Categoria: Interviste

Intervista a Paolo Weber: «Gli ispettori a Milano vigilano anche sugli stage, ma quanto è difficile»

Paolo Weber, 41 anni, triestino, è a capo della Direzione provinciale del lavoro di Milano. Con lui la Repubblica degli Stagisti fa il punto su cosa possono fare le DPL in materia di tirocini formativi.La vostra DPL conta un centinaio di ispettori: effettuate controlli anche sugli stage?Sì, ne facciamo, anche se il grosso del lavoro gli ispettori chiaramente lo svolgono per smascherare il lavoro nero e controllare che siano rispettate le normative, per esempio in materia di sicurezza. Sugli stage ci muoviamo quando abbiamo segnalazioni precise, per non andare a vuoto.Rispetto agli stage, quand’è che le DPL possono intervenire?La giurisprudenza indica che per considerare uno stage “improprio” bisogna che sia stata completamente stravolta la finalità formativa. Quando parte un accesso ispettivo, l’accertamento si svolge così: gli ispettori acquisiscono la documentazione e sentono i lavoratori – o gli stagisti – e i datori di lavoro.  Alla fine stendono un verbale conclusivo degli accertamenti: se ritengono che lo stage sia stato usato dall’azienda in maniera impropria, per avere un dipendente a basso costo, lo segnalano in questo verbale che viene trasmesso anche all’Inps per permettere il recupero dei contributi evasi. L’azienda a quel punto cosa può fare?Può accettare il verbale, pagando le eventuali sanzioni amministrative e se richiesto regolarizzando lo stagista attraverso un’assunzione, oppure può fare ricorso al procedimento amministrativo interno, cioè rivolgersi alla DPL e dire: “Secondo me i vostri ispettori hanno sbagliato, controllate”.E qui cosa succede?Che noi ricontrolliamo passo per passo il lavoro dei nostri ispettori, e decidiamo se adottare una “ordinanza ingiunzione” o una “ordinanza archiviazione”. Nel primo caso cioè confermiamo l’operato degli ispettori e il contenuto del verbale, ingiungendo all’impresa di seguire le indicazioni ricevute; nel secondo caso, più raro, diamo ragione all’impresa e lasciamo cadere le accuse.Prendiamo come esempio un caso in cui le conclusioni degli ispettori vengano riconfermate.La palla a quel punto passa al Tribunale, con un procedimento davanti al giudice del lavoro che dovrà pronunciarsi in merito. In questi anni voi avete smascherato almeno cinque stage che camuffavano lavoro dipendente.Sì, e in alcuni casi l’illegalità era proprio clamorosa: mancava addirittura l’ente promotore, quindi tecnicamente si trattava di stage in nero! Visto che il fenomeno dello stage è in costante crescita, nella seconda metà del 2009 abbiamo messo a punto anche un progetto sperimentale per controllare in maniera più sistematica gli stage a rischio, basandoci non solo sulle richieste di intervento – che sono sempre pochissime – ma anche sulla nostra iniziativa. Proseguiremo nel 2010, e anzi ci sarà utile l’aiuto della Repubblica degli Stagisti per orientare le nostre antenne.Non dev'essere facile per gli ispettori distinguere il confine tra stage e lavoro, anche perché per i giovani la formazione spesso prosegue nel primo lavoro.In effetti è così. Per formare una nuova risorsa le aziende dovrebbero usare il contratto di apprendistato che invece usano poco, specialmente per le persone con titoli di studio alti: l’apprendistato di alta formazione stenta a decollare. Così lo stage viene ad assumere un ruolo surrogato. Di volta in volta, insomma, l’ispettore deve avere la sensibilità di capire se le mansioni affidate allo stagista sono adeguate o no, se sono “formazione” o “lavoro”. E non è l’unica difficoltà.Quali sono le altre?Per esempio, cosa possiamo fare se rileviamo che un’impresa utilizza un numero di stagisti superiore alla normativa? La normativa non è chiara in proposito.Nei casi di stage farlocco smascherati dalla vostra DPL – presso l'agenzia di grafica, la società di ricerca e l'asilo – voi avete richiesto l'assunzione a tempo indeterminato degli stagisti usati come dipendenti?Qui è necessaria una premessa: il nostro ordinamento dall’agosto del 2006 non prevede una sanzione specifica per l’erronea qualificazione – stage, co.co.pro., associato in partecipazione anziché lavoro subordinato –  di un rapporto di lavoro. In questi casi, peraltro, sono previste delle sanzioni indirette. Nel momento in cui il nostro ispettore acquisisce elementi probatori tali da far ritenere che un determinato rapporto, formalmente inquadrato come stage, sia in realtà un rapporto di lavoro subordinato – ravvisando per esempio l’eterodirezione, il vincolo di subordinazione, la soggezione al potere direttivo e disciplinare – avvia il procedimento sanzionatorio. In sintesi: se lo stage è ancora in atto, la DPL diffida il datore di lavoro a rettificare, nella parte relativa alla tipologia di rapporto di lavoro, la comunicazione di assunzione – prevista anche per i tirocini – già inoltrata al momento dell’instaurazione del rapporto di tirocinio, e a consegnare al lavoratore la dichiarazione di assunzione e i prospetti paga per il periodo in cui si è svolto il tirocinio. E quindi trasformando lo stagista in un dipendente: con quale tipo di contratto, sarà l’impresa a sceglierlo. Se invece lo stage si è già concluso, magari da tempo, la DPL diffida comunque il datore di lavoro a rettificare la comunicazione di assunzione, anche se solo per il passato, e contesta le sanzioni previste per la mancata consegna della dichiarazione di assunzione e dei prospetti paga. In ogni caso, l’ispettore trasmette il suo verbale all’Inps per i recuperi contributivi e per la ricostruzione della posizione contributiva del lavoratore.Insomma un ispettore non può “costringere” il datore di lavoro ad assumere nessuno a tempo indeterminato.Giusto. Se però emergono elementi per una soluzione conciliativa, l’ispettore può avviare quella che viene chiamata “conciliazione monocratica”: in questo caso può succedere che il datore di lavoro, per sfuggire al rischio delle sanzioni, scelga di assumere – normalmente a tempo indeterminato – lo stagista con un contratto di lavoro subordinato. Ed è quello che a noi è successo, appunto, con il caso della diplomata in Conservatorio che faceva lo stage all’asilo nido.Se un tirocinante decide di venire alla DPL a segnalare di essere sfruttato, può farlo in forma anonima?No. Le direttive ministeriali indicano che gli ispettori si devono muovere sulla base di segnalazioni con nome e cognome, salvo rarissimi casi. C’è da dire, però, che in sede ispettiva noi abbiamo l’obbligo del segreto d’ufficio, cioè nel momento in cui andremo a trovare l’azienda non diremo certo «Abbiamo ricevuto dal vostro stagista Mario Rossi una segnalazione…». Però certo se quel Mario Rossi è l’unico stagista, perché magari fa il tirocinio in una piccola impresa, anche se gli ispettori non faranno il suo nome non ci saranno molti dubbi sulla sua identità. È giusto tenere questo aspetto in considerazione. Permette un ultimo appello?Certamente.Agli stagisti che ritengono di venire sfruttati: se volete segnalarci la vostra situazione, fatelo subito, mentre state ancora facendo lo stage. Per gli ispettori, infatti, è molto più difficile dal punto di vista probatorio dimostrare l’inappropriatezza dello stage, se questo è già concluso.Gli uffici della DPL di Milano, in via Macchi 9 (zona stazione Centrale) sono aperti dal lunedì al venerdì  dalle 9:15 alle 12:30 e il lunedì, martedì e mercoledì anche di pomeriggio dalle 14:30 alle 15:30.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- I controlli degli ispettori del lavoro sull’utilizzo dello stage nelle imprese – i risultati dell'inchiesta- Tanti stage impropri, nessuna segnalazione agli ispettori. Perché? Due testimonianze- La proposta della Repubblica degli Stagisti al ministro Sacconi: imporre a chi sfrutta gli stagisti di fare un contratto di apprendistato- Stagisti sfruttati, i casi finiti in tribunale- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voce- Le (poche ma buone) DPL che si occupano (anche) di stage- Controlli sugli stage, tutti i numeri dell'inchiesta della Repubblica degli Stagisti  

