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Ministero degli Esteri, torna una specie di Mae-Crui ma solo per gli studenti: stage curriculari con rimborso

Il Mae-Crui è morto, viva gli stage al Mae. Nel luglio del 2012 il ministero degli Esteri aveva sospeso il programma di collaborazione con la Fondazione della Conferenza dei rettori. Oggi la Farnesina fa ripartire un progetto aperto alle singole università per tirocini curriculari. E soprattutto con la presenza di un minimo di rimborso spese.Sono queste le principali novità rispetto all'ormai chiusa (quantomeno per ora) collaborazione con la Crui. In precedenza, infatti, le esperienze formative all'interno delle sedi diplomatiche italiane erano aperte a studenti e laureati. E non prevedevano alcun tipo di indennità, con il risultato che i partecipanti dovevano farsi carico delle spese di viaggio, spesso un biglietto aereo intercontinentale, e di soggiorno nel Paese in cui si svolgeva lo stage. Nel 2012 il ministero degli Esteri decise di sospendere il progetto, motivando la decisione con l'entrata in vigore della riforma Fornero del mercato del lavoro. In particolare l'articolo 12, quello che introduceva (anche se solo sulla carta) l'obbligo di garantire una “congrua indennità” al tirocinante, senza però generare spese ulteriori per gli enti pubblici.Ora, sebbene la normativa sia di fatto entrata in vigore solo lo scorso anno, quando buona parte delle Regioni -competenti sul tema - ha approvato propri provvedimenti in materia, il Mae anziché tentare di modificare il proprio bilancio e tagliare qualche spesa inutile al fine di ricavare le risorse per finanziare le borse per i tirocinanti, aveva preso questa posizione "radicale", di cancellare in anticipo e in toto il Mae-Crui. Un programma che per anni aveva permesso a decine di migliaia di giovani di fare esperienze formative in ambasciate, consolati e istituti di cultura in giro per il mondo, oltre che naturalmente nella sede centrale del ministero a Roma, la Farnesina.Tutto è rimasto fermo fino all'inizio di quest'anno, quando la Repubblica degli Stagisti si è accorta che l'università Ca' Foscari di Venezia aveva annunciato di aver stretto un accordo con il consolato italiano di Melbourne, in Australia, per dei progetti di stage all'interno della sede diplomatica, il primo dei quali prenderà il via già entro questo mese di febbraio. «Il Mae-Crui non esiste più, ma c'è la possibilità di avviare accordi con ambasciate, consolati e istituti di cultura. Noi l'abbiamo fatto per gli studenti del corso di laurea in Commercio estero, che prevede un tirocinio obbligatorio», spiega alla Repubblica degli Stagisti Lucy Kusminova, responsabile del progetto “Desk in the world” dell'ateneo veneziano. Alla base dell'intesa c'è il fatto che è l'università a garantire una borsa allo studente che volerà in Oceania per un percorso formativo della durata di tre mesi. I costi di volo e di assicurazione medica rimangono però tutti a carico del tirocinante: «Non abbiamo borse di studio specifiche per gli stage al di fuori dell'Unione Europea». Per progetti come quello di Melbourne, dunque, i partecipanti devono accontentarsi del rimborso spese. Col risultato che solo per raggiungere la sede in cui si svolgerà il progetto e per essere sicuri di ricevere un trattamento medico gratuito in caso di bisogno, il rischio è che si spenda molto di più della somma che verrà rimborsata. «Se sono interessati a determinate destinazioni, gli studenti devono purtroppo farlo a proprie spese. Dico purtroppo, sicuramente non è giusto». Eppure è dai tempi del Mae-Crui che le cose vanno così e nessuno fa nulla per cambiarle.Ma a quanto ammonta la somma garantita a chi parteciperà a questo progetto? Paradossalmente a definirlo non sono le singole università (quelle che materialmente mettono mano al portafoglio ed erogano l'indennità agli stagisti-studenti), bensì il ministero. «Siamo intorno a un minimo di 300 euro», spiega infatti Giovanni Zanfarino della direzione generale per le risorse e l'innovazione del Mae. «Non fissiamo una cifra minima precisa», prosegue, «però diciamo che non deve essere simbolica. E poi noi possiamo garantire anche delle facilitazioni non monetarie». Come il vitto, i biglietti per il trasporto pubblico locale o, in quelle sedi che ne sono dotate, l'alloggio in foresteria. Ma a quanto deve ammontare la borsa per non essere considerata «simbolica» dai dirigenti della Farnesina? «Deve essere compresa tra i 300 ed i 600 euro».Una somma coerente con le diverse indennità fissate dalle Regioni che hanno già legiferato in materia - per quanto la norma faccia riferimento ai tirocini extracurriculari, mentre in questo caso si tratta di curriculari. «Teoricamente non sono incorporati nella categoria di quelli per i quali è obbligatoria la borsa, ma il ministero ha deciso che anche questi non devono essere gratuiti». Decisamente un passo avanti rispetto al vecchio programma Mae-Crui, che mandava i laureati ai quattro angoli del mondo senza un euro di rimborso. «Oggi ospitiamo solo tirocini curriculari all'interno di un corso di laurea, di un master o di un dottorato, per una durata massima di tre mesi. Deve essere l'università a contattare la sede diplomatica, inviando una bozza di convenzione e descrivendo il progetto formativo, normalmente legato ad attività di studio o di documentazione». L'approvazione finale spetta poi al ministero. Ma oltre a Ca' Foscari quanti altri atenei hanno avviato collaborazioni di questo tipo? «Finora solo la Sant'Anna di Pisa che ha chiesto accordi con più sedi, garantendo borse mensili da 600 euro. Ci sono altre università che stanno valutando la possibilità, non sono tantissime anche a causa della situazione economica». La spesa relativa alla borsa, stando agli standard ministeriali, oscilla tra 900 e 1.800 euro per ciascun tirocinante.Resta però un mistero il motivo per il quale il ministero non sia riuscito a trovare quei pochi soldi, circa 4 milioni di euro (su un bilancio annuale che per il Mae si aggira sui 2 miliardi), che sarebbero bastati ad assicurare un rimborso decente (secondo la proposta avanzata già nel lontano 2010 dalla Repubblica degli Stagisti, 500 euro al mese per i tirocini nei confini Ue e 1000 per quelli extra Ue) a circa 1800-2mila universitari ogni anno. Ora insomma il ministero riapre le porte ai tirocinanti, imponendo però agli atenei di farsi carico della indennità: una modalità che, in tempi di vacche magre quanto a finanziamenti per università e ricerca, comporterà prevedibilmente un numero molto contenuto di convenzioni e di opportunità di stage. Riccardo SaporitiVuoi sapere cosa è successo con i tirocini Mae-Crui? Leggi anche:- Ministero degli Esteri, 555 stage Mae-Crui bloccati e non si capisce il perché- Tirocini Mae-Crui, la Crui non vuole rischiare che siano cancellati: forse perchè ci guadagna?- Mae-Crui sospesi: una pressione per essere esonerati dal (futuro) obbligo di compenso agli stagisti?E anche:- Mae-Crui, il ministero degli Esteri avrebbe già i fondi per l'indennità agli stagisti: ecco dove- Appello al ministro Bonino: subito un rimborso per gli stagisti Mae Crui, i soldi già ci sono- Stagisti Mae-Crui, grazie alla Camera il rimborso spese è (un po') più vicino

Alle piccole imprese 250 milioni per le assunzioni di laureati: ma per i bandi si attende il nuovo governo

