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Niente più stage gratis al Parlamento europeo, il bilancio dei primi tre anni rimandato causa Covid

Doveva essere l’anno del bilancio, il 2022, per vedere quali effetti abbiano ottenuto le nuove regole approvate tre anni fa dal Parlamento europeo che hanno introdotto una serie di cambiamenti per i tirocini alle dipendenze dei deputati europei, tra i quali l’obbligo di un rimborso spese. Il Covid, però, ha bloccato tutto.Per molti mesi il lavoro dei parlamentari si è svolto a distanza, con la limitazione di accesso a un solo assistente per deputato e la conseguente riduzione anche per i tirocinanti, che non hanno affollato gli uffici ma svolto lo stage in smart-internshipping. E con i deputati che lavoravano per la gran parte in remoto, gli stagisti non hanno avuto l’opportunità di partecipare alle riunioni in presenza o agli eventi che pure caratterizzano questo tipo di tirocinio.Di positivo c’è che le nuove regole «non sono state minimamente messe in discussione né a livello di pressione sull’amministrazione né a livello politico» conferma alla Repubblica degli Stagisti Brando Benifei, 36 anni, eurodeputato e capodelegazione del Partito Democratico. Questo significa che di fatto oggi il rimborso spese obbligatorio anche per i tirocinanti dei deputati del Parlamento europeo è dato per assodato da tutte le correnti politiche. Una buona notizia: significa che c’è stato un cambiamento culturale e che certe situazioni magari prima tollerate dagli stessi deputati ora non si verificano più.Le nuove regole sono entrate in vigore nel luglio 2019, con l’inizio della legislatura in corso, dopo essere state approvate a marzo dello stesso anno, e hanno consentito un cambiamento epocale per i tirocinanti dei deputati: è ora obbligatorio erogare loro un rimborso spese mensile che non può in nessun caso essere inferiore a 800 euro al mese. «Il risultato ottenuto nella scorsa legislatura dall’Intergruppo Giovani, di cui ero copresidente, è stato eccezionale. Ci sono voluti oltre due anni di lavoro di advocacy per convincere dapprima i colleghi eurodeputati e poi il bureau di presidenza e l’amministrazione del Parlamento europeo che questo cambiamento era irrinunciabile e improcrastinabile» ripercorre Brando Benifei: «Si tratta di una vittoria di cui vado molto fiero, perché siamo partiti senza niente in mano e abbiamo ottenuto una riforma che ci permette di essere coerenti con quanto chiediamo al mondo del lavoro. Si trattava di essere giusti».Il confronto con gli stagisti assegnati agli uffici del Parlamento europeo, i famosi tirocini Schuman, era in effetti eclatante: i tirocinanti Schuman ricevono una borsa mensile che varia dagli 862 euro ai 1.900 a seconda del paese in cui si svolge lo stage,  attestandosi a 1.400 euro per quelli – i più numerosi – in Belgio.Da tre anni dunque le regole sono cambiate anche per i tirocinanti dei deputati e tutto grazie a un lungo lavoro cominciato nel 2017 dall’Intergruppo giovani, all’epoca guidato da Brando Benifei, in prima battuta attraverso una campagna per tirocini più giusti, #fairinternships, volta a fotografare la situazione in atto e soprattutto a lanciare un dibattito sul tema sensibilizzando non solo i deputati ma anche il mondo esterno, spesso ignaro di quanto succedesse. Poco prima era stato condotto un sondaggio tra i tirocinanti dei parlamentari europei e dei gruppi politici che aveva coinvolto più di 250 stagisti. Di questi quasi due su dieci avevano svelato di non avere alcun rimborso spese mensile, stesso rapporto per quanti avevano un rimborso variabile tra i 300 e i 600 euro al mese, che saliva tra i 600 e i mille solo per quattro stagisti su dieci.A quel punto è cominciato il lungo lavoro di dibattito per portare a una riforma che riguardasse il problema dell’indennità mensile, e che mirasse più in generale a dare maggiori tutele a questo tipo di stagisti. Il compito di decidere se cambiare o meno le regole spettava al bureau del parlamento, ovvero al presidente e vicepresidente allargato ai questori. Ed è qui che si è inserita l’opera di lobbying all’interno del bureau di presidenza