Nicola Zanella, autore del libro "Il brainstorming è una gran caxxata": «Gli stage servono a far lavorare gratis la gente»

«Come avrei intitolato un ipotetico capitolo dedicato agli stage? Semplice: “Gli stage servono a far lavorare gratis la gente”, ecco come».  Nicola Zanella, autore del polemico libriccino Il brainstorming è una gran caxxata (edito da Sperling&Kupfer), non perde certo il suo spirito caustico, neanche quando si parla di giovani e tirocini. Ma poi aggiunge, quasi ripensandoci: «Sia ben chiaro, voglio essere deliberatamente provocatorio. In fondo, il mio obiettivo è sempre stato quello di smitizzare i modelli e le teorie tanto in voga al giorno d’oggi presso grandi e piccole aziende, per tornare a fare discorsi pratici e con i piedi per terra. Ma se è vero che non si possono fare generalizzazioni, certe cose bisogna pur dirle chiaramente». Zanella, 37 anni, si è laureato in economia aziendale alla Bocconi di Milano, ha lavorato nel marketing per Wella e dal 2000 ha avviato uno studio per fornire servizi di consulenza e formazione manageriale. In effetti, il suo libro è un po' un “anti-manuale”, ricco di consigli che stupiscono per il loro essere del tutto controtendenza e, al tempo stesso, apparentemente fondati sul semplice buon senso («le presentazioni powerpoint sono dannose», «I capi bastardi sono i migliori», «fare utili e ridurre i costi porta al fallimento»). La Repubblica degli Stagisti gli ha chiesto di applicare questa sua ricetta per dare ai lettori un parere spassionato sulla “questione stage”. I capitoli del suo libro si compongono di una parte destruens, ferocemente critica, e di una serie di consigli più costruttivi. Vogliamo partire proprio dalle critiche? Mi è capitato di conoscere manager che inserivano gli stagisti sotto la voce “manodopera a costo zero” nel bilancio dei progetti. Tutto qui: i ragazzi non rappresentavano altro che questo per l’azienda. È chiaro che un sistema del genere non è ammissibile: danneggia gli stagisti, che dovrebbero sempre e comunque essere retribuiti e avere né più né meno gli stessi diritti degli altri dipendenti,  ma anche le aziende, che si ritrovano con manodopera ad altissimo turnover, poco preparata e priva di motivazioni. E i giovani in cosa sbagliano? I ragazzi sopravvalutano l’importanza di uno stage: quando possibile, è meglio accontentarsi di un lavoro un gradino al di sotto rispetto a quello al quale si avrebbe diritto, piuttosto che sprecare mesi in tirocini per posizioni più elevate ma difficilmente raggiungibili. Il modo migliore per apprendere è cominciare a lavorare, e bisogna farlo il prima possibile. Troppo spesso, poi, i neolaureati si lasciano attrarre da master che pubblicizzano gli stage come parte integrante del corso. Nella maggior parte dei casi, inviando per conto proprio un curriculum alle aziende è già possibile ottenere uno stage, senza bisogno di spendere migliaia di euro in master inutili e di rimandare di anni l’ingresso sul mondo del lavoro. Esistono stage "buoni"? Naturalmente sì, e sono quelli in cui l'azienda vuole veramente formare i ragazzi. Bisognerebbe ispirarsi al modello dell’apprendistato di bottega, ovviamente con le debite differenze. Il tutor dovrebbe essere quanto più possibile vicino a un “mastro” per il suo apprendista: laddove nelle botteghe si apprendeva per imitazione, nelle aziende bisognerebbe cercare di coinvolgere i ragazzi nelle riunioni importanti e nei processi decisionali, chiedere il loro parere e trasmettere loro il patrimonio di conoscenze dell’impresa. È bene tenere a mente che le aziende di maggior successo sono quelle con il grado di fedeltà più alto da parte dei dipendenti e con il turnover più basso. Quale modo migliore per raggiungere questi risultati se non seguire la carriera dei ragazzi sin dallo stage? Qualche consiglio? Informatevi sin dal principio sulle prospettive di assunzione dopo lo stage. Qualche selezionatore del personale probabilmente ve lo sconsiglierebbe, ma secondo me è bene che i rapporti di lavoro siano chiari sin dal principio, almeno quando vi è serietà da parte delle aziende. Cercate anche di capire se i progetti ai quali lavorerete potranno insegnarvi qualcosa di utile da riproporre in altre aziende, qualora lo stage non dovesse andare a buon fine.   Andrea Curiat Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Il brainstorming? Una gran caxxata: in libreria un manuale che demolisce manager e aziendeE anche: - Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no» - Trentenni italiani, la sottile linea rossa tra umili e umiliati nel libro «Giovani e belli» - Generazione 1000 euro, il regista: «Ragazzi, ricominciate a indignarvi e a lottare per i vostri diritti»  

«Giovani e lavoro, il mercato oggi cerca profili tecnici e commerciali»: intervista a Laura Cassetta, project manager di Fiera Incontro

