Categoria: Notizie

Legge sugli stage: come la vorrebbero i giovani? Diccelo tu

Se fossero i giovani a decidere, a quanto fisserebbero l'indennità minima per lo stage? E la durata massima? E permetterebbero gli stage in aziende senza dipendenti?La Repubblica degli Stagisti ha deciso di chiederlo a voi, i diretti interessati, dato che proprio in queste settimane le Regioni si stanno muovendo per aggiornare le loro normative sugli stage.Sono state approvate a fine dalla Conferenza Stato Regioni, infatti, le nuove linee guida in materia di tirocini, e contengono parecchie modifiche rispetto alla vecchia versione, quella del gennaio 2013, dalla quale sono discese tutte le normative regionali che dal 2013 ad oggi hanno regolamentato diritti e doveri degli stagisti extracurriculari.Come nel 2013 queste Linee guida non hanno alcun valore di per sé. Devono essere declinate in atti normativi dalle singole Regioni, chiamate a recepire «con propri atti le presenti linee guida entro 6 mesi».Eppure le linee guida non sono prescrittive, e le Regioni possono scegliere di normare questa materia in maniera differente da quanto concordato. Ciò peraltro è specificamente ammesso nelle linee guida stesse, con la dicitura che vincolerebbe le regioni a poter porre delle condizioni differenti solo in un'ottica di miglioramento e quindi di maggior tutela dello stagista («Le linee guida indicano taluni standard minimi di carattere disciplinate la cui definizione lascia, comunque, inalterata la facoltà per le Regioni e province autonome di fissare disposizioni di maggior tutela»), anche se non è chiaro chi stabilisca in cosa consistano miglioramenti e peggioramenti.In queste settimane le Regioni si stanno muovendo per approntare le nuove normative. Per questo la Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccogliere la voce dei giovani: partecipa al nostro sondaggio e dicci la tua opinione!

Youthpass, questo sconosciuto: la sfida europea per il riconoscimento delle competenze non formali

Un “passaporto” per i giovani che hanno partecipato a progetti europei di mobilità internazionale. Uno strumento di rappresentazione dell’apprendimento derivato dallo youth work. Sono alcune delle possibili definizioni dello Youthpass, punto chiave della strategia della Commissione europea finalizzata a promuovere il riconoscimento dell’educazione non formale. Ancora sconosciuto ai più, questo strumento esiste in realtà da oltre un decennio: ideato nel 2006, nel 2007 è stato inserito nel Programma Gioventù in Azione. Oggi può essere rilasciato in forma facoltativa ai partecipanti al Programma Erasmus Plus settore Gioventù da tutte le organizzazioni ospitanti, che per farlo devono registrarsi sul sito dedicato.«Il tema del riconoscimento delle competenze non formali è cruciale per il futuro dei giovani italiani ed europei» dice alla Repubblica degli Stagisti Giacomo D’Arrigo, direttore generale dell’Agenzia nazionale per i giovani (Ang), ente attuatore in Italia del capitolo Youth del Programma Erasmus Plus: «Prima il tempo della scuola e il tempo del lavoro erano distanti e non si incrociavano mai, oggi non è più così: sono sempre più vicini e connessi. Essere pronti o non esserlo farà la differenza».Lo Youthpass è un documento di quattro pagine, di cui due dedicate all’anagrafica del partecipante e alla descrizione del progetto e altre due alle competenze chiave, che si può allegare al curriculum vitae come ulteriore strumento di narrazione. Le competenze chiave sono otto: comunicazione nella lingua madre, comunicazione nella lingua straniera, competenze matematiche di base e scienze tecnologiche, competenze digitali, apprendere ad apprendere, competenze sociali e civili, senso di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale. Per la compilazione il giovane può contare sull’assistenza di una figura di riferimento del progetto, come ad esempio il mentore nel caso del Servizio volontario europeo (Sve).«Lo Youthpass risponde a due obiettivi» spiega Adele Tinaburri, funzionaria dell’Agenzia nazionale per i giovani e da due anni responsabile per l’Italia della diffusione dello strumento «di cui uno pedagogico, perché invita a ragionare su quello che si è appreso; e un altro funzionale alla visibilità e alla disseminazione delle competenze acquisite, di cui si fa “ambasciatore”».Il suo punto di forza, ovvero il rilevamento e l’autovalutazione delle competenze, rappresenta allo stesso tempo il suo principale limite. Come si legge nella guida fornita dalla Commissione europea, infatti, lo Youthpass non è “un accreditamento ufficiale delle competenze”. Ciò vuol dire che non è un certificato “spendibile”, perché non è riconosciuto da un ente certificatore.Lo scorso marzo le trentatré agenzie nazionali europee per i giovani si sono riunite, come ogni diciotto mesi, per discutere dell'implementazione dello strumento. «È emersa, in particolare, la difficoltà di promuoverlo senza poter contare su fondi aggiuntivi» aggiunge Tinaburri, presente in rappresentanza dell’Agenzia italiana «e di poterci lavorare solo nei ritagli di tempo».Nonostante la scarsità di risorse, il nostro è uno dei paesi europei ad aver maggiormente recepito lo Youthpass. «Gli enti cominciano a rendersi conto che il riconoscimento delle competenze non deve essere solo un obiettivo calato dall’alto» racconta il funzionario Ang «e promuovono il desiderio da parte dei giovani di imparare e di raccontare quello che apprendono. Molti lo fanno sotto forma di attività ludiche, attraverso percorsi animati, come può essere una caccia al tesoro per capire il livello di conoscenza dell’inglese». Inoltre alcune istituzioni, come le università di Padova e Cagliari ma anche molti istituti scolastici, riconoscono crediti formativi per le competenze dichiarate nello Youthpass.Tuttavia la diffusione dello strumento resta ancora troppo debole. «Attraverso incontri in giro per l’Italia» conclude il dg Ang D’Arrigo «l’Agenzia incentiva gli enti a rilasciarlo e i giovani ad usarlo. È determinante tuttavia fare in modo che sia diffuso attraverso iniziative governative e che cominci ad essere applicato anche ad altri percorsi di educazione non formale, come ad esempio il servizio civile».A fine aprile l’Agenzia nazionale per i giovani ha lanciato un sondaggio rivolto alle organizzazioni beneficiarie di finanziamenti Erasmus + settore Gioventù, per capire quante di esse rilasciano lo Youthpass, ma anche la qualità del suo utilizzo, così da poter elaborare una strategia efficace e vincere la sfida per il riconoscimento delle competenze non formali.Rossella Nocca 

Cosa fare dopo le superiori? Push to Open, il programma che orienta su quale strada prendere

