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Nasce Articolo36: una testata online dedicata al lavoro precario, sottopagato, gratuito

Da ieri è online un sito "cugino" della Repubblica degli Stagisti. Si intitola Articolo 36 ed è stato presentato in anteprima al Festival del giornalismo di Perugia, nell'ambito del panel “I precari: gratis non è lavoro”, attraverso un dibattito cui a fianco di Eleonora Voltolina - anche in questo caso fondatrice e direttore della testata - hanno partecipato Benedetta Tobagi scrittrice e consigliere di amministrazione Rai, Matteo Valerio, giornalista freelance e tra i fondatori del collettivo di precari romani Errori di Stampa, e Ester Castano, giovane giornalista freelance. Una cornice, quella del Festival, particolarmente adatta al tema. Perché l'«articolo 36» in questione è quello della nostra Costituzione, che prevede che ogni lavoratore abbia diritto «ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa». Una frase che alle orecchie di migliaia e migliaia di giornalisti precari, spesso pagati pochi euro a pezzo, sembra quasi beffarda.Ed è proprio dal tema del precariato e delle retribuzioni da fame che vuole ripartire questa nuova testata: facendo una informazione di qualità focalizzata sul lavoro e sulla connessione (purtroppo sempre più spesso spezzata) tra lavoro e retribuzione. «Siamo partiti proprio con un pezzo sul lavoro giornalistico» ha spiegato Eleonora Voltolina presentando l'articolo "di esordio" di Articolo36, scritto dalla freelance Marianna Lepore e dedicato ai magri compensi che il sito o2o del gruppo Banzai eroga a chi produce i suoi contenuti: «Perché il giornalismo è, insieme a molte altre professioni intellettuali, uno dei campi in cui più spesso le persone si sentono proporre di lavorare per pochi spiccioli o addirittura gratuitamente».Voltolina ha anche raccontato in breve la genesi del nuovo sito, ricordando di aver parlato dell'articolo 36 della Costituzione in un'occasione speciale: «Un po' meno di un anno fa mi venne proposto, insieme a una trentina di altri giovani, di essere presente a un evento al Quirinale di fronte al Presidente della Repubblica. Era la presentazione di un libro, Giovani senza futuro, a cui io avevo collaborato scrivendo un capitolo insieme ad Alessandro Rosina. Mi venne detto che avrei avuto però solo due minuti per il mio discorso. Così scelsi di parlare di un articolo della Costituzione importantissimo, bellissimo, che però viene quotidianamente calpestato. Quello che dice una cosa che può sembrare quasi banale: che il lavoro va pagato. E lo dice con delle parole-chiave bellissime: libertà e dignità unite a lavoro e retribuzione». Di ritorno dal Quirinale, l'idea di fondare una testata giornalistica con questo nome e dedicata a questi temi: «Il giorno dopo registrammo il dominio Articolo36.it. Poi, come ogni progetto, c'è voluto del tempo per realizzarlo, ma finalmente eccolo qua, adesso esiste. Parlerà di lavoro ma con un preciso focus specifico: questo lavoro ti permette di mantenerti?». Per Voltolina è lì che sta il fulcro del problema: «Le persone non lavorano solo per realizzarsi, per il proprio piacere. Lavorano anche, e io direi essenzialmente, per poter essere economicamente indipendenti, pagare la propria vita, la propria casa, il proprio futuro. Per non dover dipendere dalle famiglie d'origine». Pericolosissimo dunque spezzare il legame tra lavoro e retribuzione: «Così si innesca un circolo vizioso mostruoso anche dal pinto di vista macroeconomico: perché se le persone non guadagnano, poi non possono spendere: quando si parla di contrazione dei consumi, si dovrebbe pensare anche a questo».Articolo36.it andrà a scandagliare il mondo del lavoro alla ricerca delle sacche di illegalità e di sfruttamento; ma darà anche voce a quella parte di imprese sane che subiscono trattamenti iniqui da parte dello Stato: «Vogliamo occuparci anche della controparte, dell'impresa. Perché ce ne sono tante che vogliono comportarsi bene», ma che paradossalmente oltre che contro la crisi si trovano a dover combattere ogni giorno anche contro lo Stato «Con le tasse ingiuste, come l'Irap, che è una tassa demenziale, perché penalizza chi assume dipendenti e va ad avvantaggiare chi invece si avvale di lavoratori a partita Iva. Oppure basti pensare alle aziende che rischiano di chiudere, o che non possono pagare i propri dipendenti, perché magari hanno preso qualche appalto dalla pubblica amministrazione e aspettano da mesi o magari da anni che i prodotti che loro hanno venduto o i servizi che hanno erogato vengano pagati da chi li ha commissionati e ha promesso di pagarli: che in questo caso - ancor più grave - è lo Stato». La grande ambizione di Articolo36.it insomma è quella di «descrivere a 360 gradi il mercato del lavoro, cercando di mettere il dito nella piaga dove si annida la cancrena», che secondo Eleonora Voltolina si colloca in un preciso punto: «quello in cui si scollano lavoro e retribuzione».Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Presidente Napolitano, la dignitosa retribuzione è un diritto costituzionale anche per i giovani

Tirocini Schuman al Parlamento europeo: 150 opportunità da 1200 euro al mese aperte anche ai giornalisti

Un lavoro come giornalista e un compenso da più di mille euro al mese: praticamente un ossimoro per i tempi che corrono in Italia. Invece il Parlamento europeo (con sede a Bruxelles e Lussemburgo) lo rende possibile lanciando due programmi di tirocinio della durata di cinque mesi (non prorogabili), uno «generale» e l'altro «opzione giornalismo»: le cosiddette borse Schuman. Per i selezionati di questa tornata il tirocinio inizierà il primo ottobre 2013 e terminerà il 28 febbraio 2014. La corsa si è aperta il 15 marzo, ma c'è tempo fino al 15 maggio per compilare l'application form – anche se dal sito raccomandano di non aspettare l'ultimo momento vista l'elevata quantità di candidature che arrivano (in media 4mila per ogni tornata, quindi 8mila l'anno). L'aspetto economico è davvero interessante: la borsa di studio è di 1.213,55 euro lordi al mese tassati in base alle percentuali fiscali applicate nel Paese di provenienza (ogni anno viene però ricalcolata, e – in caso di stage presso una sede estera del Parlamento europeo - l'importo viene tarato sulla base del costo della vita del Paese ospitante). Alla somma si aggiunge il rimborso spese del viaggio per l'andata e il ritorno (sempre che il luogo di origine sia più distante di 50 chilometri) e il pagamento avverrà rispettivamente all'inizio e subito dopo la fine del traineeship. A parte viene riconosciuto anche il rimborso per eventuali trasferte a Strasburgo e circa 200 euro per chi è sposato e ha figli a carico; per chi è disabile l'importo della borsa è invece maggiorato del 50%. Ed è perfino prevista la possibilità di richiedere un anticipo sul compenso del primo mese di stage, per far fronte alle prime spese.Quanto al numero di candidature accettate non esiste un numero fisso. Come documentato nelle faq del sito, nel 2010 sono pervenute più di 7.300 domande (solo per i tirocini retribuiti), ma solo 391 hanno passato la selezione. L'anno successivo si è ripetuta più o meno la stessa proporzione: 390 vincitori su circa 7mila. Il dato che fa riflettere è che sono i giornalisti (o aspitanti tali) italiani a sgomitare di più per accaparrarsi uno stage con compenso, obiettivo quasi impossibile oggi nel nostro Paese. Nel 2012 si è verificato peraltro un notevole aumento delle richieste: la responsabile dell'ufficio traineeship di Lussemburgo Karen Jeppesen conferma alla Repubblica degli Stagisti che le applications ricevute, riferite a tirocini previsti per il 2013, sono state oltre 14mila. L'anno precedente, il 2011, ne erano arrivate quasi 11mila, di cui 8.465 per stage pagati (la restante parte è quella dei tirocini gratuiti, i cosiddetti «atipici»). Di queste candidature circa un terzo (2.539) provenivano da italiani. Nella tornata del 2012 i selezionati italiani (su 455 totali) sono stati invece 71, quindi la proporzione è un po' scesa trattandosi di circa un sesto del totale. I requisiti. Per entrambe le opzioni le condizioni sono il possesso di un diploma di laurea, la nazionalità di un Paese europeo (o Paese candidato), la maggiore età, la conoscenza fluente di una lingua europea e di un'altra a un buon livello, non aver usufruito in precedenza di stage retribuiti presso le istituzioni europee. Nel caso dell'opzione generale bisogna inoltre «provare di aver elaborato, contestualmente a un diploma universitario o per una pubblicazione scientifica, un lavoro scritto di una certa consistenza» si legge sul sito. Uno di questi tirocini, denominato 'borsa Chris Piening', scrivono «potrà essere assegnato a un candidato il cui lavoro sia stato consacrato in particolare alle relazioni tra l'Unione europea e gli Stati Uniti». Per l'opzione giornalismo invece i candidati devono «avere una competenza professionale comprovata da pubblicazioni, o dall'iscrizione all'ordine dei giornalisti di uno Stato membro dell'Unione europea, o dall'acquisizione di una formazione giornalistica riconosciuta negli Stati membri dell'Unione europea o negli Stati candidati all'adesione». Attenzione poi all'application form: si può fare in un'unica tappa (altrimenti, passati 30 minuti, scade la sessione) e dopo averla compilata è necessario stamparne la sintesi prima dell'invio. Una volta inviata si riceverà via mail un numero identificativo da conservare per tutte le comunicazioni che avverranno nel corso della selezione. Il procedimento di selezione (basato su titoli e curriculum) inizia subito dopo: a chi non possiede i requisiti di ammissibilità verra comunicata in poche settimane l'esclusione. Per gli altri, due o tre mesi prima dell'inizio del tirocinio arriveranno - sempre via mail - le informazioni sullo status della candidatura: esclusione, waiting list (i cui componenti saranno chiamati solo in caso di rinuncia dei selezionati), ammissione. I vincitori riceveranno infine per posta ordinaria una lettera di invito con alcune informazioni utili. A loro è anche richiesto di presentare una serie di documenti cartacei: copie di passaporto e diploma di laurea, lettera di referenze di un professionista che attesti l'idoneità della persona, un giustificativo di un lavoro scritto per l'opzione generale e un attestato di iscrizione all'ordine dei giornalisti o di un diploma nel settore per il giornalismo. Cosa fanno gli stagisti al Parlamento europeo? Mentre per chi opta per il giornalismo le mansioni saranno quelle tipiche della professione, come per esempio l'editing, tutti gli altri saranno assegnati a una delle direzioni generali del Parlamento, in base alle esigenze di lavoro di ognuna. Si spazia tra settori di varia natura, politiche interne, comunicazione, finanza, servizio giuridico, presidenza. A ogni candidato verrà affiancato un tutor e avrà assegnato un progetto formativo. Le chance di assunzione post stage sono – come spesso in questi casi – quasi inesistenti: si parte per farsi le ossa, seppur remunerati, in una grande e prestigiosa istituzione europea ma ciò non costituisce titolo per futuri impieghi. Per tentare la sorte occorre passare per un regolare concorso pubblico, procedura a cui è sottoposto ogni candidato funzionario.   Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Tirocini Schuman, un lettore vince e ringrazia la Repubblica degli Stagisti: «Ho saputo del bando grazie alla vostra Newsletter»- Duecento stage da 1.200 euro al mese al Parlamento europeo, tutte le informazioni su come rispondere al bando- Parlamento europeo, risoluzione contro i tirocini gratis e le aziende che sfruttano gli stagisti- Emilie Turunen, pasionaria dei diritti degli stagisti al Parlamento europeo: «L'Italia è fra i Paesi messi peggio»