Laura Cassetta, padovana, ha 31 anni e una laurea in Conservazione dei beni culturali all'università Ca' Foscari di Venezia. Dal 2006 è project manager di Incontro, la fiera del lavoro in questi giorni in corso a Vicenza. Un ruolo le ha permesso un contatto diretto e quotidiano con giovani e imprese: la Repubblica degli Stagisti le ha chiesto di dare qualche consiglio a tutti coloro che in questo periodo si mettono alla ricerca di un lavoro, magari partecipando proprio ad una fiera per lasciare il proprio curriculum e sperare che il contatto si trasformi in un colloquio e poi in una proposta.Alla vostra fiera partecipano sia aziende private sia enti pubblici: c'è differenza nell'offerta occupazionale di queste realtà?Attualmente anche gli enti pubblici del Veneto soffrono il blocco delle assunzioni imposto dai provvedimenti dell’esecutivo nazionale e dai tagli di bilancio; dall’altro lato, è tutt’ora in corso un lento processo di stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato impiegati negli anni scorsi. Per cui, in definitiva, la domanda di lavoro espressa dalla pubblica amministrazione è davvero residuale. Anche le imprese purtroppo soffrono la crisi: la domanda di lavoro oggi si concentra su ingegneri, fisici, laureati in materie economiche e scientifiche, periti industriali, profili professionali tecnici e commerciali. C'è una buona richiesta poi anche nel settore dei servizi alla persona, come per esempio infermieri e operatori socio sanitari.Come sta reagendo il nordest alla crisi?Si è momentaneamente arrestata la dinamica occupazionale che aveva caratterizzato il nordest dalla seconda metà degli anni novanta  al primo semestre del 2008. La regione nordestina però sta “resistendo”, utilizzando al meglio gli ammortizzatori sociali e tentando di mantenere il proprio patrimonio di risorse umane. Dall’altro lato, è alla ricerca di nuovi prodotti e nuovi mercati.Come possono affrontare la crisi i giovani in cerca di lavoro?Tenendo conto della prevalente domanda di lavoro del mercato e adeguando le proprie competenze professionali. Ma anche con un notevole spirito di adattamento... almeno in questa fase.Un consiglio ai giovani che devono scegliere a quale scuola o università iscriversi.Sapere coniugare la propria vocazione con le dinamiche e le tendenze del mercato del lavoro. Impegnarsi sulla conoscenza delle lingue, la capacità e lo spirito di relazione e comunicazione, la disponibilità  a imparare, cercando di fare più esperienze - con un'attenzione particolare alle professioni tecniche e commerciali. E per completare il quadro, io consiglierei a tutti di usare al meglio i siti di recruitment e orientamento e le fiere di settore.Un suggerimento invece a chi il percorso formativo l'ha già terminato, e si affaccia al mondo del lavoro.Per loro è utile condurre un'analisi sul mercato del lavoro della propria regione e individuare quelle aziende e quelle realtà imprenditoriali o professionali che possono costituire uno sbocco coerente rispetto al proprio corso di studi. Bisogna sempre vagliare più proposte ed essere disponibili a fare più esperienze, anche di stage, ma con la determinazione e la volontà di sfruttarle per orientarsi e formarsi in un contesto lavorativo utile.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Fiera Incontro a Vicenza giovedì 3 e venerdì 4 dicembre: la Repubblica degli Stagisti al convegno «I contratti del primo lavoro di neodiplomati e neolaureati»

Unitalk, intervista a Gianfranco Dore della Uil: «Pagare di più i contratti atipici è l'unico modo perchè la flessibilità non si trasformi in precariato»

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk”. Per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi.UniTalk allarga il suo raggio d'azione: oggi Soul e Repubblica degli Stagisti raccolgono le riflessioni di Gianfranco Dore, sardo classe 1951, sindacalista della Uil  (Unione italiana del lavoro) che da quasi quarant'anni si occupa di politiche del lavoro e formazione professionale. Dore ha iniziato a lavorare nel sindacato nel 1973: dal 1978 al 1987 è stato segretario provinciale della Uil di Viterbo, poi dal 1989 al 1992 segretario generale Enti Locali di Roma e del Lazio. Oggi è segretario Uil di Roma e del Lazio e fa parte della Commissione regionale di concertazione per il lavoro.Di cosa parliamo quando diciamo “precarietà”?Il termine precarietà è sempre esistito nel mondo del lavoro: il precario era una persona che alternava periodi di lavoro a brevi o prolungate interruzioni. Oggi questo termine ha cambiato il suo significato, inglobando oltre al concetto di scarsa continuità anche quello di bassa qualità. Un’operazione necessaria e condivisibile come quella di flessibilizzare un mercato del lavoro diventato estremamente rigido attraverso l’introduzione di strutture contrattuali più adatte alle esigenze di imprese e mercato, è stata applicata in maniera scorretta, causando spesso un peggioramento generalizzato della condizione lavorativa, senza alcuna forma di compensazione dal lato del salario. Alcune forme contrattuali “atipiche” seppur adeguatamente congegnate dal legislatore, non sono state sorrette da  un sistema di ammortizzatori sociali in grado di garantire a tutti i lavoratori le stesse tutele – spaccando di fatto il mercato in ipergarantiti e precari.E quindi quali sono state le ripercussioni sui lavoratori?Ovviamente a pagare il conto sono stati gli "atipici". Gli effetti dell’attuale congiuntura economica lo dimostrano: con la crisi sono stati i primi ad essere esclusi dal mercato del lavoro e spesso senza alcuna forma di sostegno. C'è chi dice che l’Italia ha registrato un tasso di decrescita dell’occupazione inferiore ad altri paesi: peccato che questo dato, apparentemente positivo, sia semplicemente un effetto della diffusa presenza dei contratti di lavoro atipici, in particolare i contratti a progetto. Non abbiamo avuto lo stesso ritmo di decrescita dell’occupazione semplicemente perché c’era una platea di lavoratori atipici che dalle statistiche del mercato del lavoro erano praticamente esclusi; è "lavoro sommerso", e quindi non registrato nei dati ufficiali. A volte i giovani iniziano a rendersi conto delle difficoltà del mondo del lavoro solo dopo aver terminato gli studi. Come si potrebbe coinvolgere di più gli studenti rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo?Forse l’unico aspetto positivo della crisi è quello di aver dimostrato ai giovani, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che il mercato del lavoro è cambiato: il posto fisso non è più all’ordine del giorno né deve diventare l’obiettivo. È necessario essere consapevoli che il lavoro viene conquistato e mantenuto grazie alle capacità e professionalità acquisite; non si studia una sola volta per raggiungere, come un tempo, l’impiego definitivo ma si studia tutta la vita; c’è bisogno di un aggiornamento continuo delle proprie conoscenze sia durante l’università che dopo. L’università deve attrezzarsi per mettere in collegamento il laureato con il mondo del lavoro: questa purtroppo è da sempre una delle principali carenze del sistema universitario pubblico. Ritengo che tutti gli strumenti che vanno nella direzione di far fare ai ragazzi delle esperienze durante o immediatamente dopo la fine degli studi siano positivi. Da questo punto di vista Soul è un’esperienza estremamente interessante sulla quale Cgil, Cisl e Uil si sono immediatamente impegnate. Soul infatti ospita il servizio ZTL (Zona Tutela Lavoro),  creato dalla collaborazione fra Cgil, Cisl e Uil, dove studenti, tirocinanti e neolaureati possono trovare strumenti di tutela per districarsi nel complesso mondo dei diritti dei lavoratori. Quali sono le problematiche più diffuse che possono incontrare i neolaureati?Quando abbiamo avuto il primo contatto con Soul, che all’epoca si chiamava ancora Blus, eravamo entusiasti delle finalità del progetto e come sindacato abbiamo subito fatto notare la preoccupante mancanza di conoscenza, nei giovani, dei propri diritti. ZTL risponde a questa intuizione e aiuta i ragazzi a conoscere i loro diritti contrattuali. Tra l’altro oggi la situazione è ulteriormente peggiorata perché l’estensione dei lavori atipici, l’apprendistato, il contratto a tempo determinato richiedono una profonda conoscenza della materia. Lo sportello serve proprio a spiegare ad un ragazzo qual’è, ad esempio, la differenza fra un contratto a tempo determinato tradizionale e il rapporto di lavoro a collaborazione continuata e continuativa.  Sono entrambi dei contratti a tempo determinato: la differenza è sui diritti, così come la differenza che c’è fra il lavoro interinale e il co.co.pro.: si pensa che sia peggiore il primo ma in realtà l’interinale è un lavoro garantito a 360 gradi. Questo esempio per far capire le carenze conoscitive di un giovane neolaureato, che magari è brillante sul piano accademico ma su queste cose è completamente indifeso. Come si pone il sindacato di fronte ad alcune questioni che affliggono il mondo del lavoro nel nostro paese, come il riconoscimento legale o contrattuale dei diritti del lavoratore e la sempre più difficile messa in pratica di questi diritti?Questa è la principale anomalia del sistema italiano. Altre nazioni hanno adottato il sistema dei contratti atipici anche con grande anticipo rispetto all’Italia: la differenza è che noi li abbiamo adottati nel modo più sbagliato possibile. Il lavoro atipico negli altri paesi è remunerato più del lavoro ordinario: per usufruire della flessibilità le imprese la devono pagare. La  nostra particolarità è che flessibilità è anche sinonimo di minor retribuzione. Questo penalizza le giovani generazioni che escono dall’università: è una delle storture più evidenti e violente del nostro paese. A me capita spesso di incontrare giovani che dicono «Che stupido sono stato a studiare: i miei amici che dopo il liceo sono andati a lavorare ora hanno la possibilità di costruirsi un futuro». L’assurdità è questa: si corre il rischio di penalizzare i giovani con alte professionalità, pur essendo l’Italia uno dei paesi europei con la percentuale più bassa di laureati. Bisogna correggere questa stortura e fare in modo che la flessibilità venga pagata. Questo è l’unico modo per far sì che diventi un valido strumento a disposizione del sistema produttivo.Eleonora Rossicon la collaborazione di Eleonora VoltolinaQuesta intervista è online anche sul sito www.jobsoul.itPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Luciano Zani, facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma- Alide Cagidemetrio, facoltà di Lingue di Ca' Foscari - Venezia- Federico Masini, facoltà di Studi orientali della Sapienza di Roma  