L'alternanza scuola lavoro include anche servizi di orientamento, non solo formazione in azienda. Ne fa parte Push To Open, «un programma dove aziende, professionisti e istituzioni spiegano e raccontano che cos’è il lavoro e come scegliere l’università in base alle  prospettive occupazionali» si legge sul sito della start up Jointly. Un centro che offre servizi di welfare condiviso e che, a tre anni dall'avvio, ha coinvolto 2.500 studenti del penultimo e ultimo anno delle superiori, di cui 1.500 solo nell'ultima tornata. In base a un sondaggio interno «quasi un ragazzo su tre, tra i 15 e 24 anni, è un Neet e il 75% dei ragazzi al termine delle scuole superiori compie le proprie scelte di studi universitari senza conoscere nulla riguardo al lavoro e alle possibilità occupazionali». L'idea nasce da qui, spiega la ceo di Jointly Francesca Rizzi: «I giovani vanno incontro a un futuro di collaborazioni a partita Iva, o di on demand economy se vogliamo dirlo con un termine che suoni meglio». A loro che devono costruirsi un futuro professionale così complicato viene proposto «un viaggio attraverso un programma di orientamento che li aiuta a scegliere cosa fare al termine della scuola, dopo il diploma». Con una prospettiva di lungo termine, che non si limita «a guardare a subito dopo l'università ma oltre: 16 anni non è un'età troppo giovane per farlo, la pensano così sia i ragazzi che i loro genitori». Gli studenti ricevono così «una cassetta degli attrezzi» aggiunge la Rizzi, «che poi dovranno imparare a usare». In cosa consiste? Il programma prevede un percorso interattivo, sviluppato per lo più in digitale, che si estende tra ottobre e gennaio di ogni anno con il coinvolgimento di circa 25 aziende. In questa fase si può usufruire delle guide di specialisti dell’orientamento, di consigli di psicologi adolescenziali, del punto di vista di esperti su temi specifici, e anche di testimonianze di under 35 inseriti in azienda. «Abbiamo assistito a dirette online, ricevuto consigli su come parlare e gesticolare durante i colloqui di lavoro e su come mettere in luce le esperienze acquisite» ha raccontato Bianca Bucciarelli, 17 anni, partecipante al progetto.«C'è una piattaforma online interattiva e suddivisa in canali tematici con contenuti come interviste, lezioni teoriche, simulazione di colloqui, canali per la ricerca del lavoro, proposte di business game provenienti dagli stessi ragazzi» spiega Barbara Demichelis, responsabile della ricerca Universo 18 di Jointly. «Tutto per far capire cosa cerca un'azienda e a cosa ci si deve preparare». Alla fine del percorso un workshop aziendale. Il risultato «è a che a 17 anni si trovano con un bagaglio di conoscenze che di solito si acquisisce non dopo l'università, ma dopo anni di lavoro» ha proseguito Demichelis. A guadagnarci sono tutti. I ragazzi «che raggiungono così un notevole vantaggio competitivo sui coetanei» ragiona la ricercatrice, e le aziende, che possono «contare su un servizio di welfare aziendale come tale meritevole di agevolazioni fiscali». E anche le scuole, a cui il programma permette di scontare 50 ore di alternanza, un quarto del monte ore previsto dalla legge. «L'alternanza ha creato un sacco di lavoro» commenta Raffaella Massaccesi, preside del Liceo Montale di Roma.La scuola è uno degli istituti scelti per 'Adotta una classe', una della possibilità nell'ambito di Push to open che consente alle aziende di mettersi in contatto con una determinata classe di diplomandi e farsi conoscere dall'interno. «Una sfida grande» dice ancora la preside, «contando che l'anno prossimo l'alternanza impegnerà più di 1 milione e mezzo di studenti di tutti gli indirizzi». E il problema sono anche le «tante resistenze da vincere: l'impatto sui licei ha scatenato pregiudizi, si assimila l'azienda al profitto e all'economia, qualcosa che sembra stare da tutt'altra parte rispetto alla cultura». Sace, società assicurativa del gruppo Cassa depositi e prestiti che ha ospitato qualche settimana fa a Roma la presentazione del progetto, ha proposto il servizio ai figli dei dipendenti, includendo poi anche gli amici – «fino a cinque per ognuno» specifica Roberta Marracino, direttrice della Comunicazione. Il compito è «aiutare un paese che vive una situazione meno fortunata di quella che abbiamo avuto noi». Venticinque anni fa, «quando mi sono laureata, era il 1992: anno in cui c'era la crisi economica, la disoccupazione era comunque al 12% come oggi», racconta. «Ma dopo il titolo in un ateneo di periferia di Trieste potevo contare su tre offerte di lavoro: era un altro mondo». Ilaria Mariotti 

Cento posti alla Scuola di politiche, aperto il nuovo bando

Mancano ancora due settimane alla chiusura delle iscrizioni ad una delle opportunità più interessanti per tutti quei giovani che sognano di mettersi in gioco e diventare parte attiva della realtà pubblica e istituzionale. Scade infatti il 16 luglio il bando per le candidature alla Scuola di Politiche dell’Arel, il progetto nato dall’idea di Enrico Letta e diretto dal deputato Marco Meloni che ha l’obiettivo di «offrire un’opportunità di formazione a giovani di talento» per creare «una nuova classe dirigente autorevole, aperta ed europea». La scuola, attiva dal 2015, offre ogni anno a 100 ragazzi di età compresa tra i 18 e i 26 anni – nati tra il 1° gennaio 1991 e il 31 dicembre 1998 – la straordinaria possibilità di partecipare ad un corso annuale di formazione politica in modo totalmente gratuito: il costo di iscrizione di 2mila euro a studente per l’intero corso è, infatti, interamente coperto da erogazioni liberali e donazioni. Ai ragazzi sarà inoltre offerta la possibilità di usufruire di un contributo alle spese di viaggio, data la presenza, all’interno del corso, non soltanto di lezioni frontali ma anche di visite ad organi e istituzioni nazionali ed europee.Il corso è affidato ad oltre 70 docenti di profilo internazionale e si articola in più parti, così da permettere a ciascun ragazzo di acquisire un bagaglio di conoscenze e competenze variegate, frutto di studio ma anche di esercitazioni in aula ed importanti momenti di confronto. Il tassello principale è quello costituito dai moduli formativi, ossia lezioni su macrotemi quali Unione Europea, Costituzione e pubblica amministrazione, economia italiana e internazionale, innovazione, società e comunicazione. «Considerata la diversa provenienza accademica degli studenti» si legge «lo scopo dei moduli formativi è fornire una base comune di conoscenza su un ampio spettro di discipline». Ad integrare i macromoduli ci sono poi le lezioni monografiche, dedicate ad approfondire un argomento o un particolare aspetto dell’attualità, le simulazioni e le esercitazioni in aula, che coinvolgono in maniera interattiva gli studenti, e le conferenze di importanti personaggi del panorama politico come Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Marc Lazar e tanti altri. Estremamente stimolanti, infine, gli appuntamenti al di fuori della scuola, che porteranno i ragazzi a conferenze e visite presso le principale istituzioni italiane (come la Camera dei deputati o il Senato della Repubblica) e ad una “tre giorni” a Bruxelles nel mese di giugno, a conclusione del corso, dove gli studenti avranno la possibilità di partecipare ad incontri e dibattiti con i vertici istituzionali e amministrativi dell’Ue. Il corso va da ottobre a maggio ed è articolato in lezioni da otto ore al giorno (10-18) che si tengono, un venerdì al mese, a Roma, presso la sede dell’Arel. Un impegno pensato, dunque, come perfettamente compatibile con qualsiasi altra attività lavorativa o di studio. Per chi fosse interessato a candidarsi, l’unico requisito è quello dell’età. Se la fascia è quella giusta, basta andare sul sito e compilare il form che richiede, oltre ai classici dati sul percorso formativo, l’invio di un video di un minuto in cui il candidato si presenti e spieghi le ragioni per cui vorrebbe avere l’opportunità di frequentare la scuola. Ad esaminare le candidature sarà un comitato guidato da Emma Bonino e Pascal Lamy, che selezionerà i 100 studenti secondo «criteri di diversità e inclusione (di genere, territoriale, di cultura politica), di performance negli studi e di passione per la cosa pubblica».Un progetto ambizioso quanto innovativo: gli obiettivi che la scuola si propone per gli anni a venire sono quello di costruire un network «integrato e proattivo» grazie alla collaborazione tra studenti – ed ex studenti – e professori, potenziare le partnership con le università e, soprattutto, creare una scuola europea che permetta ogni anno a giovani provenienti da tutta Europa di frequentare corsi nella stessa lingua e partecipare ad esperienze di studio nei paesi coinvolti e a Bruxelles: «Un progetto per la costruzione di una classe dirigente effettivamente europea». Giada Scotto