Stage, la Regione Veneto promette «Veglieremo sugli abusi»: ma l'indennità minima sarà bassa

Oltre 850mila micro e piccole imprese, per la maggior parte attive nel settore dell’artigianato: il Veneto è storicamente uno dei punti nevralgici dell’imprenditoria in Italia. Ma è anche una delle aree in cui il ricorso allo stage come strumento di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è più massiccio: secondo le stime della Repubblica degli Stagisti sono stati almeno 62mila i tirocini attivati nel 2011, un dato inferiore soltanto a quello lombardo. Ai quasi 37mila stage svolti nelle imprese private (dati Unioncamere Excelsior) bisogna infatti aggiungerne altri 18/24mila negli enti pubblici e almeno 7mila nelle organizzazioni non profit. Sul terreno dei tirocini in Veneto si scontrano quindi due forti interessi contrapposti: da una parte un esercito di stagisti che reclamano più tutele, dall’altra una folta schiera di aziende che, soprattutto in tempi di crisi, non vogliono rinunciare a uno strumento a basso costo di selezione, formazione e talvolta anche sfruttamento di nuova forza lavoro. Date queste premesse, si capisce perché ci sia molta attesa, da entrambe le parti, per il provvedimento con cui la Regione dovrebbe recepire, entro il 24 luglio, le linee guida nazionali sui tirocini extracurriculari emanate a gennaio. L’argomento è così caldo in questo angolo di nordest che la Regione, guidata da tre anni dal governatore leghista Luca Zaia, l'anno scorso era intervenuta in materia. La direttiva DGR 337/2012 emanata nel marzo 2012 e attualmente in vigore già si sforzava di definire un quadro normativo di riferimento più specifico per enti promotori e soggetti interessati, con l’obiettivo esplicito di evitare che lo stage potesse essere impropriamente usato in sostituzione di un regolare contratto di lavoro e in assenza di reali contenuti formativi. Ma non prevedeva alcun obbligo di corrispondere un compenso ai tirocinanti. Dopo l’accordo in conferenza Stato-Regioni sulle linee guida, che prevedono di fissare “un’indennità di partecipazione” obbligatoria di almeno 300 euro mensili lordi, la musica sta per cambiare per gli stagisti veneti. Lo promette l’assessore al Lavoro Elena Donazzan [nella foto], assicurando anche alla Repubblica degli Stagisti, in una lunga intervista, che la giunta regionale ha tutta l'intenzione di muoversi per tempo per riuscire a rispettare la scadenza di luglio. «Un documento di recepimento dell’accordo del 24 gennaio 2013 è stato già sottoposto all’esame degli organismi di concertazione della Regione e proprio pochi giorni fa, giovedì 18 aprile, ha terminato il suo iter con le parti sociali. Ora la giunta dovrà chiedere il parere sul provvedimento alla commissione consiliare competente in materia di lavoro. Ricevuto tale parere la giunta adotterà una delibera di disposizioni in materia di stage, in conformità con la legge regionale 3/2009, che all’articolo 41 demanda alla giunta l’adozione del provvedimento di regolazione dei tirocini. Pertanto le linee guida saranno attuate con provvedimento di giunta e ritengo che entro luglio l’iter sarà completamente concluso».Tra qualche mese, dunque, anche in Veneto l’indennità dovrebbe diventare obbligatoria. A quanto ammonterebbe? «Nel documento, peraltro ancora in esame, si prevede un minimo di 300 euro lordi al mese se al tirocinante sono garantiti buoni pasto o il servizio mensa, altrimenti 400 euro lordi». Ma le Regioni non si erano impegnate, in un documento annesso alle linee guida, ad alzare l’indennità minima ad almeno 400 euro? «Se monetizziamo il benefit dei buoni pasto o della mensa gratuita si arriva certamente a quella cifra», risponde l’assessore. È vero, ma è altrettanto vero che qualcosa in più si poteva fare, se la Toscana ha fissato il limite minimo a 500 euro e l’Abruzzo a 600. Come mai non si è avuto il coraggio di alzare un po’ l’asticella? «Il tavolo con le parti sociali è stato quello previsto dalla legge regionale 3/2009: perciò sono stati pariteticamente presenti le associazioni datoriali e sindacali, 13 rappresentanti per parte, un rappresentate delle professioni, degli istituti del credito, delle associazioni dei disabili e la Consigliera di parità regionale. Se sulla maggior parte dei punti, come qualli atti a contrastare gli abusi, tutte le parti sociali sono state in perfetto accordo, sull’indennità di partecipazione la battaglia è stata piuttosto accesa». Associazioni datoriali contro sindacati, lascia intuire l’assessore. Alla fine sembra proprio che abbiano prevalso le prime. «In  Veneto sarebbe impensabile non ascoltare anche la voce delle imprese, soprattutto di quelle artigianali» ricorda la Donazzan: «In una fase economica come questa, le Pmi si sono strenuamente opposte a un’indennità obbligatoria più alta, fermo restando che nulla impedisce alle aziende sane di gratificare maggiormente i propri stagisti». Per quanto concerne tutte le altre forme di tutela, il documento veneto si uniforma sostanzialmente a quanto previsto dalle linee guida. «La Regione Veneto aveva già emanato una propria disciplina in materia di tirocini. Questa direttiva è stata leggermente emendata laddove necessario per uniformarsi al testo delle linee guida. Tali emendamenti sono in fase avanzata di definizione, perché hanno già ricevuto il parere favorevole del Comitato istituzionale - Province - e sono stati  esaminati a lungo dalle parti sociali», spiega l'assessore. «Oltre alla questione dell’indennità obbligatoria, c’è un punto su cui la nostra direttiva DGR 337/2012 e le linee guida nazionali divergono: la durata massima dei tirocini di inserimento lavorativo. Mentre l’accordo di gennaio fissava un limite di 12 mesi, noi abbiamo ritenuto opportuno lasciarlo a 6 mesi come nella precedente normativa regionale». 
Anche gli enti abilitati ad agire da soggetti promotori sono gli stessi previsti nella DGR 337/2012, vale a dire i centri per l’Impiego, i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, gli enti accreditati allla formazione, le università, le Ulss, le cooperative sociali di tipo A.Per quanto riguarda la proporzione tra stagisti e dipendenti dell’azienda ospitante, le linee guida suggeriscono che per le realtà fino a 5 dipendenti venga posto il limite massimo di un tirocinante alla volta, che per quelle con un numero di dipendenti compreso tra 6 e 20 il limite sia due, e che per le altre la percentuale di stagisti non sia superiore al 10% dei dipendenti. Tuttavia contro quest’indicazione Federalberghi ha recentemente presentato ricorso al Tar, giudicando le linee guida troppo severe. Forse per venire incontro agli albergatori il Veneto ha optato per un’interpretazione più soft del “suggerimento”? «No invece: l’abbiamo accolto pienamente» risponde l’assessore alla Repubblica degli Stagisti: «Anzi, abbiamo esplicitamente indicato che per calcolare il numero dei dipendenti e, di conseguenza, dei possibili tirocinanti si considerano solo i lavoratori a tempo indeterminato Nessuna deroga neppure per le pubbliche amministrazioni? Le linee guida prevedono che tutte le regole - compreso l’obbligo di erogazione dell'indennità - valgano anche per i tirocini attivati da enti pubblici, ma al contempo affermano che dalle leggi regionali sugli stage non debbano derivare oneri per lo Stato. «È un problema della pubblica amministrazione: se avrà risorse potrà attivare tirocini, altrimenti non sarà possibile. Lo stage deve essere indennizzato» riassume la Donazzan. «Le disposizioni regionali regolamentano tutti gli stage extracurriculari, compresi quelli estivi e di orientamento. Le tipologie escluse sono i tirocini transazionali all’interno di programmi europei che hanno una propria regolamentazione e i tirocini per extracomunitari all’interno di quote di ingresso disciplinate con specifica deliberazione. Non sono inclusi inoltre i tirocini di accesso alle professioni, che hanno una propria regolamentazione, e i tirocini curriculari che per quanto riguardo i principi generali si riferiscono alla legge nazionale, mentre le disposizioni di dettaglio sono dettate dalla scuola o dall’università». Ma perché ignorare ancora una volta tutti coloro che svolgono che svolgono stage durante un percorso di studi? Perché non concordare con scuole, università ed enti di formazione del territorio alcune garanzie minime anche per loro, come ha proposto la Repubblica degli Stagisti attraverso il Patto per lo stage? «Non abbiamo ritenuto necessario occuparci degli stage curriculari perché in questi casi ci sono già scuole e università a vigilare sulla qualità dei tirocini che offrono ai loro studenti», risponde l’assessore: «Sugli stage extracurriculari ci stiamo impegnando invece a monitorare la regolarità e il contenuto formativo. Stiamo anche costituendo una banca dati che sarà sempre più ricca. Per il 2012 al momento abbiamo a disposizione il numero di tirocini extracurriculari attivati in Veneto per i quali è stata fatta la dovuta comunicazione obbligatoria di avvio: sono stati 22.502 in tutta la Regione. Maggiori dati saranno comunicati nel consueto rapporto del mercato del lavoro veneto che esce intorno a giugno. Da dicembre 2012 il nostro archivio digitale raccoglie non solo le comunicazioni di avvio stage, ma anche tutti i progetti formativi dei tirocini extracurriculari svolti nel nostro territorio. Per il 2013 quindi avremo sicuramente a disposizione un quadro molto più completo. Vogliamo dare ai ragazzi l’impressione che la Regione “vegli” sul loro percorso formativo e di inserimento e vogliamo far sapere alle aziende che stiamo vigilando sugli abusi».di Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:Leggi regionali sugli stage, la Puglia ha già una bozza: «La approveremo entro luglio» Regioni, muovetevi: le vostre leggi sui tirocini devono essere pronte entro luglioSimoncini: «Positive le linee guida sugli stage: ora vigilate affinché ciascuna Regione le renda al più presto operative»E anche:Patto per lo stage: perché dalle parole si passi ai fattiStagisti in hotel e ristoranti: troppi o troppo pochi?