Unitalk, la parola ai presidi: Alide Cagidemetrio, facoltà di Lingue di Ca' Foscari - Venezia

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk”. Ogni settimana un colloquio con un preside per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi.Alide Cagidemetrio, piacentina, ha studiato alla facoltà di Lingue e letterature straniere dell'università Ca' Foscari di Venezia, dove si è laureata e ha ottenuto anche il suo primo impiego come docente di Letteratura anglo-americana. È poi diventata professore ordinario a Udine e ha insegnato negli Stati Uniti, al Wellesley College nel 1998 e ad Harvard dal 1998 al 2001. I suoi interessi scientifici si sono concentrati sul romanzo americano otto-novecentesco e sui rapporti tra letteratura e cultura. Dirige la collana bilingue Le Frecce presso la casa editrice Marsilio e dal 2005 è preside della facoltà di Lingue di Ca' Foscari, che conta quasi 5mila iscritti e circa 900 laureati ogni anno.Professoressa, chi è il "neoiscritto-tipo" di Lingue?Nella maggior parte dei casi proviene da un liceo: dal linguistico prima di tutto, poi dal classico e dallo scientifico. C'è anche un numero rilevante di matricole che ha alle spalle una maturità tecnica per turismo. In generale, è un giovane interessato ai processi di globalizzazione, consapevole dell'importanza centrale della conoscenza delle lingue nel mondo di oggi, determinato a tenersi al passo coi tempi. Alla nostra facoltà si iscrivono soprattutto ragazze: la percentuale sul totale degli iscritti oscilla, di anno in anno, tra il 75 e l'80%. Penso che questo sia dovuto al fatto che tradizionalmente le donne sono più portate a scegliere le facoltà umanistiche. Studiare le lingue ha poi da sempre esercitato un fascino su di loro perché era ed è un modo per esporsi al mondo, viaggiare, andare a conoscere culture differenti, operare in contesti multiculturali. Il fatto che ci siano più donne che uomini tra i nostri studenti non ha rilevanza: noi siamo una struttura aperta a tutti, al di là del genere, della religione, dell'orientamento sessuale o culturale.La facoltà conta oltre ottanta accordi con atenei stranieri.È vero. Tutto è partito ormai 20 anni fa, con la "mitica" internazionalizzazione realizzata nel sistema accademico italiano soprattutto attraverso il progetto Erasmus. Noi poi abbiamo anche tanti accordi anche con paesi extraeuropei - dal Brasile al Cile agli Stati Uniti, dal Giappone alla Cina alla Corea - per scambi di docenti e di studenti, con l'obiettivo di rafforzare le competenze linguistico-culturali. Talvolta queste iniziative sono sostenute da fondi del Miur, è il caso per esempio di un nostro importante accordo con l'Argentina; in altri gli studenti devono pagarsi questi scambi di tasca propria. Il nostro sforzo costante è certamente quello di trovare fondi, per poter rendere l'università il meno costosa possibile; però da un altro punto di vista io sono convinta che una buona formazione non possa prescindere da un investimento anche da parte dello studente. Diventa difficile capire il valore dell'offerta, se tutto è gratuito. Sono una sostenitrice del sistema pubblico, perché è la nostra tradizione europea: ma una buona scuola e una buona università devono avere un riconoscimento del loro costo sociale.Uno dei progetti internazionali che non riguarda solo la vostra facoltà, ma tutto l'ateneo, è la Ca' Foscari Harvard summer school di cui lei è direttore.Sì, si tratta di un modello di internazionalizzazione a cui teniamo molto: una scuola estiva, qui a Venezia, gestita in collaborazione con Harvard, l'università più prestigiosa degli Stati Uniti, con docenti provenienti in egual numero dalla nostra università e dalla loro. I corsi sono frequentati, anche qui in numero uguale, da studenti di Ca' Foscari e Harvard, 65 per ciascuna università, e danno diritto a crediti riconosciuti da entrambi gli atenei. Nel 2010 avremo la quinta edizione, e non nascondo che le precedenti ci hanno portato grandi soddisfazioni. Per esempio, due nostri studenti delle edizioni passate sono stati ammessi al dottorato ad Harvard con una borsa di studio completa, vale a dire circa 35mila dollari all'anno.Quali sono gli sbocchi professionali per i vostri laureati?I laureati in Lingue e letterature straniere oggi sono molto più presenti nel mercato del lavoro rispetto al passato, perché il mercato stesso ha esigenza di nuove figure professionali che abbiano lingue e culture come loro bagaglio di conoscenze. Trovano lavoro nell'insegnamento ma anche anche nelle imprese, in musei e fondazioni, in organizzazioni interculturali. Negli ultimi anni, per esempio, i laureati in cinese e giapponese sono stati molto richiesti. Un altro aspetto da marcare è che la nostra facoltà è nata nel 1868 con l'idea precisa di intersecare l'insegnamento delle lingue e culture straniere a quello delle materie giuridiche ed economiche. Certo noi non formiamo avvocati ed economisti: ma i nostri piani di studio aggiungono all'aspetto umanistico delle lingue anche competenze di tipo economico e giuridico.Prevedete tirocini, curriculari o extracurriculari?Certamente. I dati non sono suddivisi per facoltà, però per l'intero ateneo di Ca' Foscari, quindi sommando tutte e quattro le facoltà che lo compongono, sono attive 7737 convenzioni in Italia e all'estero. I nostri studenti fanno stage in imprese, musei, scuole; abbiamo anche corsi di laurea per i quali è previsto un tirocinio obbligatorio, per esempio per Interpretariato e traduzione.Come si potrebbero a suo avviso coinvolgere di più sia gli studenti sia il corpo docente rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo? E quanto incide la crisi sul passaggio dalla formazione al lavoro?L'università organizza già, una volta all'anno, una giornata aperta dedicata ai rapporti tra imprese e studenti: un'occasione, per gli studenti di Lingue come per tutti gli altri, di entrare in contatto con varie imprese. Per quanto riguarda il placement, specie in questo momento di crisi, è importante sottolineare che il rapporto tra formazione universitaria e impiego non è immediato: a una buona formazione purtroppo non corrisponde immediatamente un buon impiego. Un aspetto positivo, invece, è che oggi le aziende collaborano sempre di più con gli atenei per la creazione delle figure professionali di cui hanno bisogno.Un pregio e un difetto della sua facoltà. Il pregio è il numero delle lingue che noi offriamo, quaranta: un patrimonio nazionale, che in questo momento è particolarmente fragile a causa dei tagli imposti dalla riforma dell'università. Noi abbiamo addirittura il 30% degli studenti che vengono da fuori regione: questo dovrebbe essere un indicatore, in un'epoca in cui i ragazzi tendono a scegliere l'università sotto casa anche per la penuria di residenze universitarie, della qualità e del valore della nostra offerta formativa… E dovremmo quindi essere sostenuti. E invece no, anche noi subiamo tagli che mettono a rischio il nostro patrimonio di lingue. E parlo di francese e tedesco, non di urdu o ucraino! Nel caso delle lingue in cui c'è un solo docente, se quello va in pensione non c'è modo di rimpiazzarlo: il turnover è bloccato. Un altro esempio: il 1° novembre di quest'anno abbiamo finalmente assunto un ricercatore di lingua e cultura hindi. Il concorso per questo posto era stato bandito nel 2006, ma è stato espletato solo tre anni dopo! E da questa situazione discende il difetto che io individuo nella nostra facoltà: non siamo riusciti a espandere ulteriormente la nostra offerta formativa alle lingue e culture africane, che saranno centrali per il nostro prossimo futuro. Ecco il mio sogno: portare in facoltà lo swahili, che è parlato da 80 milioni di persone ed è la lingua ufficiale dell'Unione Africana.Eleonora Voltolinacon la collaborazione di Eleonora RossiQuesta intervista è online anche sul sito www.jobsoul.itPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Luciano Zani, facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma- Roberto Nicolai, facoltà di Scienze umanistiche della Sapienza di Roma- Franco Piperno, facoltà di Lettere e filosofia della Sapienza di Roma- Federico Masini, facoltà di Studi orientali della Sapienza di Roma