Duecentocinquanta milioni per avvicinare impresa e ricerca. È forse l'ultima misura relativa all'occupazione giovanile presa da Enrico Letta in qualità di premier e deliberata dal Consiglio dei ministri lo scorso 6 febbraio: uno stanziamento per incentivare le assunzioni di personale qualificato nelle piccole e medie imprese. Sono tre i dicasteri che nei prossimi mesi dovranno pubblicare i bandi per reclutare le risorse in questione (non solo dottori di ricerca ma, come ha precisato il Governo, anche semplicemente laureati): il ministero della Coesione Territoriale, quello dello Sviluppo economico e quello dell'Istruzione. Con la finalità, si legge nel comunicato che Palazzo Chigi ha emesso sulla misura, di «rafforzare la ripresa economica con azioni qualificate per la crescita e valorizzare immediatamente le opportunità offerte dal nuovo ciclo di programmazione europea». Questa volta però lo stimolo alla innovazione delle imprese passerà attraverso lo 'svecchiamento' della materia prima di un'impresa, la sua dotazione di personale, estendendo così «l’occupazione qualificata» e al contempo potenziando «l'innovazione e internazionalizzazione delle imprese». Le coperture giungono dall'Europa, in particolare dai fondi strutturali europei per le Regioni del Mezzogiorno. Una parte dei finanziamento è invece di origine nazionale, grazie a un cosiddetto fondo di rotazione, che permette di anticipare fino a 500 milioni sulla base della legge di stabilità sui fondi europei 2014-2020 (e solo previa autorizzazione della Commissione Ue). Un'altra fetta proviene infine dai fondi nazionali per le Regioni del centro nord.Le misure progettate sono sette. Si va dalla cosiddetta Rise&Shine, con cui si offrono incentivi alle imprese che assumono con contratti a tempo indeterminato, previo stage annuale, dottori di ricerca e laureati magistrali in discipline tecnico-scientifiche, a quella denominata 'Mille e più uno dottorati industriali', che mette in campo 2mila percorsi formativi frutto di accordi fra scuole di dottorato delle università e altri soggetti operanti nei territori di riferimento (tra cui regioni, imprese, enti di ricerca, pubbliche amministrazioni) e cofinanziati dalle imprese (per entrambe le iniziative il bando è a carico del Miur e la deadline rispettivamente tre e un mese dall'assegnazione dei fondi). E sempre a carico del Miur saranno i bandi - da pubblicare entro due mesi dall'arrivo delle risorse - per promuovere «l’aggregazione di gruppi di ricerca competitivi intorno a grandi temi di ricerca» come scritto nella presentazione del progetto, e il «coordinamento e networking di gruppi di ricerca, preferibilmente interdisciplinari e intersettoriali, nei quali i ricercatori e le imprese del Paese possono assumere ruoli di leadership». Spicca poi l'iniziativa 'Un laureato in ogni impresa' che prevede la concessione di un credito di imposta pari al 35% del costo aziendale sostenuto per le assunzioni o stabilizzazioni a tempo indeterminato di laureati magistrali o dottori di ricerca (per massimo 200mila euro annui per impresa), prima sostenendo il costo dello stage e poi la sua - eventuale - trasformazione in una assunzione indeterminata. Questo bando, per la cronaca, è a carico del ministero dello Sviluppo economico, che dovrà emetterlo entro due mesi dalla ricezione dei fondi. E ancora, stessa tempistica anche per i voucher per l'innovazione e l'internazionalizzazione  delle pmi, con concessioni di contributi a fondo perduto fino al 60% del costo dei servizi acquistati per le migliorie, per far sì che le imprese si modernizzino. Tutti interventi che sembrerebbero muoversi nel senso della ripresa economica partendo dall'emergenza più grande del Paese, ovvero il lavoro. E rimettendo in gioco alcune delle sue risorse più preziose, come laureati e ricercatori. Eppure la Adi, l'associazione dottori di ricerca italiani, non sembra appoggiare in toto il provvedimento. Alla Repubblica degli Stagisti Alessio Rotisciani, responsabile comunicazione dell'organizzazione, spiega che «seppure questa iniziativa sia auspicabile, si inserisce in un contesto di generale definanziamento dell'università» e in questo senso «lascia perplessi uno stanziamento di 250 milioni di euro di cui però non è valutabile la possibile incisività in un domani». Per essere davvero efficiente una politica di questo tipo secondo Rotisciani «non può non andare a braccetto con un intervento forte di rigenerazione del sistema complessivo italiano della ricerca». Non basta insomma incentivare le imprese a inserire in organico giovani qualificati a garantire a loro e al Paese un futuro migliore, né dà certezza di una stabilizzazione lavorativa: «Siamo ultimi nella classifica Ocse per finanziamenti alle università. La ricerca di base è in grande difficoltà e per camminare sulle sue gambe ha bisogno di risorse». L'altro rischio a cui apre un'iniziativa simile è relativo all'impiego distorto di fondi pubblici finalizzati alla ricerca applicata (ovvero quella 'pilotata' dalle aziende per fini propri). «Non che questa sia il male assoluto» precisa Rotisciani, ma per esempio se «un dottorato in consorzio con le imprese si svolge in una modalità per cui viene finanziata una manodopera per un processo produttivo che ha una attinenza modesta con la ricerca, allora stiamo utilizzando male del denaro pubblico». La soluzione, chiedono dall'Adi, sta quindi nella definizione di «criteri stringenti e chiari che normino questo avvicinamento» tra ricerca e impresa, con «vincoli per quanto riguarda l'assunzione delle persone che intraprendono il percorso, e scongiurare così il rischio che l'iter si interrompa bruscamente e i giovani ripiombino nella disoccupazione». L'ipotesi peggiore in questo momento, ma che l'impostazione attuale del progetto non esclude del tutto: gli incentivi – si legge nel testo – non dipendono dalla garanzia di assunzione, ma solo dall'apertura di una collaborazione con un laureato o dottore di ricerca.Critica anche la posizione della Cna, Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, riguardo questa misura «dai contorni ancora non delineati», come conferma alla Repubblica degli Stagisti Mario Pagani, responsabile del dipartimento delle politiche industriali di Cna. La reazione di primo acchito verso un'iniziativa che incrementi l'impiego di laureati è positiva, vista la generale «diffidenza degli imprenditori verso l'assunzione di laureati, secondo quanto emerso da uno studio recente: sono visti come inadeguati dal punto di vista delle competenze e con molte pretese». Di qui la scelta di non assumerli perché potrebbero «alterare le dinamiche di una piccola azienda», dove peraltro la maggior parte dei dipendenti è «tutt'al più diplomata». Al netto di queste considerazioni, il rischio secondo Pagani è che un pacchetto di misure come quello prospettato dal governo possa essere scarsamente applicabile in un settore «in cui il 95% delle imprese non arriva a dieci addetti, e il 98% a 50». I bandi sono spesso rivolti «a target troppo alti, diretti a una fascia minima di imprese». L'ideale sarebbe invece ideare «formule nuove che vadano incontro alle piccole imprese». Pagani fa un esempio: «un ricercatore inserito in un nucleo ristretto di addetti rischia di diventare insostenibile», allora perché «non condividerlo tra più imprese» in modo da suddividerne costi e benefici? Un appello al prossimo esecutivo dunque, affinché agisca sui singoli bandi che dovranno tradurre in azioni concrete questi impegni programmatici facendo in modo che questa potenziale spinta all'innovazione delle pmi non si riduca a un flop. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Università, ricerca al collasso: e il paradosso è che i dottorandi vengono considerati studenti- Fuga dei cervelli, il 73% dei ricercatori italiani all’estero è felice e non pensa a un rientro- Dalla ricerca universitaria alla consulenza aziendale in PwC: la storia di Francesca- Censis: in Italia i laureati lavorano meno dei diplomati. E i giovani non credono più nel «pezzo di carta»

Erasmus +, al via il super-programma di studio all'estero targato UE

L’Erasmus + diventa realtà. Dopo l’annuncio di quest’estate, lo scorso 20 dicembre è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il regolamento attuativo del programma relativo ad attività nell’ambito dell’istruzione, formazione, gioventù e sport, che sostituisce tutti i progetti di mobilità europea fino a ora esistenti. Beneficiari del programma circa quattro milioni di soggetti, tra cui due milioni di studenti di scuola superiore, 500mila giovani per attività di volontariato all’estero e scambi giovanili e più di 125mila tra scuole e istituti di formazione, interessati a dare vita a partenariati strategici. Il documento prevede uno stanziamento, da qui al 2020, di circa 14 miliardi e 700 milioni di euro a copertura di queste attività, con un ridimensionamento rispetto ai 16 miliardi annunciati a luglio, quando si è parlato di un incremento del 20% rispetto ai fondi precedentemente stanziati per questo tipo di iniziative. È di un miliardo e 800 milioni il budget stanziato per il 2014. Di questi, il 77,5% sarà assegnato ad attività di istruzione e formazione (suddivise tra istruzione superiore, scolastica, professionale e apprendimento degli adulti); il 10% alla gioventù, in particolare per attività di mobilità internazionale; il 3,5% ai prestiti destinati agli studenti; il 3,4% a finanziamenti per le agenzie nazionali che gestiscono il programma e i restanti saranno suddivisi tra lo sport e la copertura di spese amministrative. Fondi che saranno stanziati in due tranche, la prima a copertura dei primi quattro anni e la seconda per i restanti tre e che saranno distribuiti tra i vari paesi secondo un criterio già stabilito in precedenza, fondato sul numero di giovani presenti in ciascuno stato e sulla distanza di quel paese dal centro dell’Europa. All’Italia andrà il 10-15% dell’importo totale dei finanziamenti. Dunque una cifra pari a poco più di due miliardi e 200milioni, suddivisi per sette anni (circa 320 milioni di euro l'anno).Quali soggetti possono ottenere fondi e come? La Commissione Europea ha pubblicato una guida all’Erasmus +, che ne spiega obiettivi e caratteristiche e soprattutto contiene informazioni utili per la richiesta dei finanziamenti. Sono ammessi istituzioni, organizzazioni e consorzi appartenenti agli stati membri dell’UE, ai paesi EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), agli stati candidati all’ingresso nell’Unione Europea, cioè Turchia e Repubblica di Macedonia e, infine, alla Svizzera. Non sono consentite domande da parte di singoli candidati.Chi intende partecipare deve consultare sul sito di Erasmus + l’elenco delle agenzie nazionali che si occuperanno della gestione delle candidature e alle quali bisogna inviare i documenti necessari per poter richiedere i finanziamenti. Al momento la documentazione completa non è ancora disponibile. Tra pochi giorni sarà possibile scaricarla dal sito di Erasmus +. È possibile inviare le richieste anche all’Agenzia europea per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura, con sede a Bruxelles. Tutte le scadenze possono essere consultate attraverso un documento scaricabile dal sito di Erasmus + e partono dal 17 marzo 2014, termine per la presentazione di domande relative a progetti di mobilità per l’apprendimento. Fino ad aprile, invece, possono fare domanda istituzioni e organizzazioni che intendono creare o migliorare partenariati nei settori dell’istruzione, della formazione dei giovani e del mondo del lavoro. Restano ovviamente ancora validi i bandi finora pubblicati con scadenza fissata nei prossimi mesi, che rientrano nei programmi di apprendimento (Erasmus, Leonardo, Comenius e Grundtvig), Gioventù in Azione, Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e programma di cooperazione bilaterale con i paesi industrializzati. Per i candidati non cambierà molto rispetto al passato. Nel caso del progetto Erasmus, ad esempio, i bandi continueranno a essere gestiti dagli uffici relazioni internazionali dei singoli atenei. Aumentano, invece, le opportunità per lo studente che parte per un periodo di studio all'estero. Luisella Silvestri, dell'Ufficio Erasmus + Istruzione di Roma, ha spiegato qualche novità alla Repubblica degli Stagisti: «Con Erasmus + sarà possibile svolgere un'esperienza di studio o di traineeship più di una volta in ciascun ciclo di studio, entro il limite massimo di 12 mesi. Potranno beneficiare dei bandi per traineeship anche i neolaureati entro un anno dal conseguimento del titolo, purché facciano richiesta prima della fine degli studi. E probabilmente per il futuro, anche se non subito dall'anno accademico 2014/2015, la mobilità sarà infine estesa anche ai paesi terzi».Chiara Del PriorePer approfondire questo argomento, leggi anche:- Più Erasmus, «Erasmus +»: tutte le novità per formarsi all'estero- Vivere e lavorare all'estero, il web insegna come fare - 25 anni di Erasmus: una scelta vincente, anche per l'occupabilità