Solo un giovane su dieci viene assunto dopo lo stage: «il mondo deve sapere» anche questo

Qualche anno fa uscì un film che ebbe grande successo descrivendo in toni quasi grotteschi la situazione tremenda di migliaia e migliaia di laureati italiani, costretti a una vita precaria e a lavori lontani anni luce dalla loro formazione. Il film, di Paolo Virzì, si chiamava Tutta la vita davanti ed era liberamente tratto da un libro, Il mondo deve sapere: dopo il film ovviamente tutti corsero a recuperarsi il libro, il che fece la fortuna della sua autrice Michela Murgia.In effetti, sono tante le cose che «il mondo deve sapere». Per esempio i giovani italiani, gli studenti, i neodiplomati e neolaureati, gli inoccupati e i disoccupati dovrebbero sapere una cosa rispetto agli stage: che solo in un caso su 10 portano ad un'assunzione.È importantissimo conoscere questo dato, per parametrare le proprie aspettative, per non nutrire eccessive speranze, per valutare bene se accettare o rifiutare una proposta di tirocinio. Ovviamente si parla qui esclusivamente dei circa 300mila stage svolti ogni anno nelle imprese private: per quelli svolti all'interno di enti pubblici (che sono un numero ignoto, indicativamente compreso tra 150mila e 200mila) la probabilità di essere assunti al termine dell'esperienza formativa rasenta lo zero.Fatta questa premessa, ecco in sintesi i dati e i numeri che «il mondo deve sapere» (e sopratutto i giovani italiani).Primo numero: 10,6. Questa è la percentuale di «personale in tirocinio formativo e stage ospitato dalle imprese nel 2011 che è stato o sarà trasformato in assunzioni», tratta dal rapporto annuale Excelsior 2012 realizzato da Unioncamere, l'unione delle Camere di commercio italiane. Dunque in media su 1000 giovani che cominciano uno stage, 106 verranno assunti (con qualsiasi tipo di contratto), e 894 verranno invece lasciati a casa senza ricevere una proposta di lavoro.La probabilità di essere assunti però si alza con l'aumentare della grandezza dell'azienda. Per cui approfondendo questo numero si scopre che chi fa uno stage in una microimpresa (con meno di 10 dipendenti) ha solo il 7,5% di possibilità di essere assunto. Le probabilità lievitano impercettibilmente per la classe immediatamente superiore (imprese con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 49): qui il valore medio si attesta a 8,3%. Va meglio a chi fa uno stage in una impresa medio-grande (tra 50 e 249 dipendenti): qui si può sperare di essere assunti al 13,6%. La prospettiva di inserimento lavorativo più concreta è comunque nelle grandi aziende, quelle con oltre 250 dipendenti: qui l'indagine Excelsior rileva che la probabilità di essere assunto per uno stagista è quasi una su quattro (22,9%).Ma la possibilità di essere assunti non aumenta o diminuisce solo per il fattore della grandezza dell'azienda che accoglie lo stagista. Vi sono anche significative differenze a seconda del settore di attività dell'impresa. Pessime le prospettive di assunzione per chi fa uno tirocinio in una industria di estrazione di minerali: solo il 3,6% di assunzioni. Meno male che gli stagisti che hanno fatto stage in questo settore nel corso dell'intero 2011 sono poche decine: solo 250 in totale (meno della metà degli anni precedenti). Malissimo anche per gli stagisti delle industria che svolgono lavori di impianto tecnico (riparazione, manutenzione e installazione), dove Excelsior registra solo un 6,5% di assunzioni dopo lo stage - dunque 183 assunti su 2.820 stage avviati - e nelle industrie del legno e del mobile (6,8% di probabilità di ricevere una proposta di lavoro dopo il periodo formativo - in numeri assoluti, 228 assunti su 3.360).Ma per questi settori si tratta di poche migliaia di stagisti all'anno. Una vera emergenza invece è quella del settore "Servizi di alloggio e ristorazione e servizi turistici": cioè alberghi, bar, ristoranti, campeggi, stabilimenti balneari e chi più ne ha più ne metta. Qui gli stagisti sono un esercito: circa 50mila all'anno. Ma ad ottenere un vero lavoro dopo il tirocinio sono solo il 7,1 %. In parole ancor più chiare e precise: dei 46.460 giovani che hanno fatto stage in questo settore nel corso del 2011, solo 3.299 sono poi stati assunti. Poco più di tremila su oltre 45mila!Malissimo anche il settore "Istruzione e servizi formativi privati" con un 5,9% di assunzione dopo lo stage (362 assunti su 6.130 stage realizzati), e quello "Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari privati" con un 6% (1.513 assunti su 25.220).Ma dopo le bad news è giusto anche dare le good news. E dunque: fortunati i giovani che finiscono in stage nelle aziende di "Public utilities" (quelle che si occupano di energia, gas, acqua, ambiente): qui la percentuale di assunzione media è addirittura del 18,9%, dunque quasi uno stagista su cinque - 495 sul totale di 2.620 - ha ottenuto un vero contratto.Reggono ottimamente anche le "industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere", per le quali Excelsior registra un 17,8% di contrattualizzazione dopo lo stage; benino, anche se parecchio distanziati, anche i settori industriali di "fabbricazione macchinari e attrezzature e dei mezzi di trasporto" (13,3 stagisti assunti ogni 100) e le "industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali" (12,3 assunti su 100).Sul settore delle imprese di servizi, la miglior prospettiva di inserimento occupazionale dopo lo stage viene garantita dal settore "Servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio" che assume mediamente il 20,3% delle persone che accoglie in tirocinio; bene come sempre i "servizi informatici e delle telecomunicazioni" che contrattualizzano il 17,2% degli stagisti;  benino anche il commercio al dettaglio con un 15,3% (oltre due punti percentuali sopra i "cugini" del commercio all'ingrosso, fermi a 12,8%). Anche la geografia poi ha un suo peso. La Regione dove fare uno stage porta meno spesso all'assunzione è la Sicilia: solo il 7,2% dei giovani vengono contrattualizzati dopo l'esperienza formativa. Percentuale identica a quella del Trentino, ma in questo caso l'interpretazione è molto più positiva: nelle province autonome di Trento e Bolzano lo stage è utilizzato prevalentemente con i giovanissimi, studenti universitari o addirittura delle superiori, e in questi casi l'inserimento lavorativo non è un elemento prioritario.Il Lazio si conferma invece la Regione dove gli stage più spesso si trasformano in lavoro: siamo al 15,8%, oltre cinque punti sopra la media nazionale. Bene, a sorpresa, anche il Molise (15,2%).Che vogliono dire questi dati? Che bisogna farsi poche, pochissime illusioni sulla reale efficacia dello stage come strumento di inserimento lavorativo. E che per bypassare la frase standard (corretta, ma troppo generica) «Non possiamo assicurare nulla, al termine del tirocinio si valuterà» bisogna chiedere alle aziende di dire chiaramente quale percentuale di assunzione post-stage hanno registrato negli anni passati. È giustissimo da parte delle imprese non voler dare false speranze. Ancor più giusto però è dare informazioni precise, attuando un comportamento trasparente e responsabile.Intanto a chi vuole farsi un'idea, almeno generale, rispetto alle prospettive che offrono gli stage nei vari settori delle industrie e dei servizi in Italia, viene in aiuto Unioncamere con questi dati. Perchè «il mondo deve sapere».Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stagisti laureati, solo nelle imprese private sono 100mila. Un esercito che però difficilmente trova lavoro- Regioni, muovetevi: le vostre leggi sui tirocini devono essere pronte entro luglioE anche:- Stagisti in hotel e ristoranti, troppi o troppo pochi?