StraJob, l’app che aiuta i lavoratori sfruttati ad ottenere giustizia

Uno stage che “nasconde” un rapporto di lavoro? Un contratto a progetto gestito con le stesse condizioni,escluse quelle economiche, di un tempo indeterminato? Per la legge italiana è possibile fare ricorso. Ma per questo servono le prove. E ora c’è un’app che è in grado di fornirle.O meglio, è lo stesso diretto interessato a costruirle. Intanto, con ordine: l’applicazione si chiama StraJob e si può scaricare sia su iOS che su Android. Ad idearla un imprenditore, Franco Fontana (57 anni, a sinistra nella foto sotto), un avvocato che si occupa di diritto del lavoro, Luca Daminzio (29), e un’esperta di marketing e comunicazione, Silvia Pugi (45). «Mi chiedono sempre perché un datore di lavoro come me abbia creato un’app come questa», spiega Fontana, «il fatto è che le aziende che non pagano i loro lavoratori, o li pagano male, per me sono dei concorrenti sleali».Ecco spiegato l’impegno nello sviluppare una soluzione digitale che permette a chi è sfruttato di ottenere delle prove per poi ricorrere al giudice del lavoro. Ma come si fa? Intanto, attraverso la geolocalizzazione: il gps integrato all’interno degli smartphone. «L’applicazione effettua una rilevazione della posizione ad intervalli regolari». Ad esempio, una volta ogni venti minuti. In questo modo è possibile dimostrare di essere in azienda. Magari anche al di fuori dell’orario previsto.Una persona  potrebbe però – è l’obiezione – lasciare volutamente il cellulare in ufficio, così da risultare presente anche durante il tempo libero. «Attraverso l’accelerometro degli smartphone l’app è in grado di capire se la posizione è registrata mentre si sta camminando o si è fermi», spiega Fontana. Per questo “dimenticarlo” sulla scrivania serve a poco. Più utile, invece, accendere la connessione wi-fi. «Nel database viene inserito l’ip di quella alla quale ci si connette. Ma anche tutte le altre reti delle quali si riceve il segnale». Ad esempio, se si lavora in un palazzo, anche quello degli uffici vicini.Non solo. È possibile scattarsi delle foto: un selfie che può dimostrare la propria presenza sul posto di lavoro. E anche utilizzare l’applicazione per registrare conversazioni o telefonate. Ad esempio «se il datore di lavoro dice cose sgradevoli, che possono configurare il mobbing. O se fa affermazioni che possono confermare lo sfruttamento del lavoratore».Ora, tutte queste funzionalità sono possibili grazie alle caratteristiche di ogni smartphone in commercio. Quello che offre StraJob in più è la possibilità di trasmetterli criptandoli e di conservarli sui server di questa start-up innovativa. L’idea, insomma, è quella di creare un dossier, «mettere insieme tanti elementi in modo coerente che permettano di dare un quadro credibile, forte e significativo in caso di opposizione al datore di lavoro». Se cioè si arriva ad una causa di fronte al giudice del lavoro. Non solo: la testimonianza di un collega o di un cliente può confermare se si è presenti in azienda. Ma non per quanto tempo. Elemento, quest'ultimo, che incide sul calcolo di un'eventuale indennizo. L'app di StraJob, che registra la presenza ogni 10 minuti, consente anche di stabilire quanto tempo si trascorre in azienda.Certo, non è detto che si debba per forza arrivare in tribunale. È possibile che, riconoscendo il torto, l’azienda decida di offrire una soluzione stragiudiziale al contenzioso. Ma questo sta all’autonomia dei singoli. Il fatto è che StraJob si pone come un player innovativo sul mercato del lavoro. Col rischio, ad esempio, di mettere in secondo piano il ruolo delle organizzazioni sindacali.«Intanto diciamo che, fino ad oggi, i sindacati sono rimasti un po’ lontani dai lavoratori atipici», la critica di Fontana. Detto questo, l’idea è quella di collaborare. «Hanno accolto con molto interesse la possibilità di avere uno strumento che consenta di ottenere un quadro probatorio più completo e raffinato». E che non richiede nemmeno la necessità di ricorrere alle testimonianze di altri colleghi, magari reticenti a parlare per paura di ritorsioni. In particolare è stato stretto un accordo con Cisl Lombardia che prevede tariffe ridotte per l'utilizzo dell'applicazione.Al momento «una cinquantina di persone stanno utilizzando l’app, un paio hanno già risolto la situazione in via stragiudiziale. Ma in soli due mesi abbiamo già registrato più di 500 download». Scaricare l’applicazione e utilizzarla è completamente gratuito. Ma allora, dove ci guadagnano i founder? «Abbiamo previsto una tariffa molto popolare nel caso si chieda di poter utilizzare i dati». Un report con il materiale raccolto dall’utente ha un costo di 90 euro. Se poi si va a giudizio ci saranno quelli per la perizia legale. «Ma anche in questo caso vogliamo stare su prezzi decisamente inferiori a quelli di mercato». Il tutto in linea con la mission di un’app sviluppata per aiutare i lavoratori sfruttati ad ottenere giustizia.Riccardo Saporiti 

