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La Repubblica degli Stagisti va in audizione in Regione Lombardia

Stamattina ho partecipato, nella sala dedicata a Oriana Fallaci all'interno della sede del consiglio regionale della Lombardia, all’audizione sulla nuova normativa regionale sui tirocini. La Repubblica degli Stagisti è stata invitata, a fianco di sindacati, università e associazioni di categoria, per rappresentare la voce degli stagisti. Questo qui sotto è il testo che avevo preparato per il mio intervento. Poi, come spesso accade, la realtà contingente ha avuto il sopravvento. Alla fine ho parlato a braccio, anche riconnettendomi agli interventi di chi mi aveva preceduto, e un po' in polemica con tutti coloro che avevano aperto il loro intervento invocando in primis la necessità di non rimettere in discussione gli equilibri faticosamente raggiunti – insomma, di non toccare niente, rendendo l'audizione di fatto una vetrina inutile, anziché un momento costruttivo per apportare qualche miglioria al testo normativo (che verrà approvato nelle prossime settimane). Il risultato del mio intervento è stato dunque un po' diverso rispetto agli appunti che avevo buttato giù. Ma i temi principali mi pare di averli citati tutti. Purtroppo è praticamente certo che il testo non verrà modificato neanche in minima parte... Ma il tentativo è stato quantomeno fatto!La Regione Lombardia è, in termini assoluti, la Regione più importante dal punto di vista dei tirocini: qui ha luogo all'incirca un sesto degli stage di tutta Italia, e qui da tutta Italia i giovani arrivano per studiare e trovare lavoro – ergo, fare stage. Parliamo di un numero intorno ai 90mila stagisti all'anno, contando insieme tirocini curriculari ed extracurriculari.Per la Repubblica degli Stagisti un aspetto fondamentale è la sostenibilità economica degli stage. Abbiamo combattuto la gratuità, sollecitando a ogni livello istituzionale la politica a capire che la piaga degli stage gratuiti porta a un “classismo” delle opportunità formative, condannando chi non proviene da una famiglia abbiente a non poter accedere a esperienze di stage passando tre, o sei, o magari addirittura 12 mesi senza percepire alcun emolumento.Dunque abbiamo battagliato perché venisse introdotto un rimborso spese mensile obbligatorio minimo. Con le prime linee guida, nel 2013, l'obbligo è stato finalmente introdotto, anche se solo per i tirocini extracurriculari. La Regione Lombardia  ha fissato l'indennità mensile obbligatoria però a un livello davvero molto basso, «euro 400 mensili, riducibile a 300 euro mensili qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa ovvero qualora l’attività di tirocinio non implichi un impegno giornaliero superiori a 4 ore» e ha addirittura introdotto uno “sconto” per gli enti pubblici, prevedendo per loro un minimo di soli 300 euro. Ora la nuova bozza di cui parliamo oggi in questa audizione prevede che il rimborso salga a «euro 500 mensili, al lordo delle eventuali ritenute fiscali, riducibile a euro 400 mensili qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa; euro 350 euro mensili qualora l’attività di tirocinio non implichi un impegno giornaliero superiori a 4 ore». Per gli enti pubblici è ancora previsto lo sconto a 300 euro mensili, anche se almeno diventa obbligatorio associare il benefit della mensa gratuita o dei buoni pasto «qualora l’attività di tirocinio implichi un impegno giornaliero superiori a 5 ore».Noi riteniamo che, considerando l'alto costo della vita in Lombardia e specialmente a Milano, a cominciare dagli affitti e dai trasporti, questa cifra non sia adeguata. Il Piemonte e l'Abruzzo hanno già da anni fissato l'indennità minima a 600 euro al mese, e il Lazio la scorsa estate – prima Regione a legiferare per recepire le nuove linee guida – l'ha portata addirittura a 800 euro al mese. Noi chiediamo alla giunta e al consiglio regionale di modificare la bozza di normativa, aumentando a 600 euro al mese il compenso minimo per chi fa stage extracurriculari in Lombardia.Chiediamo anche di eliminare la differenziazione tra aziende private ed enti pubblici, per garantire il medesimo diritto a tutti gli stagisti, e non avere in Lombardia stagisti di serie A, in aziende private, con la garanzia di ricevere almeno 500 euro al mese; e stagisti di serie B, in amministrazioni pubbliche, con questa “garanzia” ridotta del 20%. La pubblica amministrazione, l'abbiamo sempre detto, dovrebbe anzi dare il buon esempio: dovrebbe mostrare al mercato del lavoro come ci si comporta con i dipendenti, e anche con gli stagisti, garantendo percorsi di qualità dal punto di vista formativo e sopratutto economicamente sostenibili, in modo da non lasciare nessuno indietro. Prevedere invece il contrario, cioè un rimborso obbligatorio minimo addirittura più basso!, è davvero un controsenso, e peraltro qualcosa che nel panorama delle normative sullo stage in tutta Italia solamente la Lombardia prevede. È davvero un brutto segnale, un passaggio della normativa che andrebbe cancellato. Rispetto alla durata, per noi i 12 mesi dovrebbero rappresentare una rarità, una circostanza eccezionale, in caso di percorsi formativi straordinariamente complessi, con competenze da apprendere di altissimo livello. Per questo l’innovazione  di modulare la durata a seconda degli EQF è molto interessante, ma il fatto di prevedere la possibilità di fare stage di 12 mesi per competenze a partire da un livello di EQF pari a 4 è improprio: si tratta di competenze ancora troppo semplici per giustificare un tempo di formazione tanto lungo.Chiediamo di innalzare questo valore da 4 a 6, e permettere gli stage di 12 mesi solo in presenza di mansioni correlate a competenze di valore da 6 in poi.Si è parlato poi molto, ormai da molti anni, di un effetto collaterale dello stage: cannibalizzare il contratto di apprendistato. Un problema che affligge tutte le amministrazioni regionali che vorrebbero vedere l’apprendistato decollare, e che invece da un ventennio, malgrado i tanti interventi normativi, sopravvive a stento. Noi pensiamo che sarebbe intelligente legare la possibilità di accogliere stagisti alla presenza di apprendisti nell’organico del soggetto ospitante, creando una proporzione. Il concetto: puoi prendere stagisti solo se dimostri attenzione anche verso l’apprendistato, e quindi hai apprendisti. Questo purtroppo non è minimamente presente nella normativa di cui parliamo oggi.C’è, invece, il punto della proporzione numerica tra stagisti e dipendenti. La ratio è chiara: ci vuole un tetto massimo, in modo che il numero di stagisti presenti in una data attività produttiva sia ragionevole rispetto a quante persone lavorano in quella realtà. Con un duplice scopo; prima di tutto, assicurarsi che – almeno sulla carta – vi sia abbastanza personale da garantire allo stagista di essere seguito e formato a dovere. Secondo scopo, scongiurare per quanto possibile l’eventualità che datori di lavoro spregiudicati evitino di assumere personale e si riempiano di stagisti, usandoli impropriamente come se fossero dipendenti – insomma, sfruttandoli.È dunque per questo che la disposizione normativa relativa alla proporzione massima tra stagisti e dipendenti diventa cruciale. E qui c’è un grave vulnus nella normativa lombarda, già presente in quella attuale, e purtroppo anche nella bozza della nuova. È previsto infatti che il tetto del 10% massimo (cioè massimo 5 stagisti contemporaneamente su 50 dipendenti, per capirci) si calcoli proporzionando gli stagisti presenti al numero dei dipendenti, ma... solo gli stagisti extracurricolari! E gli stagisti curricolari? Questi rimangono al di fuori della proporzione. Vuol dire che un’azienda con 50 dipendenti potrebbe tranquillamente avere nello stesso momento 5 stagisti extracurricolari e poi 2,3, magari addirittura 10 stagisti curricolari, magari laureandi, sforando allegramente il tetto del 10%.Per essere sicuri che gli stagisti siano ben seguiti, e che non vengano usati surrettiziamente per sostituire dipendenti, bisogna che il tetto del 10% ricomprenda tutti gli stagisti, non solo quelli extracurriculari: come infatti era previsto dal decreto ministeriale 142/1998, che per quasi un ventennio ha normato il tema stage, senza peraltro distinzione tra curriculari ed extracurriculari.Aggiungo per completezza dell’informazione che il fatto che qualcosa sia previsto dalle linee guida non significa che le regioni siano obbligate a recepirlo pedissequamente. Le linee guida prevedono espressamente che sia possibile introdurre migliorie nelle singole normative regionali, e infatti per esempio il Lazio ha innalzato la indennità minima mensile a 800 euro al mese quando le linee guida prevedono solamente 300. Dunque se si vuole discostarsi dalle linee guida, si può: e nel caso della “non cumulabilità”, ai fini della proporzione numerica, tra curriculari ed extracurriculari, discostarsi si dovrebbe. E sarebbe particolarmente importante che a farlo fosse la Lombardia; basti pensare che solo le 7 università milanesi attivano ogni anno tra i 20 e i 25mila tirocini, tra curriculari per gli studenti ed extracurriculari per i neolaureati: un numero che, se venisse indagato considerando l'intero territorio regionale, sarebbe probabilmente doppio.Un altro aspetto che manca, e che per noi è molto importante, è il sostegno ai soggetti promotori pubblici, specialmente le università, oberate dalle procedure burocratiche per l'attivazione degli stage. Da una mappatura svolta qualche anno fa dalla Repubblica degli Stagisti per il Comune di Milano risultava che nel solo 2010 l'università Cattolica avesse promosso quasi 5.500 tirocini, Politecnico e Bocconi 4.500. Numeri enormi che meriterebbero più attenzione, sopratutto considerando che gli uffici stage e placement di questi atenei spesso sono “sottostaffati”. Il fattore che accomuna quasi tutti i soggetti promotori è infatti la carenza di organico, per cui uffici con pochi dipendenti si trovano a gestire una (sempre più) grossa mole di attivazioni di stage, col risultato che in media la proporzione tirocini attivati / addetti ufficio stage si aggira intorno a 400 a 1 (l'università Cattolica arriva a 600 a 1). Inoltre in circa il 40% dei casi gli addetti di questi uffici sono assunti part-time.Con questa premessa, è improbabile che i soggetti promotori riusciranno a implementare le novità pur condivisibili contenute nella nuova normativa, come il contatto quindicinale con ogni stagista per assicurarsi del buon svolgimento dello stage: la Regione potrebbe intervenire per sostenere con risorse e competenze questi uffici, che svolgono un lavoro tanto prezioso per i giovani che fanno stage in Lombardia.Eleonora Voltolina