Leggi regionali sugli stage, la Puglia ha già una bozza: «La approveremo entro luglio»

A che punto sono le 20 Regioni italiane rispetto alla deadline del 24 luglio entro cui dovranno (o forse sarebbe più realistico dire dovrebbero?) recepire le linee guida sugli stage emanate dalla Conferenza Stato – Regioni? Sono già passati quasi tre mesi dalla firma dell'accordo sui tirocini extracurriculari, il documento che dovrebbe assicurare a tutti coloro che svolgono stage al di fuori di percorsi di studio - scuole, università, master etc - un rimborso spese di almeno 300 euro al mese. La scadenza si avvicina: ciascuna Regione ha tempo fino al 24 luglio per emanare una propria legge che tuteli – e magari migliori - i principi espressi nelle linee guida. La Repubblica degli Stagisti avvia da questa settimana un’indagine approfondita della situazione, per tracciare una mappa di come si stanno muovendo le Regioni, che tempistiche prevedono, quale “congrua indennità” e quali altre garanzie intendono introdurre per i tirocinanti. Il viaggio inizia dalla Puglia, dove vengono attivati ogni anno oltre 25mila stage. Secondo i dati Unioncamere Excelsior nel 2011 sono stati 15.640 solo nelle imprese private, cui si devono aggiungere – secondo le stime della Repubblica degli Stagisti – tra i 7mila e i 10mila tirocini negli enti pubblici e almeno 3mila nella associazioni e organizzazioni non profit. La percentuale di stagisti laureati/laureandi sul totale è del 40,1%, ben superiore al dato nazionale (31,9%), mentre la percentuale di assunzioni dopo lo stage (9,7%) è di poco inferiore alla media italiana, già molto bassa (10,6%). Guidata dal 2005 da Nichi Vendola, la Puglia non ha emesso finora provvedimenti regionali in materia, come hanno fatto invece Toscana, Abruzzo e Lombardia. Pertanto oggi gli stagisti pugliesi possono fare riferimento solo all’intricatissima normativa nazionale: la legge 142/1998, l'articolo 11 del decreto legge 138/2011 poi annullato dalla sentenza della Corte Costituzionale di dicembre 2012, infine l'articolo sui tirocini della riforma Fornero. Dopo la firma dell’accordo sulle linee guida la situazione sta per cambiare? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto all’assessore al Lavoro Leo Caroli e a quello al Diritto allo Studio e Formazione Alba Sasso [nella foto], i quali hanno risposto con una prima importante notizia: la giunta ha già in mano una bozza di disegno di legge regionale sugli stage che, come ha promesso la stessa Sasso, «verà discussa nelle prossime settimane». La Repubblica degli Stagisti ha chiesto conferma a Luisa Anna Fiore, responsabile del Servizio Politiche attive per il lavoro, che ha lavorato alla stesura del testo: «La Regione ha predisposto una bozza di disegno di legge che ha costituito oggetto di concertazione con tutte le parti sociali, sia organizzazioni sindacali che datoriali, in modo da assicurare la più ampia condivisione dei contenuti. Al momento, fermo restando la scadenza del 24 luglio, non è possibile fornire indicazioni certe sui tempi di approvazione. La Regione, pur avendo scelto come strumento normativo per il recepimento delle linee guida quello della legge regionale, tuttavia ha previsto che la disciplina cosiddetta di dettaglio costituisca oggetto di un regolamento, cui si fa espresso rinvio e che la giunta adotterà entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento legislativo». Quindi una bozza esiste già e la Regione ha intenzione di emanare la sua legge entro la fine di luglio. Ma ci sono i tempi tecnici per farlo? «Il Consiglio non ha ancora calendarizzato nulla a riguardo», risponde Felice Laudadio [nella foto], addetto stampa del Presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna, «perché spetta prima alla giunta predisporre il disegno di legge regionale che sarò poi presentato all'approvazione dei consiglieri. Ma è nell’interesse di tutti, senza distinzioni di colore politico, approvare velocemente una legge che rientra appieno nelle politiche attive a favore dell’occupazione giovanile. Quindi prevedo che quando il disegno di legge sarà pronto l’iter legislativo sarà piuttosto rapido. L’importante è che il testo approdi nelle aule del Consiglio entro la fine di maggio, perché ci siano i tempi tecnici per il rispetto della scadenza».Se tutto andrà liscio, dunque, in Puglia entro pochi mesi la musica dovrebbe cambiare per tutti gli stagisti extracurriculari. Innanzitutto, avranno diritto a un’indennità obbligatoria non inferiore a 400 euro al mese, come spiega Luisa Anna Fiore: «La bozza predisposta prevede una “indennità di partecipazione” parametrata al numero di ore effettivamente svolte dal tirocinante, e comunque non inferiore all’importo mensile di 400 euro, al lordo delle ritenute di legge, rinviando al successivo regolamento la determinazione dell’importo orario». Un aspetto innovativo del documento è poi quello relativo alla durata dello stage: le linee guida indicano come durata massima dei tirocini 6 mesi per quelli formativi, 12 per quelli di inserimento lavorativo, 24 per quelli dedicati a soggetti svantaggiati. Ma la Regione Puglia ha optato per un abbassamento del limite di durata massima a 6 mesi anche per i tirocini di inserimento lavorativo, conservando l’indicazione che era stata riportata nell’art. 11 del decreto legge 138/2011 (poi divenuto legge 148/2011). Per quanto concerne tutte le altre forme di tutela, la bozza pugliese si uniforma sostazialmente a quanto previsto dalle linee guida. Tra i punti più significativi, quello che prescrive che ciascun soggetto ospitante non possa realizzare più di un tirocinio con il medesimo stagista e quello che vieta gli stage per mansioni di basso profilo. Inoltre i tirocinanti non potranno «sostituire i lavoratori con contratto a termine nei periodi di picco delle attività» né essere utilizzati «per sostituire il personale del soggetto ospitante nei periodi di malattia, maternità o ferie né per ricoprire ruoli necessari all’organizzazione dello stesso». Ma, in una zona turistica come la Puglia, come reagirà Federalberghi, che ha già presentato ricorso al Tar giudicando troppo “severe” le linee guida nazionali? «Dovrà adeguarsi», risponde la responsabile del Servizio Politiche attive per il lavoro Fiore: «perchè non sono previste deroghe in nessun settore».Nessuna deroga neppure per le pubbliche amministrazioni: come già indicato nelle linee guida, la bozza pugliese prevede che tutte le regole (compreso l’obbligo di erogazione dell'indennità) valgano anche per i tirocini attivati da enti pubblici. Ma come si risolverà il busillis tra l'obbligo di estendere la normativa agli stage svolti presso amministrazioni pubbliche, e il vincolo (espresso nero su bianco nella legge Fornero) che da queste nuove leggi non derivino nuovi o maggiori oneri per lo Stato? «La nostra bozza prevede che l’iniziativa del soggetto pubblico resti subordinata alla disponibilità di risorse contenute nei limiti della spesa destinata ai tirocini nel corso dell’anno antecedente alla entrata in vigore della legge e/o nei limiti della spesa consentita per finalità formative». Dunque gli enti pubblici pugliesi che non avranno (o non vorranno destinare) fondi per dare l'indennità di 400 euro al mese, da quando entrerà in vigore la legge regionale potranno ospitare solo stagisti curriculari, cioè gli studenti, rinunciando a quelli extra-curriculari.Ma che ne sarà, appunto, dell’altra metà dell’universo degli stagisti, quelli cosiddetti “curriculari”? Le linee guida non li prendono in considerazione, partendo dal presupposto che le Regioni siano competenti solo in materia di tirocini extra-curriculari.Ma non è giusto ignorarli, dato che rappresentano una fetta consistente - circa la metà - di tutti gli stage annualmente attivati in Italia. A febbraio la Repubblica degli Stagisti attraverso il suo Patto per lo stage aveva proposto che le Regioni concordassero con scuole, università ed enti di formazione del territorio alcune garanzie minime (a cominciare da un'indennità di almeno 250 euro al mese) anche per coloro che svolgono stage durante un percorso di studi. Forse la Puglia ha preso in considerazione questo suggerimento? «Il provvedimento regionale regolamenterà esclusivamente i tirocini extracurriculari, rinviando ad altro specifico intervento normativo la disciplina di quelli curriculari», risponde Luisa Anna Fiore. Come dire: al momento no, in futuro chissà.di Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:Regioni, muovetevi: le vostre leggi sui tirocini devono essere pronte entro luglioTirocini extracurriculari, linee guida approvate: le Regioni legiferino entro luglioSimoncini: «Positive le linee guida sugli stage: ora vigilate affinché ciascuna Regione le renda al più presto operative»E anche:Patto per lo stage: perché dalle parole si passi ai fattiStagisti in hotel e ristoranti: troppi o troppo pochi?

