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Se è troppo bello non può essere vero: consigli per non cadere nella trappola degli annunci di lavoro falsi

Alzi la mano chi non ha mai ricevuto un’email o, negli ultimi tempi, ha trovato in una delle app di messaggistica istantanea sul cellulare un messaggio da un contatto sconosciuto che recita più o meno così: «Ciao! Mi dispiace disturbarla! Posso avere un po’ del tuo tempo?» a cui magari sovrappensiero si è deciso di rispondere. Da lì, specie se chi riceve il messaggio è giovane, parte la proposta per un’offerta di lavoro che offre “facili guadagni”, “sicuri”, “comodamente da casa”. La polizia postale periodicamente lancia l’allarme per aprire gli occhi a chi non è abituato a ricevere messaggi di questo tipo; ma esistono dei campanelli di allarme a cui prestare particolare attenzione per evitare di essere coinvolti in qualche truffa?  La Repubblica degli Stagisti ne ha parlato con Giovanni Castiglioni, sociologo appassionato di digital recruiting e mercato del lavoro, academic career officer presso il Career service dell’università Cattolica di Milano (e protagonista di una puntata del nostro podcast!). «Per prima cosa bisogna verificare la forma in cui è scritto il messaggio che si riceve», spiega Castiglioni. «Faccio un esempio: negli ultimi giorni anch’io ho ricevuto via whatsapp tre annunci, con un incipit molto informale, un testo tipo “Ciao, siamo delle risorse umane, sei stato selezionato per un lavoro online, part time”. Ecco, per prima cosa vedere la forma», decisamente troppo amichevole. Poi non lasciarsi abbindolare da premesse «molto belle e allettanti e soprattutto guardare l’importo della retribuzione. In questo tipo di annunci spesso i salari sono molto alti anche per competenze di base. Un altro campanello di allarme, poi, è la richiesta di pagamenti, quindi spese per materiali, formazione e corsi obbligatori. Ricordarsi, poi di fare sempre attenzione al mittente, che potrebbe essere un’azienda sconosciuta, non rintracciabile. Leggere bene quando si parla solo di retribuzione e non di contratto, stare attenti se vengono richiesti dati bancari o di carte di credito prima di qualsiasi colloquio. E poi questi annunci richiedono quasi sempre una immediata disponibilità: c’è sempre un’urgenza, scrivono di “non perdere l’occasione e accettare il prima possibile”».  Insomma, il cammino di chi è alla ricerca di un lavoro diventa sempre più difficile, a cosa bisogna affidarsi, quindi, solo alle piattaforme ufficiali di annunci? «Tendenzialmente direi di sì», spiega Castiglioni, «ma attenzione perché anche su queste, penso alle più conosciute come LinkedIn e Indeed, ci possono essere degli annunci scam, non veritieri. Certo, questi siti hanno un filtro, ma non bisogna fidarsi al 100 per cento nemmeno in questo caso». La truffa non viaggia però solo nella ricerca attiva, ma anche in quella passiva. Sempre più spesso, infatti, l’offerta di lavoro falsa arriva attraverso la messaggistica istantanea, come fare quindi a capire se è vera o no? «Sono messaggi che arrivano da numeri esteri, non italiani, e questo può essere il primo alert. Oppure si ricevono chiamate insistenti da uno stesso numero sconosciuto: allora si può provare a metterlo su un motore di ricerca e vedere se ha già ricevuto una segnalazione». Consiglio spassionato per tutti, cercare di condividere con meno facilità i propri dati di contatto su piattaforme e siti che poi rischiano di condividere – spesso anzi vendere – le informazioni. Altro elemento a cui si può prestare attenzione, soprattutto per chi è alla ricerca attiva di un lavoro – e quindi è abituato a compilare form su varie pagine internet, mandare email, condividere in pratica molte informazioni sensibili – è quello di «segnarsi sempre le aziende presso cui abbiamo inviato un curriculum vitae. Questo non solo ci aiuta a tenere traccia della nostra ricerca, ma anche per verificare effettivamente eventuali truffe. Se si riceve una chiamata o un messaggio e si scopre che a quell’azienda non abbiamo mai mandato un curriculum, bisogna subito chiedersi come mai ci sta chiamando».  Altra questione sollevata da Castiglioni, i guadagni (troppo) facili. «In Italia per la maggior parte degli annunci la retribuzione non è indicata, o al massimo è in termini di Ral annuale. Questi annunci falsi, invece, hanno sempre dei dati per guadagni giornalieri o settimanali, cosa molto rara nella realtà. Non è indicato il lordo o il netto. Ci sono annunci con l’indicazione di uno stipendio giornaliero dai 240 ai 500 euro al giorno: questi non sono dati verosimili. Deve essere un campanello di allarme, ma posso capire che in un momento di ricerca di lavoro o di particolare fragilità una persona risponde subito senza chiedersi se possa essere possibile o no».  Capitolo richieste di denaro: alcuni annunci di lavoro richiedono alcuni tipi di sottoscrizioni o esplicitamente il versamento di una somma di soldi. Sono sempre falsi? «Secondo me è una truffa al 100 per cento» dice l'esperto: «Tendenzialmente nessuna azienda ti chiede un pagamento anticipato per l’assunzione. Al massimo dopo la selezione di chiedono gli estremi dell’Iban, ma questo avviene dopo che c’è stato almeno un colloquio, anche due o tre». E ovviamente nella prospettiva inversa, cioè per pagare i neo collaboratori, non per chiedere loro soldi! «È importante verificare che l’azienda abbia una sede in Italia o almeno in Europa e che ci sia almeno un passaggio attraverso una call, se non proprio di persona, per guardare in faccia chi c’è dall’altra parte» suggerisce Castiglioni.  E le famose offerte con “attività da svolgere comodamente da casa” sono sempre false? «Sempre, no. C’è la possibilità di svolgere dei lavori da remoto, spesso di supporto al customer service e di verifica di altre piattaforme. Personalmente, però, sono sempre un po’ scettico quando vedo questi annunci, quindi il mio consiglio è di fare sempre delle verifiche». E soprattutto non dimenticarsi che va firmato un contratto: «Prima di iniziare qualsiasi attività bisogna richiedere una bozza di contratto e se non si è sicuri di cosa si sta firmando, farla leggere a chi se ne intende meglio, ad esempio un legale o un consulente, in modo che possa dare tutte le informazioni di cui si ha bisogno».  Certo gli annunci truffa non sono una novità: forse negli ultimi tempi se ne parla di più, ma le richieste di persone senza esperienza con l’offerta di guadagno garantito ci sono sempre state. E oggi grazie alla rete sono in parte aumentate e più visibili a tutti.  Facendo qualche ricerca si trovano vari decaloghi su come leggere un annuncio di lavoro, ma Castiglioni ritorna sui punti principali per smascherare le truffe: la forma, la presenza di un contatto reale di un’azienda che attraverso una ricerca posso verificare esista realmente, e poi la selezione che va fatta in più fasi. E ricordarsi di non condividere mai dati personali relativi a carta di credito o iban prima di aver letto un contratto che si vuole firmare.  Nel caso, però, si rispondesse ad annunci del genere e solo dopo si realizzasse di essere incappati in una truffa, cosa fare? Non tutto è perduto. «Bisogna contattare immediatamente la polizia postale per denunciare quanto è accaduto».  Su tutto vale il consiglio dato a più riprese dalla polizia postale: non rispondere a messaggi da numeri sconosciuti o aprire link che possono compromettere il proprio dispositivo, specie se condivisi attraverso Whatsapp, TikTok, Telegram; bloccare i contatti di questo tipo; provare a chiamare o scrivere all’azienda da cui si è ricevuta la proposta attraverso i canali ufficiali, per verificare che l’offerta di lavoro sia reale; mantenere aggiornati i software di sicurezza, sia antivirus sia malware. Marianna LeporeFoto di apertura di mohamed_hassan da PxHere in modalità Creative Commons

«Mi si è aperto un mondo»: in Kirey si chiude il primo ciclo di master in Digital Transformation