Unitalk, la parola ai presidi: Federico Masini, facoltà di Studi orientali della Sapienza di Roma

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk”. Ogni settimana un colloquio con un preside per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi.Federico Masini, laureato in Filosofia, quarantanove anni, a ventitrè è partito per Pechino, dove è rimasto per un paio d’anni a studiare e dove è tornato poi nel 1987, come contrattista presso l'ufficio stampa dell'ambasciata d'Italia. A trent’anni, rientrato in Italia, ha vinto il premio nazionale per la Traduzione del ministero dei Beni culturali e ha iniziato la sua carriera accademica come professore a contratto di Filologia cinese presso la facoltà di Lettere e filosofia della Sapienza. Dal novembre del 2000 nello stesso ateneo è professore ordinario di Lingua e letteratura cinese presso la facoltà di Studi orientali, di cui nel 2001 – a soli quarant’anni – è diventato preside. Gli iscritti sono attualmente circa 3500, con un ritmo di immatricolazioni di 7-800 l’anno.Professore, chi è il "neoiscritto-tipo" di Studi orientali?Per un neodiplomato, diciamolo, è più facile iscriversi a giurisprudenza o medicina piuttosto che alla nostra facoltà, incentrata su materie che non sono presenti nelle scuole superiori. Per questo noi dobbiamo organizzare molti incontri per informare i ragazzi riguardo alle materie e ai corsi di studio. In generale, le donne rappresentano la percentuale più alta dei nuovi iscritti perché hanno una propensione per lo studio delle lingue, soprattutto inglese e francese, e una sviluppata curiosità culturale. Quali sono gli sbocchi professionali? Non essendo una laurea professionalizzante gli sbocchi lavorativi sono molto vari, assimilabili alle lauree umanistiche con in più la conoscenza approfondita della lingua e della cultura di un altro Paese. E poi il lavoro i vostri studenti non lo trovano solo in Italia, giusto?È vero: per completare la formazione dei nostri studenti puntiamo sui viaggi. Per approfondire, completare e migliorare la conoscenza della lingua, consigliamo sempre di fare un viaggio, normalmente di un semestre, nel paese oggetto degli studi – Cina, Giappone, Corea, Paesi arabi. Il meccanismo funziona, perché i ragazzi hanno la possibilità di migliorare la conoscenza della lingua e della cultura del paese, di accumulare crediti che poi gli verranno riconosciuti alla fine del percorso didattico e d’avere una competenza linguistica specifica; il problema è comprendere come spenderla al meglio nel mercato del lavoro. Solitamente il laureato trova un impiego stabile proprio nel paese oggetto di studio, altri hanno lavori più saltuari e meno retribuiti in Italia. Quindi abbiamo sia il laureato che lavora nel negozio al centro di Roma perché sa il giapponese o il cinese, sia il manager nel settore dell’import export. La vera sfida del mondo del lavoro è capire che la preparazione di una facoltà come Studi orientali può completare un percorso di studi tecnico-scientifici e quindi formare, ad esempio, avvocati che conoscono il giapponese o economisti con competenze linguistiche specifiche! Su questo, forse, l’Italia è più arretrata rispetto ad altri paese europei.Prevedete tirocini formativi e/o curriculari?Abbiamo i tirocini didattici nel paese oggetto di studio, sostenuti dall’università e finanziati in piccola parte da borse di studio – che però sono solo un centinaio e non riescono a coprire la domanda dei circa 250 studenti. Abbiamo anche una cinquantina di convenzioni con aziende o associazioni italiane, ad esempio con l’Agi (Agenzia Giornalistica Italiana) la quale ha aperto, insieme a noi, un portale dedicato, gestito da due tutor senior retribuiti che coordinano una decina di tirocinanti. Il vero pericolo che vedo all’orizzonte è che i nuovi ordinamenti lascino tendenzialmente meno spazio agli stage. Siamo passati da una situazione, quella del vecchio ordinamento, nella quale i tirocini non erano contemplati, ad un sistema della 509 in cui i tirocini erano magnificati fino all’attuale 270, in cui per una serie di motivi, si rischia di non apportare grandi miglioramenti così come è successo per l’Erasmus.Che tipo di cambiamento nelle aspettative professionali possono generare, nei giovani neolaureati, la mancanza di prospettive e l'attuale congiuntura economica?È più facile oggi trovare un impiego in Cina che in Italia! I nostri laureati si dedicano alla studio di quei paesi in cui la crisi è meno forte e che, probabilmente, avranno una ripresa molto più rapida della nostra. È evidente che, in un mercato del lavoro sempre più competitivo, avere competenze spendibili in questi paesi è sicuramente una risorsa importante che potrebbe permettere di sfuggire dall’ambito italiano ed europeo. Quali potrebbero essere le iniziative destinate ad un maggiore coinvolgimento degli studenti e del corpo docente rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo?Incontri con le aziende, career day, eventi e convegni sul tema del lavoro. Rispetto al passato i giovani di oggi da una parte hanno necessità economiche più pressanti, dall’altra sono tempestati da tantissime opportunità: si pensi solo alle borse di studio! È necessario dare un coordinamento a tutto questo, permettere agli studenti di trovare in un unico luogo virtuale offerte di lavoro, di tirocinio e borse di studio – razionalizzando la gestione delle informazioni e organizzando eventi periodici per presentare le scadenze delle borse di studio e le offerte attive.Per chiudere, un pregio e un difetto della facoltà di Studi Orientali.Pregio: fare delle cose nel momento giusto e forse nel posto giusto, perché la nostra è una bella sede. Difetto: abbiamo un rapporto docenti-studenti veramente al limite, il peggiore della Sapienza. Ci troviamo ad un punto in cui la domanda è talmente alta che avremmo necessità di un notevole incremento dei corsi di studio e dei professori altrimenti il rischio è quello di dover immettere il numero chiuso.Eleonora Rossicon la collaborazione di Eleonora VoltolinaIl testo integrale dell’intervista su: www.jobsoul.itPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Luciano Zani, facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma- Roberto Nicolai, facoltà di Scienze umanistiche della Sapienza di Roma- Franco Piperno, facoltà di Lettere e filosofia della Sapienza di Roma