Servizio civile nell'agricoltura sociale, oltre 1800 opportunità: candidature aperte fino al 5 febbraio

Sono oltre 1.800 i posti banditi quest’anno dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale per tutti quei giovani interessati a fare un’esperienza nel campo dell’agricoltura sociale. 1.834 posti per la precisione, suddivisi in due differenti bandi di selezione: i requisiti d’ammissione e progetti di servizio sono differenti, ma accomunati dalla data di scadenza di presentazione delle domande, fissata alle 14 del 5 febbraio. Il primo bando si rivolge ai Neet, ossia ai giovani non occupati tra i 18 e i 28 anni e non inseriti in percorsi di istruzione e formazione, mentre il secondo, meno restrittivo, è dedicato a tutti i giovani della stessa fascia di età.Per capire meglio i requisiti e la tipologia di progetti offerti è necessario entrare nei dettagli di ciascun bando. Quello che raggruppa il maggior numero dei posti (1.345), ossia quello rivolto ai Neet, mette complessivamente a disposizione degli aspiranti volontari 151 tipologie di progetti, della durata di 12 mesi e con una retribuzione pari a 433,80 euro mensili, che verrà erogata a partire dalla conclusione del terzo mese di servizio. I progetti offerti dagli enti partecipanti sono dei più vari ma tutti ugualmente situati, si legge sul bando, «nell’ambito delle finalità istituzionali individuate dal Ministero delle Politiche agricole»: le attività variano infatti dall’inserimento lavorativo di persone con difficoltà temporanee o permanenti in aziende agricole o cooperative sociali agricole all’offerta di servizi alla popolazione come la partecipazione ad attività ricreative, campi scuola, centri estivi per bambini o attività per il tempo libero, orti sociali e assistenza per anziani. Per gli interessati basta andare sul sito del Dipartimento per trovare la lista completa degli enti partecipanti e, cliccando sul relativo sito internet, accedere alla home page dell’ente dove sono disponibili tutti i dettagli relativi ai progetti offerti. Tra gli enti più “ricchi” di opportunità spiccano Anmil onlus, che offre ben 227 percorsi di servizio civile, la Federazione dei Salesiani, che accoglierà 84 volontari, e Patronato Anmil, che mette a disposizione 81 posti in progetti in tutt’Italia che mirano a combattere lo spreco alimentare, a promuovere l’integrazione dei membri della famiglia del mondo agricolo, a fornire un’adeguata informazione e tutela dei diritti del mondo agricolo, ma anche a educare alla cultura alimentare per valorizzare le tipicità locali.Per coloro che volessero candidarsi per uno dei progetti offerti è necessario però ricordare che serve avere tra i 18 e i 28 anni ed essere cittadini italiani o di altri paesi dell’Unione europea residenti regolarmente in Italia o cittadini non comunitari soggiornanti regolarmente in Italia; condizione indispensabile è poi essere Neet, ossia disoccupati (ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 150/2015), non frequentare un regolare corso di studi (secondari superiori, universitari o terziari non universitari), e non essere iscritti ad alcun corso di formazione né inseriti in percorsi di tirocinio curriculare e/o extracurricolare. Se in possesso di tali requisiti è infine necessario, prima di avviare la procedura di candidatura, iscriversi al programma Garanzia giovani (sul sito www.garanziagiovani.gov.it), firmare il Patto di servizio ed esser presi in carico dal relativo Centro per l’impiego.La domanda di partecipazione deve essere inviata dall’aspirante volontario direttamente all’ente del progetto prescelto con raccomandata a/r, posta elettronica certificata o mediante consegna a mano e deve contenere il modello (allegato 2) in cui specificare il progetto per il quale ci si candida e i propri dati personali, quello (allegato 3) in cui dichiarare i titoli posseduti, la fotocopia di un documento d’identità e la copia del Patto di servizio stipulato con il cpi. Ai candidati sarà poi chiesto di presentarsi a un colloquio di selezione, i cui tempi e luoghi saranno specificati sulla home page dell’ente scelto, a seguito del quale l’ente provvederà, entro l’8 maggio, all’invio delle graduatorie al Dipartimento, che informerà a sua volta i candidati selezionati.Attenzione però a candidarsi per un solo progetto poiché, specificano sul bando, «la presentazione di più domande comporta l’esclusione dalla partecipazione». Questa, così come la maggior parte delle altre “regole” di partecipazione, si trovano anche nel secondo bando per attività di agricoltura sociale, sempre con scadenza alle 14 del 5 febbraio, che si rivolge tuttavia a tutti i giovani tra i 18 e i 28 anni, a prescindere dal loro status lavorativo o di studio. I posti disponibili per gli aspiranti volontari sono qui complessivamente quasi 500, suddivisi in 49 progetti sempre della durata di 12 mesi e con un compenso di 433,80 euro mensili, e propongono a loro volta attività legate al funzionamento e allo sviluppo del mondo agricolo ma anche al sostegno di bambini e famiglie. A distinguersi tra i tanti enti partecipanti, per il maggior numero di posti offerti sono questa volta Amesci, che offre 91 posti in progetti localizzati prevalentemente nelle regioni del Sud Italia e concentrati in particolar modo sull’educazione al cibo, sulla valorizzazione della biodiversità e l’implementazione delle produzioni locali; e Inac, che si propone di inserire 47 giovani volontari nella promozione sul territorio di iniziative d’agricoltura sociale che – si legge sul sito dell’ente – «potrebbero avere un impatto positivo sulle fasce più deboli della popolazione nonché sui destinatari di questi progetti».Al minor numero di posti a disposizione corrisponde però anche una minore restrittività nei requisiti: per inviare la propria candidatura è necessario infatti aver compiuto 18 anni e non avere superato il 28esimo anno di età, ed essere cittadini italiani o di altri paesi dell’Unione europea o cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia. Non possono invece presentare domanda, si apprende dal bando, coloro che «abbiano già prestato servizio civile nazionale». La procedura per candidarsi è semplice e segue i passaggi illustrati anche per il primo bando: basta inviare con posta elettronica certificata, con raccomandata a/r o consegnare a mano all’ente che realizza il progetto scelto il modulo (allegato 2) con dati personali e del progetto selezionato, accompagnato dalla fotocopia di un documento d’identità e dal modulo (allegato 3) contenente i dati relativi ai titoli posseduti. Come per il primo bando, anche per questo secondo i candidati saranno chiamati ad un colloquio che determinerà la stesura di una successiva graduatoria, il cui esito sarà comunicato a partire dall’8 maggio.Se il numero dei posti non è però garanzia di vittoria, per i più determinati è bene sapere che, sebbene sia concesso candidarsi per un unico progetto, è possibile presentare domanda anche per progetti inseriti nel primo bando, a patto chiaramente di avere tutti i requisiti stringenti ma necessari alla partecipazione. «In caso di esito positivo delle selezioni sia per un progetto di servizio civile nazionale che in un progetto in attuazione del programma europeo Garanzia giovani» puntualizzano però nel bando «il candidato che sia stato avviato in servizio in uno dei due progetti non può interrompere il servizio intrapreso per essere assegnato all’altro». Occhio alla scelta, dunque.Giada Scotto

Tirocini alla World Bank, aperte le candidature: compenso probabilmente buono ma ignoto