Una giornata di restituzione e di festa, per chiudere un ciclo e festeggiare tre anni di formazione. È quello che gli apprendisti 2022-2024 di Kirey Group hanno vissuto pochi giorni fa, a inizio dicembre, per celebrare la fine dei tre anni del master in Digital Transformation, percorso formativo accreditato Asfor che l'azienda ha deciso di offrire ai suoi dipendenti più giovani assunti in apprendistato. «Con questo master mi si è aperto un mondo» racconta una delle partecipanti, Francesca Marengo, 28enne di Torino laureata in Psicologia, che in Kirey ha effettuato la tripletta stage, poi apprendistato, e poi contratto a tempo indeterminato (anche se tecnicamente già l'apprendistato lo è!)«Abbiamo voluto dedicare la giornata ai colleghi che finivano il master» spiega Eugenia Rizzo, Learning manager di Kirey – che proprio da quest'anno fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti: «Non è stata una giornata di formazione: abbiamo dato soprattutto la parola a loro, volevamo che si raccontassero». Dopo una breve introduzione della neo General manager di Kirey, Alessandra Girardo, e della stessa Rizzo [insieme nella foto qui accanto], si sono dunque susseguiti gli interventi di tutti i protagonisti (o meglio, di alcuni in rappresentanza di ciascun gruppo) di questa esperienza: studenti-apprendisti, docenti, tutor, e il team che gestisce il master. «Mi ha emozionato sentire il racconto dei ragazzi» dice Eugenia Rizzo: «Noi del team avevamo dato loro solo il tema, e loro l’hanno raccontato molto bene, aggiungendo delle cose molto personali. Questo mi ha fatto capire che erano veramente ingaggiati, e avevano voglia di raccontarlo».Alcune testimonianze sono state rese dal vivo, altre in video, per dare un movimento e poter «sia raccontare l'esperienza al momento, sia un po' fuori dal momento». In particolare, uno dei video ha raccolto il contributo di una partecipante di base a Roma «che è stata in maternità durante il master, e in più adesso è in allattamento! Quindi non è potuta venire all'evento, ma è riuscita a prendere la certificazione. Nel video ha voluto condividere la sua esperienza di neomamma che ha comunque potuto frequentare il master», spiega Rizzo, partecipando ai moduli in cui poteva, e fruendo degli altri moduli in altri modi, avendo anche a disposizione le registrazioni delle lezioni.Il master rappresenta in effetti uno sforzo organizzativo non da poco. «Dietro c'è un'organizzazione pazzesca: per essere stati "le cavie", i primi tre anni, con tutto nuovo, l'organizzazione da parte del team di formazione è stata impeccabile» riflette Francesca Marengo: «E poi il master non ci è costato assolutamente niente e ha un valore per sempre, perché è certificato Asfor, e lo si può inserire all'interno del curriculum. Le lezioni sono sempre state puntuali, noi ci trovavamo già tutti gli appuntamenti sul calendario pronti: dovevamo solo partecipare».L'iniziativa è partita nel 2022, quindi questa è stata la prima "classe" a completare l'intero ciclo triennale. «Il loro è stato il progetto pilota» conferma Eugenia Rizzo: «Una classe molto interessante, molto ricettiva, che nei tre anni ci ha aiutato a apportare delle migliorie. Grazie ai loro suggerimenti abbiamo capito dove tagliare alcune cose, dove aggiungerne altre; negli anni abbiamo anche un po' rivoluzionato l'ordine dei moduli, perché ci siamo resi conto che magari un certo modulo aveva più senso portarlo all'inizio piuttosto che alla fine. Del resto, il master è un progetto sempre "working in progress"!».Location dell'evento uno spazio molto informale, una ex scuola di danza a Milano: «Abbiamo volutamente scelto una sede diversa da quella utilizzata nei tre anni di master per le giornate in presenza» continua Eugenia Rizzo: «Per questo Graduation Day abbiamo voluto una sede luminosa, allegra, friendly: un open space con i classici specchi per fare gli esercizi di danza, in un angolo un biliardo, poltroncine molto moderne, una cucina a vista dove uno chef ha cucinato per noi, praticamente sotto i nostri occhi!»Il master in Digital Transformation è pensato con l'obiettivo primario di far approfondire agli apprendisti tutti i rami di attività dell'azienda, i prodotti, le competenze, le business line, i mercati in cui Kirey opera, le relazioni con le sedi estere. « È difficile trovare una lezione che sia stata più interessante dell'altra» dice Francesca Marengo: «Forse quella che mi è rimasta più impressa, per come è stata gestita, è stata quella di Andrea Lazzarino, il nostro Sales director, sui bias che ci sono dietro il lavoro commerciale: molto interattiva, attraverso una sorta di gamificazione. È stato molto interessante proprio come ha strutturato la lezione».La giornata di celebrazione è stata voluta dal team che ha ideato e organizza il master: «C'è bisogno anche di questi momenti, visto che noi siamo in full remote working; è un modo per conoscere i colleghi in un ambiente più easy» spiega Eugenia Rizzo. In particolare, i partecipanti del master per forza di cose (l'apprendistato è un contratto riservato alle persone under 30) «sono tutti ragazzi giovani: questa è un'occasione perché si parlino tra di loro, con il loro linguaggio», i loro codici. E infatti «il feedback che torna sempre è: ci piacerebbe farlo tutto in presenza!».«Questo master mi ha fatto sentire meno sola: sono create delle vere e proprie amicizie, ora c'è un aiuto reciproco, si è creata più confidenza», conferma Francesca Marengo, cui da un lato questa flessibilità ha permesso di non essere costretta a spostarsi a Milano, e poter quindi rimanere a vivere nella sua città; dall'altro però inevitabilmente c'è un senso di solitudine nel non avere colleghi intorno. Si è creata una coesione di gruppo: «Avevamo già stretto amicizia in modalità online; nei corsi di formazione trasversale, e anche nei corsi tecnici, magari ci dividevano in stanze su Teams, e quindi avevamo modo di rapportarci con qualcun altro; però il fatto di vedersi in presenza ha un valore in più». Tanto che in futuro è prevista l'aggiunta di una terza data in presenza, a metà di ciascuna annualità.Nel master, una importante parte della formazione consiste nel presentare alla classe dei "case history", situazioni avvenute realmente in passato nel business di Kirey: «Mettevano alla prova il nostro pensiero, ci portavano a ragionare: “a noi è successo questo, è stata una situazione critica, voi come l'avreste risolta?”» racconta Francesca: «Era anche un modo di confrontarsi con noi e di farci sentire parte attiva, come dire “a noi interessa il vostro pensiero, una visione più innovativa”. Noi giovani possiamo portare ulteriore innovazione e creatività all'azienda».Il percorso formativo, essendo pensato per tutti gli apprendisti di tutti i settori aziendali, non è "esageratamente" concentrato sulla tecnologia: ma essendo pur sempre un master in Digital transformation, «mi spaventava un po' all'inizio» ricorda Francesca, che alle spalle ha un percorso molto improntato alle materie umanistiche. Ma poi se l’è cavata egregiamente; anzi «essendo io recruiter, quindi andando a parlare dell'azienda ai vari candidati, il fatto di approfondire così nel dettaglio tutte le business line mi ha dato modo anche di ampliare le mie conoscenze e di conseguenza trasmetterle ai candidati».Per esempio, durante il master Francesca Marengo ha potuto seguire gli step di «creazione di una web app», ha potuto osservare con i suoi occhi la gestione dei database, la fase di sviluppo con la scrittura dei codici nei vari linguaggi informatici come Java, oppure «un Power BI in azione», o ancora «come si costruisce al meglio un front-end». Un'infarinatura che le è molto utile, adesso, nel suo lavoro quotidiano di recruiter di profili IT specie «nell'ambito del cloud, della business intelligence, degli sviluppatori». Anche se poi non spetta a lei valutare le competenze tecniche (per quelle c'è un colloquio specifico con i manager di linea), è chiaro che conoscere i temi di cui si parla è molto utile.E poi i moduli di soft skill hanno avuto anche dei risvolti inaspettati, rivelandosi utili non solo a «migliorare il nostro io lavorativo, ma anche il nostro io personale» riflette Francesca Marengo: «Queste soft skills ci aiutano nella vita quotidiana di tutti i giorni a livello lavorativo, ma poi ci migliorano proprio come persone, nel relazionarci non solo con i nostri colleghi ma anche con amici e familiari. Abbiamo migliorato la gestione del tempo e dello stress, imparato a comunicare in modo efficace, a lavorare per obiettivi e in gruppo; è stato un master molto ricco sotto questo punto di vista.»Alla fine del Graduation Day a tutti i partecipanti oltre al diploma di partecipazione è stato consegnato anche il "tocco" (il cappellino tipico delle cerimonie di diploma) da lanciare in aria, «come si fa in America», per sancire la fine del percorso. «Non è così scontato che un'azienda offra un'opportunità formativa così completa a noi figure junior», chiude Francesca Marengo: «Una bella dimostrazione di quanto creda in noi giovani professionisti».

Adulti disoccupati, il Comune di Bari promuove stage per offrire “un nuovo giro di giostra”