da parte dell’Intergruppo giovani. «Sono partite le verifiche anche con l’amministrazione centrale per capire quali fossero le possibilità concrete in termini di legge per modificare queste regole. E lì è stato importante il grosso sostegno ricevuto dal presidente David Sassoli, che ha appoggiato questa riforma e consentito la revisione delle regole» ricorda Benifei. Le modifiche non riguardano solo l’aspetto economico, molto importante, ma tutta una serie di altri punti focali come la durata e le possibilità di rinnovo.Nel testo del documento approvato nelle premesse si legge che «I tirocini presso i deputati al Parlamento europeo contribuiscono all’educazione europea e alla formazione professionale» e che «È opportuno adottare norme e orientamenti comuni relativamente ai tirocinanti dei deputati per migliorare la qualità dei tirocini, in particolare per quanto riguarda (…) le condizioni di lavoro, compresa una remunerazione dignitosa».Nelle disposizioni generali all’articolo 2 si stabilisce che «i deputati possono avere contemporaneamente fino a tre tirocinanti alla volta» e che le loro funzioni «non possono, in alcun caso, essere di natura tale da sostituire l’impiego di un assistente parlamentare». L’età minima per l’ammissione a questo tipo di stage è fissata all’articolo 3 in «almeno diciotto anni alla data di inizio, per i tirocini sulla base di una convenzione con il Parlamento europeo». Età che può scendere a quattordici per i tirocini nello Stato membro di elezione «a condizione che il tirocinio si inserisca nel quadro di un’esperienza lavorativa da completare nell’ambito del loro corso di studi».Gli articoli decisamente più interessanti per gli stagisti sono quelli che vanno dal sei al dieci e che riguardano la durata e il rimborso spese. Nel nuovo rimborso spese si stabilisce che i tirocini possono durare dalle sei settimane ai cinque mesi consecutivi. C’è possibilità di proroga dello stage, ma non di rinnovo. Questo vuol dire che a stage in corso è possibile prorogarne la durata «per un massimo di quattro mesi consecutivi» anche con un deputato diverso, ma «non vi possono essere interruzioni o sospensioni tra la data menzionata nel contratto di tirocinio e la proroga». In totale, lo stage non può superare i nove mesi.La grande novità è contenuta nell’articolo 9 in cui si precisa che il tirocinante firma una convenzione di tirocinio con l’autorità competente presso il Segretariato del Parlamento. In pratica tutto il processo di firma del contratto di stage ora è a carico dell’amministrazione del Parlamento europeo – il che garantisce una verifica di regolarità maggiore.Di indennità mensile si parla invece all’articolo 10: l’importo è deciso liberamente dal deputato ed è compreso tra gli 838 e i 1.374 euro. La cifra minima è fissata a livello del salario minimo legale in Belgio, mentre il tetto massimo è fissato al livello medio della borsa per i tirocini Schuman. La cifra non è comunque fissa perché ogni anno gli stipendi sono indicizzati all’inflazione.Quando il deputato decide di prendere uno stagista può quindi decidere che cifra destinargli mensilmente. Il Parlamento europeo fornisce anche un’assicurazione malattia e infortunio per i tirocinanti. I deputati possono offrire anche uno stage da svolgere nel Paese membro del Parlamento, ovvero quello di provenienza: anche in questo caso si applicano le regole descritte fin qui.Diversa la situazione per le visite studio, per le quali non c’è obbligo di rimborso spese – ma nemmeno divieto: un emolumento può comunque essere dato a discrezione del singolo parlamentare. Cambiano però i tempi: la durata massima di una study visit è di sei settimane e prima di eventualmente farne una seconda devono passare dodici mesi. Questo per evitare che le study visit diventino una sorta di prodromo a un eventuale tirocinio. Se l'eurodeputato decide, nonostante l’assenza di un obbligo, di pagare lo stesso un contributo monetario al giovane, potrà darglielo con la formula una tantum e l'importo massimo è una mensilità della borsa per tirocini Schuman: in pratica il tetto massimo dei 1.374 euro per sei settimane.In attesa di poter