Curriculum alla mano, è tempo di invii per tutti coloro che sognano di poter fare un tirocinio alla World Bank, l’organizzazione internazionale delle Nazioni Unite per il sostegno allo sviluppo e la riduzione della povertà. C’è infatti tempo fino al 31 gennaio per inviare la propria candidatura in vista della sessione estiva di tirocini, che avranno una durata minima di quattro settimane e si svolgeranno nel periodo compreso tra giugno e settembre di quest’anno appena iniziato. Per candidarsi però non è sufficiente, come avviene invece per gli stage nelle istituzioni europee, avere un diploma di laurea triennale: gli aspiranti tirocinanti devono infatti «essere iscritti a tempo pieno a un master post-laurea o a un dottorato», si legge sul sito, «e avere dunque intenzione di riprenderlo a tempo pieno alla fine del tirocinio». Necessario è poi avere una conoscenza fluente dell’inglese, e può avvantaggiare nella fase di selezione «la conoscenza di altre lingue come il francese, lo spagnolo, il russo, l’arabo, il portoghese e il cinese» nonché avere competenze informatiche. Un punto in più, poi, è senz’altro «dimostrare familiarità con le problematiche della Banca per ciò che riguarda il proprio ambito di interesse, ed incrementare la propria visibilità e quella dei propri studi/lavoro attraverso contatti diretti, non finalizzati all’internship ma per ingaggio professionale» spiega alla Repubblica degli Stagisti Roberto Amorosino, responsabile risorse umane alla World Bank. Se le competenze fanno da padrone, dunque, anche la cosiddetta capacità di “far rete” ha il suo buon peso. Nessuna restrizione, quindi, per quanto riguarda l’età dei candidati, né specifiche richieste per ciò che attiene invece alle aree di specializzazione: le più quotate spaziano infatti dall’economia alla finanza, dallo sviluppo umano (educazione, nutrizione, salute pubblica) alle scienze sociali (antropologia, sociologia), ma anche all’agricoltura e all’ambiente. Meno chiare e un po’ meno incoraggianti sono invece le condizioni economiche. Il compenso previsto è infatti orario e «varia a seconda delle responsabilità previste e dell’esperienza posseduta dal candidato selezionato» spiega Amorosino, «cosicché non è possibile, vista appunto la flessibilità della remunerazione, indicare già da prima le rispettive fasce di retribuzione». Se nel 2015 si parlava dunque di un compenso che variava da un minimo di 11 a un massimo di 30 dollari l’ora (quindi dai 9 ai 25 euro), per un importo medio di circa 2mila dollari (circa 1700 euro) al mese, adesso gli aspiranti tirocinanti sono chiamati a candidarsi “al buio”, lasciando all’immaginazione – e alla speranza – l’ammontare del rimborso. L’unica certezza è che, mentre i tirocinanti statunitensi riceveranno una borsa lorda soggetta a tassazione, gli stagisti stranieri percepiranno un compenso già al netto dei tributi. A guardar bene, però, un’altra certezza c’è: le spese di alloggio sono lasciate al tirocinante, così come quelle di trasporto da e verso la meta dove si svolgerà lo stage. Se infatti sul sito si legge che «la Banca provvede, ove possibile, a un’indennità per le spese di viaggio», Amorosino smentisce chiarendo che non è così, «essendo previsto solamente il compenso».Ma dove lavora e soprattutto che tipo di lavoro fa solitamente un tirocinante alla World Bank? Avendo la sua sede principale a Washington, è evidente che la maggior parte delle posizioni per gli stagisti sia concentrata lì, benché non possano escludersi altre mete, contando la Banca ben 120 sedi distaccate, tra cui anche una piccola sede a Roma. I compiti che possono essere svolti dai tirocinanti sono vari: «alcuni svolgono ricerche per particolari progetti» viene specificato nelle faq «mentre altri aiutano nell’elaborazione di progetti e partecipano talvolta alle missioni della Banca».Per coloro che volessero candidarsi, la domanda va fatta online (qui alcuni consigli per facilitare la procedura), creando un account tramite il quale sarà poi possibile inviare il proprio curriculum, una lettera di presentazione/motivazione e un documento che attesti l’iscrizione a un corso di studi post-laurea. Ad essere contattati saranno solamente i candidati vincitori, che però, stando ai dati, saranno un numero decisamente ristretto rispetto alle candidature: «Riceviamo circa 5mila applications all’anno per la sessione estiva e 2-3mila per quella invernale» si legge sempre nelle faq, ma i posti, che variano «a seconda delle necessità della Banca e della disponibilità economica», sono solo «12-15 per la sessione invernale e 70-100 per la sessione estiva» dice alla Repubblica degli Stagisti Amorosino, a cui si aggiungono anche «soluzioni a breve durata non percorribili però attraverso questo programma, bensì tramite contatti diretti».Anche per quanto riguarda le possibilità post-tirocinio le speranze sono poche, essendo un programma pensato per studenti impegnati a terminare il loro percorso di studi a conclusione dello stage ma, assicurano sul sito, «questo offre a persone valide e fortemente motivate un’opportunità per migliorare le proprie capacità tramite il lavoro in un ambiente diversificato», e infatti la maggior parte dei tirocinanti valuta l’esperienza «interessante e gratificante».Giada Scotto  

Stage in Liguria, previsto un aumento dell’indennità nella nuova legge in arrivo

Anche la Liguria, come la maggior parte delle Regioni italiane, è in ritardo sul recepimento delle linee guida per gli stage extracurriculari, ma sembra che la nuova legge entrerà in vigore a partire dal 1 febbraio 2018, e dunque sarà approvata nell'arco delle prossime settimane. La delibera, di cui la Repubblica degli Stagisti ha potuto leggere in anteprima la bozza, sostituirà la dgr n. 1052/2013, che finora ha regolamentato gli stage a livello regionale. I nuovi contenuti adottano le indicazioni delle linee guida praticamente in toto, ma c'è almeno una buona notizia in arrivo. Dovrebbero infatti essere confermati 100 euro in più di rimborso spese: un piccolo, ma importante passo avanti.Come da linee guida, la durata minima degli stage extracurriculari viene confermata a due mesi, ad eccezione dei tirocini stagionali, per i quali questa è ridotta ad un mese. Sulla durata massima, invece, la Liguria prende le distanze dalle linee guida, confermando dalla vecchia normativa un termine di sei mesi per i tirocini formativi e di orientamento e di dodici per quelli di inserimento e reinserimento. Per i soggetti svantaggiati il tirocinio può durare fino a 12 mesi, 24 per i disabili.Come anticipato, la novità principale del testo ligure è l’aumento del rimborso spese a 500 euro, 100 in più rispetto alla precedente normativa (riducibili a 400 euro a fronte dell’erogazione di buoni pasto di un valore di almeno 100 euro). Viene specificato come l’indennità debba essere corrisposta per intero a fronte della presenza del tirocinante ad almeno il 70% del tempo richiesto (full time) su base mensile, mentre viene dimezzata nel caso in cui il tirocinante partecipi per un tempo compreso tra il 50% e il 70%. Infine, nell’eventualità in cui la presenza del tirocinante sia ancora minore ed inferiore al 50% del tempo previsto mensilmente, cade l'obbligo per il soggetto ospitante di erogare l’indennità. Per quanto riguarda la compatibilità dell’indennità di tirocinio con quella di disoccupazione, il testo della Liguria distingue tra le tipologie di percettori di indennità di disoccupazione: nel caso di tirocini in favore di lavoratori sospesi e comunque percettori di sostegno al reddito, l’indennità non è dovuta, mentre per coloro che percepiscono una forma di sostegno al reddito, ma non hanno un rapporto di lavoro, è possibile riconoscere al tirocinante l’indennità di partecipazione, cumulabile con il sostegno al reddito percepito. In più, in entrambi i casi viene specificato come, nel caso in cui il sostegno al reddito sia inferiore al sostegno al reddito previsto, «al tirocinante è corrisposta un’indennità solo fino a concorrenza dell’indennità minima stabilita». Ciò significa che se l’importo della Naspi è inferiore ai 500 euro di indennità mensile che la Liguria prevede, il tirocinante riceve un rimborso che integra la Naspi fino al raggiungimento della quota di 500 euro.I soggetti promotori sono ripresi nel testo ligure dalle linee guida, con la medesima precisazione sui tirocini inmobilità interregionale (cioè attivati presso soggetti ospitanti situati al di fuori del territorio ligure): sono soltanto i servizi per l’impiego, le università e gli istituti di formazione, le istituzioni scolastiche (statali e non statali) e le fondazioni di istruzione tecnica superiore (ITS) ad essere autorizzati ad attivare questo tipo di tirocini, e viene inoltre specificato come questi tirocini debbano essere regolati dalla disciplina regionale in cui ha sede il soggetto ospitante. Tra le condizioni di attivazione del tirocinio viene specificato nel testo della Liguria come il soggetto ospitante non possa attivare tirocini «per lo svolgimento di attività equivalenti a quelle interessate dall’ammortizzatore nell’ambito dell’unità operativa, reparto o settore che ne fruisce, salvo il caso in cui ci siano accordi con le organizzazioni sindacali che prevedano tale possibilità»: le linee guida invece indicano questo limite soltanto per quanto concerne l’unità operativa di interesse. Rimangono gli stessi delle linee guida anche i limiti per quanto riguarda l’attivabilità dei tirocini rispetto alle tipologie di licenziamento effettuate da parte del soggetto ospitante nei 12 mesi precedenti l’attivazione del tirocinio, e anche i divieti di attivare tirocini per sostituire i lavoratori. Inoltre, viene confermato il divieto di attivare il tirocinio se il tirocinante ha avuto un qualsiasi rapporto di lavoro, collaborazione o incarico, per più di trenta giorni nei due anni precedenti l’attivazione, ma con la precisazione di come questo limite si applichi alle «attività equivalenti a quelle del tirocinio».Nel testo della Liguria vengono specificati anche i compiti del tirocinante, il quale, oltre a dover svolgere le attività previste dal progetto formativo (come riportato nelle linee guida), deve rispettare le norme in materia di igiene, salute e sicurezza e osservare gli obblighi di riservatezza previsti dal soggetto ospitante. Per quanto riguarda la figura del tutor, la bozza ligure richiede, a differenza delle linee guida, che quello del soggetto promotore debba possedere un titolo di istruzione secondaria superiore oppure un diploma di laurea. I suoi compiti rimangono gli stessi, ma viene specificato come questo possa accompagnare contemporaneamente «un numero di tirocinanti che sia compatibile con l’organizzazione interna del soggetto promotore e comunque tale da garantire la corretta gestione del tirocinio» (dove le linee guida indicano invece un massimo di 20 tirocinanti). I doveri del tutor del soggetto ospitante, invece, rimangono gli stessi delle linee guida. Sui limiti numerici la Liguria conferma le indicazioni del testo nazionale, consentendo quindi di attivare tirocini anche in assenza di dipendenti a tempo indeterminato o determinato (a patto che, per questi ultimi, la data di inizio del contratto sia precedente e quella di fine successiva alla durata del tirocinio). Viene inoltre specificato come i soci lavoratori siano considerati alla stregua di dipendenti a tempo indeterminato; i dipendenti in forza con contratto part-time vadano computati in maniera proporzionale al servizio prestato; gli apprendisti esclusi dal computo. Anche il criterio di premialità, secondo il quale il soggetto ospitante con più di 20 dipendenti può attivare un numero maggiore di tirocini a fronte degli inserimenti post stage con contratto, è lo stesso delle linee guida.In più, nel testo ligure viene introdotta la premialità anche per i soggetti ospitanti con unità operative tra i 6 e i 20 dipendenti a tempo indeterminato, così come per quelle tra 0 e 5: nel primo caso, è concesso accogliere un tirocinante oltre il limite se sono stati assunti almeno il 50% dei tirocinanti precedenti; due se tutti i tirocinanti precedenti sono stati assunti. Qui, però, sorge un punto critico: un'azienda molto piccola, con meno di 6 dipendenti, infatti, solitamente può accogliere soltanto uno-due stagisti ogni anno, massimo quattro (se proprio fanno stage molto brevi, di tre mesi per esempio). Con numeri così bassi, quindi, parlare di percentuali non sembra aver molto senso, e inoltre ci si potrebbe chiedere cosa succeda, per esempio, nel caso in cui l'azienda proponga l'assunzione e il tirocinante la rifiuti. Nel caso di aziende con 6-20 dipendenti, infine, è possibile accogliere un ulteriore tirocinante a fronte del 75% di tirocinanti assunti. Anche in Liguria, come da linee guida, non viene riconosciuta la cumulabilità tra tirocini curriculari ed extracurriculari. Per quanto riguarda gli orari di lavoro, viene fatto divieto di svolgere il tirocinio in orari serali e/o notturni, a meno che l’organizzazione del soggetto ospitante non ne giustifichi la necessità. In tale evenienza, la Liguria specifica come sia «onere del soggetto promotore verificare più spesso il corretto andamento del tirocinio incaricando il proprio tutor di un monitoraggio più cogente». Mentre la convenzione, stipulata tra soggetto promotore e soggetto ospitante, in Liguria non potrà avere una durata massima superiore a trentasei mesi. Sono riprese dalle linee guida, infine, le misure di incentivazione per la trasformazione del tirocinio in contratto di lavoro da parte della Regione, le indicazioni sulla sospensione e il recesso anticipato, l’attestazione dell’attività svolta e le misure di vigilanza e di sanzione in caso di violazioni, nonostante la bozza del testo manchi di fare distinzioni tra violazioni sanabili e non sanabili. La nuova direttiva regionale impatterà i circa 7mila tirocini extracurriculari che la Liguria attiva ogni anno. La Repubblica degli Stagisti, intanto, proseguirà con l’aggiornamento, Regione per Regione, sulle nuove normative in via di approvazione.Irene Dominioni