Veramente non si può fare di meglio, per trovare lavoro a persone adulte, di metterle a fare gli stagisti? Lo stage non è un contratto di lavoro, non è vincolante, non dà diritto a una retribuzione, né a contributi previdenziali (dunque non vale niente per la pensione). È a tutti gli effetti uno strumento pensato per i giovani inesperti. Eppure proprio lo stage è al centro del nuovo programma di stage del Comune di Bari, che ci investe una discreta sommetta – 3 milioni di euro – per pagare le indennità a favore degli stagisti: quindi praticamente le aziende che ospitano queste persone in tirocinio non scuciono un euro, e per sei mesi hanno a disposizione persone in più in organico. Inesperte, certo... ma quanto inesperta può essere una donna over 35? O un uomo over 45? Ma il Comune di Bari difende questa scelta: «Per il nostro target, donne che non hanno mai lavorato e uomini che sono fuoriusciti dal mercato del lavoro e hanno perso competenze, c’è bisogno di un giro di giostra per rimettere in sesto una relazione positiva tra lavoro e impresa» dice alla Repubblica degli Stagisti Roberto Covolo, dirigente dell’ufficio di Gabinetto del sindaco che segue i temi di economia urbana e lavoro. Nel dettaglio, l'iniziativa si chiama “la Fatica!” ed è stata pensata per promuovere l’inserimento e il reinserimento lavorativo di particolari soggetti fragili, con un finanziamento europeo. Il bando ha preso il via a fine novembre e andrà avanti fino al 30 giugno 2026, budget permettendo — e anzi le risorse potrebbero perfino aumentare, visto che proprio nel bando c’è scritto che «l’amministrazione comunale si riserva la facoltà di aumentare la dotazione finanziaria dedicata alla misura».  Il Comune è convinto della bontà del progetto, tanto che riconoscerà un’indennità di tutto rispetto: 800 euro al mese per sei mesi a ciascun partecipante per un impegno settimanale di 25 ore, praticamente un part-time abbondante (un orario “pieno” corrisponde a 38-40 ore settimanali secondo la maggior parte dei contratti nazionali di lavoro). I fondi arrivano dal Programma Nazionale PN Metro Plus e Città medie Sud 2021-2027, approvato a fine dicembre di due anni fa con una dotazione finanziaria complessiva di 3 miliardi di euro tra fondi europei e cofinanziamento nazionale, che coinvolge 39 città medie del sud, «nel ruolo di beneficiari per progetti di innovazione sociale finalizzati alla rigenerazione di aree fragili, caratterizzate da disagio socio-economico e abitativo», più 14 città metropolitane tra cui c’è anche Bari che ha avuto 225 milioni di euro da utilizzare per transizione digitale e verde, inclusione e innovazione sociale e rigenerazione urbana. E che ha deciso di destinare al progetto Porta Futuro 7 milioni di euro da distribuire in vari progetti: La Fatica è uno di questi. In realtà l’idea risale al 2016. In quell’anno il comune di Bari lancia un servizio di politica attiva per il lavoro che si chiama Porta Futuro: un job center pubblico che favorisce l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e quindi, lato cittadini, offre servizi di orientamento, formazione, costruzione del curriculum, ricerca attiva di un lavoro e, lato imprese, supporto al recruiting. «Un servizio che ha un riscontro di forte impatto» spiega Covolo, tanto che «solo nel 2024 si sono iscritte oltre 6mila persone in città e diverse centinaia di aziende». A questo servizio ne viene poi associato un altro, sulla base dei dati sul mercato del lavoro della Provincia di Bari, per aiutare proprio chi rimane escluso da ogni tipo di aiuto: ovvero donne over 35 e uomini over 45. Ed ecco La Fatica!: «Queste persone non erano supportate da altri percorsi di matrice regionale di riavvicinamento al mercato del lavoro, come Garanzia giovani o il programma Gol, che colpiscono in particolare un target giovanile. Mentre dall’osservazione specifica per l’area metropolitana abbiamo visto che in particolare per le donne fuoriuscite dal mercato del lavoro o mai entrate – perché nel frattempo si sono dedicate alla famiglia e alla maternità – e per gli uomini usciti dal lavoro dopo una certa età, non c’erano programmi dedicati. E abbiamo deciso di orientare la sperimentazione di questi fondi, che erano destinati ai tirocini o borse lavoro, a questi target specifici fino ad ora esclusi da altre politiche attive del lavoro». Ai tirocinanti andrà, come detto, un rimborso spese mensile di 800 euro. «Abbiamo preso la soglia minima per l’indennità mensile che è disciplinata dalla legge regionale pugliese ed è di 600 euro» – la più alta, in effetti, di tutte le Regioni del Sud – «e l’abbiamo aumentata del 30 per cento», spiega Covolo: «Pensiamo che sia dignitosa, perché visto l’impegno orario significa che è superiore ai 10 euro l’ora per un’attività di apprendimento». Una scelta che lascia perplessi è quella di non richiedere alle aziende di cofinanziare lo stage. Un metodo spesso adottato per responsabilizzare maggiormente le imprese ospitali e convincerle poi a tenere i tirocinanti con dei veri contratti di lavoro, dopo aver investito anche economicamente su di loro. Questa volta no. «Chiediamo di garantire esperienze di qualità: che queste persone non siano messe a fare lavori ordinari», spiega il dirigente dell’ufficio Gabinetto del sindaco, «ma siano seguite da un tutor in azienda e che sia una vera esperienza di apprendimento per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro». Ovvero quello che normalmente un’impresa dovrebbe fare con uno stage – anche se, è vero, non sempre è così nella realtà. Ma insomma, quel che il Comune chiede sembra abbastanza il “minimo sindacale”: «Ogni impresa stipula con il Comune e con il tirocinante un progetto formativo individuale che si pone degli obiettivi propedeutici all’assunzione. Certo, non possiamo costringere le aziende ad assumere, ma crediamo che la costruzione di un progetto formativo in azienda di qualità possa essere uno strumento utile». Utile probabilmente non solo agli stagisti: le aziende ospitanti riceveranno anche per ogni tirocinio attivato un rimborso fino a 300 euro; e sopratutto potranno impiegare nel loro organico queste donne e uomini over 35 senza avere, al termine, obblighi di alcun tipo verso di loro, o penalità per non averli assunti.   Il bando sta riscuotendo consenso: nei primi dieci giorni dalla pubblicazione sono state ricevute circa 150 domande, con una buona distribuzione tra i generi e le classi di età. Anche perché oltre all’indennità mensile di tirocinio ogni partecipante può ricevere una ulteriore “dote di apprendimento” dell’importo massimo di mille euro, da usare abbastanza liberamente per la formazione extra e per acquisire nuove competenze. La scelta non viene però lasciata totalmente all’autonomia dello stagista: in fase di progettazione del piano formativo stipulato tra Comune, azienda e tirocinante si decide come investire questa dote, per esempio «se l’azienda osserva che lo stagista avrebbe più possibilità di avere poi un contratto se avesse anche una patente speciale», fa un esempio  Roberto Covolo, «in quel caso il tutor del Comune e quello dell’azienda suggeriranno al soggetto di investire la dote per un corso di patente di questo tipo». Il Comune non ha dubbi sull’efficacia del programma e ha anche fatto delle stime sull’inserimento finale di questi individui over 40 che derivano da esperienze di tirocini precedenti attivati sempre dall’ente locale – anche se su un target diverso, di under 29, e dalle rilevazioni nazionali Anpal sui tirocini per adulti nel periodo 2021. «Questi dati ci dicono che il 43 per cento di chi aveva concluso l’esperienza ha poi avuto un contratto di lavoro. Questo è su base nazionale e logicamente al nord è più alto che al sud, ma noi puntiamo a registrare un dato che sia prossimo al 40 per cento». Per quanto sul piano teorico il progetto abbia la finalità positiva di reintrodurre questi soggetti nel mercato del lavoro, i dubbi sull’opportunità restano. Primo fra tutti perché un contratto di tirocinio, come da sempre la Repubblica degli Stagisti ricorda, non è un vero contratto di lavoro. Quindi nessuna copertura in caso di malattia o di maternità, nessun giorno di ferie pagato, e sopratutto zero contributi. E tutto questo per una platea di destinatari già fuori dal mercato del lavoro, per giunta anche più che adulta, significa rendere ancora più incerto e magro il futuro pensionistico. D’altronde proprio l’Anpal, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, in un report del maggio dello scorso anno (“Le transizioni degli adulti. Esperienze di tirocinio extracurriculare degli over 35”) evidenziava questo aspetto, scrivendo che la grande maggioranza degli adulti che si approcciano a un tirocinio vive una discontinuità con il mercato del lavoro che, «interrotta o, in alcuni casi, mitigata dall’evento di tirocinio stesso, manifesta tutta la sua criticità sul piano contributivo e pensionistico così come sulla tenuta occupazionale e sulla manutenzione e sviluppo di competenze. Per i più adulti, dunque, più che la scelta di cambiare lavoro o di qualificare la propria carriera, l’esperienza di tirocinio sembra rientrare tra le strategie per riuscire a trovare un lavoro e/o arginare la propria posizione di marginalità rispetto al mercato o più banalmente di accedere a una retribuzione». Covolo spiega che questo strumento si affianca ad altri servizi di sportello «ed è da vedere all’interno di una strategia che non riguarda solo il Comune ma anche quello che fanno Regione e Stato. Pensiamo che su questi due target specifici c’è bisogno di un momento di incontro tra lavoro e imprese per fare una reciproca esperienza di conoscenza». E assicura che il programma sarà monitorato, «ci sarà anche una ricerca qualitativa e quantitativa dell’università di Bari per valutare se le nostre tesi sono state corrette». Resta il fatto che usare lo stage come modalità per offrire un’entrata economica e un po’ di formazione ad adulti disoccupati, senza un potente orientamento e incentivo all’inserimento professionale, non può essere la soluzione. Staremo a vedere quanti troveranno effettivamente un lavoro al termine del programma.  Ma i dati raccolti in questi anni dal ministero del Lavoro non lasciano spazio a grandi illusioni, dato che hanno dimostrato che lo stage non funziona granché, come volano all’assunzione, per chi ha più di 35 anni. Il caso Bari dimostrerà il contrario?Marianna LeporeFoto di apertura: credits Comune di Bari

Parità di genere: come rendere conveniente, oltre che giusta, la certificazione? Ci pensa un Manifesto