fare un bilancio – che slitta a questo punto al prossimo anno – sui numeri e i risultati di questo provvedimento, le sfide si allargano al mondo esterno. «Il Parlamento sarà impegnato soprattutto a dare corpo al piano NextGenerationEU e farsi guardiano e promotore di quanto emerso dall’esperimento di democrazia che è stata la Conferenza sul Futuro dell’Europa» conclude Benifei: «L’eredità più importante che dobbiamo saper raccogliere e quella di organizzare stabilmente la consultazione delle giovani generazioni sulle politiche europee. A partire da due iniziative concrete: la proposta di direttiva europea sul salario minimo europeo e quella di direttiva sui lavoratori delle piattaforme digitali, attualmente in discussione».Marianna Lepore

Ministri e assessori vogliono che gli stage curricolari continuino ad essere gratis: le audizioni

Gran parte del mondo politico non vuole dare diritti ai tirocinanti curricolari. Nelle audizioni dei giorni scorsi sulla proposta di legge ora in discussione alla Camera sono emersi molti no all’indennità ai tirocinanti curricolari. La motivazione addotta più di frequente: «sono studenti di scuola superiore!». Peccato che invece la proposta di legge escluda dal perimetro di azione gli studenti delle superiori. Le audizioni del 21 e del 23 giugno, protagonisti rappresentanti delle regioni e il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, lasciano perplessi non solo per la contrarietà al rimborso spese (minimo!), previsto dal provvedimento ma anche per il fatto che obiettano su qualcosa che la proposta di legge nemmeno prevede: l'obbligo di indennità per i minorenni impegnati in stage "in alternanza", quelli che oggi si chiamano pcto. Tanto che viene da chiedersi: hanno letto il testo prima di andarlo a commentare in audizione alla Camera? Hanno ben presente cosa sono i tirocini curricolari? Si rendono conto della differenza tra un tirocinio curricolare svolto da uno studente universitario e uno svolto da un allievo di scuola superiore in alternanza? L’articolo 8 della proposta, infatti, prevede che ai tirocinanti spetti «il rimborso integrale per le spese di trasporto, di strumentazione e, qualora il tirocinio superi le cinque ore giornaliere, di vitto, a carico del soggetto ospitante» e al comma 2 che «ai tirocinanti maggiorenni, a decorrere dal secondo mese del tirocinio, è corrisposta un'indennità omnicomprensiva pari a un minimo di 300 euro, a carico del soggetto ospitante, salvo che la convenzione non disponga diversamente». È evidente, quindi, che gli studenti delle scuole superiori impegnati in tirocini curricolari previsti dal piano di studi non  guadagneranno il diritto di ricevere un emolumento mensile. Nell’audizione presso la Sala del Mappamondo di Montecitorio le Commissioni riunite cultura e lavoro della Camera hanno ascoltato giovedì 23 il ministro Bianchi, che ha avanzato la sua contrarietà al rimborso spese affermando che «il tirocinio curricolare non configura un rapporto di lavoro ma non configura neanche in un’altra forma un’attività surrogatoria di lavoro o di stesso avviamento al lavoro». Nella sua lunga illustrazione Bianchi ha spiegato che a suo avviso non dovrebbe esserci un grande coinvolgimento didattico da parte delle imprese nei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Ptco) perché «è chiaro che quando su attività che sono strettamente legate ad attività educative dovessimo far si che colui che riceve deve anche versare 300 euro al mese, questo ci bloccherebbe le attività didattiche». Aggiungendo poi che per quanto riguarda gli istituti tecnici superiori, cui è dedicata una riforma da poco approvata in Senato, «ho insistito che si passasse dal 30 al 35 per cento le ore di tirocinio. E ora devo imporre a un’impresa una remunerazione di un’attività didattica di questa natura?». Il ministro sembra assolutamente convinto che tutte le imprese rifiuterebbero: «Questo ci rende impossibile raggiungere il target del raddoppio degli iscritti nell’anno prossimo», previsto tra l’altro dal Pnrr.Peccato che ci siano già molte imprese che, pur non essendo obbligatorio per legge, prevedono già adesso una