Piemonte, in approvazione la nuova legge sugli stage: confermati durata massima sei mesi e 600 euro di rimborso

Oggi la Giunta regionale del Piemonte dovrebbe discutere e approvare la nuova normativa per gli stage, e sui contenuti non risulta che ci saranno grandi variazioni rispetto al testo delle nuove linee guida. A quasi sette mesi dall’emanazione del testo nazionale, anche il Piemonte va così ad aggiungersi alla lista delle (poche) Regioni che hanno già deliberato in materia di stage. Tra gli elementi più innovativi presenti nella legge, l’assessore al lavoro Giovanna Pentenero annovera «il nuovo sistema premiale rivolto alle aziende che, nei mesi successivi al tirocinio, assumono la persona e le indicazioni volte a rendere più stringente il meccanismo di vigilanza e controllo».La Repubblica degli Stagisti ha potuto leggere in anteprima la bozza della legge, che andrà a sostituire la dgr 74/5911 del 2013 ed entrerà in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale. I tirocini ancora in corso nel momento di attivazione della nuova delibera, però, dovranno fare riferimento alla vecchia normativa fino alla loro conclusione. In generale, nel testo del Piemonte i principali criteri di durata e indennità del tirocinio vengono confermati: durata minima di due mesi e massima non superiore a sei (in questo caso a dispetto delle linee guida, che vorrebbero che tutte le Regioni la portassero a 12) per tutti i destinatari dello strumento stage, esclusi i soggetti disabili e quelli svantaggiati. Per questi ultimi la durata massima è individuata a 12 mesi, mentre per i portatori di disabilità il tirocinio è prorogabile fino a 24 mesi. In termini di indennità mensile, il nuovo testo piemontese conferma il rimborso spese di 600 euro lordi per gli stagisti a tempo pieno (40 ore settimanali) e 300 euro per il part time (20 ore). A seguito dell’emissione della circolare Inps del 23 novembre 2017 sulla compatibilità tra indennità di disoccupazione e indennità di tirocinio, poi, il Piemonte specifica come l’indennità di partecipazione debba «essere corrisposta anche ai percettori di ammortizzatori sociali» e sia «cumulabile con il sostegno al reddito percepito». Una buona notizia, quindi, per gli stagisti che percepiscono la Naspi: dato che lo stage non è riconosciuto come un lavoro, non perderanno lo stato di disoccupazione e potranno sommare l’indennità di tirocinio a quella di disoccupazione.Il limite di età minimo per iniziare un tirocinio (le linee guida in effetti non indicano nulla espressamente) è individuato dalla bozza del Piemonte a 16 anni, con il vincolo di aver finito la scuola dell’obbligo. Inoltre, tra i soggetti ospitanti compaiono anche le associazioni e le fondazioni, a patto che abbiano almeno un dipendente.Come da linee guida, nella bozza viene specificato come il soggetto ospitante debba essere in regola con la normativa sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. In più, il Piemonte aggiunge l’obbligo per i soggetti ospitanti di fornire ai propri tirocinanti «sufficiente e adeguata formazione in materia sulla base delle disposizioni vigenti all’avvio del tirocinio».Rimane il divieto per i soggetti ospitanti di attivare tirocini per le stesse mansioni e nella stessa unità operativa in cui, nei 12 mesi precedenti, il soggetto ospitante abbia effettuato licenziamenti (da quelli per giustificato motivo oggettivo alla risoluzione del rapporto di apprendistato per volontà del datore di lavoro). Mentre per quanto riguarda il soggetto ospitante multilocalizzato (ovvero con più sedi territoriali), la bozza del Piemonte conferma, come previsto già dalle vecchie linee guida del 2013 e confermato nelle nuove come questo possa decidere di essere regolato dalla normativa della Regione o provincia autonoma dove si trova la sua sede legale. Esiste quindi la possibilità, per il soggetto ospitante, di optare per una disciplina regionale diversa da quella del Piemonte per i tirocini attivati sul suo territorio, a patto di comunicare alla Regione la scelta operata.Nella sezione riguardante le quote di contingentamento, il testo piemontese indica gli stessi criteri delle linee guida - per le imprese individuali e quelle con un organico fino a 5 dipendenti, il limite di accogliere un solo tirocinante; per quelle che hanno tra i 6 e i 20 dipendenti, 2 tirocinanti; per quelle con più di 21 dipendenti, una quota di tirocinanti pari al 10%. Non viene fatta però esplicita menzione della tipologia di contratti per i dipendenti dell’azienda, dove invece le linee guida specificano che i contratti dei dipendenti devono essere a tempo indeterminato o determinato, a patto che, per questi ultimi, la data di inizio del contratto sia anteriore alla data di avvio del tirocinio e la scadenza posteriore alla data di fine del tirocinio. Già nella vecchia normativa il Piemonte prevedeva la possibilità di accogliere tirocinanti in aziende senza dipendenti a tempo indeterminato: su questo punto si sarebbe potuto migliorare, consentendo solo ai soggetti più solidi dal punto di vista contrattuale di accogliere stagisti; evidentemente gli interessi delle parti datoriali hanno prevalso. Mentre il criterio di premialità, che consente alle aziende di accogliere ulteriori tirocinanti a fronte del numero di assunzioni post tirocinio negli ultimi 24 mesi, rispetto alle linee guida viene confermato, così come la non cumulabilità tra tirocini curriculari ed extracurriculari ai fini del calcolo del numero massimo di stagisti.Per quanto riguarda le condizioni di attivazione, la bozza del Piemonte conferma tutti i limiti del testo nazionale, con una precisazione: non si possono attivare tirocini nell’ipotesi in cui il tirocinante abbia avuto un rapporto di lavoro, una collaborazione, un incarico «o una prestazione lavorativa a qualsiasi titolo con il medesimo soggetto ospitante nei due anni precedenti all’attivazione del tirocinio». Inoltre, non è possibile svolgere più di un tirocinio presso lo stesso soggetto ospitante, sia nel caso in cui il tirocinante abbia svolto prestazioni di lavoro accessorio presso il soggetto ospitante per più di 30 giorni nei sei mesi precedenti l’attivazione, sia nel caso di prestazioni di lavoro occasionale per più di 140 ore, sempre nei sei mesi precedenti.Le modalità di attivazione rimangono le stesse delle linee guida, con la specifica di come il tirocinio debba comportare un impegno orario di un minimo di 20 ore settimanali e un massimo di 40. Viene fatto divieto di svolgere il tirocinio in orari notturni e/o festivi, salvo giustificati motivi dovuti alla natura dell’attività del soggetto ospitante e a patto che questa scelta sia finalizzata alle esigenze formative del profilo professionale per cui viene attivato il tirocinio.Le garanzie assicurative sono le stesse riportate nelle linee guida, così come i compiti dei soggetti promotori/ospitanti e dei tutor. Per quanto riguarda i tutor, quello del soggetto promotore può accompagnare fino a 20 tirocinanti, mentre quello del soggetto ospitante si limiterà a tre. Inoltre, il soggetto promotore potrà individuare un tutor esterno, previa autorizzazione da parte della Regione, purché possieda l’adeguata professionalità ed esperienza, e infine, a tal proposito, il rapporto tutor/tirocinante potrebbe essere «derogato esclusivamente per i tirocini attivati dai CPI [centri per l’impiego, ndr] della Regione Piemonte nell'ambito di iniziative di politica attiva promosse e finanziate dalla Regione Piemonte, da ANPAL e/o da altri soggetti pubblici, fino all'attuazione del Piano Nazionale di Rafforzamento degli organici dei CPI con l'entrata in servizio delle risorse umane aggiuntive previste dallo stesso Piano».Ai fini del rilascio dell’attestazione alla fine del tirocinio, viene specificato come lo stagista debba aver partecipato ad almeno il 75% della durata prevista nel PFI (dove invece le linee guida indicano solo il 70%) e, per quanto riguarda le misure di monitoraggio, viene specificato come il Piemonte si impegni a verificare il percorso degli stagisti e i loro inserimenti lavorativi post tirocinio, aggiornando un elenco appositamente creato all’interno della Regione per dare visibilità ai soggetti adibiti ad attivare i tirocini sul territorio. Infine, la Regione Piemonte si impegna a «divulgare con cadenza annuale tramite i canali istituzionali gli esiti del monitoraggio sull’andamento dei tirocini e a rendere accessibili alle parti sociali, tramite il sistema informativo regionale, i dati relativi all'attivazione dei tirocini». Vengono inoltre confermate dalle linee guida le misure sanzionatorie per le violazioni.Il Piemonte è una delle Regioni dove si svolge il maggior numero di tirocini, con oltre 30mila extracurriculari nel solo 2016: con la sua nuova normativa, che si potrebbe definire senza infamia (poiché non ha peggiorato le condizioni dei tirocini) ma anche senza lode (visto che comunque non ha introdotto particolari nuove tutele) spera di riuscire a dare un’ulteriore spinta positiva ad un uso corretto degli stage come trampolino di lancio per il mondo del lavoro. Irene Dominioni