Ogni cambiamento parte da dentro, si dice. Ma come si fa, poi, a creare cambiamento anche fuori? È un tema importante per chiunque decida di agire positivamente per la collettività, perché poi ci si guarda intorno con frustrazione e inevitabilmente ci si chiede “Sì ma se qui mi comporto così solo io, avrò veramente un impatto?”.Questo vale non solo per le singole persone, ma anche per le aziende. Danone, per esempio, è virtuosa in molti campi (è parte dell'RdS network da oltre un decennio), e da 14 anni ha in atto una politica aziendale estremamente favorevole all'occupazione femminile e alla natalità, avviata nel 2011 con il “Baby decalogo” – una serie di buone pratiche per accompagnare le mamme e i papà durante l’esperienza della gravidanza e del rientro in azienda, adottata poi in tutte le sedi di Danone nel mondo. Più di recente, Danone ha anche sottoscritto il Codice di Autodisciplina per le imprese in favore della maternità promosso dal Dipartimento delle Pari opportunità (ad oggi gli aderenti sono 142).Dietro questo lavoro, che è anche finito citato nel bel saggio della demografa Alessandra Minello “Non è un paese per madri”, c'è la manager Sonia Malaspina, a sua volta madre in carriera, protagonista nel 2021 di un Ted Talk dal titolo “Come implementare la parità di genere sul posto di lavoro” e autrice del libro “Il congedo originale - Perché le aziende temono la maternità”, scritto a quattro mani nel 2023 con la collega Marialaura Agosta (qui la puntata del podcast della Repubblica degli Stagisti su questo libro) proprio per ripercorrere e divulgare l'esperienza di Danone in tema di valorizzazione delle madri lavoratrici.A marzo dell'anno scorso Danone ha ottenuto la certificazione per la parità di genere e ha deciso di rilanciare provando a coinvolgere i suoi 500 fornitori nel percorso, incentivandoli a prenderla a loro volta. L’intenzione di espandere a macchia d'olio l'adesione alla certificazione è stata messa anche nero su bianco in un accordo sindacale di secondo livello formulato insieme a Massimiliano Albanese, segretario nazionale della Fai Cisl (sigla sindacale che rappresenta circa 200mila lavoratori dell'agricoltura e attività connesse, compresa l'industria alimentare) firmato ufficialmente a gennaio 2024. L'accordo impegna Danone a inserire in tutte le sue gare di beni e servizi un criterio di premialità dal 5 al 10 per cento in favore delle aziende che hanno conseguito (o che conseguiranno nei successivi sei mesi) la certificazione per la parità di genere.Da cosa nasce cosa, e ora c'è un appello pubblico a tutte le aziende d’Italia, di tutti i settori, affinché adottino anche loro questa policy: si chiama “Il Manifesto per la parità di genere nella filiera italiana” ed è stato lanciato a febbraio di quest’anno, e poi ri-presentato in Sicilia in occasione del G7 Agricoltura e Pesca, a fine settembre, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.Oltre ad alcune delle aziende fornitrici di Danone, come per esempio il Pastificio di Chiavenna in Valtellina («quelli che ci fanno la pastina per i bimbi»), o Damiano («che produce mandorle per noi in Sicilia»), il settore farmaceutico è stato il primo a rispondere, con varie aziende aderenti: «Segno che hanno un maggiore presidio della loro catena di fornitura» riflette Malaspina, «cioè sono più avanzati nella volontà di trainare la catena del valore». Il che risponde anche allo spirito di una recente direttiva europea, la Corporate Sustainability Reporting Directive approvata a gennaio 2023, «che dice proprio che bisogna preoccuparsi della sostenibilità ambientale e sociale non solo all'interno della propria azienda, ma lungo tutta la catena». Un obiettivo che tocca potenzialmente tanti aspetti: «I diritti umani, il giusto salario, la sicurezza sul lavoro, l'ambiente. Ormai siamo tutti interconnessi e ognuno deve far la sua parte: le aziende capofila come la nostra hanno grandissimo peso nel far cambiare i comportamenti».Ovviamente c’è anche il tema del contrasto alla discriminazione di genere (secondo il Global Gender Gap Index 2024 del World Economic Forum l'Italia è in posizione pessima: 86esima su 146 Paesi nella classifica generale, e addirittura 111esima rispetto alla partecipazione delle donne alla vita economica e opportunità). Per questo, continua Malaspina, «in Danone ci siamo detti: ma noi, che come azienda ormai abbiamo raggiunto un ottimo livello, cosa possiamo fare di più?». Risposta: mettere a disposizione «l'esperienza, le pratiche, le policy, facendo in modo di stimolare la decisione» di fare la certificazione. Il che però dev'essere «assolutamente una decisione imprenditoriale: bisogna dire “mi interessa l'occupazione femminile, ci credo”, oppure no. È una scelta radicale che si fa a monte». Ma per chi decide di intraprendere questa strada, «noi siamo a disposizione con il nostro know-how».Il fattore-chiave del Manifesto per la parità di genere nella filiera italiana, promosso da Danone con il Winning Women Institute e la sua presidente Paola Corna Pellegrini, è proprio l'incentivo che va a valorizzare anche monetariamente la scelta di procedere con la certificazione. Senza incentivo, le parole rischiano di cadere nel vuoto: «Nel 2019 avevo scritto una lettera ai nostri fornitori raccontando i risultati delle policy di Danone sulla genitorialità» ricorda Sonia Malaspina, che all’epoca era direttrice HR di Danone e oggi ricopre il ruolo di direttrice Relazioni istituzionali: «Mi avevano risposto in tre su 500».Ci voleva uno strumento più forte, che nel Manifesto è formulato così: «In sede di gara viene valutata l’adozione, da parte del fornitore, di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della certificazione di parità di genere [...] L’ottenimento di tale certificazione darà una premialità stimata tra il 5 e il 10% della valutazione complessiva di gara». Insomma, là dove non arriva la moral suasion, si spera che funzioni il richiamo al portafogli: avere la certificazione può servire anche ad avere più probabilità di vincere appalti, ottenere commesse e clienti.Danone ha già incontrato per esempio i suoi dieci più grandi fornitori, chiamando a raccolta «amministratori delegati e amministratrici delegate» e loro diretti referenti, per una giornata di workshop sulla sostenibilità; e tutti e dieci «adesso sono dentro il processo di certificazione», anche ovviamente grazie alla premialità. In soli due anni sono già 16mila i siti certificati per la parità di genere: è diventata «la quarta certificazione in Italia in brevissimo tempo». Il Manifesto ha il significato di «dare lo stimolo alla propria catena», invitando a considerare la tematica. Ovviamente poi avere la certificazione non basta, in sé, per vincere una gara e diventare (o restare) fornitori di Danone, o delle altre aziende che l'hanno sottoscritto: «Ci sono altri criteri», conferma Malaspina, come «il prezzo, la qualità, le altre ISO, il livello, la tempestività: variano a seconda del bene o del servizio». Prevedere però punti aggiuntivi direttamente dipendenti dall'impegno verso la parità di genere sul posto di lavoro è importante, perché le gare sono «un fattore importantissimo per il business: per questo Danone ha voluto associare la parità con la competitività, la natalità con l'occupazione femminile: per generare consapevolezza».Anche i sindacati si stanno muovendo, proponendo alle aziende con cui sono in contatto di aderire; senza dimenticare che il Manifesto può anche essere sottoscritto dal terzo settore, dalle università, anche da persone singole che scelgono di diventarne “ambasciatrici”.Ad oggi le aziende firmatarie sono 23: accanto a Danone ci sono Andriani, Damiano spa, Edenred, Freshfields (studio legale che ha firmato non solo per la sua sede italiana, ma anche a livello mondiale), Impianti spa, Iocap, Ipsen spa, Isopren, Korian, Landoor, Lati spa, Lundbeck, Minsait (Indra Italia spa), Pastificio di Chiavenna srl, Operàri srl SB, Prolink srl, Sanofi, Teva Italia srl, Veritas spa, Way2Global, più le due start-up FlorenceCare srl e Pack.Importante sottolineare che qualsiasi azienda, di qualsiasi dimensione, può partecipare: quelle più piccole, che magari non hanno tanti fornitori e che non mettono su vere e proprie gare per selezionarli, possono concretizzare i principi della premialità meno formalmente, scegliendo magari di collaborare con aziende che hanno la certificazione per la parità di genere piuttosto che con aziende che non ce l’hanno: il ruolo dell’ufficio acquisti e di chi confronta e valuta i preventivi, anche nelle microimprese, è strategico in questo senso.Va aggiunto che ottenere la certificazione comporta dei costi, sia monetari sia di tempo e risorse – per esempio, bisogna fare il piano strategico sulla parità, e per questo servono consulenti in caso non si abbiano le risorse interne in grado di elaborarlo. Ma si tratta comunque di costi piuttosto contenuti; inoltre, in alcuni territori sono disponibili dei voucher a copertura di queste spese. «Si può verificare tramite le Camere di commercio» suggerisce Sonia Malaspina «perché a volte ci sono dei fondi, specie per le piccole e medie imprese».In un mondo del lavoro che strutturalmente penalizza le donne, non sorprende che ben la metà dei firmatari, cioè degli AD e manager che hanno firmato impegnando la propria azienda su questa policy, siano donne – forse in media più consapevoli dell’impatto sulle persone e sulle famiglie dei dati relativi alla presenza delle donne italiane nel mercato del lavoro. Come ricorda il preambolo del Manifesto, il tasso di occupazione femminile in Italia è fermo al 55%, venti punti sotto la media europea, e vi è un'alta probabilità di abbandono del lavoro da parte delle madri lavoratrici, dato che una italiana su cinque lascia il posto dopo la maternità. Si tratta di un fattore rilevante per i progetti di famiglia delle nuove generazioni: non è un caso che infatti in Italia il tasso di fecondità sia bassissimo, solo 1,2 figli per donna, contro l'1,53 della media europea. Iniziative come questa del Manifesto puntano a rendere più paritario il mondo del lavoro, evitando che le donne debbano ancor oggi, alle soglie del 2025, scegliere tra lavoro e figli.Qualche informazione in più sul Manifesto per la parità di genere della filiera italiana FONDATORI E FONDATRICIEnrico Gambardella Ermelinda Spinelli Fabrizio GavelliLetizia CaccavaleLuca CaponeMarilena Hyeraci Massimiliano Albanese Maurizio Del Conte Paola Corna Pellegrini Pietro Paolo Origgi Sonia Malaspina Stefania BallianaTonia Cartolano William GriffiniLista di aziende firmatarie, sostenitori e persone ambasciatriciAggiornata al 24 ottobre 2024AZIENDE FIRMATARIE IN ITALIA1) Danone, Fabrizio Gavelli – presidente e amministratore delegato Italia & Grecia2) Andriani, Mariangela Candido – HR Director3) Damiano spa, Riccardo Damiano – CEO4) Edenred, Michele Riccardi – HR Director5) Freshfields, Luca Capone – partner6) Impianti spa, Simona Castelli – COO e presidente CDA7) IOCAP, Edoardo Francesco Monopoli – Partner8) Ipsen spa, Alessandra Benevolo – HR Director Italy and South Europe9) Isopren, Marcella Bergamini – presidente e Chief Growth & Financial Officer10) Korian, Federico Guidoni – amministratore delegato11) Landoor, Adele Nardulli – owner & CEO12) Lati spa, Laura Riva – direttrice Risorse umane13) Lundbeck, Tiziana Mele – Managing Director14) Minsait (Indra Italia spa), Pedro Garcia Martin – legale rappresentante15) Pastificio di Chiavenna srl, Fabio Moro – amministratore delegato16) Operàri srl SB, Vittorio Gennaro – amministratore delegato17) Prolink srl, Rinaldo Pietro Platti – CO founder18) Sanofi, Laura Bruno – People & Culture Director19) Teva Italia srl, Veronica Magli – HR Country Lead Italia20) Veritas spa, Chiara Bellon – direttrice Risorse umane e organizzazione21) Way2Global, Laura Gori – founder & CEOAZIENDE FIRMTARIE A LIVELLO GLOBALE - Freshfields, Luca Capone – partnerAZIENDE START-UP- FlorenceCare srl, Aura Alejandra Mezu Mencilla & Rocco Ciracì – Chief Solution Officer & amministratore unico- Pack, Pietro Maria Picogna – CEOSOSTENITORI- Alfonsi Legal & Compliance Studio Legale, avvocato Antonella Alfonsi - Assessorato all’Istruzione, Formazione, Lavoro di Regione Lombardia, Simona Tironi – assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro di Regione Lombardia- Cottino Social Impact Campus, Cristina Di Bari - CEO- Diligentia ETS, Claudia Franceschelli – vicepresidente- Fidapa BPW, Roberta Giani – presidente sezione Monza e Brianza- Istud Business School SRL, Marella Caramazza – direttrice generale- NoiD Telecom APS, Cristina Carollo – presidente- Side by Side, Alessia Salmaso – co-fondatore e presidente- Women in Procurement- Associazione di Promozione Sociale “U Jùse APS”, Alessandra Neglia – presidente- Associazione Sloworking ETS, Vanessa Trapani – presidente- Professional Women’s Association Rome, Catherine Tondelli – presidenteAMBASCIATORI E AMBASCIATRICI- Cristina Di Loreto – psicologa psicoterapeuta, coach & trainer Ideatrice di Me First - Elisabetta Pesenti – founder & COO La Luna del Grano- Graziella Gavezotti – presidente Edenred Italia- Laura Donadoni – giornalista e fondatrice di The Italian Wine Girl e La Com Wine Agency - Licia Fagetti – marketing manager Pastificio di Chiavenna srl- Patrizia Brunetti – libera professionista, ex manager- Sonia Zappitelli – CEO & founder La Luna del Grano- Valeria Gangemi – HR director

Che vergogna, ancora stage gratis all'Onu: il Segretariato a New York in fondo alla classifica di qualità