indennità a favore degli stagisti curricolari. Non è affatto impensabile, quindi, che un'azienda che accoglie in tirocinio uno studente riconosca il valore del tempo e dell'impegno che quello studente-stagista, pur in formazione, sta dedicando alla struttura che lo ospita, e lo faccia erogando una piccola indennità mensile. Questa legge semplicemente chiederebbe a chi ancora non lo fa di cominciare a farlo.Bianchi, però, è anche andato oltre. E in chiusura di intervento ha esposto un calcolo sulle spese che il Governo dovrebbe affrontare qualora la normativa sui tirocini curricolari venisse approvata. Prendendo in considerazione la nuova norma approvata in Senato sulla formazione dei docenti, che prevede un tirocinio di 240 ore (pari a 6 settimane a tempo pieno), e le assunzioni fatte ad ora e le prossime in ambito scolastico, il ministro ha affermato: «Avremo 300mila persone che dovranno frequentare le nostre università nei prossimi due anni e non è pensabile che le nostre scuole e università siano in condizione di versare 300 euro al mese per 400mila tirocinanti. Comporterebbe una copertura da parte della ragioneria che mi impedirebbe di porre il problema perché non c’è copertura». Nel corso dell’audizione è intervenuta anche Rosa Maria Di Giorgi di Forza Italia che, pur riconoscendo che sarebbe giusto dare un riconoscimento all’impegno dei giovani, ha sottolineato la difficoltà per soggetti pubblici e imprenditoriali di sostenere le spese. Valentina Aprea, anche lei Forza Italia, che già nelle scorse settimane aveva espresso contrarietà verso l’indennità obbligatoria agli stagisti curricolari, in questo caso però ha aggiunto che almeno il rimborso spese per il trasporto e per il vitto qualora lo stage superi le cinque ore dovrebbe essere mantenuto a carico del soggetto ospitante; una posizione più o meno condivisa da Elena Murelli della Lega e da Carmela Bucalo di Fratelli d'Italia. In chiusura di audizione è intervenuto Manuel Tuzi, relatore insieme a Massimo Ungaro del provvedimento che ha precisato come l’indennità di cui si sta parlando è relativa ai maggiorenni quindi ai percorsi universitari, «mentre per i rimborsi per i pasti o eventuali spostamenti si parla di cifre estremamente inferiori», come a puntualizzare che le paure degli esborsi monetari avanzate dal ministro non siano fondate. Tuzi ha anche sottolineato che la prospettiva dell’eventuale riduzione del numero dei tirocini dovuti all’obbligo di indennità è incongrua rispetto a quello che oggi raccontano i dati ufficiali. «Da quando è stato inserito un minimo di indennità il numero di tirocini extracurriculari è aumentato, quindi abbiamo un trend esattamente opposto. Noi parliamo con dati e fatti alla mano, quindi nonostante i timori, i dati oggi mostrano una situazione diversa. Dobbiamo tenerlo in mente quando ci sarà la scadenza emendativa».Non è solo il ministro Bianchi ad essere contrario al provvedimento: esso non sembra riscuotere pareri positivi nemmeno da parte dei presidenti delle Regioni. Tanto che un paio di giorni prima dell'audizione del ministro di fronte alle Commissioni lavoro e cultura di Montecitorio c'era stata quella dei rappresentanti della Conferenza delle regioni. E già lì era emersa una notevole insofferenza verso i nuovi diritti per gli stagisti curricolari previsti nel testo. Ad illustrare le rimostranze delle Regioni in quel caso è stato in videoconferenza Claudio Di Berardino, assessore del Lazio e coordinatore della Commissione istruzione della Conferenza delle Regioni. Di Berardino ha affermato che la proposta di legge non è perfettamente in linea con le finalità dell’istituto e che «ci sono una serie di norme che orientano lo strumento verso scopi occupazionali e di inserimento nel mercato del lavoro che dovrebbero essere invece residuale, visto che i tirocini curricolari sono per natura svolti nell’ambito dei percorsi formativi». Ed ecco l'elenco delle cose che a Di Berardino non stanno bene: «L’introduzione di un’indennità economica a favore di un tirocinante, la soggezione dei tirocini curricolari alla comunicazione obbligatoria, la costruzione di un sistema di premialità che