Stage negli enti pubblici, il Friuli sta per cambiare le regole: più lunghi ma indennità più alta

In Friuli Venezia Giulia la discussione sulla nuova legge per gli stage extracurriculari è in atto. Alle parti sociali a inizio dicembre è stata presentata la bozza del testo e la Commissione regionale Lavoro già ha dato parere positivo, anche se ancora non si sa quando potrebbe essere finalmente approvato dalla Giunta. «È stata fatta un’integrazione del vecchio regolamento e l’intento è quello di sistemarlo attraverso le nuove direttive sulle linee guida», dice alla Repubblica degli Stagisti Luciano Bordin, segretario del mercato del lavoro e servizi per l’impiego della Cisl in Regione e membro della Commissione tripartita. In generale, pare che nel redigere la nuova legge la Regione si sia focalizzata soprattutto sui temi della vigilanza e del monitoraggio, seguendo le novità che le nuove linee guida per gli stage, emesse dalla Conferenza Stato-Regioni di maggio 2017, hanno introdotto. Non è ancora chiaro se, a questo punto, la bozza della normativa friulana dovrà affrontare un ulteriore passaggio in Consiglio regionale (a cui di solito la Giunta chiede un parere finale sui contenuti), ma, una volta approvata, si sa già che la legge entrerà in vigore a partire dal giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, andando a sostituire l’attuale regolamento n.198/2016.Quali sono i contenuti della bozza? La Repubblica degli Stagisti ha potuto dare uno sguardo al testo preliminare della normativa. Non essendo una versione finale, non è ancora dato di sapere se le informazioni contenute saranno confermate o meno.Prima di tutto, sembra che per i tirocini di entrambe le tipologie (formazione e orientamento, inserimento e reinserimento) la durata massima sarà confermata a sei mesi (a dispetto delle linee guida) e la minima a due, così come prevedeva la vecchia normativa regionale. Anche per le altre tipologie la durata massima rimane stabile: 18 mesi per i tirocini diretti a soggetti svantaggiati e 3 mesi per i tirocini estivi (anche se, per questi ultimi, la durata minima viene ridotta - da 3 settimane a 14 giorni). Una novità importante sia in termini di durata che di rimborso spese, però, è costituita dal nuovo distinguo tra i tirocinanti del settore pubblico (gli enti pubblici del Comparto Unico del Friuli Venezia Giulia) rispetto a quelli del settore privato: nello specifico, per i tirocinanti pubblici la durata massima dello stage sarà pari a 12 mesi, a fronte di (altra novità) un compenso di 800 euro mensili. Come mai questa differenza? Bordin la giustifica spiegando come nel pubblico impiego non si possa essere assunti se non tramite concorso: una maggiore indennità dovrebbe quindi sopperire alla mancata possibilità di inserimento dei tirocinanti con contratto alla fine del proprio stage. «È stata introdotta questa premialità e noi l’abbiamo valutata positivamente».Per quanto riguarda l’indennità mensile dei tirocinanti del settore privato, invece, dalla bozza risulta che saranno confermati i 300 euro lordi minimi per il part time (20 ore settimanali) e i 500 per il tirocinio a tempo pieno, come da vecchia normativa. Un altro punto in cui la Regione Friuli si discosta dalle linee guida, che invece riportano un rimborso spese lordo di 300 euro, senza oltretutto fare distinzioni sui tempi di lavoro. Per i tirocini estivi, invece, viene specificato come l’indennità di partecipazione debba essere corrisposta settimanalmente e debba essere pari ad almeno un quarto dell’indennità mensile prevista. Nel caso di sospensione del tirocinio per maternità, infortunio o malattia di lunga durata, infine, non sussiste l’obbligo, da parte del soggetto ospitante, di corrispondere l’indennità di partecipazione per la durata del periodo sospeso. E per quanto riguarda la compatibilità dei sussidi di disoccupazione con l’indennità di tirocinio? Il testo del Friuli riporta come «Nel caso di tirocini attivati in favore di lavoratori sospesi e comunque percettori di forme di sostegno al reddito in quanto fruitori di ammortizzatori sociali, non vi è obbligo di erogazione dell’indennità. Per i lavoratori sospesi e percettori di sostegno al reddito, l’indennità di tirocinio viene corrisposta per il periodo coincidente con quello di fruizione del sostegno al reddito solo fino a concorrenza con l’indennità minima prevista dalla normativa di riferimento. Nel caso di tirocini in favore di soggetti percettori di forme di sostegno al reddito, in assenza di rapporto di lavoro, l’indennità di partecipazione erogata dal soggetto ospitante è cumulabile con l’ammortizzatore percepito anche oltre l’indennità minima prevista dalla disciplina vigente».Sempre nell’ambito della sospensione del tirocinio, in Friuli basteranno 10 giorni solari per stabilire che il tirocinio può essere sospeso, dove le linee guida indicano invece un periodo di 30 giorni. Uguale alle linee guida è invece l’indicazione di come il tirocinio possa essere interrotto sia dal tirocinante che dal soggetto ospitante in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei due, previa motivazione scritta. Nell’ambito dell’elenco dei soggetti promotori, la bozza della normativa del Friuli opera una distinzione tra le varie tipologie di stage: così, per esempio, se per i tirocini formativi e di orientamento possono attivare tirocini anche le strutture regionali di orientamento, per i tirocini di inserimento e reinserimento questa possibilità non è prevista. Allo stesso modo, per i tirocini rivolti a persone svantaggiate, tra gli enti che possono attivare il tirocinio ci sono le aziende per l’assistenza sanitaria, assenti invece nel caso delle altre tipologie. Resta poi l’impossibilità di far coincidere soggetto promotore e soggetto ospitante. Gli obblighi dei soggetti promotori e dei soggetti ospitanti vengono confermati dalle linee guida e, nel testo del Friuli, si leggono inoltre gli obblighi del tirocinante, più dettagliati rispetto alle indicazioni generiche delle linee guida: seguire le attività previste dal progetto formativo e i regolamenti aziendali, seguire le indicazioni dei tutor, rispettare le norme di igiene e sicurezza, rispettare gli obblighi di riservatezza nel caso di soggetti ospitanti privati e il segreto d’ufficio nei soggetti ospitanti pubblici.Anche i compiti del tutor rimangono gli stessi delle linee guida, così come il limite massimo di tirocinanti assegnati a ciascun tutor del soggetto promotore (20), mentre il tutor del soggetto ospitante può accompagnare fino a tre tirocinanti contemporaneamente. Tra le condizioni di attivazione, anche il Friuli riporta come il soggetto ospitante non possa ospitare tirocinanti con cui ha già avuto un rapporto di lavoro e come non sia possibile svolgere più di un tirocinio presso il medesimo soggetto ospitante, ma, a differenza delle linee guida, qui viene riportato come questo principio non si applichi ai soggetti svantaggiati (che quindi possono intraprendere più tirocini nello stesso posto di lavoro): si capiscono le ragioni di tale scelta, anche se esiste sempre la possibilità che qualcuno possa approfittarsene. Nel caso dei tirocini estivi, poi, la bozza friulana specifica come sia possibile svolgere due tirocini presso il medesimo soggetto ospitante (un altro punto che potrebbe rischiare di promuovere il lavoro mascherato). Se si guarda al numero di tirocini attivabili e la premialità, il Friuli sembra confermare, come nella precedente normativa, l’impossibilità di attivare un tirocinio se il soggetto ospitante non ha dipendenti a tempo determinato o indeterminato - fatta eccezione per i datori di lavoro iscritti all’albo delle imprese artigiane, le aziende agricole a conduzione familiare e gli studi di professionisti, che possono inserire un tirocinante anche se non hanno dipendenti con contratto a tempo indeterminato, a patto che le loro attività siano coerenti con il percorso formativo del tirocinante. Rimangono i limiti di un tirocinante per soggetti ospitanti con organici compresi tra 1 e 5, due tirocinanti per soggetti con 6-19 dipendenti e il 10% per i soggetti ospitanti con più di 20 dipendenti. Anche il criterio di premialità rimane lo stesso del testo nazionale: possibilità di attivare 1 tirocinio se nei 24 mesi precedenti sono stati assunti almeno il 20% dei tirocinanti, 2 tirocinanti con il 50% degli assunti, 3 con il 75% e 4 con il 100%. Come da linee guida, poi, anche in Friuli non viene fatta cumulazione tra tirocini curriculari ed extracurriculari nel calcolo delle quote di contingentamento.Infine, permangono nella bozza del Friuli le garanzie assicurative riportate nelle linee guida e l’istituzione di sistemi di monitoraggio e vigilanza (nel caso di violazioni non sanabili, l’intimazione al soggetto promotore e/o a quello ospitante della cessazione e l’interdizione per 12 mesi dall’attivazione di nuovi tirocini; un avviso, invece, per quelle sanabili).Una volta approvate, le nuove disposizioni si applicheranno ai quasi 5mila stage extracurriculari che la Regione Friuli attiva mediamente ogni anno. Irene Dominioni

Ricercatori ancora molto precari, ma l'indagine annuale Adi ha qualche buona notizia