Unitalk, la parola ai presidi: Franco Piperno, facoltà di Lettere e filosofia della Sapienza di Roma

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk”. Ogni settimana un colloquio con un preside per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi.Franco Piperno, 56 anni, musicologo, nel 1977 si è laureato presso la facoltà di Lettere e filosofia dell'università La Sapienza che oggi presiede. Diplomato in pianoforte e composizione, ha iniziato la sua carriera insegnando nei conservatori. Oggi è membro del Comitato scientifico della rivista "Ricercare. Rivista per lo studio e la pratica della musica antica" e del Consiglio artistico della IUC - Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma.Professore, chi è il vostro "neoiscritto-tipo"?Un ragazzo che ha svolto il percorso di studi nella scuola superiore con la consapevolezza dell’importanza dello studio ed ha una buona conoscenza delle materie umanistiche. Chi decide di iscriversi deve sapere che questo non è un parcheggio, qui si studia duramente. Dobbiamo sfatare l’idea che la facoltà di Lettere e filosofia sia facile, un refugium peccatorum dove ci si iscrive non avendo nessun’altra idea: siamo orgogliosi di affermare che questa è una facoltà impegnativa. Nel percorso universitario lo studente si relaziona con professori esigenti, corsi difficili e vaste bibliografie.Quali sono gli sbocchi lavorativi?L’insegnamento è l’impiego standard di questa facoltà,  nei modi in cui oggi è possibile accedere alle scuole di formazione, ai corsi preparatori e ai concorsi abilitanti. Poi ci sono infiniti altri sbocchi: questa facoltà, che è definita generalista, propone una moltitudine di competenze che aprono prospettive diverse e difficilmente prevedibili. I nostri laureati sono molto richiesti anche in contesti industriali o di impresa per svolgere attività legate alle pubbliche relazioni, alla programmazione ed all’organizzazione del lavoro interno: la mentalità di un laureato in lettere gli permette di affrontare determinati problemi da una prospettiva diversa rispetto a quella di un tecnico. La mancanza di prospettive e l'attuale congiuntura economica  che tipo di cambiamento possono generare nei giovani neolaureati?La crisi pesa sull’economia nazionale e la nostra facoltà si pone il problema di quali concrete prospettive lavorative proporre ai propri studenti. È ovvio che  ci sono settori che avranno sempre un mercato, come ingegneri e  medici, ma bisogna vedere quanto le politiche dei futuri governi aiuteranno i giovani e soprattutto quelli che hanno svolto studi umanistici a trovare lavoro. Non me la sento però di dire che dalla crisi noi siamo colpiti più di altri: ritengo che sia un problema di carattere nazionale ed internazionale. Cosa pensa del sistema Soul?La presenza di una struttura di incontro tra domanda e offerta di lavoro ha una sua utilità perché funge da collettore fra le richieste e le offerte di lavoro e tirocinio. Anche se poi oggi, con internet, gli studenti e le aziende usano il “fai-da-te”: su qualsiasi sito c’è la pagina “Lavora con noi” e se navigando i ragazzi trovano qualcosa di interessante si candidano direttamente lì.Prevedete tirocini per i vostri studenti?Sì, ne abbiamo di obbligatori e tendenzialmente gli studenti li svolgono presso aziende esterne: in questo modo entrano in contatto con il mondo del lavoro. Abbiamo un servizio stage piuttosto efficiente e una lunga lista di aziende convenzionate con la facoltà. Talvolta sono gli stessi studenti a proporci enti e imprese presso i quali vorrebbero svolgere un tirocinio.Quali potrebbero essere le iniziative destinate ad un maggiore coinvolgimento degli studenti e del corpo docente rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo?Il problema sta nell’informazione. Un bollettino mensile di iniziative, concorsi, convenzioni destinato alla mailing list dell’ateneo permetterebbe di far circolare le notizie. Soul è una struttura alla quale gli studenti devono fare riferimento, ma raggiungerli nelle loro caselle di posta elettronica con un agile bollettino mensile potrebbe essere utile. Così come sarebbe utile mettere un link a Soul nel sito di ogni facoltà.Per chiudere, un pregio e un difetto della sua facoltà.Il difetto: è molto grande, e purtroppo è sottodimensionata dal punto di vista delle strutture messe a disposizione degli studenti - soprattutto per didattica quotidiana. Il pregio è che è una facoltà estremamente vivace. Sul sito vengono segnalati quotidianamente iniziative ed eventi, seminari, conferenze, convegni, incontri e dibattiti: una risorsa importante per gli studenti. Come ho detto alle matricole, l’università non è soltanto un altro posto dove si studia. La ricerca è un percorso di studi e di approfondimento che si applica a tutti i campi dello scibile umano, ed è fondamentale per conoscere realtà sconosciute.Eleonora Rossicon la collaborazione di Eleonora VoltolinaIl testo integrale dell’intervista su: www.jobsoul.itPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Unitalk, la parola ai presidi: Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Unitalk, la parola ai presidi: Luciano Zani, facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma- Unitalk, la parola ai presidi: Roberto Nicolai, facoltà di Scienze umanistiche della Sapienza di Roma- Un anno di Soul, il servizio di placement pubblico delle università del Lazio

Unitalk, la parola ai presidi: Roberto Nicolai, facoltà di Scienze umanistiche della Sapienza di Roma