100mila euro in premi di laurea, tutti bandi dell'estate

Un’estate ricca di opportunità per chi intende concorrere per uno dei premi di laurea banditi per i prossimi mesi da atenei e associazioni. Da giugno a settembre una serie di scadenze da appuntare. Il 30 giugno è la data più vicina. Si tratta dell’ultimo giorno utile per l’invio della candidatura per il premio di laurea del valore di 3.500 euro bandito da Acat Italia sul tema «Tortura e pena di morte: una laurea per abolirle», indirizzato a due studenti che abbiano conseguito una laurea magistrale o specialistica sull’argomento presso università statali e non e atenei pontifici. La documentazione va inviata ad «Acat Italia, premio di laurea, via della Traspontina 15 – 00193 Roma» e comprende copia cartacea e copia digitale della tesi, sintesi di lunghezza non superiore alle due cartelle, copia ufficiale del certificato di laurea, lettera di accompagnamento firmata dal relatore della tesi e contatti del candidato.  Stesso giorno di scadenza per il premio dell'importo di 6mila euro dedicato alla contessa Caterina De Cia Bellati Canal e dedicato a tesi in ambito linguistico, storico, letterario, giuridico, architettonico, scienze naturali e sociologico. Per partecipare è sufficiente inviare il proprio lavoro in doppia copia cartacea alla segreteria del premio, presso l'Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali - piazza Piloni 11 - 31 200, Belluno.  Entro il 5 luglio è possibile candidarsi ai tre premi di laurea del valore di mille euro ognuno promossi dall'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, rivolti ad autori di tesi di primo e secondo livello o di vecchio ordinamento, discusse tra il primo luglio 2016 e il 30 giugno 2017. Sarà assegnato un premio per un elaborato in disciplina giuridica, uno per elaborati in discipline umanistiche e un terzo per elaborati in altre discipline. La domanda è disponibile sul sito del premio.Scade il prossimo 15 luglio il termine per provare ad aggiudicarsi il premio di laurea ICD, Italian Cruise Day, promosso da Risposte Turismo, società di ricerca e consulenza a servizio della macroindustria turistica. Al premio, del valore di mille euro, possono concorrere neolaureati che hanno conseguito un titolo di studio triennale o specialistico o un master incentrati sull’industria crocieristica nel periodo primo giugno 2016- 31 maggio 2017.Per inoltrare la domanda è sufficiente compilare il modulo online, allegando indice e un abstract della tesi di massimo 2.500 caratteri. Il processo di selezione prevede che i 5 candidati più meritevoli inviino il file elettronico completo della tesi così da procedere alla valutazione finale e alla selezione del vincitore.Il 31 luglio è invece l’ultimo giorno utile per l’edizione 2017 del premio Valeria Solesin per tesi di laurea magistrali o di vecchio ordinamento sul tema «beni relazionali, nuovi modelli sociali, culturali, politici ed economici», organizzato dalla Fondazione EllePì (Lavoro per la Persona). Il premio è rivolto a tutti i candidati nati a partire dal primo gennaio 1991 che abbiano discusso in qualsiasi università italiana una tesi nei seguenti ambiti: filosofia, economia, management, architettura, agraria, sociologia, giurisprudenza, psicologia, bioetica, scienze politiche, scienze ambientali, pedagogia, scienze della comunicazione, scienze umane, conservazione dei beni culturali. L'importo del premio è pari a 41.400 euro, tra somme in denaro e offerte di stage.Le domande, redatte in carta semplice, insieme all’elaborato in forma digitale, dovranno essere inviate tramite raccomandata A/R entro la data indicata all’indirizzo Fondazione Lavoroperlapersona (EllePì), Via Ferdinando Fabiani 24, 63073 Offida (AP).Stessa scadenza per i tre premi dell'importo rispettivamente di 5mila euro per il primo classificato, 4mila per il secondo e 3mila per il terzo, banditi dalla fondazione Artemio Franchi. I premi sono destinati ad autori di tesi su argomenti di natura giuridica, economica e sociale e di medicina sportiva relative alle società sportive e allo sport in genere. Possono concorrere autori di testi magistrali o di vecchio ordinamento discusse dopo il primo gennaio 2013. La candidatura può essere inviata online all'indirizzo www.fondazioneartemiofranchi.org, compilando la domanda di partecipazione.Sempre il 31 luglio è l'ultimo giorno utile per concorrere al premio di laurea intitolato a Neda Agha Soltan, studentessa iraniana uccisa in seguito alle proteste per le elezioni presidenziali del 2009. Si tratta di due premi del valore rispettivamente di 2mila e mille euro dedicati ad autori di tesi di laurea magistrale di facoltà umanistiche. La domanda può essere inviata tramite PEC all'indirizzo comune.pordenone@certgov.fvg.it, tramite raccomandata all'indirizzo presente sul bando oppure a mano presso gli uffici servizi scolastici o relazioni per il pubblico del comune di Pordenone.Il 31 luglio è anche l'ultima data utile per il premio di laurea del valore di mille euro per autori di tesi triennali e magistrali discusse in atenei del Triveneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, discusse tra il primo ottobre 2015 e il 31 luglio 2017. Le tesi dovranno essere relative ai temi inerenti lo sport, tra cui panathlon e sue finalità, sport e disabilità, lotta al doping. La domanda di partecipazione va consegnata a mano o tramite raccomandata alla sede del Collegio Didattico di Scienze Motorie in Via Casorati 43 - 37131 Verona, con l’indicazione “Premio Panathlon”. Stessa data di scadenza per il bando relativo ai premi per le tesi di laurea magistrale e di dottorato sul tema del contrasto alla violenza contro le donne, indetto dalla Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, in collaborazione con la Presidenza del consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, con il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale, con la Crui e il Consiglio d’Europa. Possono partecipare gli autori di tesi di laurea discusse tra il primo agosto 2015 e il 31 luglio 2017. Il premio di 5mila euro per la migliore tesi di laurea magistrale consiste nell’effettuare un periodo di perfezionamento presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Quello per la migliore tesi di dottorato prevede sia un periodo di perfezionamento grazie a un contributo di 4200 euro lordi, oltre alla corresponsione di un ulteriore premio in denaro di 4200 euro lordi da parte del dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri.La domanda di partecipazione va inviata via email entro e non oltre la data indicata all’inidirizzo premiotesi2017 [chiocciola] camera.it indicando nell’oggetto «nome – cognome – premio tesi di laurea convenzione Istanbul 2017» e allegando copia della tesi in pdf, autocertificazione di laurea, autocertificazione di conoscenza della lingua inglese o francese.C'è poi un'azienda, la Sapa srl, attiva nella produzione e lavorazione di materie plastiche per il settore automative, bandisce tre premi dell'importo rispettivamente di 10mila, 7mila e 5mila euro per tesi di laurea e dottorato nei settori dell'ingegneria e della chimica discusse nel 2015 e 2016. La candidatura va inviata esclusivamente online collegandosi al sito e seguendo le indicazioni contenute nel bando. Le candidature anche in questo caso sono aperte fino al 31 luglio.Deadline fissata invece un mese più tardi, al 31 agosto, per chi volesse competere per uno dei 4 premi «Calcio: disabilità, benessere e inclusione» banditi dall’Associazione Italiana Allenatori Calcio Onlus, dell’importo di 1.500 euro ciascuno, destinati a laureati delle facoltà di Scienze motorie, Giurisprudenza, Economia e Commercio e Psicologia che abbiano discusso una tesi sul tema negli anni accademici 2014/2015 e 2015/2016. La domanda di partecipazione, scaricabile dal sito ufficiale, può essere inviata via posta tramite raccomandata A/R all’indirizzo Aiac onlus, viale G. D'Annunzio,138 - 50135 Firenze, direttamente alla segreteria AIAC di Coverciano, tramite email all’indirizzo aiaconlus [chiocciola] pec.assoallenatori.it. Alla domanda vanno allegati una serie di documenti elencati nel bando. Sono infine sei i premi, dell'importo di 500 euro ciascuno, messi a bando dall'Associazione Italiana Sindrome di Pitt-Hopkins - Insieme di più, per le migliori tesi di laurea dedicate alle sindrome di Pitt-Hopkins discusse nel periodo agosto 2015-agosto 2017. I candidati al premio possono inviare tramite raccomandata A/R la domanda di ammissione in carta libera diretta al coordinatore del comitato scientifico, la professoressa Marcella Zollino, presso l'Istituto di Genetica medica dell'università Cattolica del Sacro Cuore del Policlinico A. Gemelli di Roma in largo F. Vito,1 00168. Scadenza: primo settembre.Chiara Del Priore