Stage truffa, il "tirocinante" fa le pulizie in una villa all'Olgiata e a pagare il compenso è la Regione Lazio

La storia di Marco D. arriva alla redazione della Repubblica degli Stagisti con un post. "Marcus" - così si firma sul forum – esordisce così: «Volevo raccontarvi la mia esperienza di tirocinio: tutti i giorni vado in una bellissima casa a pulire i pavimenti, fare giardinaggio, lavare la macchina, servire a tavola la proprietaria con una divisa da domestico. E vengo trattato malissimo». Contattato dalla redazione, Marco aggiunge alla storia altri particolari sconcertanti. Tra cui il principale è che lo stage viene pagato con soldi pubblici, l'ente promotore è una cooperativa e l'azienda ospitante un'impresa di pulizie; e per giunta la cui titolare è amica della proprietaria della casa di lusso dove il giovane è stato spedito a fare il "periodo formativo" come cameriere-tuttofare.Marco ha solo 19 anni, è di Roma, e appartiene a una di quelle categorie che il decreto legislativo 276 del 2003 definisce svantaggiate. Tra queste ci sono i disoccupati di lunga durata (quindi per più di dodici mesi) indicati dal regolamento Ce 2204 di cui lui, diplomato in Ragioneria, fa parte. Marco racconta di aver sempre lavorato in passato come barista e cameriere durante le pause estive e che questo stage gli è stato offerto dopo essersi presentato al suo municipio di riferimento per chiedere un sussidio. «Ero disoccupato e stavo attraversando un periodo di grave difficoltà economica», racconta. A questo punto l'assistente sociale dell'ente lo mette in contatto con la cooperativa, e quest'ultima con l'impresa di pulizie che, dopo il colloquio, gli chiede di iniziare a prestare servizio presso una casa privata come domestico full time. «Avevo bisogno di soldi, quindi ho accettato», riconosce. E qui viene il colpo di scena: l'inquadramento non è come collaboratore domestico retribuito secondo il contratto nazionale di categoria, bensì come stagista «pulitore». A 400 euro lordi al mese. E non è tutto: questi miseri 400 euro al mese non li paga nemmeno il 'soggetto ospitante', cioè l'impresa di pulizie che offre i suoi servizi alla proprietaria della «bella casa» descritta da Marco – in uno dei quartiere più chic della capitale, l'Olgiata. Lo stage è infatti finanziato interamente dall'ente promotore del tirocinio, ovvero la cooperativa, a sua volta foraggiata da soldi pubblici: per la precisione da uno stanziamento della Regione Lazio. Spulciando nel marasma dei bandi online, in particolare quelli rientranti nella categoria Borsa Lavoro (in teoria un programma regionale per l'occupazione, di fatto un calderone in cui si incrociano competenze e fondi di Regioni, Province e Comuni), spunta infatti un avviso pubblico risalente al 2007, emanato dall'assessorato Lavoro e Formazione (oggi suddiviso in due unità), dal titolo «Invito a presentare proposte progettuali rivolte alle cooperative sociali e loro consorzi inerenti l’inserimento e la stabilizzazione occupazionale, lo sviluppo delle competenze e l’organizzazione di beni e servizi». Stanziamento totale (a valere fino al 2013) 7 milioni 644.531 euro, tutti a disposizione delle cooperative che si faranno avanti con progetti ritenuti congrui dall'ente locale. Per ottenere il finanziamento basta che nella documentazione presentata figuri tra gli obiettivi «l'incremento occupazionale di soggetti svantaggiati» si legge nel bando. Oltre alla copertura fino al 75% dei «costi di tutoraggio e formazione», è previsto anche un «contributo pari al 50% dei costi salariali per ciascun destinatario svantaggiato inserito per dodici mensilità, fino alla decorrenza massima di 8.000 euro». In pratica è la Regione a sostenere buona parte delle spese per ogni lavoratore o tirocinante reclutato. Un bel colpo per la piccola coop romana, di cui Marco non vuole però fare il nome: «Questo tirocinio mi fa comodo in questo momento, percepisco uno stipendio a cui non posso rinunciare e non me la sento di denunciarli». Preferisce andare avanti con lo stage, spiega alla Repubblica degli Stagisti – finché durerà, quindi per qualche mese ancora: Borsa Lavoro consente tirocini fino alla durata di un intero anno. Nel caso in questione, la durata prevista dello "stage" di Marco presso la casa di Roma nord è di sei mesi, ma potrebbe anche essere prorogata per altri sei. Poi forse toccherà a qualcun altro, perché la situazione – per quanto lo sfruttamento sia lampante – non presenta aspetti tecnicamente illegali. L'attivazione ad opera di una cooperativa sociale è una ipotesi prevista dalla Dgr 99/2013 con cui la Regione Lazio ha recepito l'estate scorsa le linee guida sugli stage redatte in sede di conferenza Stato Regioni nel gennaio del 2013. Anche la durata, sei mesi, rispetta la legge, e almeno formalmente i due tutor ci sono. Quello dell'ente promotore è la vicepresidente della cooperativa. Quello dell'azienda ospitante è una caposquadra che però Marco non vede mai. Qualche raro rapporto ce l'ha invece con la titolare dell'impresa di pulizie: «una tipa con Rolex al polso e Mercedes Slk che mi ha accompagnato diverse volte dalla signora da cui vado: sono amiche, si salutano con baci e abbracci quando si vedono». Dettagli che fanno quadrare il cerchio: la facoltosa signora dell'Olgiata invece di pagarsi il domestico per intero, si affida alla 'selezione' di personale dell'impresa e paga alla cooperativa una cifra forfettaria, come assicura Marco, pur non sapendone l'entità. Il suo rimborso invece è pagato dai cittadini, grazie al finanziamento regionale vinto dalla cooperativa. E anche i versamenti al ragazzo, i 400 euro mensili, sono regolari: in linea con quanto stabilito dalla Regione Lazio con la legge regionale di luglio, con cui ha fissato per gli stagisti un rimborso di almeno 400 euro. Peccato però che sia l'aspetto formativo a essere del tutto assente: a meno che non si voglia credere che il legislatore abbia utilizzato la dicitura «tirocini di formazione e orientamento» prevedendo la possibilità che ci fosse bisogno di un percorso formativo di sei mesi, o addirittura oltre, per imparare a fare le faccende domestiche. Gli unici due interlocutori con cui la Repubblica degli Stagisti è riuscita a entrare in contatto dopo diverse mail e telefonate sono Paola Bottaro, dirigente del settore Formazione, che – seppur incredula («non credo sia possibile un fatto simile» assicura, «ma in caso sarebbe da Ispettorato del Lavoro») chiarisce di non essere più responsabile dei tirocini da quando il dipartimento è stato suddiviso l'anno scorso; e Carlo Caprari, dipendente della Direzione Lavoro diretta da Marco Noccioli, a cui il bando citato fa capo. «Se non ci arrivano denunce concrete da parte degli interessati non possiamo fare nulla», ammette Caprari: «Noi partiamo dal presupposto che siano tutti onesti quelli che fanno domanda di finanziamento, dopodiché valutiamo la congruità del progetto e in una seconda fase la rendicontazione». Se tutto fila senza segnalazioni, insomma, è come se non fosse successo nulla. Caprari precisa anche che sulle Borse Lavoro è regnato finora un gran caos: «Sono state utilizzate per una serie infinita di interventi», per cui spesso a occuparsene sono stati alla fine anche Comuni o municipi. E così in buona sostanza si sono ancor più ridotte, a causa della grande frammentazione, le possibilità di controllo per i già pochissimi ispettori del lavoro operativi. Su una questione però Caprari è perentorio: «Se dovessimo scoprire la presenza di una truffa ai danni della Regione, scatterebbe immediatamente la revoca del finanziamento e la richiesta di restituzione del denaro pubblico». Per essere di nuovo destinato a favore della collettività.Ma per questo ci sarebbe bisogno che Marco facesse il nome della cooperativa: e lui è ben intenzionato a non farlo, per tenersi stretto questo lavoro camuffato da stage che almeno gli assicura ogni mese un'entrata di 400 euro.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Zara: per fare il commesso serve lo stage. E così l'azienda risparmia- Stagisti-correttori di bozze alla Armando Curcio Editore: il «lavoro» è da casa e senza rimborso- Tanti stage impropri, nessuna segnalazione agli ispettori. Perché? Due testimonianze- La Cgil scende in campo per stanare gli sfruttatori di stagisti con la campagna «Non + Stage Truffa»E anche: - Tirocini, nuova norma in Lazio: rimborso minimo a 400 euro e stage anche in aziende senza dipendenti