Nato, cercasi 40 stagisti: 800 euro al mese di compenso, bando aperto fino al 19 aprile

Anche quest'anno la Nato, una delle organizzazioni internazionali più importanti al mondo, apre le porte ai neolaureati con la decima edizione del suo Internship Programme. I selezionati – circa 40 suddivisi in due tornate - svolgeranno uno stage di sei mesi presso il quartier generale dell'istituzione, a Bruxelles, oppure in una delle sedi secondarie. E potranno contare su un buon emolumento: 800 euro lordi al mese (la percentuale di tassazione dipende dal Paese di origine dello stagista) più un rimborso spese per i viaggi di andata e ritorno per l'inizio e la fine dello stage fino a un totale di 1200 euro. C'è tempo fino al 19 aprile per inoltrare la domanda online; oltre alla compilazione dell'application form occorre allegare curriculum vitae e lettera di motivazione di 500 parole sul perché della propria candidatura. Quanto ai requisiti di accesso, è necessaria un'età superiore ai 21 anni, la cittadinanza di uno stato membro della Nato, essere uno studente universitario (e in questo caso aver completato con profitto i primi due anni e essere iscritti al terzo) o un neolaureato (da non più di dodici mesi) e infine conoscere in maniera fluente una delle due lingue ufficiali dell'organizzazione, l'inglese o il francese. Non sono richiesti particolari indirizzi di laurea. Nella pagine del sito dedicata al recruitment si fa riferimento a studi che spaziano dalle scienze politiche e le relazioni internazionali al giornalismo e all'ingegneria. «La diversità è proprio quello che cerchiamo» spiega Virginia Keener, assistente nelle risorse umane in un'intervista sul sito. «A loro volta gli stagisti quando fanno ritorno nei loro Paesi d'origine, avendo acquisito informazioni sulla Nato, apportano una determinata conoscenza sull'organizzazione atlantica. Questo contribuisce a creare anche degli effetti post stage» commenta rispondendo alla domanda sui benefici che ottiene l'istituzione grazie al programma di tirocini. C'è solo una possibilità all'anno di richiedere un tirocinio alla Nato. Le selezioni cominciano in genere in primavera, mentre gli stage hanno inizio a marzo e a settembre dell'anno successivo per una durata indicativa di sei mesi (che può variare ad esempio per necessità accademiche ma non potrà essere inferiore ai tre mesi). I primi a partire saranno operativi dunque da marzo 2014. Il processo di selezione è infatti piuttosto lungo. Terminata la prima scrematura, entro settembre 2013 verrà stilata la cosiddetta shortlist dei finalisti (che riceveranno una notifica da parte dei selezionatori). Gli ammessi, così come gli esclusi, saranno infine selezionati entro fine ottobre 2013 e a entrambi i gruppi verrà comunicata la decisione della commissione tramite mail. Gli interns prescelti avranno anche l'obbligo di sottoscrivere una security clearance, ovvero un nulla osta per la sicurezza rilasciato dal paese d'origine e dall'ufficio di sicurezza della Nato.I criteri di selezione si basano sulla valutazione del curriculum e sulla congruità degli studi in base al dipartimento prescelto ma incide anche il cosiddetto nationality and gender balance, ovvero un sistema di riequilibrio  in base alla provenienza geografica e al genere.Quali dipartimenti scegliere e perché uno stage alla Nato. La gamma è molto vasta, si può optare per l'ufficio legale, il Segretariato generale, la sicurezza, gli affari politici, il controllo, solo per citarne alcuni. Sul sito sono elencati uno per uno con la spiegazione del funzionamento e i commenti degli ex stagisti. Per esempio, per la divisione Relazioni esterne, dipartimento dedicato alla comunicazione con il pubblico, gli ex tirocinanti – in genere con un background in giornalismo ed editing - raccontano di aver svolto lavori di scrittura e realizzazione video, e di aver appreso i meccanismi decisionali interni dell'Alleanza atlantica. Se si sceglie invece il settore Affari politici, che è un po' come il ministero degli Affari Esteri della Nato, uno dei lavori svolti, raccontano gli ex, è stato quello di «realizzare un workshop con esperti e think thank di settore per capire in quale modo la crisi finanziaria influisse sulle risorse a disposizione dell'organizzazione e quindi trovare soluzioni per porvi rimedio e garantire le capacità strategiche di difesa». Terminato l'evento, lo stagiaire si è infine occupato di compilare un documento ufficiale che riassumesse i punti trattati.  In generale comunque le tipiche mansioni di uno stagista - si specifica sulla pagina dedicata al programma - sono quelle di assistenza nella preparazione dei documenti, partecipazione e riassunti delle riunioni, attività di ricerca, supporto nelle pubbliche relazioni e nel lavoro amministrativo. Le precedenti edizioni. La Nato, che ha un organico composto da circa 1300 dipendenti, riceve in media 3200 candidature ogni anno da giovani che hanno mediamente 23 anni. Nel 2012 le domande sono state circa 5000, registrando quindi un considerevole incremento: «gli applicants sono aumentati per via della crisi» commenta Yesim Yenrsoy, dell'ufficio internship della Nato. Tra questi gli italiani sono spesso una parte consistente: nell'edizione del 2011 sono stati 800 e l'anno successivo sono diventati 1300, circa il 35% del totale. A dimostrazione che la crisi finanziaria ha dispiegato i suoi effetti anche tra i nostri connazionali. Quanto alle opportunità di lavoro post stage «non esiste un sistema che garantisca un'assunzione post stage», ci sono dei concorsi, ma poi «sta ai candidati vincerli», spiega alla Repubblica degli Stagisti Céline Shakouri-Dias del dipartimento risorse umane. Tuttavia questa possibilità non è esclusa secondo ciò che si legge nelle faq: «non c'è un collegamento tra lo stage e il lavoro, ma se tutte le condizioni richieste per un'assunzione sono rispettate dallo stagista, questo può entrare a far parte dell'organico». Una ragione in più per partecipare.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Dal turismo all'ambiente, più di 80 stage Leonardo- Stage UE, oltre 800 occasioni da più di mille euro al mese- Giovani in fuga, ecco l'ebook che aiuta a dire una volta per tutte «Goodbye mamma»- «Non voglio fuggire all'estero, ma realizzarmi professionalmente qui in Italia»