Best stage 2017, ecco i problemi dell'occupazione femminile

Ogni anno per la Repubblica degli Stagisti c'è una ricorrenza speciale: è l'evento Best Stage, un'occasione «per fare il punto sullo stato dell'occupazione giovanile in Italia» ha spiegato la fondatrice e direttrice della testata Eleonora Voltolina, fresca di nomina come Ashoka Fellow. Per questa edizione, andata in scena pochi giorni fa a Milano il focus è stato sul mercato del lavoro dal punto di vista delle ragazze: se ne è discusso con esperti del settore tra cui Giuseppe Pierro, dirigente del Miur; Cristina Tajani, assessora alle Politiche del lavoro, attività produttive, commercio e risorse umane del Comune di Milano; Francesca Maria Montemagno, presidentessa dell'associazione Pari e Dispare; Alessandro Rosina, direttore del dipartimento di Scienze statistiche dell'Università Cattolica; Carlo Maria Capé, ad di Bip e presidente di Assoconsult; e Riccarda Zezza, ceo di Maam – maternity as a master.Ed è proprio quest'ultima a aprire la tavola rotonda raccontando la nascita del suo progetto, oggi diventato una start up sotto forma di piattaforma digitale. Tutto inizia con un libro che scardina la teoria secondo cui la maternità rappresenti un problema per la carriera delle donne invece che un'opportunità attraverso cui crescere e migliorare le proprie competenze. «Specie quelle tanto ricercate dalle aziende come le trasversali: niente come diventare madri rende capaci di gestire il tempo, le eventuali crisi, la capacità di delegare» ragiona Zezza. Un'azienda dovrebbe concepire una lavoratrice madre come una risorsa. «Ancora oggi sento continuamente donne incinte preoccupate di come comunicarlo al proprio capo: perché la verità è che si pensa sia un tradimento». E la riprova sono i dati che dicono che le donne dopo la maternità difficilmente riescono a rientrare in ufficio, «senza che la situazione migliori neppure a tre anni dalla nascita del figlio».  La maternità equivale invece a un master, a acquisire competenze: «Tanti studi dimostrano che la cura intensa di qualcun altro sviluppa competenze, rafforza il cervello, fa tornare la capacità di apprendere come a scuola. Proprio quello che Maam sta cercando di fornire alle aziende clienti: donne che tornano al lavoro più consapevoli e competenti» continua Zezza. Il collegamento tra maternità, bassa occupazione femminile e anche mancata crescita economica c'è anche per il demografo Rosina [nella foto in basso]. «Il nostro Paese si è perso quando ha smesso di investire in politiche di conciliazione tra maternità e lavoro» spiega. «Fino agli anni Sessanta la fecondità era elevata. Nel periodo del boom economico welfare e demografia erano intreccciati tra loro e si sostenevano in modo positivo». Ma a partire dagli anni Ottanta «il Paese si perde e cessa quell'equilibrio che funzionava».Fino a quel momento «il sistema consentiva ai soggetti di diventare produttori. Poi si è chiuso a difesa della ricchezza prodotta e non ha messo le nuove generazioni e le donne in condizioni di cogliere le nuove opportunità». Il risultato sono stati la crescita del debito pubblico, l'individualismo e un'Italia nel suo complesso bloccata. L'esempio è quello dei Paesi più virtuosi: «Con l'aumento delle donne fuori dalle mura domestiche si è verificata una riduzione del numero di figli. Ma in quei Paesi si è poi investito sulle politiche di conciliazione, facendo in modo di tenere insieme i due elementi». Come in Germania, dove fino al 2006 la copertura di asili nido era bassissima, «peggio che in Italia». Quando se n'è accorta però «ha deciso di investire fortemente: proprio durante la crisi ha puntato sugli aspetti deboli per rialzare il livello di copertura».Milano è un caso di studio in tal senso. «Benché il tasso di occupazione femminile sia al 60%, il tasso di natalità della città è inferiore a quello atteso o desiderato dalle donne» rammenta Tajani. «E lo stesso vale per le donne straniere, che assumono comportamenti sociali simili a quelle delle milanesi abbassando il tasso fertilità quando si inseriscono in mercato lavoro». Di qui l'esigenza di «sviluppare progetti di lavoro agile, una frontiera su cui lavorare attraverso finanziamenti per allargare gli strumenti di welfare aziendale» continua l'assessora. Che ha di recente lanciato l'iniziativa Settimana del lavoro agile, consentendo ai lavoratori milanesi di sperimentare fino a cinque giornate lavorative in modalità smart working senza penalizzazioni. D'altronde, sostiene Tajani, «l'attività lavorativa può essere organizzata con profitto per l'azienda anche senza passare 18 ore in ufficio o presso il cliente».Fondamentale per migliorare il basso tasso di occupazione femminile sono anche le materie Stem, quelle scientifiche «che saranno sempre più richieste dai lavori del futuro» ricorda Voltolina. Per questo le ragazze non devono restarne fuori. Spesso sono proprio le aziende a trovare difficoltà a reperire profili femminili di stampo scientifico. Lo conferma Carlo Maria Capé, presidente di Assoconsult e ad di Bip, player della consulenza e membro virtuoso dell'RdS network: «Le donne sono molto adatte al mestiere di consulente, in molte cose sono più brave. Oltre a ciò che si può imparare all'università ci vuole intuito». E loro lo hanno. Ma nonostante siano più brillanti e i numeri delle assunzioni annuali del settore della consulenza siano da capogiro («circa 10mila all'anno: il mestiere di consulente dura in genere pochi anni, serve a lanciare sul mercato» commenta Capè), le donne restano in minoranza: «rappresentano il 38%, un tasso che rispetta la quota di presenze all'università». Per invertire questa tendenza anche al ministero dell'Istruzione qualcosa si muove. «Abbiamo avviato programmi di orientamento per incentivare lo studio di queste materie anche attraverso il sito di Pari e Dispare, parallelo a quello dell'istruzione. Abbiamo chiesto a aziende, ong e enti ricerca di candidarsi per programmi di orientamento» racconta Pierro [nella foto]. «Dall'8 marzo scegliamo aziende testimonial che vadano nelle scuole a parlare e spiegare queste materie», oltre a aver lanciato l'iniziativa del mese delle Stem. Bisogna quindi lavorare sui pregiudizi culturali secondo il dirigente perché in Italia «le materie scientifiche sono affidate per il 70% agli uomini», e lavorare «sulla fase di passaggio di quando si sceglie l'università per evitare che si commettano errori». Perché il problema del superamento degli stereotipi di genere è soprattutto culturale. Un nodo su cui è al lavoro l'associazione Pari e Dispare presieduta da Francesca Maria Montemagno: «Ogni semestre incontro giovani per la mentorship in cui si cerca di fornire strumenti che non si trovano in nessun manuale». Momenti dedicati alle consulenza, perché «se è vero per esempio che c'è carenza di donne ai vertici è anche perché nel mondo delle startup le ragazze entrano come dipendenti e collaboratrici e non come founder». Un supporto insomma non solo per dare competenze ma anche sviluppare capacità.Ilaria Mariotti