Se proprio volete fare uno stage all’Onu, considerando che non si tratta di un’unica entità ma di una galassia con una ventina di agenzie e uffici tematici e condizioni di lavoro anche molto differenziate, il consiglio che vi diamo come Repubblica degli Stagisti è di avere l'accortezza di scegliere una delle prime nella classifica pubblicata dalla Fair internship initiative, perché più si scende più le condizioni offerte agli stagisti peggiorano. All’ultimissimo posto c’è proprio – che vergogna! – la sede simbolo delle Nazioni Unite, il Palazzo di Vetro a New York, luogo nevralgico per l'attività di questa organizzazione ed edificio inconfondibile immortalato in film e cartoline. È proprio lì, dove ha sede il Segretariato, che i diritti degli stagisti vengono platealmente calpestati, perché i tirocini sono ancora completamente gratis. Malgrado tutte le manifestazioni degli ultimi dieci anni.  È quanto emerge dalla versione aggiornata del Quality index – la terza dopo quelle del 2019 e 2021 – presentata qualche giorno fa durante la Giornata internazionale degli Stagisti. Negli ultimi tre anni diverse organizzazioni hanno rivisto le proprie policy riguardo i programmi di tirocinio, ma ancora nella galassia Onu esistono gli stage senza rimborso spese, nonostante molte sedi siano in alcune tra le più costose città al mondo, come appunto New York o Ginevra. Qui in coda all’articolo pubblichiamo l’intera classifica. Durante la lunga sessione online a Ginevra sono stati illustrati i risultati di una indagine condotta nel corso del 2023 su 611 persone impegnate in tirocinio in 49 differenti uffici delle Nazioni Unite sparsi in 88 paesi. La classifica è stata illustrata da Martin Schonk, di Fair Internship Initiative – campagna avviata nel 2015 da un gruppo informale di giovani ex o attuali stagisti alle Nazioni Unite con l’obiettivo di garantire stage equi e di qualità – e da Niall O'Higgins, ricercatore senior presso l’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani.  Quasi la metà dei rispondenti – circa 300 – erano stagisti presso il Segretariato. Gli altri erano distribuiti tra Undp, Unops, Unhcr, Unesco, WFP, Unicef, Ilo, Un Woman, Fao, Who, Iom, Wipo e in altre agenzie minori. L'indagine è stata condotta raccogliendo informazioni generali sugli intervistati, come l'esperienza di tirocinio e le condizioni socio economiche, e analizza quattro parametri: pari opportunità, processo di selezione, periodo di stage, completamento dello stage e sviluppo della carriera. Dalla graduatoria sono state escluse le agenzie con meno di dieci risposte  – e questa è la ragione per cui non tutta la galassia Onu è mappata.  Delle tredici agenzie in classifica, il primo posto è occupato da Wipo, seguita da Oms e Ilo. Mentre all’estremo opposto le ultime tre posizioni vanno all'Undp, Unesco e il già citato Segretariato. Rispetto alla classifica precedente, quella del 2021, tutte le agenzie rimangono più o meno nella stessa area della graduatoria, ad eccezione dell'Undp, piombata dal secondo all'undicesimo posto.  Quanti siano in totale gli stagisti ogni anno, pagati e non pagati, all'interno delle sedi delle Nazioni Unite però non è dato sapere: la Repubblica degli Stagisti lo scorso anno aveva fatto una stima di circa 5mila persone, ma a tutt'oggi si tratta di un numero che la FII non ha, come non lo ha nemmeno il neoistituito ufficio per i giovani delle Nazioni Uniti.  Durante la sessione online Sudha Balakrishnan, responsabile del coordinamento e della responsabilità del sistema delle Nazioni Unite presso l'ufficio per i giovani «creato da una risoluzione dell'Assemblea generale con un mandato trasversale per promuovere gli affari dei giovani in tutti i settori delle UN», ha illustrato alcuni dei risultati del rapporto “Tirocini nelle Nazioni Unite e revisione esplorativa” scritto per comprendere le politiche e le pratiche di stage presso l'ONU, i punti di forza e le lacune. Eppure nemmeno in questo rapporto c'è un dato sul numero totale di stagisti.  Pochissima trasparenza, dunque, sui numeri. Balakrishnan ricorda, però, che nella nuova strategia Onu 2020-2030 «siamo incaricati di migliorare la rappresentanza dei giovani alle Nazioni Unite anche aumentando e migliorando le condizioni di tirocinio e le opportunità di lavoro per i giovani, specie provenienti dai paesi in via di sviluppo». Una scelta dettata anche dal fatto che l'età media continua ad aumentare – è «attualmente a 46,1 anni». La posizione della responsabile dell’ufficio Onu per i giovani è ottimista perché l'anno scorso il Quinto comitato ha esortato il Segretario generale a considerare il Programma di tirocinio delle Nazioni Unite come parte integrante della sua riforma in corso, e ha richiesto che venisse presentata una revisione completa durante la 79esima Assemblea generale nel 2025. Ma la fotografia attuale in effetti non sembra così positiva.  Tornando al Quality Index, le prime tre posizioni sono occupate da Wipo, Who, Ilo che erogano ai propri stagisti una cifra pari ad almeno il 15 per cento dell'indennità giornaliera di sussistenza. La World Intellectual Property Organization ha ospitato negli ultimi quindici anni più di 700 stagisti, e nel corso del 2024 prevedeva un rimborso spese mensile tra i 1.600 e i 2.100 franchi svizzeri, a seconda si avesse una laurea di primo o secondo livello, mettendo a disposizione 50 posti di stage all'anno.  Al secondo posto c'è l'Organizzazione mondiale della Sanità, in inglese World Health Organization, che modula indennità mensile a seconda della sede di stage: per esempio, a Ginevra il rimborso spese previsto quest'anno era di circa 1.700 euro al mese, mentre a Lione era di 1.446 euro a cui si aggiungevano 10 euro al giorno per le spese del pranzo. E ogni anno ospita circa 700 stagisti. Al terzo posto, l'Organizzazione internazionale del lavoro, Ilo, la cui sede principale – il Segretariato – è a Ginevra; agli stagisti viene garantito un rimborso spese mensile di circa 2.600 euro, oltre a circa 50 euro al mese per coprire l'assicurazione medica. Tutte le altre agenzie sottopagano gli stagisti, o non li pagano proprio. Va specificato però che la classifica è stata stilata proprio mentre l'Unhcr stava riformando il proprio programma di tirocinio, con un aumento dell'indennità, e sia l'Unesco che i Segretariati delle Nazioni Unite sono in procinto di riformare il loro; motivo per cui la prossima pubblicazione potrebbe portare novità importanti. Nel frattempo i tirocinanti non pagati possono solo contare sul sostegno e i risparmi della propria famiglia, a volte necessario anche se si ha il rimborso spese. Dall'indagine emerge anche una decisa correlazione tra presenza di una buona indennità mensile e buona esperienza generale di stage. Cioè, le agenzie Onu che pagano i loro stagisti sono anche quelle più attente a offrire percorsi di stage di qualità. A conferma di questo alcuni dati: per esempio, metà degli stagisti senza indennità ha avuto meno supporto nell'inserimento in stage senza briefing dedicati, al contrario di chi l'ha ricevuta. Lo stesso anche per il supporto per visti e immigrazione: quasi tutti i tirocinanti pagati ricevono un aiuto adeguato, contro circa la metà di quelli non pagati. E poi c'è la questione della selezione: il report di FII evidenzia come dovrebbe esserci un sistema standardizzato per la selezione degli stagisti, con tempi certi sulle comunicazioni.  Qualcosa – con tempi biblici – sta però cambiando; e già nella prossima classifica, per esempio, l'Unhcr dovrebbe avere i numeri per riposizionarsi più in alto. Szylvia Farkas, responsabile delle risorse umane presso l'Unhcr ha infatti ricordato come a partire dal 2018 abbiano introdotto un'indennità per coprire le spese di vitto e alloggio, pari al 50 per cento del salario netto dei servizi generali di livello G3. Recentemente, poi, è stato anche previsto il rimborso per le spese di viaggio, indipendentemente dalla distanza.  Inutile dire che se si offrono posti di stage piuttosto che altrettanti posizioni di lavoro è sempre comunque per una questione di budget. E, infatti, in chiusura, Sharon Compton, capo della divisione Talent Management presso l’Ilo, l’ha addirittura rivendicato: «Abbiamo circa 100 tirocinanti l'anno all'Ilo. Se li convertissimo in posizioni formali P1 o P2 diventerebbero 25, e quindi 75 persone non avrebbero avuto questa chance».Gira e volta, la questione è sempre monetaria: in dieci anni alcune organizzazioni della galassia Onu hanno iniziato a pagare, altre hanno alzato il rimborso spese, ma ancora troppe prevedono la gratuità degli stage. Non resta che attendere l'Assemblea generale della primavera 2025: i tirocinanti di tutto il mondo stanno a guardare. Spetta ai “grandi” nei palazzi del potere non deluderli.     Classifica:   AGENZIA ONU  PUNTEGGIO TOTALE  WIPO  3,94  WHO  3,88  ILO  3,86  UNOPS  3,58  UNHCR  3,24  IOM  3,86  UNICEF  3,23  WFP  3,19  FAO  3,1  UN-Women  2,99  UNDP  2,84  UNESCO  2,66  All Secretariat  2,5    Marianna LeporeFoto di apertura credit: Andrea Visentin di FIIFoto in alto a destra: UN Photo/Andrea Brizzi  

Corte dei conti Eu, il 50% delle candidature proviene dall’Italia: sarà per i 1.600 euro al mese di indennità?