favorisca i soggetti ospitanti che al termine del percorso assumano i tirocinanti». Misure che migliorerebbero la vita di decine di migliaia di giovani ogni anno. Eppure secondo l'assessore «queste regole e gli aggravi economici rischiano di scoraggiare le imprese ad ospitare giovani in tirocinio». Specificamente sul fronte indennità, la motivazione addotta è che introducendola si «rischia di creare più un lavoro povero anziché promuovere occasioni formative di valore». Di Berardino però si schiera anche contro una misura completamente a costo zero, e cioè l'introduzione dell'obbligo di comunicazione obbligatoria anche per i tirocini curricolari. Questo è invece un aspetto importantissimo, visto che ad oggi non ci sono dati certi in Italia su quanti ogni anno ne siano attivati, ma solo stime di massima. Senza quindi capire quale sia la reale platea dei destinatari. L'assessore laziale ha infine ricordato che «sono in corso i lavori per la predisposizione delle nuove linee guida in materia di tirocini extracurricolari», consigliando «pertanto di attendere i contenuti per scrivere una disciplina dei tirocini curricolari che sia coerente con la direzione intrapresa dagli extracurricolari». Su questo punto è intervenuto Massimo Ungaro, Italia Viva, relatore del provvedimento, osservando come la richiesta di attendere la formulazione di nuove linee guida per i tirocini extracurricolari prima di scrivere quelle sui curricolari sia totalmente in antitesi con l’altra osservazione delle Regioni, che a voce alta hanno più volte preteso di mantenere distinti i due tipi di stage. Ungaro ha ricordato che l’introduzione di un’indennità non restringerebbe le possibilità di tirocinio offerte dalle imprese: chi sostiene questo «ignora quanto è successo per gli extracurriculari. Otto anni fa è stato introdotto il rimborso spese obbligatorio e otto anni dopo sappiamo bene che il numero degli stage extracurriculari non è diminuito ma è esploso. Quando si fanno queste affermazioni» ha detto il deputato di Italia Viva, «bisogna tenere conto anche di questi dati». In chiusura ha parlato Tuzi invitando tutti a «osservare il fenomeno dei tirocini curricolari al netto dei numeri dei ragazzi che sono a scuola» e citando le stime: «tra i 150mila e i 200mila tirocini. Questi sono dati più o meno ufficiali. La valutazione effettiva» della proposta di legge, al netto degli allarmismi, «da un punto di vista economico deve essere commisurata sul numero attuale dei tirocini». Le Regioni – e ancor più il ministero dell'Istruzione – dovrebbero fornire i dati sui quali basano questi pareri tanto negativi. Eppure finora non l'hanno fatto. La sensazione, di fronte a questo fuoco serrato per affossare la proposta di legge che finalmente darebbe qualche diritto e qualche garanzia in più anche ai tirocinanti curricolari, è che ci sia una significativa parte della politica che vuole continuare con la pratica dei tirocini curricolari senza indennità, e che per evitare che questa proposta di legge vada in porto sta sollevando obiezioni poco fondate. Marianna Lepore

Boom dei tirocini dopo il Covid, usciti i dati ufficiali

Il 2021 segna un record di attivazione di tirocini. Dopo la battuta d’arresto del 2020, quando a causa della pandemia il numero di tirocini extracurricolari attivati si era ridotto di circa un terzo rispetto agli anni precedenti e a livello numerico le attivazioni si erano fermate a 234mila, il 2021 riparte col botto, quasi che i datori di lavoro volessero fiondarsi a recuperare il tempo perduto.Nel Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie appena pubblicato dal ministero del Lavoro vi sono alcuni – sempre troppo pochi… – dettagli sui tirocini partiti nel corso del 2021, cioè attivati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre del 2021 (alcuni dei quali dunque sono ancora in corso.Il numero totale di tirocini è appena appena al di sotto dei 330mila: per la precisione 329.551. Come di consueto sono più numerosi nelle Regioni del nord (oltre 185mila) rispetto al Mezzogiorno (quasi 87mila) e al centro (57.500).Tecnicamente c’è stato un +40% di attivazioni di tirocini rispetto all’anno