«Abolite gli stage extracurriculari nelle farmacie, rubano posti di lavoro»: l'appello del Movimento nazionale liberi farmacisti

L’immagine della «giostra» è piuttosto efficace per descrivere la situazione dei farmacisti neolaureati al momento del loro ingresso nel mercato del lavoro. La usa Vincenzo Devito, presidente del Movimento nazionale liberi farmacisti, organizzazione che raggruppa circa 12mila aderenti, nella lettera inviata qualche giorno fa al ministro del lavoro Enrico Giovannini, al commissario europeo per l’occupazione László Andor e alla Conferenza permanente Stato-Regioni. In questa lettera viene denunciato l’abuso da parte delle farmacie dei tirocini extracurriculari, solitamente della durata di sei mesi: la giostra, uscendo di metafora, è appunto il meccanismo per cui «allo stagista viene promessa l’assunzione ma, al termine del contratto, si passa allo stagista successivo senza soluzione di continuità». Producendo conseguenze che non favoriscono i nuovi entranti. Chi viene inquadrato come stagista infatti è penalizzato tanto dal punto di vista del compenso - fino a pochi mesi fa totalmente discrezionale da parte del proprietario della farmacia, ora fissato dalle leggi regionali ad un minimo di 300 euro mensili - quanto dal punto di vista della formazione, dal momento che in molti casi i tirocinanti sono relegati a imballare cartoni, fare pulizie o ordinare il magazzino, ruoli evidentemente incompatibili con l’obiettivo reale di uno stage formativo. Per di più i neolaureati al termine dell’esperienza nel 90% dei casi si ritrovano senza un lavoro stabile e oltre a loro finiscono per essere danneggiati anche gli altri farmacisti, non tirocinanti, che si vedono rimpiazzati da una manodopera più conveniente in quanto a basso costo e continuamente sostituibile. Morale della favola: gli stage, concepiti per generare opportunità di impiego, si rivelano al contrario fonte di disoccupazione. Paradosso ancor più impressionante se si tiene conto della situazione reale del mondo farmaceutico, «un sistema protetto, che guadagna molti soldi e dove non c’è grande disoccupazione» spiega alla Repubblica degli Stagisti il presidente Devito: «Se non ci fosse lo stage il farmacista sarebbe costretto ad assumere forza lavoro vera e propria, ovvero dipendenti che con il contratto nazionale prenderebbero 1.200-1.300 euro al mese». Effettivamente il quadro del settore è più roseo rispetto al panorama italiano generale. Innanzitutto perché esso sembra conoscere molto meno di altri il fenomeno del precariato e dell’abuso degli inquadramenti contrattuali da parasubordinati. Inoltre il contratto nazionale pone delle buone condizioni per i dipendenti di una farmacia privata, considerando le alte maggiorazioni per le ore di lavoro prestate nella notte e nei giorni festivi (art. 20) o le mensilità supplementari corrisposte (articoli 66 e 67). Detto ciò lo «stipendio medio rimane di gran lunga il più basso d’Europa» specifica il vicepresidente Fabio Romiti e aggiunge: «Il settore ha sofferto della crisi ma molto meno di tanti altri. Si parla di una diminuzione del 3-4%. Il settore della distribuzione in farmacia ha goduto per anni e anni di continui incrementi del fatturato ma gli stipendi non sono assolutamente aumentati». A contrastare l’introduzione della formula degli stage nelle farmacie basterebbe, secondo il Movimento, il fatto che il tirocinio formativo esista già, anzi sia addirittura obbligatorio, nel percorso di laurea specialistica e magistrale. Il sito della Federazione ordini farmacisti italiani lo dice nero su bianco spiegando Come si diventa farmacista: «I suddetti corsi di laurea, specialistica e magistrale, comprendono un periodo di sei mesi di tirocinio professionale presso una farmacia aperta al pubblico o in un ospedale. Entrambi i titoli accademici non abilitano però di per sé all’esercizio della professione di farmacista, che è subordinato al superamento dell’esame di Stato».Per cui gli aspiranti farmacisti svolgono già un tirocinio curriculare e quindi acquisiscono già prima della laurea le competenze necessarie a lavorare a contatto con il pubblico. Mentre i tirocini dopo la laurea sono pleonastici: non è una tappa prevista neppure per l’esame di stato perché «questo può essere sostenuto immediatamente dopo il conseguimento del titolo accademico; la normativa vigente non prevede alcun tirocinio post lauream».  E invece le farmacie sempre più spesso accolgono (dire "assumono" sarebbe scorretto) stagisti extracurriculari, trovando sempre un'ampia platea di giovani interessati. Perché? Un «ulteriore strumento di sfruttamento» è legato alla partecipazione ai concorsi per sedi farmaceutiche: a tal fine «i farmacisti debbono aver esercitato per almeno due anni e pertanto molti colleghi pur di raggiungere tale traguardo si rendono disponibili a prestare la propria attività a titolo completamente gratuito, senza alcuna forma di rimborso a qualsiasi titolo». L'attuale regolamentazione degli stage pone peraltro secondo il Movimento nazionale liberi farmacisti un problema di cortocircuito tra controllori e controllati - tra i soggetti promotori degli stage extracurriculari e le farmacie ospitanti - capace di danneggiare gli interessi dei tirocinanti. «Con questa possibilità data alle farmacie si è aperto un fronte sconosciuto che noi non conoscevamo e che tutti cercano di utilizzare» spiega Romiti, a tal punto che «i primi danni nel settore già si cominciano a vedere». Un esempio concreto:«Tra i soggetti promotori degli stage non ci sono solo le università o gli enti ma anche i consulenti del lavoro, ad esempio, a cui si rivolgono le farmacie. Come fa il promotore a controllare colui con il quale ha un rapporto di contiguità?». Secondo i firmatari la soluzione sarebbe quella di vietare gli stage extracurriculari nelle farmacie. Con l'invio della lettera agli organi competenti infatti richiedono un’attenta revisione dell’istituto per «renderlo operativo solo nella fase curriculare, ovvero facente parte unicamente del percorso formativo per ottenere la laurea e quindi l’abilitazione alla professione di farmacista». Una richiesta che però difficilmente potrà essere accolta.Marta LatiniLa foto della farmacia è di Gonmi- licenza creative commonsPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Gli archeologi insorgono: «Stage di 12 mesi a 3 euro all’ora, il bando del ministero “500 giovani per la cultura” è inaccettabile»- Stagisti, denunciate lo sfruttamento: l’appello in un fumetto francese- Tirocini extracurriculari, linee guida approvate: le Regioni legiferino entro lugli

Mille euro al mese per 700 stagisti: al via le nuove selezioni alla Commissione Ue