«La Corte dei Conti europea è il luogo ideale per svolgere un tirocinio. Avrai l’opportunità di lavorare sodo su cose che contano davvero e te ne andrai sapendo che il tuo lavoro ha contribuito a fare la differenza per il futuro dell’Europa e dei suoi cittadini»: lo slogan della European Court of Auditors non ha bisogno di ulteriori aggiunte per gli aspiranti stagisti italiani, che da molti anni ormai sono in cima alle domande di partecipazione. Per la sessione cominciata a ottobre di quest’anno l’Eca ha ricevuto 1.693 application: 902 dall’Italia, 289 dalla Spagna e 76 dalla Grecia, e poi tutti gli altri Paesi si sono spartiti le altre 426 candidature. Questo vuol dire che una percentuale enorme delle richieste, addirittura il 53 per cento, è arrivata proprio dal Bel Paese. Una costante nel tempo: anche per la sessione precedente, quella cominciata a marzo di quest’anno, sul totale di 1.949 richieste quasi la metà proveniva da italiani.Purtroppo, poi gli italiani che sono stati selezionati e stanno dunque effettuando proprio adesso questo stage sono solo 5 sui 27 – gli altri sono 3 olandesi, irlandesi, francesi e spagnoli; due lituani; e uno da ognuno dei seguenti Paesi: Repubblica Ceca, Svezia, Slovacchia, Romania, Portogallo, Polonia, Grecia e Cipro. Il fatto che il numero di selezionati da un certo Paese non sia necessariamente proporzionato al numero di candidature ricevute da quel Paese fa sì che la mole massiccia di candidature dall’Italia giochi purtroppo a sfavore dei nostri candidati: facendo un semplice calcolo aritmetico, gli italiani hanno solo mezza possibilità su 100 di passare, mentre per gli spagnoli la possibilità è doppia – una su cento – e per altre nazionalità ancor più alta: basti pensare che Olanda, Irlanda e Francia hanno ottenuto per la sessione in corso tre stagisti, pur avendo tutti e tre questi Paesi meno di 75 candidati: per loro quindi la probabilità di passare è stata, di fatto, addirittura una su tre.È andata un po’ meglio per il Belpaese nella prima sessione 2024, cominciata lo scorso marzo: in questo caso sui 972 italiani a sottoporre l'application ne sono stati selezionati sette. Il flusso maggiore di candidati da altri Paesi per questa sessione è provenuto poi dalla Spagna (260 candidati, due selezionati), e dalla Francia (178 candidati, due selezionati).  Per questa sessione di stage erano state ricevute anche 313 domande per tirocini senza rimborso spese, con l’Italia sempre in testa con 149 richieste, seguita dalla Francia con 44 e Spagna con 41. Alla fine, però, lo stagista selezionato è stato un irlandese.Perché gli italiani sono così numerosi? «Riteniamo che apprezzino molto la qualità, le condizioni e i vantaggi competitivi di uno stage presso la Corte dei Conti europea per il loro sviluppo personale e professionale», spiega Enrico Grassi, primo manager della divisione Risorse umane nonché responsabile delle selezioni. La Corte cerca però di distribuire geograficamente la selezione dei candidati, «poiché riteniamo che una distribuzione geografica equilibrata dei nostri tirocinanti e del nostro personale contribuisca a migliorare la qualità del nostro lavoro e della nostra istituzione. Per questo promuoviamo attivamente le opportunità di tirocinio in tutta l'Unione europea, sperando di attrarre un numero crescente di tirocinanti provenienti da tutti gli Stati membri e che la qualità e i vantaggi competitivi delle nostre offerte di tirocinio siano ampiamente riconosciuti in tutta l'Unione europea».Vantaggi non di poco conto, visto anche il solo rimborso spese: il revisore esterno dell’Ue, infatti, offre dal 2025 un’indennità di 1.600 euro al mese, salita ulteriormente rispetto ai 1.500 del 2024. Una scelta, spiega alla Repubblica degli Stagisti Damijan Fiser, vice portavoce della Corte dei Conti europea, «presa per aiutare i nostri tirocinanti ad affrontare meglio il costo della vita in Lussemburgo». Anche per il prossimo anno i posti a disposizione di stage saranno una sessantina, suddivisi in due sessioni. La prima per cui è possibile fare domanda – entro il 30 novembre – prenderà il via il primo aprile 2025 e durerà fino al 30 settembre. Per partecipare è necessario possedere tutti i sei requisiti richiesti: essere cittadini europei, aver completato una laurea triennale entro la fine di novembre di quest’anno, aver inviato la domanda attraverso il sito della Corte, non aver svolto uno stage in altre istituzioni europee, avere una conoscenza dell’inglese o francese a livello C1 nella comprensione, scrittura e parlato e non essere mai stati dipendenti in altre organizzazioni europee. Oltre al rimborso spese mensile la Corte dei Conti europea prevede anche il rimborso delle spese di viaggio di inizio e fine tirocinio sostenute dagli stagisti, per quanti abitano a più di 50 chilometri da Lussemburgo, con un tetto massimo per il solo viaggio di ritorno di 400 euro. Tutti i dettagli sono elencati nella Decisione numero 56 che regolamenta i tirocini approvata a fine settembre di quest’anno.Se selezionati si avrà un'attività a tempo pieno, quindi 40 ore a settimana, con la possibilità anche di essere in teleworking e con due giorni al mese di ferie, per un totale quindi su sei mesi di 12 giorni che possono anche essere accumulati e presi tutti insieme.  Per rispondere a molte delle curiosità e richieste dei giovani chevorrebbero prendere parte a questo stage e cercare di accogliere da quanti più Paesi possibili nuovi candidati, quest’anno a fine ottobre la Corte dei Conti europea ha organizzato anche una sessione informativa online a cui tutti potevano prendere parte per sottoporre le proprie richieste. Durante questo evento Annemie Turtelboom, economista belga fiamminga, ex ministra e oggi componente della Corte dei Conti europea, ha voluto evidenziare i vantaggi del fare uno stage in questa istituzione: «Abbiamo una serie diversificata di compiti, si ha la possibilità di lavorare in un’ampia varietà di settori», e, infatti, solo il sei per cento dei tirocinanti selezionati nel 2023 aveva una formazione finanziaria o contabile. «Quindi non siate pessimisti se avete un’altra formazione». C’è poi la questione delle dimensioni: «Il nostro staff è di circa 950 persone. Siamo una piccola istituzione in confronto alla Commissione Europea dove lavorano circa 32mila persone. Qui è molto facile lavorare a stretto contatto con i revisori senior, parlare con il direttore, incontrare un membro della Corte. Non imparerete soltanto dagli argomenti affrontati ma anche dalle persone con livelli di esperienza diversi». Oltre al vantaggio di una città ricca di attività culturali e sportive a solo due ore di distanza da Bruxelles o Parigi. «Candidatevi» ha ripetuto Turtelboom, «è difficile essere selezionati, ma se non ci provate non potete riuscirci».  Della stessa idea sulla Corte dei Conti Europea come un posto unico per cui fare un tirocinio è anche Enrico Grassi, che sottolinea come la Corte non sia «composta solo da revisori. Abbiamo un bell’organigramma con molte attività diverse». E snocciola i diversi profili reclutati nelle ultime sessioni di tirocinio: un quarto dei giovani provenienti da studi in legge, un altro da relazioni internazionali e un dodici per cento da studi economici. Forte anche il posizionamento delle specializzazioni in traduzione, fondamentale visto che tutti i report sono tradotti in tutte le lingue ufficiali delle Nazioni Unite.   Perché, quindi scegliere la Corte dei Conti?Perché è «un’istituzione in cui il tuo contributo conta. La possibilità di lavorare su vari argomenti e imparare di più, proprio perché è un ente piccolo. Una struttura organizzativa relativamente piatta, il che vuol dire più possibilità di incontrare figure di top management, come il nostro segretario generale o i direttori e responsabili principali. Siamo piccoli, pochi e dobbiamo essere bravi. In più la nostra è un’istituzione che viaggia molto. E in aggiunta daremo delle opportunità di lavoro realistiche dopo lo stage». L’Eca conta, infatti, di mettere a punto un programma per consentire agli stagisti una prospettiva più lunga di rimanere all’interno dell’istituzione europea. Tra le novità del 2025 c’è anche la partenza di un programma di stage separato di sei o 12 mesi, per cui prossimamente saranno date più informazioni, specifico solo sull’intelligenza artificiale.  Gli interessati possono compilare l’application form indicando in quali campi preferirebbero fare lo stage, inviando la domanda entro il 30 novembre. Da quel momento e fino al 31 gennaio avverranno le procedure di  preselezione, e a partire dal 1° febbraio i selezionati saranno contattati: se accetteranno, cominceranno lo stage il 1° aprile. L’ultimo consiglio prima di fare l’application è quello di fare i compiti: ovvero ricerche su quali settori far domanda, studiando anche quali opportunità si possono aprire in seguito. Un aiuto in questo senso possono darlo anche i social della Corte dei Conti europea: sulla pagina Facebook sono sempre pubblicate informazioni aggiornate, e sono anche disponibili i video di ex stagisti che raccontano la loro esperienza.Marianna Lepore

Giornata degli stagisti 2024, Eleonora Voltolina: abolire gli stage gratuiti e altre due priorità

La data è “ballerina”, ma la sostanza è sempre quella: ricordare i problemi degli stagisti e chi, in Europa e nel mondo, si batte per i loro diritti. La Giornata internazionale degli stagisti può essere riassunta così. La prima edizione, nel 2014, era stata il 18 luglio; poi per vari anni la Giornata è stata festeggiata il 10 novembre, fino a quest'anno in cui la Fair Internship Initiative ha deciso di indirla per oggi, giovedì 14 novembre. La Giornata ha come obiettivo principale quello di denunciare l'ingiustizia degli stage senza compenso, ancora troppo diffusi in tutto il mondo (Italia compresa). Lo slogan “unpaid is unfair” riassume bene il concetto: se non è pagato, non è equo. Perché i tirocini gratis lasciano fuori tutti quelli che non si possono permettere di trascorrere mesi in stage senza ricevere alcun compenso per il proprio tempo e impegno. Qui il messaggio della nostra fondatrice, Eleonora Voltolina, diffuso nei giorni scorsi su Instagram (anche attraverso l'account della Repubblica degli Stagisti – che vi invitiamo caldamente a cominciare a seguire, se non lo fate già!) per delineare le tre priorità per milgiorare il mondo dello stage in Italia: Voltolina auspica che anche ai tirocinanti curricolari italiani vengano presto garantiti diritti e trasparenza, in modo da non essere stagisti di serie B rispetto a quelli extracurricolari; che lo Stato divulghi i dati dettagliati dell'utilizzo dello stage in Italia; e infine, che ci sia tolleranza zero contro gli abusi e che le pubbliche amministrazioni siano le prime a dare il buon esempio, evitando i casi vergognosi denunciati nei mesi scorsi di stage gratuiti proposti da istituzioni prestigiose come la Camera dei deputati o il Ministero dell'istruzione.Molti passi avanti sono stati fatti in questi ultimi anni a livello europeo, basti pensare alla risoluzione con cui nell'ottobre 2020 il Parlamento europeo con 574 voti a favore, 77 contrari e 43 astenuti (tra gli astenuti italiani, tutti gli eurodeputati della Lega) ha approvato la proposta di “Risoluzione sulla garanzia per i giovani” condannando esplicitamente «la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti» e specificando che la gratuità «costituisce una forma di sfruttamento del lavoro dei giovani e una violazione dei loro diritti». O più di recente le proposte di direttiva e di raccomandazione per migliorare in tutta Europa le normative sui tirocini e dare più diritti agli stagisti, pubblicate dalla Commissione UE a marzo 2024: questo però è un lavoro rimasto a metà, che andrà completato in questa legislatura europea, riprendendo il discorso là dove è rimasto interrotto.Ma ancora c'è molta strada da fare: la FII ricorda che «i tirocini privi di compenso e di bassa qualità sono aumentati in seguito alla crisi finanziaria del 2010, e sono sempre più spesso privi di risultati educativi specifici e prospettive occupazionali. Questa tendenza rappresenta un sintomo del più ampio problema delle condizioni di lavoro precarie, che colpisce in modo sproporzionato i giovani e in particolare coloro che sperimentano molteplici cause di vulnerabilità». 