Sono concentrati soprattutto al Nord, prevedono ormai quasi tutti una tassazione, molti senza nemmeno una differenziazione in base al reddito, e rispetto a dieci anni fa hanno subito un calo dei posti disponibili superiore al quaranta per cento: sono questi i numeri della VII indagine annuale dell’associazione dottorandi e dottori di ricerca, l'ADI, su dottorato e Post-Doc. I dati sono stati presentati in Senato qualche giorno fa. L’indagine, che negli anni si è arricchita di sezioni dedicate proprio al tema della tassazione sul dottorato e alla rappresentanza dei ricercatori precari nelle università, racconta in primo luogo un dato abbastanza positivo: un trend in aumento dei posti di dottorato banditi che, per il 2017, tornano finalmente ai livelli di tre anni fa con oltre 9mila posti a bando, più del cinque per cento rispetto all’anno scorso. Non sufficiente però a far parlare di dati complessivi positivi: dal 2007 a oggi sono spariti più di seimila posti. E come se non bastasse poco meno della metà di quelli messi a bando si concentra in soli dieci atenei, di cui otto al Nord. Nessuna retromarcia quindi per il sistema di “compressione selettiva”, come denunciato da ADI già nelle precedenti indagini nazionali. I posti quest’anno sono sì aumentati, ma solo in determinate regioni, confermando quindi le diseguaglianze tra nord, centro e sud Italia.I punti critici riguardano anche la questione tassazione: aumenta, infatti, il numero di atenei statali che la prevedono anche per i dottorandi con borsa, passando dai 19 del 2016 ai 21 di quest’anno. Con un importo medio poco superiore ai 600 euro, ma con fortissime differenze in base alle singole università, passando dagli esigui 100 di quella di Udine agli oltre 2mila euro per l’università Mediterannea di Reggio Calabria. E come se non bastasse ben dodici atenei non prevedono alcuna differenziazione del contributo in base al reddito.Una questione, quella della tassazione, da sempre al centro delle richieste Adi. E che si basa su un’incongruenza di fondo sullo status giuridico del dottorando: in Italia, infatti, il dottorando è inquadrato come studente, con la conseguenza per chi rientra nella categoria di ricevere un pagamento dall’università per la ricerca/lavoro prestato ma dover anche versare le tasse di iscrizione all’ateneo. Dopo una dura battaglia l’Adi è riuscita nel 2016 a ottenere l’abolizione delle tasse per i dottorandi senza borsa, che vivevano nel paradosso di pagare una tassa e non ricevere poi alcun emolumento. E ora l’associazione si batte anche per l’abolizione delle tasse per chi una borsa di studio la riceve.Perché l’Adi sostiene da tempo che la figura del dottorando come “ricercatore in formazione” sia incompatibile con forme di tassazione legate all’iscrizione e alla frequenza dei corsi. Perché o si è studenti e ci si iscrive all’università pagando, o si fa ricerca, quindi si lavora, ed è impensabile pagare una tassa per farlo. Con l’aggiunta poi di non avere una cifra definita in maniera uniforme ovunque: visto che dopo il dm 45/2013 gli atenei sono stati lasciati liberi di decidere in autonomia se esigere o meno un contributo da parte dei dottorandi borsisti. E così ogni ateneo ha introdotto regole diverse, graduando la tassazione in alcuni casi, come a Reggio Calabria, addirittura su 41 fasce Isee, che vanno dai poco più di 500 euro agli oltre 2mila. O finendo in casi, esempio è la Sapienza di Roma, dove si è deciso per l’esenzione completa per tutti gli studenti dei corsi di dottorato. Ci sono però anche delle buone notizie: diminuiscono i posti di dottorato senza borsa, calando di sei punti percentuali rispetto al 2016 e soprattutto attestandosi al livello più basso tra tutte le rilevazioni fatte da sette anni a questa parte. E in corrispondenza aumentano i posti con borsa: più di otto su dieci, il livello più alto dal 2010. Dei 9mila dottorati messi complessivamente a bando nel 2017, il numero di quelli senza borsa è 1644, pari a poco meno del 18% del totale. In calo rispetto al 2014 quando quelli senza borsa erano il 20% circa.In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili del 2015, ci sono all'incirca 32.800 persone impegnate in dottorati di ricerca, contro i quasi 200mila della Germania e i circa 70mila della Francia. Ma è il rapporto con il numero degli abitanti che salta all’occhio: se la Germania ha circa 2,4 dottorandi ogni mille abitanti e la Francia poco più di 1, l’Italia si attesta alla penultima posizione in Europa con solo 0,5 dottorandi per mille abitanti, seguita solo da Malta in fondo alla classifica.Ma cosa si fa dopo il dottorato? L'inquadramento più frequente per chi prosegue la carriera universitaria è quello tramite assegno di ricerca. L’indagine ha voluto, dunque, analizzare anche la situazione post dottorato in Italia che resta stabile con poco più di 13mila assegnisti di ricerca. Ma anche in questo caso c’è una forte diseguaglianza per quanto riguarda la distribuzione territoriale: oltre la metà degli assegnisti è, infatti, concentrata al Nord e la restante percentuale si divide quasi equamente tra centro e sud Italia. Non solo, le prime dieci università per numero di assegnisti ne contengono praticamente la metà e tra questi non risulta nemmeno un ateneo del Sud. Continuando l’analisi delle altre figure professionali che un dottorando fortunato ricopre fino a diventare – raramente – un docente universitario, c’è poi la figura del ricercatore a tempo determinato, per cui il quadro generale non si discosta molto da quello degli assegnisti. In questo caso, però, tra le prime dieci università che raccolgono la metà dei ricercatori totali, ci sono anche due atenei del centro sud: La Sapienza di Roma e la Federico II di Napoli.Nonostante il gran numero di inquadramenti dedicati a vario titolo alla didattica, però, nell’anno in corso si registra un saldo complessivo negativo del personale docente, dato dalla somma di professori ordinari, professori associati e ricercatori a tempo determinato, con un taglio di oltre 900 unità. Il che significa che il piano straordinario per stabilizzare i ricercatori a tempo determinato senior è stato insufficiente, con l’area medica tra quelle più colpite.Ma sono i dati sul futuro dei ricercatori precari che non fanno ben sperare: perché secondo le stime ADI solo il nove percento degli assegnisti di ricerca potrà avere la possibilità di arrivare a un contratto a tempo indeterminato, mentre oltre il novanta per cento sarà espulso dall’università italiana. Con uno spreco per il sistema universitario non indifferente in termini di soldi investiti senza ritorno – cervelli che finiranno probabilmente all’estero.E forse uno dei problemi che incide in maniera non irrilevante sull’andamento delle politiche dedicate ai dottorandi e ai ricercatori è la rappresentanza estremamente disomogenea. Nella stragrande maggioranza dei casi delle elezioni delle rappresentanze studentesche nei Senati accademici e nei Consigli di amministrazione di ateneo, così come nei consigli di dipartimento, infatti, i dottorandi sono accorpati alla categoria degli studenti. Nonostante siano due categorie completamente differenti. Non meraviglia, quindi, che i dottorandi non siano rappresentati nella metà degli atenei italiani. Con ovvie ripercussioni sulle scelte e politiche adottate per la categoria. A batterli ci pensano gli assegnisti di ricerca: la categoria in assoluto più penalizzata, tanto da essere rappresentata nei senati accademici solo nell’otto per cento dei casi.La presentazione dell’indagine è stata però anche l’occasione per sentir ribadire da parte del senatore Francesco Verducci, del Partito democratico, l’intenzione di arrivare a un piano di reclutamento di duemila ricercatori all’anno per cinque anni. E scoprire da Marco Mancini, capo dipartimento università del Miur, che è in corso di revisione il decreto ministeriale 45/2013  sul dottorato. Revisione che era stata chiesta a gran voce dall’Adi, in particolare per ottenere l’esenzione per le tasse per tutti i dottorandi, dopo l’esenzione dello scorso anno per i non borsisti, e costituire un fondo per sostenere la mobilità all’estero dei senza borsa, che non hanno alcun tipo di aiuto economico nemmeno nei periodi di dottorato svolti lontano dalla propria università.Una categoria, quella dei ricercatori e dottorandi, che esce da questo quadro con le ossa abbastanza rotte, e sopratutto con scarse possibilità di avere un futuro all’interno dell’università.Marianna LeporeNella foto in alto la delegazione Adi davanti al Senato

Lombardia, lievi miglioramenti a favore degli stagisti nella bozza della nuova legge sui tirocini