Si è aperta all'inizio di gennaio la nuova tranche di selezioni per entrare nello staff della Commissione europea come stagisti. I posti sono tanti quindi vale la pena tentare: 1400 stage offerti in media ogni anno, suddivisi su due periodi, entrambi di cinque mesi. Il primo da marzo a luglio, il secondo da ottobre a febbraio. Chi si candida ora si prepara quindi a partire nell'autunno del 2014. Il rimborso è di circa 1000 euro netti mensili, ed è tarato sui compensi degli altri funzionari europei, corrispondendo a un quarto del salario base di un dipendente appartenente alla categoria AD 5/1. La cifra, anche se di gran lunga superiore alla media per un tirocinante italiano, non è delle più elevate per istituzioni di questo tipo ma - come assicura Francesco Laera, portavoce della Rappresentanza milanese della Commissione europea, alla Repubblica degli Stagisti - «i prezzi degli affitti a Bruxelles sono molto più economici che a Roma o a Milano», quindi è facile rientrare nelle spese. Soprattutto tenuto conto del fatto che viene concesso anche un rimborso delle spese di viaggio (per chi abita a più di cinquanta chilometri di distanza dalla sede di destinazione) e l'assicurazione sanitaria. Per i disabili ogni importo viene maggiorato del 50%. Le domande, da spedire online, dovranno pervenire entro il 3 febbraio a mezzogiorno e potranno essere presentato solo da chi possiede una laurea – almeno triennale -, una conoscenza fluente dell'inglese, del francese o del tedesco e di una seconda lingua europea. Per chi opta per i tirocini per traduttori (la scelta è tra questi o gli amministrativi), c'è un requisito in più: saper tradurre nella propria lingua materna – necessariamente una delle 24 lingue ufficiali - da due idiomi europei. Vale per tutti invece il requisito della nazionalità di un Paese Ue o candidato a esserlo, anche se non è escluso l'accesso anche a cittadini provenienti da Paesi terzi, come specificato sul regolamento. Escluso dalla corsa è invece chi abbia giù usufruito di stage o periodi di lavoro di più di sei settimane presso qualunque istituzione europea, sia che abbia ricevuto un compenso che in caso contrario. A detta di Laera l'identikit del candidato tipo è variabile. «Dato l'alto numero di candidati per uno stage presso la Commissione europea, non è sempre facile tracciare un profilo accurato» spiega. «Ci sono però dei tratti generali» prosegue, «si tratta di ragazzi sui 23-25 anni, un grado di istruzione universitario o post-universitario, una conoscenza delle lingue straniera molto buona e diversificata, e sempre più frequentemente, questi candidati possono vantare già qualche esperienza lavorativa». Tuttavia l'aver lavorato «rafforza ovviamente la propria candidatura ma non è discriminante – in fondo si tratta di un tirocinio formativo» continua il rappresentante. Tre gli step della selezione. Dopo aver spedito l'application (senza alcun documento cartaceo, che verrà richiesto solo in una fase successiva, se ammessi), si stila una graduatoria basata sul profilo accademico, sulla conoscenza linguistica e su altri titoli, e solo i candidati con il punteggio più alto – in genere circa 2800 - finiscono nel Blue Book, ovvero per così dire in 'semifinale'. Di questi a ogni sessione ne vengono individuati circa 650 da inserire nelle rispettive unità a seconda delle esigenze contingenti dell'organizzazione. Come precisa Laera, il Blue Book era «originariamente una vera e propria pubblicazione, mentre ora è un database virtuale che raccoglie tutti i candidati che hanno superato la fase di selezione e possono essere impiegati come tirocinanti. Non tutti i candidati elencati vengono però selezionati». Ne resta fuori circa la metà. Chi appare nella shortlist potrà essere contattato per un'intervista - che non equivale però a un'ammissione al tirocinio - mentre a tutti i candidati sarà comunicato via email l'esito della procedura (normalmente entro luglio o i primi di agosto). La sede del tirocinio non necessariamente è Bruxelles, bensì potrebbe in qualche caso trattarsi di Lussemburgo o di altre città in cui sono presenti rappresentanze della Commissione europea o delegazioni della stessa (tra queste anche Roma e Milano). Le mansioni sono poi definite in anticipo dalle unità che richiedono stagisti. Così le profila il portavoce di Milano: «Al tirocinante verrà chiesto di organizzare e presenziare a riunioni, gruppi di lavoro, forum, audizione pubbliche. Verranno anche assegnati compiti di ricerca e di redazione di documenti, relazioni e studi, nonché di gestione di progetti». Sempre in presenza di un tutor, «scelto all'interno dell'unità di accoglienza». Quanto alle precedenti edizioni, come c'era da aspettarsi il numero di richieste è schizzato negli ultimi anni. Basti pensare che per le due ultime tornate hanno fatto domanda rispettivamente 18mila e 14mila persone. Fino al 2010 – il programma di tirocini è iniziato nel 2003 – erano circa la metà. E a spiccare sono proprio gli italiani, i più numerosi (conseguenza dei numeri sulla disoccupazione giovanile, ma anche sulle retribuzioni medie). Quasi 4500 all'ultima chiamata (quando i tedeschi erano circa un decimo, e gli spagnoli 1700). Il doppio rispetto al 2011 e il triplo rispetto al 2006. Leggendo ancora i dati si può ricostruire la parabola discendente dell'occupazione giovanile italiana ed europea: tanto per fare un esempio, nel 2004 si sono fatti avanti circa 600 tedeschi, più di quelli odierni, mentre gli italiani erano 'solo' 1400 e già allora - anche se in proporzione nettamente minore - erano i più attivi nelle candidature. Di positivo c'è da dire che non è detto che lo stage sia un'esperienza limitata a qualche mese. Ufficialmente è così, alla Commissione di Bruxelles si entra solo per concorso, come ogni funzionario, ma «l'esperienza acquisita si rivela in molti casi fondamentale per la riuscita dei concorsi Epso (Ufficio europeo di selezione del personale) che testano anche la capacità dei candidati di lavorare in ambienti multiculturali e plurilingui» chiarisce Laera. «Molti funzionari (incluso me stesso) e diversi commissari» aggiunge «hanno in passato fatto tirocini presso la Commissione». E sul sito, come buon auspicio, sono diversi i racconti di ex stagisti che come posizione attuale indicano proprio un lavoro presso l'istituzione di governo dell'Europa. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Stage UE, oltre 800 occasioni da più di mille euro al mese- «Nel bluebook della Commissione Ue si entra grazie al cv, ma per lo stage bisogna fare lobbying»- Simone, da stagista a videomaker per la Commissione europea- Stage, la Commissione Ue suggerisce standard di qualità ma "dimentica" il compenso minimo

Archeologi in piazza: «Dal ministero non vogliamo i 500 stage, ma lavoro vero»

