italiane, e la Rappresentanza dei Volontari, con la richiesta di trovare al più presto una soluzione.

Molti dei trecentocinquanta volontari coinvolti dal blocco non erano ancora espatriati «perché per queste esperienze è prevista una precedente formazione in Italia» fa sapere Laura Milan, vicepresidente Cnesc.

Quelli in loco sono al momento settanta: «Solo due persone della nostra associazione, la Papa Giovanni, si trovavano in Kenya già da luglio, ma per il momento non è stato predisposto nessun rientro». La direttiva del dipartimento per gli enti interessati all'invio di operatori è infatti quella di «sospendere le partenze» oppure, «nei casi in cui l’invio in tali territori fosse già avvenuto, a portare a conoscenza il dipartimento del nominativo dei giovani che già si trovano nei territori, indicando la data di arrivo dei giovani».


Non esiste insomma un vero e proprio divieto,
ma un invito a enti e volontari a prendere coscienza della situazione rispetto ai rischi presenti in quei Paesi, considerate zone rosse. Nella black list Bielorussia, Camerun, Etiopia, Kenya, Madagascar, Mozambico, Congo, Sudan, Uganda, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Perù, Cina, Filippine e India. Paesi per cui però non sono sconsigliati i viaggi di studio e di lavoro.

«Non mi sento di dire che non ne capisco il motivo» afferma Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile. I ragazzi del servizio civile «sono contrattualizzati dallo Stato, che di conseguenza assume delle responsabilità». Ci sono contesti, «come per esempio quello dell'India, in cui è complicatissimo assicurare la protezione necessaria di fronte all'emergenza sanitaria» prosegue Borrelli: «Lì sono addirittura presenti zone franche dove la sanità proprio non arriva».

In aggiunta la crisi afghana «ha creato uno sconquassamento in tutta l'Eurasia e aperto a potenziali conflitti». Comprensibile dunque la preoccupazione del ministero. Il problema è però il futuro dei ragazzi coinvolti. La soluzioni alternative proposte dal Dipartimento sono due: «il ricollocamento degli operatori presso altra sede all’estero situata in paesi considerati sicuri o presso altra sede in Italia» oppure «la prosecuzione del progetto in Italia con attività da remoto per l’estero in attesa che si ripristino condizioni favorevoli alla partenza».

Nessuna delle due convince però gli enti interessati. «I progetti del servizio civile all'estero non sono realizzabili da remoto» spiega Borrelli. Sarebbe possibile in Italia, dove si fanno «attività informative o di promozione culturale». Ma i ragazzi che partono per l'estero sono assegnati a «progetti in cui si gestisce la mediazione di un conflitto: come si possono ricollocare?». Dello stesso avviso Milani: «I ragazzi vengono inseriti in realtà che già operano, con personale pronto a accoglierli». Le attività riguardano «lo sviluppo dei diritti umani, la promozione della pace, il supporto alla popolazione». Compiti precisi insomma, impossibili da spostare altrove.

Domani, giovedì 16 settembre, è previsto un nuovo tavolo di confronto con il Dipartimento per le politiche giovanili. Nella precedente riunione, avvenuta a fine agosto ci sono state delle aperture su alcuni paesi, considerati 'arancioni': Mozambico, Kenya, Etiopia, Ecuador, Perù, Colombia. «Un centinaio di volontari potrebbero ricevere l'ok per le partenze in questi Paesi» fa sapere Milani, «ma ancora non possiamo dirlo finché il dipartimento non si esprimerà». Anche perché le indicazioni del Maeci riguardano solo alcune zone del Paese, «dunque restiamo in attesa di sapere quali».

Da parte degli enti la richiesta è di «chiarire lo status di sospensione laddove dovesse adottare questo strumento» e in più di riconoscere il diritto «a chi non sia potuto partire o abbia deciso di interrompere il servizio di ricandidarsi ai prossimi bandi anche dopo il superamento del 29esimo anno di età» si legge nel comunicato. In più che per i volontari sia fissata «una data di avvio straordinaria ad ottobre solo se c’è la certezza di poter partire per i relativi paesi esteri compresi nella lista, evitando di lasciare così i giovani in un limbo di incertezza». Infine «che il ministero delle Politiche giovanili, di concerto con il Maeci, chieda al ministero della Salute di inserire i giovani in servizio civile tra le categorie che possono recarsi nei Paesi del cosiddetto elenco E del dpcm 2 marzo 2021, per i quali gli spostamenti dall’Italia sono consentiti solo in presenza di precise motivazioni quali, tra gli altri, il lavoro». Già nel marzo 2020, in pieno lockdown, «il governo equiparò il servizio civile ai lavori socialmente importanti per la comunità» si legge ancora nel comunicato.

Nel frattempo anche la politica si è mossa con una interrogazione parlamentare, ancora senza risposta, promossa dalla parlamentare Pd Francesca Bonomo. La richiesta è nuovamente di «rivedere il blocco». In attesa di capire quale sarà la soluzione proposta dal governo, «per i progetti da avviare negli scenari di rischio l'unica soluzione è quella di rimandare al 2022 nella speranza che le condizioni mutino» chiarisce Borrelli. «Altrimenti salteranno».

Ilaria Mariotti 

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