Pseudo “volontari” pagati coi rimborsi degli scontrini, la Biblioteca Nazionale non è che la punta dell'iceberg

Gli scontrinisti hanno fatto scalpore per qualche giorno, poi sono subito finiti nel dimenticatoio. Eppure la vicenda finita sui giornali racconta solo una parte – forse la punta dell'iceberg – di un fenomeno ben più vasto. Breve recap: decine di pseudo volontari, tali solo nella forma ma nei fatti impiegati nelle più disparate mansioni della più importante biblioteca capitolina, la Biblioteca Nazionale, protestano per una situazione che li vede coinvolti da anni. Prestano servizio come normali dipendenti, salvo poi ricevere a fine mese un rimborso spese di circa 400 euro che incassano dopo aver racimolato ovunque scontrini: l'importante è trovare giustificativi che consentano di erogare il rimborso. Epilogo della storia: dopo lo scandalo tutti a casa con un sms che mette un punto finale alla storia. O almeno così sembra. Un caso isolato? Niente affatto, come la Repubblica degli Stagisti ha potuto comprovare. «Ho prestato servizio presso diverse biblioteche romane per un anno, da maggio 2016 a oggi» racconta la ormai ex volontaria C. R., che preferisce restare anonima perché «ancora devo ricevere il dovuto». Per lei, 34enne laureata in Scienze dell'educazione, il pagamento arriva tramite ticket restaurant. «Venivo chiamata in media una volta a settimana, il servizio durava mezza giornata. Mi occupavo di prestiti e riconsegne dei volumi, rispondere al telefono, rinnovo delle tessere» racconta. Mansioni da vera dipendente, altro che volontaria. E a fine mese il compenso in buoni pasto: «Per un totale minimo, dai 40 agli 80 euro, calcolando che ogni giornata veniva retribuita con ticket da dieci euro».Alla fine decide di interrompere. Sbotta dopo la richiesta arrivata pochi giorni fa: «Mi si chiedeva di portare scontrini, come per la Biblioteca Nazionale, perché i ticket sarebbero stati sospesi». Così «decido di non accettare proprio per principio». E alla RdS spiega come avviene il reclutamento. Si entra a far parte di un'associazione di volontariato pagando una piccola quota, dai 5 ai 10 euro. Si porta il curriculum e poi si viene smistati a seconda delle esigenze delle varie biblioteche. «Ogni associazione ha una lista: io sono sempre stata mandata alla Enzo Tortora a Testaccio o al centro di Trastevere». E quando chiamano «ti dicono che non devi prenderlo come un lavoro: ma la realtà è che siamo disperati». Dentro «ci sono persone di quarant'anni che fanno di tutto per fare più turni possibili e guadagnare di più».C'è anche chi non avverte alcuno sfruttamento. «Per quanto mi riguarda non c'è nulla da denunciare e trovo ridicolo pretendere di essere messi in regola presso il Ministero, senza un regolare concorso» dice in risposta alla protesta degli scontrinisti un'altra testimone. Anche lei ha «lavorato» come volontaria «per l'Archivio di Stato e la Biblioteca di Archeologia e Storia dell'arte di Palazzo Venezia». Una situazione durata per anni dopo la laurea in Archivistica. Oggi, a 36 anni, ha un contratto a progetto nel suo settore. Ha smesso a 33 anni, al presentarsi di altre opportunità. «Allora per me era solo una piccola collaborazione, un lavoretto part time che potevo associare a altro: grazie agli scontrini arrivavo a 200-300 euro al mese». Quando se ne è andata però lo scontento c'era: «Si era creata una specie di mafia, alla fine il rimborso lo ricevevano solo i figli dei dipendenti».L'associazione nel suo caso è ancora Avaca, la stessa dietro gli scontrinisti della Nazionale. Il presidente è Gaetano Rastelli [nella foto], che con la Repubblica degli Stagisti si giustifica: «Ho la coscienza a posto. Sono un funzionario del Mibact e presiedo questa associazione a titolo gratuito» racconta. Quando al ministero c'era la Melandri (governo D'Alema, 1998-2001) si firmò un accordo tra dicastero e sindacati, spiega Rastelli, «che consentiva alle associazioni di volontariato di creare convenzioni con le biblioteche». Ma «di 100 che ricevo, 99 lo do ai volontari» assicura. A suo dire niente di illegale dunque: «Ho solo l'obbligo di rendicontare attraverso gli scontrini, ho interi faldoni raccolti negli anni. Non sono tenuto a controllarne il contenuto ma solo a rimborsare i volontari per le spese sostenute».Avaca è «solo una piccola realtà», fatta di qualche decina di associati. Rastelli fa presente che «ce ne sono altre tipo Auser, Touring Club etc. con giri ben più grossi». E i ragazzi dice di capirli, perché «in mezzo c'è anche mio figlio, che è tra quelli cacciati dalla Biblioteca nazionale». Ma il loro destino «dipende dalla volontà politica del governo, non dal ministero e non da me».I Beni culturali affidati a volontari o presunti tali sono prassi nel nostro paese. Racconta alla RdS un dipendente della Biblioteca Nazionale di Firenze come l'ente sia pieno di giovani che svolgono «mansioni  simili a quelle dei lavoratori effettivi, quindi si può anche dire che coprano dei buchi di organico». Tutti presi tramite servizio civile, cooperative, talvolta come stagisti. «La differenza con gli scontrinisti è che ci sono regole più chiare, come la durata di un anno senza proroghe: sono una decina-ventina alla volta, per mandate di sei mesi. E le mansioni sì, si sovrappongono a quelle dei dipendenti».E ancora, denuncia una expat 29enne, di Catania, oggi in Inghilterra come dottoranda in Archeologia: «Ho una borsa di studio da 1300 pound esentasse presso l'Arts and Humanities Research Council e non mi posso assolutamente lamentare: ho accesso a strutture d'avanguardia, servizi efficienti, biblioteche aggiornate aperte notte e giorno, posso fare richiesta per rimborsi per eventuali conferenze, trasferte di ricerca». A questo associa lezioni come assistente, pagate «22 pound l'ora». In Italia, dice sicura «il volontariato è un po' la norma nell'ambito dei Beni Culturali», tanto da far nascere il gruppo di protesta di cui è parte 'MI riconosci? Sono un professionista dei Beni Culturali'. «Io da archeologa mi sono ritrovata a fare scavi da volontaria presso l'associazione Sicilia Antica». Per poi scappare via dall'Italia.Sono almeno due i bandi usciti ultimamente, entrambi per il reclutamento di 'volontari' da impiegare in istituti dedicati ai Beni culturali. Uno, scaduto il 12 giugno, è del Comune di Cesenatico: un avviso pubblico per la selezione di associazioni di volontariato. Lo scopo è «la ricerca di volontari destinati allo svolgimento di attività di sorveglianza, assistenza al pubblico e attività varie nei musei, spazi espositivi, biblioteche, archivi e centri di documentazione». E a seguire la Biblioteca Nazionale di Roma, che ci ricasca ancora una volta. Campeggia infatti sulla home page della Biblioteca nazionale un 'Avviso per la selezione di un'associazione di volontariato senza scopo di lucro per supporto alle attività di accoglienza, distribuzione e ricollocazione di materiale bibliografico nel periodo dal 1° luglio 2017 al 30 giugno 2018'. Cacciati i precedenti volontari, si ricomincia con una nuova tornata. Ilaria Mariotti 