La Lombardia è in assoluto la Regione più importante per gli stagisti italiani. Qui avviene all'incirca un sesto degli stage di tutta Italia: ne consegue che la normativa lombarda è quella che impatta sul maggior numero di stagisti, e che con il suo quadro di diritti e doveri può letteralmente cambiare la vita di una persona che fa uno stage. A che punto è l'amministrazione regionale rispetto all'obbligo di emanare una nuova normativa che tenga conto delle nuove linee guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso maggio? La deadline era il 29 novembre: ma la Lombardia purtroppo, come la maggior parte delle altre Regioni, è in ritardo. Ha fatto in tempo a far approvare il testo in giunta regionale, il 20 novembre, ma restano ancora almeno due passaggi prima che il nuovo testo veda ufficialmente la luce e diventi operativo. Il prossimo passaggio, cioè la discussione nella Commissione consigliare competente, è calendarizzato per la settimana a ridosso di Natale. Con tutta probabilità per l'ultimo, e cioè la votazione in consiglio regionale, si dovrà attendere gennaio.In linea generale, si può anticipare che la Regione Lombardia non avrebbe ragione di discostarsi dalle nuove linee guida, dato che… praticamente le ha scritte lei. Per dirla in termini più politicamente corretti: ha fatto sentire e pesare la sua voce in maniera molto efficace, tra il 2016 e il 2017, nelle riunioni a porte chiuse della Conferenza Stato-Regioni in cui le nuove linee guida sono state discusse e scritte. Si può dunque dire che una larghissima parte dei contenuti abbia il “timbro” della giunta Maroni, insomma.La Repubblica degli Stagisti ha potuto visionare in anteprima la bozza di normativa lombarda: ecco i punti salienti.Sale, anche se di poco e non per tutti, il rimborso spese minimo. Finora l'indennità mensile obbligatoria è stata pari a «euro 400 mensili, al lordo delle eventuali ritenute fiscali, riducibile a 300 euro mensili qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa ovvero qualora l’attività di tirocinio non implichi un impegno giornaliero superiori a 4 ore» e «qualora il soggetto ospitante sia una Pubblica Amministrazione […] 300 euro mensili». Adesso la nuova bozza prevede che sia «euro 500 mensili, al lordo delle eventuali ritenute fiscali, riducibile a euro 400 mensili qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa; euro 350 euro mensili qualora l’attività di tirocinio non implichi un impegno giornaliero superiori a 4 ore». Con l'eccezione degli enti pubblici, per i quali è ancora previsto uno sconto: «Qualora il soggetto ospitante sia una Pubblica Amministrazione […] si applica un’indennità di partecipazione forfettaria minima di 300 euro mensili» a cui però diventa obbligatorio anche associare il benefit della mensa gratuita o dei buoni pasto «qualora l’attività di tirocinio implichi un impegno giornaliero superiori a 5 ore».Non si tratta di un gran miglioramento: considerando i costi della vita in Lombardia, e specialmente a Milano, erano in molti ad auspicare che la Regione si allineasse al vicino Piemonte, innalzando l'indennità minima a 600 euro senza distinzioni. La giunta Maroni si è invece tenuta molto parca. Qualcosa però ha aggiunto, oltre al piccolo ritocco delle cifre minime: ha ampliato lievemente la platea. Il diritto al rimborso spese cioè sarà obbligatoriamente applicato non solo a favore dei tirocinanti extracurriculari, ma anche per una piccola parte di quelli che comunemente si indicano come curriculari: in particolare il testo specifica che hanno diritto a ricevere queste indennità tutti coloro che partecipano anche ai «tirocini extracurriculari rivolti a studenti durante il periodo estivo».Vengono introdotti dei limiti alle attività che possono essere svolte in stage. «Non possono essere attivati tirocini extracurriculari per tipologie di attività lavorative elementari e per le quali non può essere previsto un tirocinio», si legge. Un principio che in realtà è già presente nella normativa attuale («Il tirocinante deve svolgere le attività coerenti con gli obiettivi formativi del tirocinio stesso, che non possono riguardare l’acquisizione di professionalità elementari, connotate da compiti generici e ripetitivi, ovvero attività riconducibili alla sfera privata»). Ma come si fa a individuare e circoscrivere con sicurezza una attività lavorativa "elementare"? Finora non ci si è riusciti: prova ne siano le migliaia e migliaia di stage attivati negli ultimi anni in Lombardia per qualsiasi mansione. Nel nuovo testo però si trova una novità: un riferimento allo «European Qualification Framework - EQF - livello 1». Si tratta di una classificazione europea che la Lombardia già da diversi anni ha declinato con suoi atti normativi, creando una sorta di catalogo delle competenze professionali, e attribuendo a ciascuna di esse un valore compreso tra 1 e 8, dove con 1 vengono indicate appunto le competenze elementari e con 8 quelle estremamente complesse. Il fatto che la Regione intenda vietare la possibilità di attivare stage per mansioni di livello 1 è certamente encomiabile: peccato però che solitamente il progetto formativo di uno stage preveda un elenco di varie competenze, e dunque basterà che nel progetto formativo vengano elencate anche competenze di livello 2 o di livelli superiori perché lo stage torni ad essere fattibile.Un altro aspetto molto importante è: quanti stagisti può accogliere uno stesso soggetto ospitante? Si tratta cioè della proporzione massima tra stagisti e dipendenti. Questa proporzione è in generale 1:10, cioè gli stagisti non possono essere più del 10% rispetto al numero dei lavoratori. Il problema dell'attuale legge in Lombardia è che è troppo larga, e permette di conteggiare tra i lavoratori anche i non-dipendenti. Il nuovo testo normativo migliora un po' la situazione: nel conteggio delle “risorse umane” non permette più di ricomprendere «i coadiuvanti, i liberi professionisti singoli o associati» e «i lavoratori con contratto [...] di collaborazione non occasionale». In compenso, per i lavoratori temporanei, cade il limite di durata minima dei 12 mesi, sostituito dalla dicitura «a condizione che il loro contratto abbia inizio prima dell’avvio del tirocinio e si concluda successivamente alla conclusione dello stesso». Ma si tratta di uno scambio tutto sommato vantaggioso per la platea di stagisti.La bozza di nuova normativa prevede poi delle deroghe numeriche in base alla percentuale di assunzione post stage. In particolare le aziende che avranno assunto almeno il 20% dei tirocinanti extracurriculari attivati nel 24 mesi precedenti potranno avere uno stagista in più rispetto ai limiti massimi indicati dalla proporzione stagisti/dipendenti; se avranno assunto almeno il 50% dei tirocinanti, potranno avere 2 stagisti in più; tre in più se avranno assunto almeno il 75%, e quattro in più in caso di 100% di assunzioni. «L’attivazione di nuovi tirocini oltre la quota di contingentamento» specifica il testo «è subordinata alla stipula di un contratto di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi (nel caso di part time, esso deve essere almeno pari al 50% delle ore settimanali previste dal contratto collettivo applicato dal soggetto ospitante)». Sarebbe stato meglio che la durata minima fosse 12 mesi e non 6, ma tant'è. Resta da chiarire come verranno conteggiati gli stagisti che hanno abbandonato volontariamente lo stage: resteranno nel denominatore, o verranno espunti?Ultimo punto caldo, la durata. Qui la Regione Lombardia ha accolto, almeno parzialmente, una proposta formulata dalla Cisl al tavolo con le parti sociali (qui l'intervista al segretario Mirko Dolzadelli). E cioè di differenziare le durate massime a seconda della complessità del mestiere da imparare. Ci si mette infatti più tempo a imparare a fare il tecnico in un laboratorio chimico rispetto a fare il cameriere in un bar: logico no? Eppure né le Linee guida (vecchie e nuove) né le 21 normative regionali vigenti prevedono una differenziazione in questo senso. La Lombardia su spinta dei sindacati ha deciso di introdurre una prima, minima diversificazione; con l'entrata in vigore del nuovo testo dunque ci saranno stage che potranno durare al massimo 6 mesi, e stage che potranno durare fino a 12. A fare la differenza saranno i valori EFQ appunto: per mansioni con livello 2 o 3 la durata massima sarà 6 mesi, per tutti gli altri (i livelli EQF arrivano fino a 8) potrà appunto prolungarsi fino a 12, come suggerito dalle linee guida.In ogni caso, il testo della nuova normativa non è ancora definitivo. La procedura prevede ora un passaggio nella Commissione competente del consiglio regionale, che è la n. 4 (Attività produttive e occupazione), calendarizzato al momento nell'ultima settimana prima di Natale. La Commissione ha comunque tempo fino al 20 gennaio per formulare le sue considerazioni in merito, e può anche sollecitare la giunta ad apporre qualche modifica o integrazione al testo. Poi la normativa dovrà essere votata dal consiglio regionale, e solo dopo quest'ultimo passaggio diverrà operativa, coi tempi e le modalità di attuazione che verranno indicati.Eleonora Voltolina

Stage nelle Marche: ancora manca la nuova legge, ma l'indennità dovrebbe aumentare