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk”. Ogni settimana un colloquio con un preside per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi.Roberto Nicolai, romano, 50 anni compiuti da poco, ha cominciato a insegnare nei licei classici. Appassionato di letteratura e filologia greca, la sua carriera universitaria si è svolta tra l’università di Cassino, quella di Sassari e la Sapienza di Roma, dove dal 2006 guida la facoltà di Scienze umanistiche. Quasi un gineceo: degli oltre 8mila iscritti, tre quarti sono femmine.Professore, chi è il vostro "neoiscritto-tipo"?La prima competenza di base è quella logico-linguistica. Quest’anno abbiamo introdotto i test d’ingresso per verificare la preparazione iniziale: sarebbe quasi superfluo chiedere questa competenza, ma la preparazione della scuola secondaria ha a volte delle lacune. Il requisito fondamentale per entrare in una facoltà di questo genere è comunque la passione unita alla curiosità. Questa è la base: tutto il resto si può imparare. Quali sono gli sbocchi professionali? Abbiamo due corsi triennali particolarmente professionalizzanti, Mediazione linguistica e interculturale e Scienze del turismo: il primo può essere seguito da una laurea magistrale in Lingue e letteratura moderna, ma anche al livello di triennale può dare opportunità lavorative. Gli altri corsi di Lettere, Storia, Archeologia e Storia dell’arte offrono una preparazione di base che può si può sfruttare in varie  direzioni. Da una statistica recente ho ricavato che  oltre il 50% degli occupati attuali svolge professioni che dieci anni fa non c’erano: questo significa che occorre una certa creatività da parte di chi si propone, per individuare professioni nuove. Per esempio i contenuti di siti internet, a volte così deludenti, avrebbero bisogno di persone competenti non solo nell’ambito informatico ma anche e soprattutto in ambito linguistico e culturale! E anche nelle televisioni e nelle redazioni dei documentari scientifici ci sarebbe un gran bisogno dei nostri laureati. Poi c’è l’insegnamento: per anni c’è stato un ricambio continuo, che adesso si è un po’ rallentato a causa dei tagli alla scuola pubblica, ma comunque rimane una prospettiva. Prevedete tirocini per i vostri studenti?Sì, molti: alcuni danno anche sbocchi lavorativi, come le case editrici o le redazioni. Adesso, anche grazie al progetto Soul, ci sarà un maggior controllo: uno dei problemi infatti è lo sfruttamento del ragazzo da parte di aziende che hanno solo l’obiettivo di procurarsi manodopera a basso costo. Si potranno monitorare meglio sia l’offerta da parte dell’azienda sia le competenze che il tirocinante acquisisce in concreto con lo stage: ci deve essere un rapporto più stretto tra le aziende e le università. Noi adotteremo il “gestionale tirocini” di Soul proprio perché sentiamo molto forte il problema del monitoraggio e della valutazione dei tirocini attivati.Come si possono coinvolgere di più sia gli studenti sia il corpo docente rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo?Stiamo lavorando sul recupero dei fuori corso: se lo studente arriva alla laurea troppo tardi ha maggiore difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Attraverso i tutor cerchiamo di recuperare questi studenti, di indirizzarli al part-time se sono studenti lavoratori, insomma di cercare di far concludere gli studi nei tempi ordinari. Bisogna ridurre i tempi: arrivare alla laurea a 29-30 anni è sicuramente troppo tardi per poi avvicinarsi al mercato del lavoro. Poi è importante mettere a disposizione dei laureati, in facoltà, orientatori formati e competenti: l’orientamento è un punto fondamentale. C’è ancora uno scollamento tra le indagini tipo Almalaurea e la reale condizione dell’università, anche perché sono indagini per grandi blocchi, per facoltà o per corso di laurea. Per una realtà come la nostra, con corsi di laurea diversi – si va dal corso in Spettacolo digitale che dà lavoro a moltissimi giovani al corso di Lettere – servirebbero invece indagini mirate. Anche le categorie Istat le trovo inadeguate, fuori dalla realtà. Bisogna smettere di fare discorsi astratti e cercare di fotografare la realtà così com’è.Per chiudere, un pregio e un difetto della sua facoltà.Il pregio: la capacità di proporre novità nel campo delle scienze umanistiche. Stiamo lavorando molto sul Progetto Mediateca: raccogliere immagini, filmati, documenti per poi inserirli nella rete europea di digitalizzazione del patrimonio culturale. Il nostro dipartimento di spettacolo ha vinto un progetto europeo e questo credo che sia un tratto distintivo della facoltà: la voglia di innovazione. Il difetto invece sta nei problemi logistici: la facoltà è divisa in più sedi. Ma su questo stiamo lavorando, di concerto con il Rettore.Eleonora Rossicon la collaborazione di Eleonora VoltolinaIl testo integrale dell’intervista su: www.jobsoul.it Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Unitalk, la parola ai presidi: Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Unitalk, la parola ai presidi: Luciano Zani, facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma- Un anno di Soul, il servizio di placement pubblico delle università del Lazio