Stage a Lisbona, il bando per tirocini all'Agenzia europea delle droghe è aperto fino all'11 novembre

Un’agenzia europea che si occupa di prevenire i rischi legati all’uso di droghe. È l’Euda, European Union Drugs Agency, precedentemente nota come EMCDDA, con sede a Lisbona. Fino all’11 novembre ci si può candidare al programma di tirocinio. «I posti disponibili variano ogni anno: per questa edizione le vacancies sono 13» fa sapere alla Repubblica degli Stagisti Kathryn Robertson [nella foto], capo ufficio stampa dell’organizzazione. Il rimborso spese lordo è di 1330 euro mensili, esentasse salvo poi essere eventualmente decurtato in base sistema fiscale del Paese di origine. La quota «è pari al 25 per cento dello stipendio base mensile di un membro temporaneo del personale di grado AD5, livello 1, parametrato sul coefficiente di correzione».Una borsa che dovrebbe consentire uno stile di vita dignitoso, essendo il costo della vita in Portogallo più basso della media Ue. Più esattamente il livello dei prezzi è pari a 87,5 su 100, contro una media Ue del 105,1 (l’Italia è a 99) stando agli indici del 2023 elaborati da Eurostat. Per di più «chi proviene da fuori Lisbona ha diritto al rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno». Le spese mediche non sono coperte, ma – spiega il regolamento – c’è la possibilità di ottenere una copertura tramite la European Health Insurance Card. Le selezioni sono piuttosto serrate. «La media delle candidature è variabile, ma per esempio per quest’anno sono arrivate al momento 947 domande» aggiunge Robertson, che non fornisce alla Repubblica degli Stagisti dati sulla nazionalità degli applicants «per questioni di privacy sulle informazioni sensibili» (tutte le altre agenzie europee forniscono però senza problemi informazioni di questo tipo). Dal 2020, «quindi dal periodo del Covid, a oggi abbiamo osservato un aumento nel volume delle candidature ricevute». I posti disponibili per chi si volesse candidare sono distribuiti in diverse unità. Uno nel dipartimento del coordinamento scientifico, due nell’unità Rischi per la salute pubblica e sicurezza, altri tre negli uffici della Salute pubblica. E ancora un posto è nel reparto amministrativo, due alla Comunicazione, uno nell’ICT, e infine tre nel network per lo scambio di informazioni sulla droga in Europa. L’esperienza, per i selezionati, sarà un’opportunità per «sperimentare obiettivi e processi dell’integrazione europea, acquisire nozioni sul lavoro quotidiano dell’agenzia, mettere in pratica quanto appreso negli studi». Anche l’agenzia dal canto suo «beneficerà dell’apporto delle conoscenze scientifiche aggiornate dei neolaureati e delle prospettive di chi è fresco di laurea». I tirocini hanno una durata minima di sei mesi, che può estendersi fino a dodici. L’orario lavorativo è di otto ore giornaliere, ma è prevista una policy di flessibilità «in accordo con l’unità di cui si fa parte» chiarisce il regolamento. Le assenze consentite sono due giorni per ogni mese concluso di lavoro. Va infine presentato il certificato medico in caso di malattia che prosegua oltre i tre giorni.Per inviare l’application bisogna attivare un account sull’apposito sito. Quanto ai requisiti, si ripete il solito schema previsto per tutte le agenzie europee: serve un titolo di laurea almeno triennale, da documentare con la copia di un attestato ufficiale. Avranno preferenza i residenti di uno Stato membro, più Norvegia e Turchia, ma la possibilità di partecipare è estesa ai cittadini di qualunque Paese. Occorre conoscere la lingua inglese sia orale che scritta, «in quanto principale lingua di lavoro». Altre competenze linguistiche andranno dimostrate con relativa documentazione.Ci sono poi tutta una serie di competenze «desiderabili per uno stagista»: tra queste, «proattività, assistenza tra colleghi, capacità di stabilire priorità, concisione, attitudine al conseguimento di obiettivi». È imposta  la massima riservatezza sulle questioni con cui si avrà a che fare nel corso del tirocinio: «Gli stagisti non dovranno per nessun motivo riferire a terzi il contenuto di documenti o informazioni che non siano già stati resi noti, anche a seguito della fine dello stage» specifica il regolamento.Una volta ricevute le candidatura, il team delle Risorse umane realizzerà una prima scrematura in base alla corrispondenza con i criteri di selezione. Se necessario saranno organizzati colloqui selettivi. Ma se non si è ricontattati entro due mesi dalla chiusura dei termini per candidarsi, vuol dire che l’esito è stato purtroppo negativo. Da tenere a mente è poi che un percorso di tirocinio non dà adito a nessun canale privilegiato al fine di un’assunzione nell’organico EUDA. Ilaria Mariotti

Mille stage pagati dallo Stato, indennità mensile record: 1.700 euro al mese. Le aziende possono candidarsi

Poche ore ancora per le imprese italiane per rispondere alla call promossa dal ministero per lo Sport e i Giovani in collaborazione con Invitalia per ospitare fino a tre stagisti ad azienda e ricevere un rimborso di 10mila euro a stage. Intento dell’iniziativa è attivare 1.000 tirocini. Ai tirocinanti andranno 10mila euro lordi, suddiviso in sei mensilità, quindi circa 1.700 euro al mese. Una cifra in effetti inaudita in Italia: basti pensare che è pari al doppio dell'indennità mensile obbligatoria in Lazio, che è la regione italiana che ha fissato il limite più alto per il compenso obbligatorio da erogare ai tirocinanti extracurricolari. La cifra lascia a bocca aperta anche perché superiore perfino agli stipendi mediani dei lavoratori italiani. (leggete qui, la Repubblica degli Stagisti ha da sempre una posizione contraria agli stage completamente pagati dallo Stato e "regalati" alle aziende senza un loro contributo). Ma è anche vero che a caval donato non si guarda in bocca, e che questi soldi dovrebbero interamente finire nelle tasche dei beneficiari finali – gli stagisti. E inoltre, chi andrà a fare lo stage all'estero andrà certamente ad affrontare spese più ingenti.Il bando rientra nel Progetto Rete che vuole sviluppare «le competenze dei giovani, stimolando e accompagnando la loro vocazione imprenditoriale», e facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro. L’iniziativa si colloca nell’ambito dell’Anno europeo delle competenze promosso dall’Unione europea con l’intento di promuovere la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze per ottenere posti di lavoro di qualità.  Al momento è in corso la fase di selezione delle aziende: solo più avanti si passerà al reclutamento dei giovani. Possono, quindi, fare domanda le imprese italiane con almeno 30 dipendenti disposte ad ospitare per un periodo di sei mesi fino a un massimo di 3 stagisti, diplomati e laureati, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, presso le proprie sedi in Italia e negli altri paesi europei. La dotazione finanziaria totale dell’iniziativa è di 10 milioni di euro, con una riserva del cinquanta per cento, pari quindi a 5 milioni di euro, per gli stage attivati all’estero, in un paese dell’Unione europea. Ultima data utile per le aziende per partecipare attraverso la piattaforma online sono le ore 17 dell’8 novembre, salvo eventuali proroghe. È importante ricordare chem al contrario di altri bandi simili, questo non è un click day. Quindi tutte le richieste inviate entro questa data saranno valutate.  Obiettivo di questa manifestazione di interesse per le imprese, si legge nelle faq, è di «individuare le società interessate a offrire ai giovani di età compresa fra i 18 e i 30 anni un’esperienza di stage presso le proprie sedi»  e offrire a quanti vi parteciperanno «un’esperienza marcatamente formativa, che faciliti lo sviluppo delle loro competenze e il loro inserimento nel mercato del lavoro».  Da sottolineare, però, che per quanto il bando voglia sulla carta aiutare i giovani a trovare un’occupazione, di fatto non prevede un ulteriore beneficio o aiuto alle aziende che decideranno, eventualmente, di trasformare lo stage in un vero e proprio contratto di lavoro al termine dei sei mesi. Le imprese potranno quindi ottenere degli stagisti  “pagati dallo Stato” per un semestre senza alcun obbligo di doverne assumere nemmeno uno.  Il punto 6 del bando, infatti, precisa che il contributo economico «è unicamente finalizzato al conseguimento di una finalità di interesse generale, correlata allo svolgimento di un periodo di stage marcatamente formativo», quindi senza un obiettivo di inserimento in azienda e precisa anche che l’assegnazione del voucher (la somma mensile andrà comunque anticipata da ciascuna delle aziende partecipanti), è «ad esclusivo vantaggio dei giovani destinatari dell’intervento, non potendo in alcun modo rappresentare e/o generare un vantaggio economico per le attività imprenditoriali coinvolte». Questo significa che le aziende non avranno alla fine un surplus di guadagno o beneficio ulteriore.  Invitalia pubblicherà sul sito rete.giovani2030.it l’elenco delle società che soddisfano i requisiti con le relative esperienze di stage, l’indennità prevista e la sede. Nella scelta dell’assegnazione delle risorse, si darà priorità alle aziende che offrono stage all’estero, se presenti, nella porzione del 50 per cento dell’investimento. E nello stilare la graduatoria si darà ulteriore priorità a quelle esperienze all’estero che prevedono un cofinanziamento dell’impresa, ordinate in base al maggior ammontare del cofinanziamento. Subito dopo, saranno ordinate in graduatoria le offerte di stage in Italia, ordinate sempre in base al maggior ammontare del cofinanziamento.  Di fatto, quindi, avranno maggiori possibilità di essere selezionate le aziende che decideranno di mettere dei soldi di tasca propria oltre a quelli previsti da Invitalia. Quindi, pur non essendoci un obbligo a cofinanziare lo stage, in realtà chi non lo fa –  o lo fa con una cifra molto bassa – avrà meno chance di essere selezionato. Certo, bisognerà anche vedere quante aziende riterranno opportuno aumentare la già alta cifra del voucher; sopratutto considerando la disparità che si andrà inevitabilmente a creare con i “normali” stagisti, destinatari dei “normali” e ben più modesti compensi di stage.Il bando è aperto a tutte le aziende con oltre 30 dipendenti che non abbiano in corso procedure esecutive e/o concorsuali con finalità liquidatoria o di cessazione dell'attività d'impresa, e siano in regola con le disposizioni sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e non abbiano fatto licenziamenti, salvi quelli per giusta causa, nei 12 mesi precedenti l'attivazione dello stage. Né che abbiano in corso procedure di cassa integrazione straordinaria o in deroga.Se conclusa la fase della graduatoria non sarà possibile individuare un numero di voucher assegnabili pari a mille, Invitalia «si riserva la facoltà di riaprire i termini della Manifestazione imprese». Una volta conclusa questa fase, quindi anche con l’eventuale nuovo bando, sarà pubblicata la Manifestazione giovani per la raccolta delle candidature per gli stage disponibili. I giovani potranno presentare fino a due candidature, non più di una a tirocinio. Per farlo dovranno essere domiciliati in Italia, avere un’età tra i 18 e i 30 anni, una laurea triennale, magistrale o a ciclo unico, o un diploma tecnico superiore, o un diploma di istruzione secondaria superiore. Perché un programma che vorrebbe facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro, senza però garantire un contratto di alcun tipo al termine dello stage, preveda di coinvolgere per tirocini di sei mesi “giovani” fino a 30 anni non è dato sapere. Il ministero avrebbe potuto pensare a un’età limite più bassa o all’attivazione di altri tipi di contratto, come quello di apprendistato. Perché il rischio è che si finisca per incentivare aziende a fare stage anche a brillanti candidati prossimi ai trent’anni, magari già con esperienze lavorative alle spalle, lasciandoli poi tranquillamente a casa. Peraltro il bando non vieta nemmeno la possibilità per le aziende di effettuare una eventuale proroga dello stage, anche se esplicita nelle faq che «Invitalia non è coinvolta in tale decisione» e che «il voucher erogato copre esclusivamente lo stage attivato nell’ambito dell’iniziativa e non un eventuale rinnovo dello stesso». Dopo la chiusura della Manifestazione giovani sarà stilata da Invitalia una graduatoria in cui per ogni posizione sarà indicata l’esperienza di stage, con il nome dell'impresa ospitante, la sede e la descrizione dell’offerta, e i nominativi dei giovani che si saranno candidati per quell'offerta – fino a un massimo di quattro – inviando anche all’impresa l’elenco. A quel punto sarà l’impresa a scegliere tra i quattro chi potrà stipulare la convenzione di stage.  Così come per le imprese, è già prevista anche per la manifestazione giovani la possibilità di riaprire i termini nel caso non siano state coperte tutte le esperienze di stage. Una volta selezionati gli stagisti e avviato il tirocinio, le aziende saranno obbligate ogni mese a versare la quota parte dei diecimila euro di voucher totali allo stagista, pari a circa 1.700 euro, a cui andrà aggiunta l’eventuale cifra di cofinanziamento. Solo al termine dei sei mesi potranno chiederne il rimborso a Invitalia presentando un’apposita domanda di rimborso su una piattaforma che verrà predisposta per l’occasione.Per il momento ai giovani non resta che aspettare che si concluda questa prima fase per prendere poi parte alla selezione dei tirocinanti. Marianna Lepore