Quasi mille persone in piazza. Archeologi, bibliotecari, studenti, sindacalisti. In mano centinaia di fogli rossi con su scritto "500 no": a un certo punto tutta la piazza li ha sventolati, e poi ciascuno ha acceso una miccetta. «Per accendere la piazza della cultura» dicono gli organizzatori: la piazza era quella del Pantheon, a Roma, sabato pomeriggio - l'altroieri. Una manifestazione scaturita per chiedere al ministero dei Beni culturali di ritirare un recente bando, chiamato "Mibact - 500 giovani per la cultura", che selezionerà 500 under 35 da inserire al ministero come stagisti. Un passo indietro. Fin dall'inizio del suo mandato, il governo presieduto da Enrico Letta promette di investire sui giovani e sulla cultura, e di offrire una opportunità a 500 meritevoli, permettendo loro di fare un'esperienza all'interno del ministero dei beni culturali con l'obiettivo (sono parole testuali del ministro Bray) di inserirli in «un programma straordinario per la prosecuzione e lo sviluppo della inventariazione, della catalogazione e della digitalizzazione del nostro patrimonio».Poi però - siccome siamo pur sempre in Italia - accade che il 6 dicembre esca il bando per partecipare a questa selezione, e i numerosi laureati in Archeologia e materie affini, ansiosi di scoprire i dettagli questa opportunità, si ritrovino sotto a una doccia fredda: i 500 posti non sono di lavoro, bensì di "formazione". Cioè di stage, anche se questa parola non appare che di sfuggita (nell'articolo dedicato al «rinvio alla normativa vigente», in cui si ammette che tutto il programma formativo si appoggia sulla «normativa vigente in materia di tirocinio formativo e di orientamento»). Il bando presenta peraltro altri aspetti considerati critici dai diretti interessati: criteri troppo stringenti per l'ammissione, e una indennità troppo bassa per poter essere considerata dignitosa.Fulmini e saette, e due settimane dopo il ministero opera un parziale dietrofront. Attraverso il decreto direttoriale del 16 dicembre abbassa i requisiti necessari per candidarsi dal punto di vista del punteggio di laurea (da 110/110 a 100/110). Vengono allargati l'elenco delle classi di laurea ammesse alla selezione e quello dei titoli che fruttano punteggio. Viene anche spostata la deadline per le candidature, che passa dal 21 gennaio al 14 febbraio. La modifica più radicale è comunque quella delle ore di attività previste: si passa da un monte indicativo di 1560 ore di impegno richiesto ai 500 giovani, spalmate nell'arco di un anno (dunque 30-35 ore alla settimana), a sole 600 ore annue. Correzione che ha l'immediato effetto "aritmetico" di innalzare il compenso orario: fermi restando infatti i 5mila euro di indennità previsti forfettariamente per i 12 mesi di attività, rapportandoli alle 1560 ore di attività ne usciva una somma indignitosa (3,20 euro all'ora); abbassando invece il denominatore a 600, ora ne deriva una cifra più o meno accettabile (8,30 euro all'ora).Ma lo scheletro del bando resta intatto: non si prevedono contratti di lavoro, bensì "esperienze di formazione" (cioè stage). Per svolgere una mole di lavoro immensa della quale il ministero ha estrema necessità. E allora l'Associazione nazionale archeologi lancia una iniziativa: una grande manifestazione di piazza. Fioccano le adesioni (dall'Associazione nazionale archivistica italiana alla Confederazione italiana archeologi, dal Gruppo archeologico romano all'Acta - l'associazione Consulenti terziario avanzato, dall' Associazione italiana traduttori e interpreti a quella dei Dottorandi e dottori di ricerca italiani, dall'Abi - Associazione Italiana Biblioteche fino al Link coordinamento nazionale universitari e alla Rete della conoscenza, qui l'elenco completo), e sul sito si trovano ben sintetizzate le richieste che vengono avanzate al ministero. Un percorso di condivisione che vede, tra le altre, l'adesione di Mariarita Sgarlata, assessore regionale ai beni culturali della Sicilia, che già in conferenza Stato-Regioni aveva espresso forti perplessità sul bando. E accanto alla Consulta del Lavoro Professionale della Cgil appare anche l'adesione della FpCgil, l'importantissima sezione della Cgil dedicata alla Funzione pubblica: un mastodonte.Tra i volti noti in piazza c'erano il responsabile cultura di Sel, Cecilia D'Elia, già assessore alla provincia di Roma; la deputata di Sel Celeste Costantino e ancora per Sel Marco Furfaro, responsabile del settore precarietà, movimenti e immigrazione all'interno del coordinamento nazionale del partito; poi il piddino Matteo Orfini, deputato della corrente dei "giovani turchi", e Giulia Rodano, assessore alla Cultura della Regione Lazio tra il 2005 e il 2010.Oggi Salvo Barrano, presidente dell'Ana, si dice soddisfatto: «Sono molto contento, in piazza l'altroieri c'erano tutti: precari, studenti ma anche anche le imprese, le cooperative che danno lavoro nel settore culturali. C'erano addirittura alcuni funzionari del ministero che sanno benissimo che quel bando è una presa in giro, e che hanno aderito singolarmente».La manifestazione, annunciata all'indomani della pubblicazione del bando, era stata poi confermata prima di Natale nonostante la pubblicazione del decreto direttoriale di "rettifica". Perché? «Perché le modifiche non sono neanche lontanamente sufficienti. Anzi, ci fanno capire che abbiamo ragione: il bando era stato scritto frettolosamente, noi avevamo minacciato di ricorrere al Tar, e allora il ministero ha introdotto alcuni cambiamenti dalla sera alla mattina, probabilmente perché il provvedimento non fosse bloccato in sede amministrativa. E se è vero che le modifiche fanno decadere, o almeno indeboliscono, le motivazioni per i possibili ricorsi, noi il ricorso lo faremo lo stesso perché secondo noi permane la discriminazione rispetto ai professionisti over 35, che vengono esclusi da questa selezione e dunque perdono anche l'eventuale opportunità di essere assunti dopo lo stage, come il ministro ha anticipato che potrà accadere».L'Ana e le altre associazioni restano dunque sul piede di guerra e rimandano al mittente il gesto distensivo del ministro, che proprio sabato ha twittato la sua solidarietà alla piazza: «Condivido la protesta dei professionisti della cultura per i blocchi alle assunzioni e mi impegno a portare le loro ragioni al Governo», ha scritto Massimo Bray sul suo profilo Twitter. Per Barrano sono parole inconsistenti perché non supportate dai fatti: «Noi abbiamo portato in piazza tre istanze: il bando Mibact per i 500 giovani, la legge sul riconoscimento della nostra professione, e il concorso pubblico per far ripartire le assunzioni. Lui con il suo commento su Twitter ha ignorato i primi due, su cui ha competenza diretta, e sul terzo si è limitato a promettere un vago impegno a portare in consiglio dei ministri il problema del blocco del turnover. Noi invece diciamo che se condivide la nostra protesta deve agire: per quanto riguarda il bando gli stage sono inaccettabili, vanno aperte posizioni di lavoro vero. Che poi è quello che lui aveva annunciato, ma questo non è lavoro. In più aveva annunciato che avrebbe cercato dei fondi e invece ha trovato una miseria, solo 2,5 milioni di euro. Quindi innanzitutto noi gli chiediamo trovare più soldi; e se proprio ci sono solo questi, di spenderli meglio, non nella logica assistenzialista di dare poco a molti, con una distribuzione a pioggia di denaro slegata dal merito, di sapore "demichelisiano". Per il bando noi proponiamo due soluzioni: il ministro potrebbe prendere questi soldi, fare un bando pubblico e assumere qualcuno, con un contratto vero, subordinato. Oppure, se i fondi non sono sufficienti, potrebbe mettere a bando i progetti con la modalità del lavoro autonomo, per cui chi vince si aggiudica i progetti e li svolge da lavoratore autonomo. Il ministro oggi è ambiguo, ma non può continuare a stare a metà: se sta dalla nostra parte, ha un ruolo e deve ottenere degli obiettivi».Posizione confermata dalle dichiarazioni di altri co-organizzatori della manifestazione: «Inutile illudersi che con 500 tirocinanti risolviamo i problemi del ministero. Chiediamo la sospensione del bando, la revisione del decreto Valore Cultura e nuove vere assunzioni» dice per esempio Ferruccio Ferruzzi per Uil Beni Culturali, anche perché il bando «non propone una soluzione strutturale ma è esemplare del tirare a campare» secondo la definizione di Davide Imola. «Il 50% degli archeologi ha una formazione post lauream, il 28% ha frequentato almeno un master, eppure per il Mibact queste persone non hanno bisogno di un lavoro ma di un ulteriore anno di formazione nella forma di un tirocinio pagato in tutto 5mila euro» ironizza Alessandro Pintucci, presidente della Confederazione italiana archeologi; e Beatrice Mastrorilli, storica dell’arte che alla manifestazione di sabato rappresentava sia SAU e sia gli Storici dell'arte in movimento, chiude perentoria: «Vogliamo retribuzione e tutele previdenziali adeguate, non tirocini».E il ministero cosa dice? La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare Mario Guarany, dirigente generale e vicecapo di Gabinetto vicario ad interim del ministero dei Beni culturali: è lui che ha firmato il decreto direttoriale per il bando dei 500 giovani per la cultura. Nella mattinata di oggi però Guarany è stato sempre impegnato con telefonate e visite; ma la segreteria assicura che presto il direttore si renderà disponibile per un commento.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Gli archeologi insorgono: «Stage di 12 mesi a 3 euro all'ora, il bando del ministero "500 giovani per la cultura" è inaccettabile»- Ichino sui "500 giovani per la cultura": «Il ministero non finga uno stage quando in realtà si tratta di rapporti di lavoro»

Stage, la Commissione Ue suggerisce standard di qualità ma "dimentica" il compenso minimo