Dal turismo all'ambiente, più di 80 stage Leonardo

Aprile è il momento giusto per chi si è laureato e vuol tentare la carta di un'esperienza di tirocinio all'estero. Sono tre i bandi del programma Leonardo che andranno a scadenza da qui alla fine del mese, che offrono più di 80 borse per altrettanti stage da svolgersi in diversi Paesi europei.Vanno presentate entro mezzogiorno di giovedì 11 aprile le domande di partecipazione al progetto “Giovani cittadini d'Europa”, promosso dal Centro educazione all'Europa di Ravenna in collaborazione con la Fondazione Flaminia, l'università di Bologna e alcune associazioni di categoria del ravvenate. A disposizione ci sono dieci borse per altrettanti percorsi formativi di durata compresa tra le 16 e le 20 settimane, di importo complessivo variabile tra i 2.750 ed i 3.480 euro a seconda della destinazione. Belgio, Lussemburgo, Francia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna le possibili mete. Possono partecipare al bando quanti abbiano conseguito la laurea alla scadenza del bando, e comunque non prima dell'anno accademico 2009/2010, nei corsi di Giurisprudenza, Giurista d'impresa, Cooperazione internazionale, Scienza ambientali, Biologia marina, Diagnostica per il restauro e Conservazione dei beni culturali tenuti al Campus di Ravenna dell'Unibo. Altro requisito la conoscenza dell'inglese e, in alcuni casi, della lingua del Paese ospitante. Non può candidarsi chi abbia già compiuto 32 anni, goda di altre borse concesse da uno degli enti promotori o risieda in uno dei Paesi ospitanti. La selezione dei candidati avverrà nel mese di maggio, mentre le partenze sono previste per giugno. Le domande dovranno essere inviate sia in forma cartacea alla Fondazione Flaminia sia via email al Centro di educazione all'Europa.Il giorno successivo, venerdì 12 aprile, scade un altro bando inserito nel'ambito del Progetto Leonardo. Si tratta di “Teen”, acronimo che sta per “Tourism and environment training experience in Europe for new-graduates”, ed è rivolto ai neolaureati delle università di Trento, Bolzano, Verona e della Basilicata, così come ai residenti in Trentino, Basilicata e in provincia di Verona che abbiano conseguito un titolo accademico da non più di 12 mesi. Il progetto si articola su 35 borse di studio di importo compreso tra i 3.500 ed i 4.300 euro lordi, della durata di 26 settimane ciascuno, che saranno avviate alla fine di maggio. I tirocini si svolgeranno in Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda e Spagna. Può partecipare inoltre solo chi ancora non abbia compiuto 29 anni alla scadenza del bando e non abbia già preso parte a stage finanziati tramite Leonardo. Ai partecipanti sarà offerta la possibilità di sviluppare professionalità nel settore dell'ambiente e in quello del turismo. Le candidature si ricevono solo via Internet e devono pervenire entro venerdì 12 aprile.C'è tempo invece fino alla fine del mese per il secondo bando “Pavia towards Expo” promosso dall'associazione “Porta nuova Europa”, dall'università di Pavia e da Paviasviluppo, azienda speciale della locale Camera di commercio. Si tratta di 36 stage della durata di 13 settimane in Regno Unito, Francia, Spagna e Germania. Possono partecipare i diplomati e i laureati residenti in provincia di Pavia o che abbiano conseguito il titolo di studio nel territorio provinciale, ma anche disoccupati e inoccupati under 40. Nella stesura della graduatoria, però, sarà riservata la precedenza ha chi ha meno di 30 anni. Gli stage si svolgeranno all'interno di aziende attive in settori come il turismo, il marketing, la gestione e amministrazione, l'agricoltura. In questo caso non viene previsto un rimborso spese, ma vengono coperte le spese di viaggio e sono garantiti un alloggio ed un contributo per sostenere le spese di vitto e quelle telefoniche. Quanti fossero interessati a partecipare dovranno inviare la domanda di partecipazione all'ufficio Sviluppo economico della provincia in forma cartacea, oppure via email tramite posta elettronica certificata. Le selezioni si svolgeranno tra maggio e giugno, mentre la partenza dei progetti è prevista per il prossimo 22 settembre.Riccardo SaporitiHai trovato interessante questo articolo? Leggi anche:- Programma Leonardo, stage in giro per l'Europa dai quindici ai sessant'anni sotto il segno della formazione permanente- Stage Leonardo, duecento possibilità per partire in Europa- Avvocati, ingegneri, architetti, economisti: Leonardo porta oltre 100 stagisti in Europa- Leonardo Unipharma, 80 tirocini ben pagati nei centri di ricerca europei

Cgil: basta allo sfruttamento di praticanti e partite Iva negli studi professionali