100 stage al WTO a 1400 euro al mese: ma attenzione, l'indennità non è alta come sembra

Mille e quattrocento euro al mese. È il compenso previsto per gli stage all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO, che sta per World Trade Organization). Possono sembrare molti, ma in realtà sono uno dei rimborsi più bassi, nell’ambito delle organizzazioni internazionali, specialmente considerando che la sede dell’ente – nato nel 1994 con lo scopo di siglare accordi commerciali vincolanti per gli Stati membri relativi al commercio di beni, servizi e proprietà intellettuale – è in Svizzera, dove il costo della vita è circa il triplo che in Italia. Per chi comunque fosse interessato, è utile sapere che esistono tre tipi di percorso: il WTO Internship Programme, il China WTO Accession Internship Programme e il WTO Support Programme for Doctoral Studies. A differenziarli sono sostanzialmente i destinatari: il primo è aperto agli studenti laureati provenienti da paesi membri dell’Organizzazione (quindi anche l’Italia), mentre gli altri due sono riservati a studenti post-laurea provenienti da paesi in via di sviluppo o meno sviluppati.«Il programma di stage è aperto tutto l’anno. Apriamo un bando per un anno alla volta e il numero di tirocinanti selezionati dipende da vari fattori, tra cui le esigenze dei vari dipartimenti» spiega alla Repubblica degli Stagisti Hye-Seung Lee, responsabile del personale e del reclutamento: «In base a queste richieste e alla disponibilità di risorse, l’Organizzazione mondiale del commercio assume gli stagisti nel corso dell’anno».  Per il tirocinio è previsto un rimborso spese giornaliero pari a 60 franchi svizzeri, compresi i fine settimana e le festività ufficiali che rientrano nel periodo selezionato.   Questo significa che in un mese lo stagista riceverà circa 1.400 euro (franchi ed euro al momento valgono più o meno lo stesso), una cifra alta per un tirocinio se parametrata con le indennità italiane, ma come si diceva assolutamente inadeguata considerando il costo della vita a Ginevra. Stando al sito ErasmusPlay per affittare una stanza a Ginevra la forchetta dei prezzi va da 740 ad addirittura 1600 franchi al mese. Bisogna peraltro evidenziare che il rimborso spese previsto dal WTO è rimasto invariato nel corso degli anni: già nel 2010 era pari a 60 franchi svizzeri giornalieri. A differenza di pressoché tutte le organizzazioni simili che nell’ultimo decennio hanno, invece, ritoccato al rialzo le indennità previste a favore dei tirocinanti.  A carico dei tirocinanti ci sono poi le spese di viaggio da e per il paese di provenienza, il vitto e alloggio, oltre all’assicurazione medica. In Svizzera, infatti, «è obbligatoria e gli stagisti sono responsabili di attivarne una prima di iniziare il tirocinio all’Organizzazione mondiale del commercio». Gli aspiranti stagisti italiani, però, almeno su questo possono stare tranquilli perché la Tessera europea di assicurazione malattia (TEAM), ovvero la nostra tessera sanitaria, grazie ad accordi tra i servizi sanitari europei può essere utilizzata anche in Svizzera, con un evidente risparmio delle spese.   Per fare domanda per lo stage, che può durare fino a sei mesi, bisogna prima di tutto controllare di avere tutti i requisiti: avere la nazionalità di un paese membro dell’Organizzazione mondiale della sanità, aver concluso gli studi universitari in una disciplina pertinente e aver terminato almeno un anno di studio post-laurea, avere un’età compresa tra i 21 e i 30 anni per tutta la durata dello stage. Se si hanno i requisiti, si può inoltrare la propria candidatura attraverso la piattaforma del WTO dedicata alle offerte di lavoro. Un elenco dei candidati idonei viene mantenuto per un anno, ma solo quelli selezionati vengono contattati.  Non esiste, e lo specifica il sito dell’Organizzazione mondiale del commercio, un periodo di reclutamento definito, quindi, l’ammissione al programma di stage è su base continuativa. Possono, però, esserci degli avvisi di posti vacanti specifici per posizioni di tirocinio che richiedono delle competenze particolari, pubblicate sul sito di reclutamento dell’organizzazione: per questo motivo conviene controllarlo periodicamente.  Visto che non esiste un unico giorno di inizio stage, «l’ufficio risorse umane organizza ogni mese un’introduzione dedicata ai tirocinanti», spiega Hye-Sung Lee: «Non c’è alcuna garanzia che uno stage porti a un altro contratto al termine del tirocinio. Tuttavia, abbiamo avuto alcuni stagisti che sono stati in seguito assunti con contratti temporanei». Secondo la funzionaria, «uno stage presso il WTO è importante perché offre l’opportunità di acquisire esperienza in un’organizzazione internazionale che si occupa del sistema commerciale multilaterale e anche perché la sede è a Ginevra, in Svizzera, dove ci sono molte altre organizzazioni internazionali: un grande vantaggio per espandere la propria rete».  Impara l’arte e mettila da parte, insomma: quel che si impara come stagisti può essere rilevante per una successiva domanda di assunzione a tempo determinato presso il Segretariato dell’Organizzazione mondiale del commercio o presso altre organizzazioni internazionali anche se, informazione evidenziata anche sul sito, «lo stage non dà diritto a un posto in altre sedi della Segreteria».   Al momento, nel corso del 2024, «abbiamo selezionato un po’ meno di 100 stagisti», dice Hye-Sung Lee senza però purtroppo fornire il numero di domande totali ricevute. Un po’ meglio di quanto succedeva una quindicina di anni fa quando, come raccontava la Repubblica degli Stagisti, i giovani selezionati erano stati solo 75, nel 2009, e addirittura meno, 63, nel 2008. Tutto, però, in linea con la pianificazione dell’Organizzazione che, infatti, nelle Faq dedicate al programma specifica che il numero dei selezionati varia di anno in anno ma che in media sono un’ottantina. All’interno delle stesse faq si legge anche che i tirocinanti hanno diritto a 2,5 giorni di assenza al mese, ma la richiesta deve essere prima approvata dal supervisore.Tutti gli incarichi che saranno assegnati ai tirocinanti «hanno lo scopo di migliorare la comprensione individuale dell’Organizzazione e della politica commerciale più in generale. La divisione a cui è assegnato il tirocinante determina la natura precisa del lavoro da svolgere». A questo punto per capire quali sono le possibilità conviene dare un’occhiata all’elenco dei vari dipartimenti, disponibile qui: sono 19 e si va dalla divisione Ricerca economica e statistica, che fornisce analisi economiche e ricerche a sostegno delle attività dell’OMC, alle Risorse umane, responsabile della gestione di oltre 700 tra dipendenti regolari e a contratto, dalla divisione Lingue, documentazione e gestione delle informazioni, che fornisce servizi di interpretariato e di traduzione, a Informazioni e relazioni esterne, che si occupa di comunicare le informazioni dell’Organizzazione a un vasto pubblico attraverso il sito web o le pubblicazioni o le riunioni con un pubblico selezionato. Se contattati per iniziare lo stage, all’arrivo in Svizzera bisogna poi registrare la propria posizione all’ufficio cantonale delle imposte, anche nel caso in cui non si intenda divenire effettivamente contribuenti in terra elvetica: è comunque necessario «contribuire alla previdenza sociale». Maggiori informazioni sono disponibili su questo sito. Marianna LeporeFoto di apertura: di Nicolas Nova da Flickr in modalità creative commonsFoto in alto a destra: di World Trade Organization da Flickr in modalità creative commons