Il tirocinio è uno strumento usato in tutta Europa. La funzione naturale sarebbe quella di agevolare il passaggio dal mondo della formazione a quello del lavoro: infatti è uno degli elementi chiave del programma Garanzia per i giovani, approvato ad aprile 2013, rivolto a coloro che hanno un’età inferiore ai 25 anni. Tuttavia, spesso e volentieri, il tirocinio può diventare un’occasione di sfruttamento o un vicolo cieco per chi decide di farlo, se non vengono rispettate norme basilari che ne assicurino la qualità.Per questo da anni molti gruppi e organizzazioni, tra cui anche la Repubblica degli Stagisti, hanno sollecitato le istituzioni europee a definire criteri tali da permettere la tutela dei tirocinanti: una risposta positiva è arrivata con la stesura e l’approvazione della Carta europea per la qualità dei tirocini e degli apprendistati, sottoscritta poi anche dal presidente del Parlamento europeo, con cui si chiede una condotta netta e coerente in materia di tirocini, curriculari ed extracurriculari, e di periodi di apprendistato.Anche la Commissione europea il 4 dicembre scorso ha presentato la proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro di qualità dei tirocini, stabilendo una serie di linee guida per tutti gli Stati membri, affinché siano migliorati i contenuti di apprendimento e le condizioni di lavoro. La Repubblica degli Stagisti ha deciso di passare in rassegna queste linee guida e dall’analisi sono emersi alcuni aspetti problematici.Occorre subito precisare che la raccomandazione non intende coprire i tirocini curriculari ma soltanto quelli «open market» o “nel libero mercato” «svolti generalmente al termine degli studi e/o nel quadro della ricerca di un posto di lavoro»». La priorità che apre la raccomandazione è l’obbligatorietà della conclusione di un accordo scritto tra le due parti, prima dell’inizio dell’esperienza. Al centro c’è dunque la volontà di affermare un principio di trasparenza, come dichiara dal suo sito ufficiale Lázló Andor, commissario europeo responsabile della direzione generale Occupazione, affari sociali e inclusione: il promotore dovrà mettere nero su bianco, da subito, come funzionerà il tirocinio e quali sono le aspettative formative.Ecco però il punto debole e contraddittorio. Nella sezione iniziale del documento, dove è illustrato il contesto della proposta, viene esplicitamente detto che tra le condizioni di lavoro inadeguate denunciate nelle consultazioni vi è «la retribuzione/indennità nulla o di scarsa entità» e che «una buona parte dei tirocini non retribuiti o scarsamente retribuiti può dar luogo a un problema di parità di accesso e determina anche la tendenza a sostituire lavoratori retribuiti con tirocinanti». Ebbene, la Commissione punta alla trasparenza: tuttavia raccomanda di non prevedere una retribuzione minima obbligatoria per gli stagisti ma di garantire che «il contratto di tirocinio chiarisca se sia prevista una retribuzione e/o un’indennità e, in caso positivo, ne precisi l’entità». Viene quindi lasciata indietro una questione fondamentale, per la quale la Repubblica degli Stagisti si è sempre battuta e che anche la Carta tratta in modo molto più severo, esponendo queste misure all’articolo 3: «al tirocinante va corrisposta una retribuzione dignitosa non inferiore alla soglia di povertà per l’Ue (ossia il 60% del reddito medio nazionale) o al salario minimo nazionale, se quest’ultimo importo è più favorevole, e corrispondente alle mansioni svolte e alle ore di lavoro prestate (le ore di straordinario vanno compensate con un’indennità supplementare). La retribuzione corrisposta per il tirocinio deve essere regolamentata da disposizioni di legge o da contratti collettivi, conformemente alla prassi in vigore a livello nazionale».Il fatto è ancora più degno di nota considerando l’atto legislativo scelto dalla Commissione, la raccomandazione, che «consente alle istituzioni europee di rendere note le loro posizioni e di suggerire linee di azione senza imporre obblighi giuridici a carico dei destinatari» si legge sul sito dell’Unione europea alla voce “Regolamenti”. Questo vuol dire che l’Ue fa presente ufficialmente agli Stati membri di essere dell’avviso che non sia necessario imporre una retribuzione o un’indennità minime, anche se il testo non è vincolante per gli stessi. E per le pratiche nazionali già operative. Come quelle italiane: ad esempio la Commissione fissa una «durata ragionevole che di regola non superi i sei mesi, salvo nei casi in cui una durata maggiore sia giustificata, come ad esempio nei casi dei programmi di formazione in azienda in vista di un’assunzione o dei tirocini svolti in un altro Stato membro». In Italia invece le linee guida concordate a gennaio, in sede di conferenza Stato-Regioni, hanno stabilito un’indennità minima di 300 euro lordi, innalzata poi da alcune Regioni, e una durata massima di 12 mesi per disoccupati e inoccupati, un limite dunque da dimezzare stando ai parametri europei.In realtà, con l’adozione di standard minimi di qualità e l’utilizzo dei fondi strutturali e d’investimento europei, la Commissione si pone l’obiettivo di superare in qualche modo la profonda frammentazione normativa del settore, e di facilitare le opportunità di mobilità transfrontaliera, che ad oggi continuano a costituire quasi una rarità. In che modo? «Mediante un più chiaro quadro giuridico nazionale relativo ai tirocini “nel libero mercato”, la definizione di norme chiare circa l’accoglienza di tirocinanti di altri Stati membri o l’invio di tirocinanti in altri Stati membri e una riduzione delle formalità amministrative». Le linee guida consigliano inoltre di fissare alcune regole precise dal punto di vista dei diritti e dei doveri lavorativi: «la durata massima del lavoro, i periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale e le ferie minime», nonché «la copertura assicurativa infortuni e malattia», le «condizioni in cui un tirocinio può essere prorogato o rinnovato», la necessità di un preavviso di due settimane per risolvere il contratto, il rilascio di una certificazione in cui viene riconosciuta l’attività e con essa le abilità e le competenze acquisite, il «coinvolgimento attivo delle parti sociali».L’iniziativa è mossa da un’urgenza grave, quella di andare ad intervenire in una zona di confine in cui all’uso si sostituisce di frequente l’abuso. «Un recente sondaggio ha mostrato che un tirocinio su tre, nell’Unione europea, è al di sotto degli standard per quanto riguarda i contenuti di apprendimento e le condizioni di lavoro» spiega alla Repubblica degli Stagisti Cécile Dubois, membro dell’ufficio stampa della direzione generale Occupazione affari sociali e inclusione «È proprio indirizzandosi a questi temi che la Commissione ha avanzato una proposta di un Quadro di qualità per i tirocini».Il sondaggio a cui fa riferimento Dubois è l’indagine Eurobarometro The experience of traineeships in the Eu dello scorso maggio, pubblicata a novembre, i cui risultati dimostrano che più del 46% degli intervistati ha fatto almeno un tirocinio, sebbene sei interpellati su dieci dichiarino di non aver ricevuto una retribuzione nella loro ultima esperienza e sebbene nel 23% dei casi il tirocinio più recente si sia concluso con l’offerta di un rinnovo anziché con un’assunzione vera e propria.Tuttavia questi dati attestano ancora una volta che, per elevare la qualità e per aiutare realmente i milioni di stagisti europei, l’argomento della retribuzione minima obbligatoria non può essere ridotto ad una alternativa perché la sua imposizione è essenziale ai fini della tutela e del corretto inserimento del tirocinante.La Repubblica degli Stagisti di certo non mancherà di verificare con attenzione e costanza l’iter della proposta di raccomandazione che dovrebbe essere effettiva entro la fine del 2014: «Il Consiglio avrà bisogno di raggiungere un accordo sulla raccomandazione e di adottarla poi formalmente in uno dei prossimi incontri nel 2014» conferma Dubois. Il traguardo da raggiungere è quello di ottimizzare e soprattutto potenziare una risorsa preziosa, in grado di accompagnare i giovani nel mondo del lavoro, togliendo terreno all’inoccupazione, alla disoccupazione e alla crisi.Marta Latini[la foto della Commissione Europea è di Tiseb - modalità creative commons]Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Parlamento europeo, risoluzione contro i tirocini gratis e le aziende che sfruttano gli stagisti- Tirocini extracurriculari, linee guida approvate: le Regioni legiferino entro luglio- Blocco delle candidature al bando di stage per Neet, il ministero: «Troppi accessi, non ce lo aspettavamo»- «Mi sento una privilegiata grazie al mio apprendistato in ALD»

Decine di stage nelle agenzie "minori" della Ue: compensi da più di mille euro all'Era, Efsa ed Ecdc

È tempo di selezioni per aspiranti stagisti alla ricerca di opportunità in Europa. È il caso ad esempio della European Railway Agency (Era), l'agenzia ferroviaria europea, per cui ci sono ancora pochi giorni – fino al 31 dicembre – per inviare l'application form e candidarsi a uno dei tirocini - della durata dai tre ai cinque mesi - disponibili nei due periodi a disposizione. La prima tranche si attiverà da marzo, la seconda da ottobre. Le posizioni aperte sono per un massimo di otto tirocinanti, un numero da collegare alle dimensioni ridotte dell'ente di accoglienza, uno dei centri 'minori' in Europa, ma con un compito di grande responsabilità: «creare un network ferroviario sicuro, moderno e integrato, e una rete più competitiva» si legge sul sito. La sede dello stage è a Valenciennes / Lille, in Francia, e il rimborso spese sostanzioso: 1087 euro al mese, aumentato del 50% per i candidati disabili, più il rimborso delle spese di viaggio. Quanto ai requisiti, è richiesta la nazionalità di un paese Ue (o candidato a esserlo, con una quota riservata a candidati extra europei); la laurea specialistica (accettata anche la triennale) nelle materie inerenti l'attività dell'agenzia, quindi soprattutto ingegneria, economia, facoltà tecnologiche, anche se – si specifica sul bando – nelle recenti sessioni sono state ammesse risorse con background in giurisprudenza, risorse umane, scienze della comunicazione. Ed è necessario conoscere in modo fluente due lingue europee, di cui una sia l'inglese. Una volta spedita la domanda, e superata la preselezione, la palla passa alle direzioni Era interessate al reclutamento di stagisti. I prescelti – valutati sulla base di titoli ed esperienze, e tenuto conto di criteri di equilibrio per nazionalità e genere – vengono contattati via mail entro la fine di febbraio per l'offerta di tirocinio e l'invio della documentazione. Anche per l'Era, come per tutti gli enti pubblici, le possibilità di assunzione post stage non sono legate all'esperienza di tirocinio ma dipendono dal superamento di un regolare concorso. Un'altra agenzia alle prese con un programma di traineeship è la Ecdc, European Center for Desease Control and Prevention, agenzia istituita nel 2005 con lo scopo di rafforzare le misure contro le emergenze sanitarie in Europa. La sua sede è Stoccolma. La deadline per l'invio delle application form è il 31 gennaio a mezzanotte. Non esiste un modulo precompilato, ma va spedito qui il curriculum accompagnato da una lettera motivazionale e da una copia del certificato di laurea. Il compenso mensile è ancor superiore a quello dell'Era: 1.289 euro al mese (anche qui aumentato del 50% per i disabili), più il rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno. Per le tasse bisognerà fare riferimento al Paese di origine. Non esiste inoltre una data prefissata per le partenze: il tirocinio dura dai tre ai nove mesi e le tornate annuali per le candidature sono due (oltre a questa quella in scadenza il 30 aprile). Ai candidati ammessi (i requisiti sono i soliti: cittadinanza europea o di un Paese candidato, conoscenza dell'inglese e una laurea, mentre non si accetta chi abbia alle spalle stage in enti europei), viene comunicata la notizia via mail o per telefono per fissare il colloquio finale. I selezionati – scelti dai responsabili delle unità in cui presteranno servizio – vengono avvisati di nuovo via mail sulle condizioni a cui si offre il tirocinio. Il numero dei 'vincitori' non è predeterminato, ma variabile di anno in anno a seconda delle esigenze aziendali. Per questo è possibile essere inseriti in una lista di riserva, dopo il superamento delle prove, che resta valida per tutto l'anno in corso. Per una panoramica dell'agenzia e per sapere per quale posizione candidarsi c'è una pagina apposita che spiega la suddivisione dell'organigramma, composto dal management board, dall'advisory forum e dal direttore e dal suo staff.Infine l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, con la sua sede principale in Italia, a Parma, e 450 dipendenti. Qui la selezione è organizzata per candidature spontanee. Non ci sono né termini di consegna delle domande, né indicazioni sull'inizio di tirocinio: si sa solo che la durata spazia dai sei a i dodici mesi. «I posti da tirocinante», si legge sul sito «sono assegnati in base alla disponibilità di bilancio», dove è precisato che non sono più di «25 l’anno, a fronte di diverse migliaia di candidature attese». Le application, da inviare tramite formulario, vengono pertanto inserite «automaticamente nella banca dati Efsa dei tirocinanti» in attesa di essere pescate e spostate - quando si presenta l'occasione - in una lista di 'papabili' che resta valida per un anno. Il rimborso spese è anche qui congruo, pari a 1.070 euro mensili, più un rimborso spese di viaggio fino a 500 euro. Per i conguagli fiscali la regola è ancora una volta quella di fare riferimento al Paese di origine. Per partecipare bisogna far parte della Ue, conoscere bene due lingue europee tra cui l'inglese, possedere una laurea, anche triennale. Curioso poi che si richiedano anche «un comportamento affine alle esigenze di sicurezza della Efsa e buone condizioni di salute», limite dovuto probabilmente alle particolarità della mission dell'agenzia. Sono due le tipologie di tirocinio, chiarisce il bando: una per i tesisti, che saranno di conseguenza «assegnati alle unità di riferimento» in base alla materia dell'elaborato, e uno post laurea. Per scegliere il dipartimento di destinazione basta dare un occhio al board management che illustra i ruoli delle diverse unità: dalla comunicazione al coordinamento scientifico, al dipartimento pesticidi e al monitoraggio biologico. Tutto sta nel decidere il settore di propria competenza e interesse e sperare che, entro dodici mesi, qualcuno delle risorse umane si faccia vivo per un colloquio. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Programma Leonardo, oltre 300 tirocini in scadenza a gennaio- World Bank, 200 stage estivi con un compenso fino a 2mila dollari al mese- 20mila opportunità di stage e lavoro, Nestlé lancia un progetto europeo per l'occupazione- Mario Sgarrella: «Ho fatto in sequenza lo stage all'Ecdc di Stoccolma e quello alla Commissione europea: due esperienze super interessanti»