Estendere le tutele garantite dai contratti per i dipendenti anche alle centinaia di migliaia di praticanti, lavoratori a progetto, partite Iva e tirocinanti che popolano gli studi professionali – quindi architetti, avvocati, ingegneri, commercialisti... – la cui attività è pressoché priva di regolamentazione. Con questo obiettivo è partita la campagna «Costruiamo la trattativa»  lanciata da Filcams Cgil, NIdiL Cgil, Giovani non + disposti a tutto con le associazioni Praticanti Sesto Piano e Iva sei Partita. La settimana scorsa a Roma si è tenuto un primo incontro con tutti gli esponenti e portavoce di questo comparto, affinché con il loro contributo, spiegando i problemi reali che i lavoratori autonomi affrontano quotidianamente, aiutino le parti sociali a capire quali sono gli snodi su cui battersi e le rivendicazioni da spuntare nella trattativa con Confprofessioni. C'è anche un sondaggio online in cui gli interessati possono votare i punti che ritengono fondamentale inserire nella nuova normativa.Il progetto risale al novembre 2011: allora venne siglato il contratto nazionale degli studi professionali «che interessa circa un milione di lavoratori subordinati e quattrocentomila tra praticanti e partite Iva a cui per la prima volta sono state estese le tutele dei lavoratori dipendenti» come si legge nel comunicato dei promotori. Tuttavia il percorso è ancora lungo: «La trattativa per la definizione di alcuni elementi contrattuali è ancora in corso».Tra le proposte c'è un decalogo intitolato «Dieci regole di civiltà per la vita di praticanti, collaboratori e partite Iva negli studi professionali». «Il lavoro autonomo deve essere regolamentato nel contratto nazionale di lavoro e alcuni principi minimi di civiltà devono essere sanciti per tutti e diventare finalmente esigibili». Il primo punto riguarda la formazione: alla controparte si chiede di garantire che questa sia reale e documentata da un progetto formativo in cui figurino le attività da svolgere. A chi ancora studia si deve assicurare la possibilità di seguire la didattica, mentre per i lavoratori vale il diritto alla formazione continua in vigore per i dipendenti. Al punto due c'è la «giusta paga», che secondo il decalogo «deve essere commisurato alla figura del quadro, secondo i meccanismi retributivi previsti per l'apprendistato del terzo tipo». Per i professionisti che collaborano con o senza partita Iva «la paga oraria del quadro, comprensiva di tutti gli oneri previsti per i dipendenti, deve diventare la base minima da cui partire»: proprio questo è uno dei passaggi su cui più si è dibattuto all'assemblea. Innanzitutto, come determinare il compenso minimo? Paola Ricciardi, architetto dell'associazione Iva sei partita [nella foto, durante il suo intervento], propone «non meno di 5 euro l'ora. Oppure per una commessa da un milione di euro, va garantito almeno il 20%, e non lo 0.5% quindi 500 euro». Anche per Julian Colabello [nella foto in basso] dell'associazione Sesto Piano, quello dell'equo compenso è un principio sacrosanto. E lancia un allarme: «la riforma forense, che entrerà in vigore tra due anni, prevede una selezione basata sul censo laddove richiede il passaggio per una scuola obbligatoria di specializzazione post laurea. Pertanto un reddito di formazione è basilare: come non considerare che il praticante va sostenuto?» si chiede. E poi: passi pure l'ipotesi di alcuni per cui il praticante avvocante venga pagato a incentivi (cioè se trova lavoro per lo studio prende una percentuale), ma anche per la ricerca dei clienti «deve avere uno spazio dentro lo studio: l'attività autonoma deve esserci» ed essere prevista attraverso una garanzia contrattuale. Alessandro Pillitu, avvocato della stessa associazione di Colabello, espone invece il punto di vista degli studi legali più piccoli, quelli che ogni giorno «si arrabattano per la sopravvivenza». «Da noi c'è una crisi strutturale degli incassi, crisi di liquidità e prospettive di guadagno. Questo è il problema attuale» spiega. «Oggi abbiamo un sistema dove se non girano soldi crolla tutto. Faccio un altro esempio, gli studi di architettura: qui se le commesse non si attivano si rischia la chiusura. E lo stesso avviene negli studi legali come il mio». Mancanza di soldi quindi, per cui «chi si barcamena con fatturati di 30-35mila euro all'anno riuscendo a mettersi in tasca sì e no 10mila euro all'anno, al netto di tutte le spese (affitto di una stanza a Roma in media 10mila euro, cassa forense 300 euro al mese, utenze e via dicendo) non può dare – poniamo - 400 euro al mese al praticante, cioè 4.800 euro all'anno». Un costo che diventa sproporzionato, quasi un ottavo del fatturato totale.E poi c'è il problema del fisco, che se scopre la presenza di un 'dipendente' come potrebbe essere il praticante messo a contratto, chiede l'Irap, la stessa «che poi va a coprire i buchi della sanità nazionale» aggiunge ancora. Una tassa peraltro ritenuta odiosa dai datori di lavoro, scoraggiati spesso per questo motivo ad assumere nuovo personale, e che rende molto più vantaggiosa invece la partita Iva (che esenta dall'obolo). Come si aiutano giovani praticanti allora? Per Pillitu, facendo due battaglie: quella per «l'abolizione dell'esame della professione «perché è completamente inutile, e non dà la misura della preparazione». E poi con la difesa d'ufficio (diritto riconosciuto a chi non ha un legale di fiducia e che può quindi farselo attribuire dallo Stato ma pagandolo poi di tasca sua) e la retribuzione del gratuito patrocinio (per chi non può permettersi un avvocato perché ha un reddito inferiore ai 10 mila euro annui: qui a pagare è il ministero della Giustizia), istituti riconosciuti dalla Costituzione a garanzia del diritto di difesa. «Lo Stato oggi ci mette in media ben sette anni a pagare», denuncia Pillitu. Qui entra in gioco il terzo punto del decalogo: i tempi di pagamento, che devono essere «certi». «Altrimenti, dopo i tre mesi, si pagano gli interessi» rilancia Paola Ricciardi, ribadendo l'importanza di queste tutele: «Noi facciamo parte di un mondo professionale percepito finora come "forte" dall'opinione pubblica: la gente crede che non abbiamo bisogno di tutele perché coi nostri mestieri si guadagna talmente tanto che possiamo anche permetterci di non lavorare 3 giorni al mese se abbiamo la febbre. Ma oggi non è più così». E sottolinea l'essenzialità di un contratto scritto con «contenuti minimi da rispettare», il punto numero quattro del decalogo, per cui per le «partita Iva deve essere sempre obbligatoria una lettera di incarico scritta, firmata da entrambe le parti.  Nella lista compare anche la richiesta di diritti che dovrebbero essere impliciti per ogni lavoratore e di cui «il titolare dello studio professionale deve farsi carico»: e una buona notizia è che, assicurano dalla Cgil, ci sono segnali di apertura della controparte. Qualora la trattativa sindacale andasse a buon fine, per la prima volta gli autonomi potrebbero godere di assicurazione contro gli infortuni o per responsabilità civile. E poi di tutela per malattia e maternità, perché «in questo caso non può venir meno la conservazione del rapporto di praticantato, di collaborazione o di prestazione a partita Iva» statuiscono nel decalogo. E ancora, al nove di assistenza sanitaria, come la Cadiprof, cassa integrativa per professionisti, «che deve valere per tutti». E infine, potrebbero essere svincolati dal pagamento degli oneri previsti per l'attivazione della pratica professionale, coperti dallo studio. Roberto D'Andrea delle politiche giovanili di Nidil chiede infine l'aggiunta di un undicesimo punto: il potenziamento del coworking, ovvero di luoghi dove professionisti freelance lavorano insieme, affittando una stanza o una scrivania. Le grandi città come Roma, «sono piene di spazi pubblici abbandonati», denuncia, facendo presente che investire in questo settore può fare la differenza. «Sono posti che servono a connettere le persone, e a dare una mano a chi vuole iniziare ma non ce la fa perché i costi per uno studio sono proibitivi».Con questa iniziativa il sindacato mette le basi per la costruzione di un contratto che renda sostenibile il lavoro dei precari negli studi professionali. Anche questa è una delle questioni concrete da cui ripartire per mettere in pratica quel cambiamento di cui in politica, di questi tempi, non si fa altro che parlare.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Riforma forense: un'occasione mancata per tutelare i praticanti?- Equo compenso addio: per Confprofessioni «non cambia molto», ma per i praticanti sì- Aspiranti professionisti, con le liberalizzazioni si riduce la durata del praticantato. Ma scompare l'equo compenso- Partite Iva vere e false: cari senatori, 18mila euro all'anno sono un reddito sotto la soglia della dignitàE anche:- Presidente Napolitano, la dignitosa retribuzione è un diritto costituzionale anche per i giovani- Se potessi avere mille euro al mese, il libro che racconta l'Italia sottopagata