Ormai è trascorso il termine del 25 novembre per la delibera da parte delle Regioni italiane sulla regolamentazione degli stage extracurriculari, ma le Marche sono una delle 15 Regioni in ritardo sul varo della nuova legge. Alla Repubblica degli Stagisti l'ufficio PF Lavoro e formazione della Regione Marche aveva assicurato a inizio novembre che la nuova delibera della giunta regionale (dgr) sarebbe stata pubblicata a breve, eppure ancora non c’è. Non è ancora chiaro quando la nuova legge sarà varata, né quando entrerà in vigore. Quelle che seguono sono considerazioni basate su una prima bozza, che però non si può considerare definitiva.In generale, il testo delle Marche sembra riprendere le linee guida emesse il 25 maggio, con tutti i pro e i contro già evidenziati dalla Repubblica degli Stagisti. Ma c'è almeno un punto in cui le Marche sembrano prendere ledistanze dalle linee guida: questo riguarda l’indennità mensile, che presumibilmente sarà più alta rispetto alla vecchia normativa. Se prima il rimborso spese era di 350 euro lordi mensili, sembrerebbe che la Regione sia intenzionata ad aumentarlo, scalandolo in base al numero di ore settimanali lavorate dallo stagista: per uno stage fino a 29 ore settimanali, non meno di 400 euro al mese di rimborso, 500 euro per un orario tra le 30 e le 35 ore, 600 per il tempo pieno, da 36 a 40 ore a settimana. Questa ipotesi, comunica alla Repubblica degli Stagisti Cristiana Ilari, segretaria generale della Cisl nelle Marche, ha ricevuto il plauso delle associazioni sindacali e la speranza è che venga confermata, «nonostante le pressioni dai rappresentanti delle imprese di mantenere l’importo dell’indennità compreso tra i 400 e i 500 euro». Bisogna ancora vedere quali importi saranno confermati nel testo definitivo, ma gli stagisti marchigiani possono ragionevolmente aspettarsi un aumento rispetto all’indennizzo minimo previsto finora.Per quanto riguarda la durata dello stage, la bozza di legge indica un limite massimo di sei mesi. Non viene fatta esplicita distinzione tra le due diverse tipologie di stage (formativi/di orientamento e di inserimento/reinserimento), ma viene specificato come il termine sia elevabile fino ad un massimo di dodici mesi, «qualora il profilo professionale preveda un periodo di prova di almeno 6 mesi da Ccnl», cioè il contratto nazionale di lavoro, cita il testo. La vecchia normativa nelle Marche già prevedeva un limite di 6 mesi sia per entrambe le tipologie: una eventuale conferma a sei mesi costituirebbe un altro fattore positivo (a differenza delle linee guida, che evidenziano 12 mesi di durata massima in ambo i casi), ma rimane ancora da vedere se effettivamente sarà confermato. Presumibilmente rimarranno uguali anche i termini di 12 mesi per soggetti svantaggiati e disabili, elevabili fino a 24 mesi. La durata minima, invece, come da linee guida sembra essere confermata a due mesi, eccetto per i tirocini stagionali, il cui termine minimo è di un mese soltanto.Tra i destinatari dello strumento stage, nella bozza delle Marche figurano, come nelle nuove linee guida nazionali, i soggetti in stato di disoccupazione, i lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito, i lavoratori a rischio disoccupazione e i soggetti già occupati che sono in cerca di altra occupazione. Ricalcate dal testo del 25 maggio anche le definizioni dei soggetti promotori e dei soggetti ospitanti, così come i loro diritti e doveri, e le condizioni di attivazione (l’impossibilità di svolgere più di un tirocinio con lo stesso soggetto ospitante o di impiegare gli stagisti in sostituzione dei lavoratori, ad esempio). Per quanto riguarda i limiti numerici, nessuna variazione nemmeno nel criterio di assegnazione degli stage in base al numero di dipendenti (calcolati sulla base di quelli con contratto a tempo indeterminato o determinato ed esclusi gli apprendisti): 1 tirocinante in aziende con 0-5 dipendenti, 2 tirocinanti in aziende con un numero di dipendenti da 6 a 20, e nelle aziende con più di 20 dipendenti una quota di tirocinanti pari al 10%. «Il fatto di poter svolgere il tirocinio in aziende senza dipendenti a tempo indeterminato per noi costituisce un punto critico», sottolinea la sindacalista Ilari, evidenziandola come una «scelta che mette in seria discussione l’attivazione di progetti credibili e un tutoraggio efficace del tirocinante». Considerando che la vecchia normativa nelle Marche già prevedeva questo criterio, evidentemente l'istanza dei sindacati già non era stata accolta quattro anni fa.Ma il limite numerico non è l’unico punto critico sollevato dalle parti sociali durante la discussione sulla prima bozza: «sembra che sia venuto meno il vincolo di stabilizzazione, che noi auspicavamo fosse di almeno un terzo. In questo senso abbiamo espresso la nostra preoccupazione verso il rischio di un uso improprio dei tirocini: soprattutto ora che i voucher sono stati soppressi, questo è un pericolo concreto» puntualizza Ilari. Quello della stabilizzazione dei tirocinanti è un vincolo importante che le Marche avevano già applicato specificamente ai tirocini di inserimento o reinserimento nella precedente normativa (la Dgr 1134/2013) e che impediva ai soggetti ospitanti di attivare tirocini per un anno se non avessero assunto, negli ultimi 24 mesi, almeno un terzo dei propri tirocinanti con contratto di durata almeno pari a quella del tirocinio stesso. Se questo punto dovesse decadere con il varo della nuova legge, sicuramente non rappresenterebbe un fattore positivo. Il criterio di premialità, invece, che consente alle aziende di prendere più stagisti quanti più ne assumono (1 tirocinio attivabile a fronte del 20% dei tirocinanti assunti negli ultimi 24 mesi; 2 tirocinanti a fronte del 50%, 3 tirocinanti a fronte del 75% e 4 tirocini per il 100% dei tirocinanti assunti, oltre la quota di contingentamento) rimane nella bozza delle Marche coerente con le linee guida, introducendo una novità che prima non era presente nella normativa. Permane, invece, la non cumulabilità tra tirocini curriculari ed extracurriculari, un punto che la Repubblica degli Stagisti aveva già sollevato come problematico.Per il resto, le indicazioni contenute nella bozza preliminare della Regione Marche mantengono gli stessi principi delle linee guida (diritti e doveri del soggetto ospitante e del soggetto promotore, garanzie assicurative e modalità di tutoraggio), con minori variazioni per quanto riguarda i termini di rilascio dell’attestazione finale e di erogazione dell’indennità (nella bozza delle Marche il tirocinante deve aver svolto almeno il 75% della durata prevista nel progetto formativo, mentre le linee guida indicano una soglia leggermente inferiore, il 70%).Infine, un punto importante sollevato dai sindacati è stata la richiesta di un monitoraggio dello strumento del tirocinio, per valutare la portata delle misure messe in campo e, in futuro, adottare i necessari accorgimenti. In parte, la Regione Marche ha già provveduto a raccogliere i dati sugli stage attivati, gli esiti occupazionali e le tipologie di contratti post-stage negli ultimi cinque anni: secondo l'Osservatorio del mercato del lavoro marchigiano, tra il 2012 e il 2017 (al 20 novembre) nella Regione sono stati attivati oltre 52mila tirocini, quasi raddoppiati tra il 2012 (6.405) e il 2017 (11.557). Sul totale dei 5 anni, un po' meno della metà (45%) degli stagisti ha avviato un rapporto di lavoro entro tre mesi dalla conclusione dello stage. Purtroppo i dati della Regione non riportano quale sia stato in questi anni il destino di quei 25.638 giovani che non hanno trovato un lavoro dopo la fine del loro stage. Quel che si sa è che il 66% di quelli che sono stati assunti sono rimasti nell'azienda dove avevano svolto lo stage, per la maggior parte con contratto a tempo determinato (33%) o di apprendistato (29%), mentre i contratti a tempo indeterminato si fermano al 9%. In breve, la conclusione che possiamo trarre dai numeri è che lo stage nelle Marche è uno strumento utile ma, per capire davvero come migliorarlo in modo da renderlo un trampolino di lancio per il mondo del lavoro, bisognerebbe tenere traccia soprattutto di coloro che non riescono a inserirsi. Avranno intrapreso un altro tirocinio? Si saranno orientati su lavoretti più umili, magari in nero, per avere un minimo di entrata? O, peggio ancora, si saranno demoralizzati e saranno rimasti a casa, andando ad ingrossare le file dei Neet?Non si sa quali criteri conterrà, alla fine, la legge sugli stage nelle Marche. A grandi linee, non sembra che i contenuti saranno molto diversi rispetto a quelli della normativa precedente, né in riferimento alle linee guida nazionali. Il che significa che, almeno in tempi brevi, le statistiche sugli stage rischiano di non cambiare in meglio.Irene Dominioni

Nuove regole per gli stage in Calabria, vigilanza ogni 3 mesi per evitare il rischio abuso

La Calabria si adegua totalmente alle nuove linee guida sui tirocini. Con Lazio, Basilicata, Sicilia e Veneto, anche la punta dello stivale d’Italia ha aggiornato la propria normativa sugli stage extracurriculari con la delibera n° 360 del 10 ottobre 2017, rispettando la scadenza del 25 novembre prevista dalla Conferenza Stato Regioni. Adeguamento completo insomma, con una sola positiva eccezione: l'indennità mensile per ogni tirocinante sarà di 400 euro, cento in più della media nazionale. «È una questione di equità tra le diverse fragilità regionali» spiega alla Repubblica degli Stagisti Federica Roccisano, assessora regionale al lavoro e politiche giovanili: «In Calabria ci sono una serie di politiche attive a livello regionale per gli ultracinquantenni o altre categorie a rischio che vanno dai 400 fino ai 600 euro per chi è maggiormente qualificato. Sarebbe ingiusto che i tirocinanti extracurriculari prendessero cento euro in meno rispetto al minimo garantito dagli ammortizzatori economici regionali. Per questo abbiamo confermato lo standard di  400 euro al mese, già previsto dalla precedente normativa».Nel 2016 in Calabria sono stati attivati circa 7.800 tirocini extracurriculari su poco più di 2 milioni di abitanti. Uno strumento che però resta ancora poco conosciuto dai giovani della regione; quando lo fanno, perlopiù svolgono il loro periodo di tirocinio nelle istituzioni locali come i comuni. Con il rischio di tornare nel mondo del lavoro senza una formazione adeguata. Anche per questo l’obiettivo della Regione era quello di superare la delibera 158/2014 e rendere più appetibili i tirocini. Un passo in avanti necessario, con alcune decisioni che da fuori possono sembrare controverse, ma forse appropriate se calate nel contesto lavorativo drammatico della Calabria. Un esempio concreto: molti sindacati chiedono che la durata minima degli stage sia di sei mesi per non sfruttare troppo i tirocinanti. Mentre in Calabria 12 mesi sono considerati necessari dalla Regione e dai consulenti del lavoro per dare il tempo necessario al giovane tirocinante di formarsi nell’azienda. Con la speranza di essere poi assunto. Ma nella regione d’Europa con il più alto tasso di disoccupazione giovanile - 58,7% nel 2016 stando ai dati Eurostat, contro il 35,7% della media italiana - il rischio è che le aziende lo usino in modo improprio, sfruttando i tirocinanti che farebbero di tutto pur di farsi benvolere dall’azienda, anche lavorare di più rispetto alle mansioni previste dal PFI, il piano formativo individuale.Il tasso di trasformazione degli stage extracurriculari in rapporto di lavoro nel sud Italia è del 14,5% quasi quattro punti in meno rispetto alla media nazionale del 19% secondo il rapporto Excelsior di Unioncamere per il 2016. In questo quadro, 12 mesi di stage sembrano un’opportunità ghiotta per le aziende per poter disporre di personale a costo iper-ribassato, piuttosto che una chance di ingresso nel mondo del lavoro per i giovani.L’allarme lo lancia Daniele Carchidi, segretario regionale della Cgil Calabria: «In alcune aziende e in alcuni settori attraverso lo stage le aziende abbassano il costo del lavoro, i 12 mesi sono troppi. In Calabria lo stage viene vissuto come un sussidio per avere un minimo di reddito. Spesso è abusato da realtà produttive dove in effetti non servirebbe: un conto è fare uno stage in un ufficio marketing, un conto è farlo in un call center! E purtroppo accade. Per fortuna le linee guida stabiliscono delle percentuali in base al numero di dipendenti. Ma se un’azienda di 5mila addetti può prendere 500 stagisti, abbassa il costo del lavoro e fa dumping salariale nei confronti di altre aziende. E poi dopo sei mesi li mandando a casa. Bisognerebbe vincolare le aziende ad assumere i tirocinanti».Per contrastare il problema degli abusi i centri per l’impiego e i consulenti del lavoro hanno chiesto di riaprire un tavolo di concertazione con la Regione dopo l'approvazione della delibera a ottobre. Alla fine, dopo un mese di negoziati, l’accordo è arrivato: a tre mesi dall’attivazione dei tirocini ci sarà un valutazione in itinere per valutarne l’andamento con la possibilità di interromperlo in caso di uso scorretto. La nuova delibera sarà pubblicata la prima settimana di dicembre nel sito della regione Calabria per permettere l’inizio dei nuovi tirocini.Andrea Fioravanti