Unitalk, la parola ai presidi: Luciano Zani, facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk” . Ogni settimana un colloquio con un preside per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi.Luciano Zani, romano, 59 anni, è docente di Storia contemporanea presso la facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma, che dirige dal novembre del 2008. E’ anche membro del consiglio scientifico della rivista Mondo contemporaneo e autore di molte pubblicazioni tra cui Italia Libera, il primo movimento antifascista clandestino, 1923-25 (Laterza 1975) e  Fra due totalitarismi. Umberto Nobile e l’Unione Sovietica 1931-1936 (Aracne, 2005). Il suo ultimo libro è Resistenza a oltranza – Storia e diario di Federico Ferrari, internato militare italiano in Germania, pubblicato da Mondadori. La facoltà conta quasi 3mila iscritti e oltre 500 laureati ogni anno.Professore, chi si iscrive alla sua facoltà?C’è una fascia di studenti molto motivati, specialmente tra quelli che hanno una preparazione socio-pedagogica. E poi c’è chi la sceglie come ripiego, magari perchè non è riuscito ad entrare in altre facoltà a numero chiuso. La scienza sociologica non gode di grande visibilità: abbiamo bisogno di far capire cos’è, ricostruirne e a volte costruirne l’identità. Per questo abbiamo intensificato l’orientamento nelle scuole superiori già a partire dal terzo anno, e registriamo sempre un buon ritorno. Il quadro forse è anche migliorato perché, in base alla riforma degli ordinamenti, per la prima volta abbiamo dovuto mettere un test d’ingresso. Rispetto ai 350 immatricolati al corso triennale dell’anno scorso,  quest’anno abbiamo avuto 548 iscritti al test del 30 settembre. Mi auguro che alla fine le immatricolazioni di quest’anno siano superiori: comunque, al di là dei numeri, l’orientamento in ingresso nelle scuole superiori è una delle chiavi di una buona riuscita della facoltà e anche un impegno della mia presidenza.Quali sono gli sbocchi professionali? Ad ogni corso corrispondono sbocchi diversi. Abbiamo una triennale in Sociologia che forma specialisti in scienze sociali, ricercatori sociali ed esperti nella gestione e nell’organizzazione del personale che potranno lavorare in strutture pubbliche o private, organizzazioni del terzo settore, associazioni internazionali. Gli sbocchi non si limitano alla figura del sociologo: noi forniamo figure duttili, che possono essere assorbite in diversi ambiti del mercato del lavoro. Abbiamo poi tre lauree magistrali: Sociologia e ricerca sociale avanzata, Politiche e servizi sociali, Analisi sociale e progettazione territoriale. Attraverso le prime due si approfondiscono meglio le competenze sociologiche; l’ultima è svolta in collaborazione con la facoltà di architettura Valle Giulia, un’innovazione che testimonia la versatilità del ruolo del sociologo. Se si deve progettare il quartiere di una città bisogna tener conto delle compatibilità ambientali ma anche di quelle sociali: l’urbanista quindi non potrà essere "solo" un architetto, dovrà essere capace di progettare una casa ma anche di creare un ambiente sociale adeguato. Resta infine il filone del servizio sociale, rappresentato dalla triennale in Scienze e tecniche del servizio sociale. Qui formiamo assistenti sociali che possono fare gli operatori socio-assistenziali, operatori per l’infanzia e per l’adolescenza. I piani di studio prevedono stage formativi, curriculari e non?Il tirocinio è uno strumento importantissimo per avvicinare laureandi e laureati al mondo del lavoro. Noi abbiamo tirocini curriculari previsti dal corso di laurea in Scienze e tecniche del servizio sociale, e abbiamo attivato molte convenzioni con enti e strutture a Roma e provincia – soprattutto con ASL, Comune di Roma, Municipi e  associazioni. Attualmente abbiamo oltre 120 tirocini obbligatori in corso. La collaborazione con Soul è stretta: il nostro sportello di facoltà è collegato al sistema Soul e noi abbiamo per la facoltà circa 400 offerte di tirocinio in enti pubblici o privati. Il nostro responsabile, il professor Chiodi, insieme ai suoi collaboratori cura con passione e professionalità lo sportello Afe della facoltà. Che tipo di cambiamento nelle aspettative professionali possono generare, nei giovani neolaureati, la mancanza di prospettive e l'attuale congiuntura economica?La crisi c’è, è forte e probabilmente incide più in profondità di quanto i mezzi di comunicazione di massa ci facciano sapere. Bisogna capire che alcune professioni tradizionali e consolidate non offrono sbocchi decenti perché sono numericamente sature, quindi bisogna inventarsi qualcosa di nuovo. La facoltà di sociologia  fornisce una formazione flessibile e duttile, in grado di adattarsi ai cambiamenti ed interpretarli. In momenti come questo la società si interroga sui motivi, le cause, le conseguenze della crisi: e chi meglio di un sociologo può cercare risposte a questi interrogativi? Noi poi facciamo molta didattica innovativa: a volte durante i corsi simuliamo situazioni lavorative, aiutando gli studenti a immedesimarsi nel ruolo di un sindaco o di un presidente di municipio che deve prendere delle decisioni per il bene della società. Questo aiuta e alimenta la creatività e la fantasia dei nostri laureati.Quali potrebbero essere le iniziative destinate ad un maggiore coinvolgimento degli studenti e del corpo docente rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo?Gli stessi studenti che fanno un tirocinio potrebbero diventare "messaggeri", raccontando la loro esperienza. Bisogna quindi intervistare gli ex stagisti, farli diventare testimonial dell’utilità dei tirocini, metterli in contatto con quelli che ancora non l’hanno fatto, far circolare le informazioni.Per chiudere, un pregio e un difetto della sua facoltà.Il pregio: siamo una facoltà giovane e dinamica e ci facciamo carico dello studente da quando entra a quando esce Da quest’anno per esempio avremo un tutorato obbligatorio e non più a richiesta, per ridurre il problema dell’abbandono dell’università. L’obiettivo è quello di creare una comunità di studenti, quest’estate abbiamo attivato un help desk attivo anche a ferragosto con un docente pronto a dare informazioni.  Il difetto: gli spazi fisici in cui fare lezione. Soffriamo di una carenza di aule: il mio sogno è quello di possedere una sede adeguata.Eleonora Rossicon la collaborazione di Eleonora VoltolinaIl testo integrale dell’intervista su: www.jobsoul.it Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Unitalk, la parola ai presidi: Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Roberto Nicolai, facoltà di Scienze umanistiche della Sapienza di Roma- Franco Piperno, facoltà di Lettere e filosofia della Sapienza di Roma- Un anno di Soul, il servizio di placement pubblico delle università del Lazio

Unitalk, la parola ai presidi: Benedetto Todaro, facoltà di Architettura Valle Giulia della Sapienza di Roma

Prosegue la collaborazione tra la Repubblica degli Stagisti e Soul - Sistema Orientamento Università Lavoro attraverso la rubrica “Unitalk” . Ogni settimana un colloquio con un preside per capire le luci e le ombre del sistema universitario italiano, l’offerta formativa e gli sbocchi lavorativi. Benedetto Todaro [foto], classe 1943, è preside della facoltà di Architettura Valle Giulia e coordinatore del dottorato di ricerca in Architettura e costruzione - spazio e società.Professore, che tipo di cambiamento nelle aspettative professionale possono generare nei giovani neolaureati la mancanza di prospettive e l'attuale congiuntura economica?La percezione delle difficoltà  che il  tessuto sociale ha ad assorbire competenze qualificate può generare, nei neolaureati, una pericolosa demotivazione ed una disponibilità a forme di sott’occupazione, con influssi negativi sull’immagine pubblica e sull’autorevolezza dell’istituzione universitaria.Cosa può l'università preparare meglio i propri studenti al mondo del lavoro?Innanzitutto agire all’ingresso, attraverso forme di valutazione preventiva delle motivazioni e delle attitudini; poi con una doverosa revisione della propria efficacia formativa, e attraverso collegamenti diretti con le strutture operative destinate ad impiegare i laureati. Senza dimenticare la necessità di una reale selezione in itinere: non è detto che chiunque si iscrive debba necessariamente laurearsi. Dal 2003 le università sono diventate protagoniste nell’attività di intermediazione. Cosa ne pensa del servizio Soul? Quali ritiene che possono essere i suoi punti di forza e di debolezza?Il Soul è un servizio fondamentale, da incrementare rafforzandone il ruolo attraverso il potenziamento informatico/informativo fino a delineare profili personalizzati dei singoli laureati e delle strutture esterne dalle quali potrebbero essere valorizzati.È attivo, in Soul, il “Gestionale Tirocini”, una nuova piattaforma informatica che consente di snellire ed informatizzare le procedure amministrative necessarie per l’attivazione di un tirocinio curriculare e/o post lauream alla quale partecipa la facoltà di Architettura Valle Giulia.  Gli stage, facilitati dal Gestionale Tirocini, sono utili per accompagnare i laureati verso il mondo del lavoro?Ritengo che il “Gestionale Tirocini” possa e debba essere uno strumento di rilevanza nodale per accompagnare i laureati verso il mondo del lavoro.Le difficoltà che i giovani incontrano dopo la laurea dipendono solo dalle dinamiche interne al mondo del lavoro, o possono essere il frutto di alcuni atteggiamenti da parte dei giovani stessi, a volte poco attivi o con aspettative superiori alle reali richieste del mondo del lavoro? L’origine prima delle difficoltà di inserimento sta nella distanza tra istituzione universitaria, fino ad un decennio fa concentrata solo sui temi della ricerca e del trasferimento delle conoscenze – senza responsabilità sulla professionalizzazione – ed una società sempre più miope ed orientata alla logica del profitto, poco sollecita alle istanze di qualità reale.Quali potrebbero essere le iniziative per sensibilizzare di più studenti e corpo docente rispetto alle problematiche dell'inserimento lavorativo?Coinvolgere studenti e i docenti nelle problematiche di inserimento lavorativo sarebbe forse possibile incentivando l’attività conto terzi delle università, così da sperimentare già nella fase di formazione il lavoro di qualità organizzato in equipe miste di docenti e studenti.Eleonora RossiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Unitalk, la parola ai presidi: Mario Morcellini, facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma- Un anno di Soul, il servizio di placement pubblico delle università del Lazio