Leonardo Unipharma, 80 tirocini ben pagati nei centri di ricerca europei

Tra le tante opportunità che ogni anno offre il progetto Leonardo, la prossima in scadenza è il bando Unipharma rivolto ai laureati in materie scientifiche. I posti sono 82: i tirocini, presso centri di ricerca europei, inizieranno entro il 30 ottobre e avranno una durata di cinque mesi e mezzo (24 settimane). I destinatari sono laureati magistrali in biologia, biotecnologia, farmacia e chimica; 24 borse di studio sono riservate in via preferenziale agli studenti della Sapienza di Roma. Gli importi delle borse? Variano a seconda dei paesi di destinazione: si passa dal minimo del Portogallo (3.600 euro, cioè 150 a settimana) al massimo della Svizzera (6.070, 253 a settimana), passando per vie di mezzo come la Gran Bretagna (5.375) e la Spagna (4.030). Per ottenere il finanziamento, però, attenzione: occorre presentare i giustificativi di tutte le spese. L'accredito ai vincitori verrà fatto per l'80% entro 45 giorni dall'inizio del tirocinio, mentre il saldo sarà effettuato entro un mese e mezzo dall'acquisizione di tutta la documentazione delle spese sostenute da parte della Fondazione Noopolis, uno degli enti promotori dell'iniziativa. Va ricordato che la borsa è assimilata a reddito da lavoro e quindi soggetta a tassazione Irpef.I requisiti di partecipazione. Essere laureati da non più di dodici mesi alla scadenza del bando, aver conseguito una votazione non inferiore ai 105/110 e aver redatto una tesi sperimentale in ambito chimico, farmaceutico o biotecnologico. In più, avere massimo 27 anni e la cittadinanza europea (ma non la stessa del paese in cui si trova il centro di ricerca di destinazione – qui la lista), non essere inseriti in percorsi di formazione né essere titolari di contratti di lavoro o aver già usufruito di borse europee, e infine possedere un'ottima conoscenza dell'inglese (che verrà testata con un colloquio). Come ci si candida. Le domande vanno presentate entro il 28 marzo compilando l'application form sul sito della Sapienza, dopo aver inserito codice fiscale e indirizzo di posta elettronica. Qui si apre una complessa fase di selezione. I candidati che supereranno la preselezione online dovranno presentare la documentazione richiesta (come la tesi o altri titoli scientifici). Se il numero di candidati iscritti al sito supererà quota 180, si legge sul bando, «gli organizzatori si riservano la facoltà di ammettere i candidati in possesso di certificati di conoscenza dell'inglese pari al livello B2 del Consiglio d'Europa (First Certificate, Toefl, Ielts) o periodo di studi all'estero pari a due semestri con esami in inglese». Per gli altri il criterio di valutazione sarà il voto di laurea e la media degli esami (ridotta di mezzo punto per ogni mese di ritardo). A quel punto verrà pubblicata la graduatoria online dei preselezionati, che dovranno prenotarsi per le date disponibili per il colloquio obbligatorio (dal 15 al 17 aprile), in cui si valuterà conoscenza della lingua e profilo dei candidati. Il punteggio si ottiene in base a calcoli che tengono in conto votazioni, curriculum e titoli vari come spiegato sul bando. Verranno quindi stilate due graduatorie (di cui una per i soli studenti della Sapienza), che gli organizzatori prevedono di pubblicare online entro la fine di maggio. Gli ottantadue selezionati finali riceveranno il Work programmes con la descrizione dei centri di ricerca e i programmi di lavoro. Il candidato può scegliere cinque preferenze – motivandole – ma saranno poi i selezionatori a decidere la sua destinazione.   Il profilo dei candidati. Ogni anno arrivano in media 400 candidature per questo programma; l'età media di chi si propone è 24 anni e mezzo. «Nell'edizione precedente si sono presentati in 360» spiega alla Repubblica degli Stagisti Luciano Saso [nella foto], docente alla facoltà di Farmacia della Sapienza e coordinatore scientifico del progetto, «mentre in quelle precedenti avevamo ricevuto rispettivamente 507 e 409 candidature». La diminuzione dipende dal fatto che nel 2012 «il limite di mesi dal conseguimento della laurea per poter partecipare è sceso da 18 a 12». La stragrande maggioranza delle candidature proviene dal centrosud – il 69% - e soprattutto da Campania, Puglia (entrambe con il 19%) e Lazio (16%), quest'ultima regione a pari merito con l'Emilia Romagna. E dopo il tirocinio Leonardo Unipharma? Dai dati dell'ultima edizione emerge che a un mese dalla fine del tirocinio solo il 19% è in cerca di lavoro. Il 26% è impegnato in un dottorato di ricerca all'estero, mentre un altro 22% svolge attività di ricerca o è impiegato in un'azienda come scienziato. E in totale a 27 tirocinanti - sugli 82 selezionati - è stata offerta una posizione  dal centro ospitante, tanto che il 68% dei ragazzi ritiene fondamentale il tirocinio Unipharma per la carriera post stage. Gli Unipharma sono insomma esperienze che spesso garantiscono una chance nella professione di ricercatore, e non aggiungono solo una riga in più al curriculum. C'è però una questione spinosa, che è quello della scarsa spendibilità delle certificazioni post stage in ambito europeo, spesso poco o per niente riconosciute in Italia. «Si tratta effettivamente di una problematica aperta» conferma Saso: «È in corso un grosso lavoro a livello europeo per la definizione di nuovi sistemi di accreditamento e certificazione delle competenze, ad esempio tramite il quadro offerto dal sistema Ecvet, che però è ancora in una fase sperimentale».L'Europass rilasciato a tutti i tirocinanti Leonardo «risulta sicuramente uno strumento poco efficace dal punto di vista della spendibilità sul mercato del lavoro» riconosce il professore e per questo, nel caso specifico dei progetti Unipharma-Graduates, «trattandosi di stage per laureati orientati prevalentemente alla ricerca di base, noi offriamo la disponibilità a tutti i partecipanti per l’invio di lettere di referenza, che risultano assai più efficaci ai fini di eventuali selezioni e soprattutto delle applications per PhD all’estero, che sono uno degli sbocchi prevalenti per i ragazzi che partecipano ai nostri progetti».Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Programma Leonardo, stage in giro per l'Europa dai quindici ai sessant'anni sotto il segno della formazione permanente- Università, ricerca al collasso: e il paradosso è che i dottorandi vengono considerati studenti- Università, fuga col bottino: dal Veneto alla Sicilia, in scadenza oltre 40mila euro in premi di laureaE anche: - Tirocini Leonardo, con Unipharma-Graduates porte aperte agli scienziati in erba. Angiolo Pierantoni racconta la sua esperienza a Madrid

Giovani in fuga, ecco l'ebook che aiuta a dire una volta per tutte «Goodbye mamma»

In un Paese che soffre di "fuga dei cervelli" - nel solo 2011, stando al rapporto Istat «Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente», sono partite oltre 22mila persone, una su quattro laureata - forse questo libro potrebbe avere l'effetto, positivo o nefasto a seconda dei punti di vista, di incoraggiare altri italiani a fare le valigie. Goodbye mamma è un e-book collettivo che raccoglie le esperienze di ragazzi e ragazze che hanno lasciato l'Italia: chi per curiosità, chi per disperazione, chi per amore. Chi ha scelto di tornare, chi ha deciso di rimanere dove ha trovato la possibilità di costruire la propria vita. Il risultato è un vero e proprio manuale di istruzioni su come partire, valido per tutte le età, visto che si conclude con un capitolo intitolato «Fuga in terza età».Scorrendo le oltre 300 pagine di racconti e testimonianze si trovano elementi pratici, come i «6 consigli d'oro per affrontare la ricerca di lavoro». Secondo i quali occorre creare una rete di conoscenze prima di partire, focalizzarsi solo sulle aree professionali alle quali si è interessati, partire con qualche risparmio che permetta di vivere per almeno sei mesi mentre si cerca lavoro. E soprattutto fissare una data in cui si partirà comunque, anche se dall'Italia non si sarà riusciti a trovare un'occupazione.Ma Goodbye mamma è anche una rassegna di tutte le possibilità che un giovane può sfruttare per vivere un'esperienza all'estero: dalle diverse opportunità offerte dal Progetto Leonardo - una su tutte l'Erasmus - ai tirocini che possono essere svolti al Parlamento europeo. Tutto il secondo capitolo è invece dedicato agli aspetti psicologici legati al trasferimento in un altro Paese, dai primi sei mesi di entusiasmo al periodo di depressione che inevitabilmente segue, quando la nostalgia di casa comincia a farsi sentire. Si tratta insomma di un testo da inserire in valigia insieme alla guida Routard.Dietro alla pubblicazione di questo ebook c'è Giulio Sovran [nella foto sotto], architetto trentenne che cinque anni fa, subito dopo la laurea, ha lasciato Milano per trasferirsi in Svizzera, a Berna, dove ha trovato lavoro ed è poi riuscito ad aprire nel 2011 uno studio professionale tutto suo. Oggi non ha nessuna intenzione di tornare in un Paese in cui «i giovani fino a trent'anni vivono sotto il governo della mamma, rinunciando tanto ai loro diritti quanto ai loro doveri», racconta alla Repubblica degli Stagisti. Lui ha deciso di partire subito dopo aver assaggiato il mercato del lavoro italiano: «Dopo aver fatto un paio di colloqui, più che altro per curiosità, ed essermi sentito offrire una volta 500 euro, un'altra mille, ho iniziato un tirocinio». Ma ha resistito solo un mese: «E mi è bastato. Lavoravo dodici ore al giorno e alla fine mi hanno dato 100 euro, in una busta, con i ringraziamenti più cari». A quel punto Giulio aveva le idee chiare: «in Italia no, nel resto del mondo sì».Dal network con altri "expat" è nato Goodbye mamma, un libro che non sarebbe stato possibile senza Internet. «A parte qualche rara eccezione, non ho visto in faccia, se non per video conferenza, alcuna delle persone che hanno collaborato, di altri conosco la voce, di altri ancora le lunghe mail di una fitta corrispondenza», scrive Sovran nell'introduzione. E il segreto alla base dei due anni di lavoro che hanno portato alla pubblicazione di questo ebook nasconde anche il motivo per cui molti sono partiti: «Tutto il rapporto di collaborazione è basato sulla fiducia, cosa che spesso manca in Italia e che invece è stata qui possibile portando a grandi risultati».Riccardo SaporitiVuoi saperne di più sui tirocini all'estero? Leggi:- Stage UE, oltre 800 occasioni da più di mille euro al mese- «Nel bluebook della Commissione Ue si entra grazie al cv, ma per lo stage bisogna fare lobbying»- Stage all'estero con rimborsi fino a 3mila euro: torna il Master dei TalentiVuoi conoscere l'esperienza di chi ha svolto un tirocinio fuori dall'Italia? Leggi:- Avvocati, ingegneri, architetti, economisti: Leonardo porta oltre 100 stagisti in Europa- «Non voglio fuggire all'estero, ma realizzarmi professionalmente qui in Italia»Vuoi conoscere la storia di chi ha fondato una start-up all'estero? Leggi:- Timbuktu: è italiano il magazine per bambini più scaricato dall'Apple Store- Una startupper sarda negli States: «Qui conta il merito. Ma si può fare anche in Italia»