Best Stage 2017, le sfide di quest'anno

Oggi a Milano c'è quarta edizione di “Best Stage”, l'evento annuale della Repubblica degli Stagisti. Una occasione per parlare di diritti e doveri: è importante conoscere la normativa di riferimento, la differenza tra tirocini curriculari ed extracurriculari, l'esistenza delle 21 normative regionali diverse in materia di extracurriculari. Quest'anno poi c'è anche una novità non da poco: la Conferenza Stato-Regioni a fine maggio ha approvato le nuove Linee Guida, cui le singole Regioni dovranno adeguarsi entro fine anno, apportando modifiche - alcune delle quali piuttosto significative - che, una volta recepite dalle varie leggi regionali, andranno per alcuni aspetti a mutare il quadro di questi diritti e doveri.E non a caso quest'anno, nella Guida Best Stage (che sarà dowloadabile gratuitamente a partire da domani), abbiamo deciso di evidenziare per ciascuna Regione i tre dettagli più importanti per i giovani: l'ammontare del rimborso spese minimo, la durata massima consentita e la possibilità o impossibilità di attivare stage presso aziende prive di dipendenti.Il focus speciale quest'anno è invece dedicato alle ragazze. In media più veloci e brillanti dei loro coetanei all'università, stando ai dati Almalaurea, ma ancora molto penalizzate dal mondo del lavoro. Basti pensare che, nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni, c'è già un disequilibrio di 10 punti percentuali rispetto al tasso di occupazione: solo il 34% delle giovani donne lavora, a fronte del 43% dei coetanei maschi. E anche per le troppo poche che trovano lavoro vi è ancora una questione di gender pay gap - vale a dire che, a parità di qualifica e di mansioni, tendono ad essere pagate meno dei coetanei maschi. Più in generale, dobbiamo ancora fare i conti con radicati pregiudizi di genere. Purtroppo qualcuno pensa ancora, nel terzo millennio, che ci siano ancora “scuole da maschio” e “scuole da femmina”, “università da maschio” e “università da femmina”. E sopratutto, “lavori da maschio” e “lavori da femmina”. Per questo è importante focalizzare il tema delle Stem, e incoraggiare le ragazze a studiare queste materie (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) per essere più competitive, oggi e domani, nel mondo del lavoro.Best Stage sarà un'occasione per parlarne con ospiti autorevoli tra i quali Giuseppe Pierro, dirigente del ministero dell'Istruzione; Cristina Tajani, assessora alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane del Comune di Milano; Francesca Maria Montemagno, presidentessa dell'associazione Pari e Dispare; Alessandro Rosina, direttore del dipartimento di Scienze statistiche dell'università Cattolica; Riccarda Zezza, ceo di Maam – maternity as a master.E una grande differenza, infine, la fanno le singole aziende che compongono questo astratto e multiforme “mondo del lavoro”. Per questo è sempre importante, per noi, far conoscere attraverso la “Guida Best Stage” tutte quelle che al momento fanno parte del nostro RdS network. Sono aziende che si impegnano a garantire buone condizioni ai giovani, e a rendere trasparenti le loro policy HR: uno spiraglio di luce in un mondo, quello dell'intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, troppo spesso opaco.Tre manager di aziende dell'RdS network saranno i protagonisti della seconda tavola rotonda dell'evento, dedicata alla valorizzazione delle donne in azienda: Simona Erba, recruiting manager di Bosch, racconterà Women@Bosch, un programma che permette alle studentesse di ingegneria di trascorrere una giornata in azienda, confrontandosi con manager e professioniste del gruppo; Sonia Malaspina, hrd business service HR di Danone, porterà l'esempio dell'iniziativa“Baby Decalogo”, dieci regole d’oro a supporto della genitorialità nel percorso che precede e segue la nascita di un bambino; e Salvatore Muscia, reward leader MED di EY, spiegherà la genesi della policy Mamme@EY, introdotta pochi mesi fa nella sua azienda, che bilancia le esigenze di mamme e professioniste in azienda attraverso iniziative di work/life balance e supporti economici nei primi mesi di vita del bambino.Speriamo di aver fatto anche quest'anno un buon lavoro, e di poter essere utili, con l'evento Best Stage e con la guida omonima, a tutti coloro che siano in cerca di informazioni sul tema dello stage in Italia. Buon Best Stage e… per tutti gli aggiornamenti, vi aspettiamo sempre qui.