Youth Guarantee ai blocchi di partenza. Giovannini: «Operativi da marzo 2014»

Comincia a prendere forma il piano di attuazione della Youth Guarantee formulato dal ministero del  Lavoro, il programma per l'inserimento dei giovani in percorsi di formazione o lavoro a quattro mesi dall'uscita dalla scuola o da un'occupazione. Rimasta ancora al livello di bozza fino al mese scorso, qualche giorno fa la versione aggiornata del progetto è stata presentata alle associazioni di categoria, convocate - c'era anche la Repubblica degli Stagisti - per un nuovo tavolo di confronto. E finalmente si è intravisto lo scheletro del progetto. Primo passo, la definizione dei beneficiari: i 15-24enni. Un aspetto un po' deludente ma forse inevitabile visti i numeri: se la platea di ragazzi di questo primo gruppo è composta da 1 milione e 274mila persone tra disoccupati e Neet, tra i 15-29enni la cifra sale a 2 milioni 254mila, tra cui non solo ragazzi che non hanno finito le scuole o neodiplomati, ma anche giovani freschi di laurea e alle prese con i primi scogli della disoccupazione. Per loro ci sarà da aspettare, anche se il ministro è stato rincuorante: «L'intenzione è di estendere anche a loro la Garanzia giovani», precisando che l'allargamento - come riportato anche nel documento inviato a Bruxelles - avverrà entro sei mesi dall'inizio del programma: quindi settembre 2014, considerato che la partenza dell'iniziativa è prevista per l'inizio dell'anno prossimo, con tutta probabilità nel mese di marzo. In compenso però sale la quota di finanziamenti rispetto a quanto annunciato in un primo tempo. Le risorse che arriveranno dall'Europa saranno «pari a 567 milioni di euro», più gli altrettanti erogati dal Fondo Sociale Europeo, a cui si aggiunge il cofinanziamento nazionale «stimato per il momento al 40%» si legge nel testo («mentre prima era al 20%, spiega alla Repubblica degli Stagisti Elisa Gambardella della Segreteria tecnica del ministero, aggiungendo che l'importo potrebbe essere «accresciuto dai contributi a livello locale, per esempio da parte delle Regioni»). Risultato: i fondi per la Youth Guarantee lievitano a 1 miliardo e 513 milioni di euro (la cifra precedente era di un miliardo e duecentomila euro). Più chiaro anche il quadro delle misure prese a favore del giovane, che si troverà di fronte sostanzialmente a due strade: riprendere a studiare oppure essere inserito in un contesto lavorativo. Una seconda opzione a sua volta ramificata: le offerte spaziano da «un contratto di lavoro dipendente, un contratto di apprendistato o di una esperienza di tirocinio, l’impegno nel servizio civile, la formazione specifica e l’accompagnamento nell’avvio di una iniziativa imprenditoriale o di lavoro autonomo» è scritto nel documento. L'offerta di lavoro potrà essere accompagnata da un bonus di incentivo per le imprese, in linea con il recente stanziamento di fondi su decisione del ministero per incentivare le assunzioni di under 30. Per l'apprendistato si punterà invece sulla formula di primo livello, con l'intento di rafforzare la distinzione tra «la componente lavoristica da quella formativa». Quanto ai tirocini le notizie non sono buone, niente lascia presagire che saranno garantite condizioni di qualità, a cominciare da un congruo rimborso spese: «potranno essere finanziate borse di tirocinio destinate a contribuire alle spese dei giovani che hanno necessità di maturare un’esperienza professionale». Nessuna certezza dunque. Borse di formazione e voucher formativi saranno invece assicurati a chi viene reinserito in un percorso di formazione, specie se più svantaggiato economicamente. Il soggetto che si avvicina alla Garanzia Giovani sottoscriverà un Patto di servizio che servirà a elaborare un percorso personalizzato, attraverso un «meccanismo che ci consente di valutare passo dopo passo i candidati  e creare la storia di una persona», afferma Giovannini, e l'affiancamento di una serie di «infrastrutture tecnologiche» che mettano in collegamento i giovani con il progetto. Un'idea lanciata (sul tema il testo è ancora nebuloso) è quella degli 'Youth Corner', degli sportelli da istituire presso i centri dell'impiego a cui i giovani disoccupati possano rivolgersi. Ma forse per far decollare l'iniziativa andrebbero prima riformati gli stessi cpi, il cui funzionamento – come noto – lascia molto desiderare. Per la comunicazione il ministero richiede anche il coinvolgimento di altre istituzioni (Camere di commercio, associazioni di rappresentanza, Terzo settore, associazioni giovanili, scuole), chiamate a svolgere un ruolo di primo piano nella diffusione delle informazioni attraverso «eventi di orientamento», come li ha definiti il ministro. Il piano è stato accolto con favore ma non è piaciuto a tutti, e tra le voci critiche più forti ci sono i movimenti studenteschi. I rappresentanti dell'Unione degli studenti hanno ad esempio parlato del rischio che la Garanzia giovani possa «dequalificare la posizione dei giovani all'interno del mercato del lavoro» soprattutto per quelli presi in giovanissima età. E in questo senso la richiesta è stata per un innalzamento «della soglia dell'obbligo scolastico a 18 anni». Molti, tra cui gli esponenti di Agriblog, hanno rilanciato sulle difficoltà del coinvolgimento delle associazioni in eventi informativi («senza rimborsi non abbiamo questa capacità» hanno detto), o sui problemi dell'accesso a internet, «soprattutto al Sud» come ha ricordato la Federazione degli Studenti. Parole di preoccupazione poi per la questione stage: è di nuovo l'Unione degli studenti a proporre che «i tirocini si facciano solo durante il periodo di studio e che il diritto al rimborso scatti subito dopo la laurea o il diploma, pena la creazione di dumping generazionale e salariale». Anche dai rappresentanti di Legacoop arriva un messaggio deciso: «Dovrebbe essere istituto l'obbligo per le imprese di motivare il perché lo stagista viene allontanato dall'azienda dopo la fine del tirocinio, e a lui stesso andrebbe fatto sottoscrivere un parere sulla sua esperienza». Giovannini ha riconosciuto che «la Youth Guarantee non è un piano complessivo, né che risolve il problema della disoccupazione giovanile». Ma che fa dei passi in avanti. Insomma, per sbloccare la politica italiana ci è voluta la mano dell'Europa, che ha chiesto agli stati membri di intervenire contro il fenomeno dei Neet con una raccomandazione emanata ad aprile di quest'anno. E sarà di nuovo Bruxelles a dare al nostro Paese il via libera - e i finanziamenti - per partire con la Youth Guarantee. La spedizione della proposta avverrà entro fine dicembre, e poi «se tutto va bene saremo operativi da marzo» ha assicurato Giovannini. Qualche mese ancora di attesa. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:  - Youth Guarantee, le richieste delle associazioni giovanili al ministero del Lavoro - Una «dote» per trovare lavoro e 400 euro al mese di reddito di inserimento: la proposta di Youth Guarantee - Youth Guarantee anche in Italia: garantiamo il futuro dei giovani - Luci e ombre del contratto di apprendistato - una buona occasione, ma preclusa (o quasi) ai laureati