Dis-Coll ora anche per assegnisti e dottorandi di ricerca, ma l'Inps non sa dire quanti ne hanno finora usufruito

Dopo una battaglia durata due anni, ora anche i dottorandi e gli assegnisti di ricerca potranno contare sulla Dis-Coll, l’indennità di disoccupazione introdotta dal decreto legislativo 22/2015 e rivolta ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell’Inps.Precedentemente prorogata fino al 30 giugno 2017 dal decreto milleproroghe, la misura è stata resa strutturale ed estesa ad assegnisti e dottorandi con borsa di studio attraverso il disegno di legge 2223/B sul lavoro autonomo approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 10 maggio scorso e in vigore dal 1° luglio 2017.Ma a quante persone è stata finora utile la Dis-Coll? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto all'Inps, che tuttavia in oltre un mese non è stato in grado di fornire i dati precisi sui percettori dell'indennità dal 2015 a oggi. Provando a dedurre i primi dai dati contenuti nell’Osservatorio sui lavoratori parasubordinati dell’Inps, nel 2015 il numero di collaboratori ammontava a 1 milione 111.684, a cui vanno sottratti i sindaci e gli amministratori (503mila), i borsisti e gli assegnisti (52mila), nonché i collaboratori non iscritti alla gestione separata in via esclusiva.  Ma questo ci dice solo che la platea potenziale della Discoll era di poco meno di mezzo milione di persone: non ci dice quanti, di quel mezzo milione, abbiano effettivamente usufruito di questo ammortizzatore sociale.Sembra bizzarro parlare dell'estensione di una misura senza poter avere dall'ente preposto all'erogazione di quella misura dati specifici sull'utilizzo che ne è stato fatto finora; ma le cose in Italia sembrano andare così, nel senso inverso a quell'accountability tanto invocata. In ogni caso, pur non sapendo con precisione quanti ne abbiano usufruito negli anni passati, ora la Discoll è stata estesa a nuove categorie. Il decreto ha abrogato uno dei requisiti per la sua fruizione, ovvero la necessità che il soggetto possa far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione. Restano invece invariati gli altri due requisiti: lo stato di disoccupazione al momento della domanda; e l’aver versato almeno tre mesi di contributi alla gestione separata tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente la data di cessazione dal lavoro e il giorno di disoccupazione.L’entità della Dis-Coll ammonta al 75% del reddito medio mensile, a condizione che esso sia pari o inferiore a 1.195 euro. Nel caso invece in cui superi questa cifra, l’indennità di disoccupazione sarà pari al 75% del predetto importo, incrementato del 25% della differenza tra il reddito medio mensile e il predetto importo. In ogni caso, l’ammontare dalla Dis-Coll, stando alle disposizioni attualmente in vigore, non può superare i 1.300 euro mensili, con importo ridotto progressivamente del 3% al mese a partire dal quarto mese di fruizione dell'ammortizzatore. La durata massima di percezione è di sei mesi. Per provvedere al finanziamento della Dis-Coll, è stato disposto un aumento dello 0,51% per l’aliquota della gestione separata Inps. Dunque dal 32,72% si passerà al 33,23%.La domanda per ottenere la Dis-Coll va presentata all’Inps per via telematica entro 68 giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione e l’indennità di disoccupazione spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno o, qualora sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di presentazione.L’estensione della Dis-Coll ad assegnisti e dottorandi con borsa di studio ha rappresentato un piccolo grande successo per il mondo del precariato universitario. «È una vittoria anche simbolica, che afferma la dignità di due categorie che hanno tenuto in piedi la didattica e la ricerca nell’ultimo decennio» commenta Claudia Pratelli, responsabile nazionale Scuola di Sinistra italiana e precedentemente membro del Direttivo nazionale Flc Cgil (Federazione lavoratori della conoscenza), in prima linea nella battaglia per l’estensione della Dis-Coll «e di cui era stata messa in discussione la natura lavorativa della prestazione». Ricordiamo infatti che due anni fa il ministro del lavoro Giuliano Poletti aveva dichiarato: «La finalità del dottorato non è quella di eseguire prestazioni lavorative dietro pagamento di un compenso ma di consentire al beneficiario della borsa di studio di dedicarsi ad attività di studio e di ricerca utili a perfezionare il proprio bagaglio di conoscenze».Ma l’estensione della Dis-Coll «è solo il primo passo di una battaglia più ampia, visto che la legge esclude partite Iva, dottorandi senza borsa, borsisti di ricerca con borse post lauream o date da fondazioni ed enti privati», precisa Pratelli. Inoltre la previdenza sociale non basta a risolvere i problemi dell’università italiana. «Secondo i dati dell'ultima Indagine Adi su Dottorato e Post-Doc 2016, dei 13.725 assegnisti di ricerca italiani il 93,5% è destinato a essere espulso nei prossimi anni dall’università», aggiunge l'ex sindacalista.«La Dis-Coll è una condizione necessaria, ma non risolve il problema strutturale del finanziamento del sistema universitario, del reclutamento e del turnover», le fa eco Giuseppe Montalbano, segretario nazionale dell’Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) che, insieme alla Flc-Cgil ha portato avanti le istanze dei precari dell’università «perchè riguarda figure che non hanno più uno sbocco e, finito il sussidio, probabilmente fuggiranno all'estero. Per questo il giorno stesso dell’approvazione della legge abbiamo lanciato la nuova campagna #ricercaèfuturo: il nostro impegno non finisce qui». Insomma, il rinnovo e l'estensione della Dis-Coll rappresentano una boccata d'aria, ma anche una soluzione ancora troppo magra per una categoria che vive nella precarietà di lavoro e di futuro.Rossella Nocca