precedente: ma ovviamente questo non ha grande importanza, dato che l’anno precedente in questione era il 2020, funestato dalla pandemia di Covid, dove a lungo moltissime attività sono rimaste chiuse e dove l’attivazione di tirocini è stata addirittura fermata in quasi tutte le Regioni tra aprile e maggio.Un confronto più interessante è quello con il 2019, in cui i tirocini attivati erano stati moltissimi: quasi 356mila. Da questo confronto emerge che nel 2021, primo anno post-pandemia, i tirocini sono stati soltanto il 7% in meno che nel 2019, ultimo anno pre-pandemia.Il rapporto indica anche le differenze regionali: un vero boom di stage extracurricolari nel 2021 si è verificato in Piemonte (+50,3% rispetto al 2020), Toscana (+47,4%), Lombardia (+47,1%), Basilicata (+46,9%), Valle d’Aosta (+46,4%), Campania (+44,2%), Friuli-Venezia Giulia (+44,0%), Lazio e Liguria (+43,5%) e Marche (+42,6%). Invece in Calabria si registra solamente un +1,4% e in Sicilia solo un +29,3%. Ma questo non sorprende la Repubblica degli Stagisti che già l’anno scorso, analizzando i dati relativi al 2020, aveva notato e evidenziato come queste due Regioni, specialmente la Calabria, non avessero avuto un calo di stage coerente con la pandemia, chiedendosi anche come fosse possibile che in territori certamente non baciati dalla piena occupazione il mercato dei tirocini fosse riuscito a reggere in maniera così straordinaria.Per quanto riguarda la distribuzione delle opportunità per genere, dei 330mila stage del 2021 il 49,3% è stato a favore di donne e il restante 50,7% a favore di uomini. Pur trattandosi sostanzialmente di una parità, il lieve incremento delle opportunità per i maschi non deve essere preso sottogamba.Rispetto alla percentuale di assunzione post stage, il Rapporto è come sempre estremamente parco di informazioni. «Il numero dei rapporti di lavoro attivati a seguito di una precedente esperienza di tirocinio è stato pari a poco più di 121 mila» si legge, «di cui il 43,1% derivante da tirocini conclusi nello stesso anno». Come abbiamo evidenziato nella grande inchiesta dell’anno scorso sulle probabilità di essere assunti dopo uno stage, si tratta di informazioni sommarie, imprecise e abbastanza inutili. Basti pensare che il ministero conteggia le assunzioni avvenute dopo stage svolti anche anni prima (fino addirittura a tre anni prima!). Quindi il dato diventa ancor meno significativo.Il ministero avrebbe invece, proprio grazie alle comunicazioni obbligatorie (di cui questo Rapporto è appunto un compendio!), la possibilità di fornire dati molto più dettagliati sulle assunzioni post stage, dove avvengono, per chi, in quali settori. Perché non lo fa, malgrado i numerosi appelli della Repubblica degli Stagisti e non solo, resta a tutt’oggi un mistero.Una piccola buona notizia contenuta nel Rapporto è quella relativa ai tirocinanti adulti-anziani, il cui numero nel 2021 è certamente ripreso rispetto al 2020, ma in maniera più blanda. Dei 330mila stage del 2021 meno di 50mila hanno riguardato persone con più di 35 anni, in particolare 40.305 tra i 35 e i 54 anni e 9.595 over 55. Si tratta di una lieve contrazione rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia, quando gli stagisti 35-54enni erano stati addirittura quasi 49mila – quindi la diminuzione nel 2021 rispetto al due anni prima è pari a meno 17% – e gli stagisti con oltre 55 anni erano stati quasi 10mila (qui la riduzione è solo un 2% in meno purtroppo).

Tirocini, nuove regole sulla contestualità territoriale per chi fa percorsi curricolari come operatore socio-sanitario

Se arrivate dalla DataRoom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, l'approfondimento giusto cui quell'articolo vuole indirizzarvi è questo: Tirocini solo per persone in difficoltà? Le prime Regioni dicono noSe l'argomento vi interessa, suggeriamo anche:- Tirocini, il Veneto fa ricorso: «Irragionevoli» i criteri proposti dal governo- Nuove regole per i tirocini, anche Puglia e Sicilia non le vogliono troppo rigideE per saperne di più sulla efficacia degli stage per entrare nel mondo del lavoro, qui la nostra grande inchiesta di qualche mese fa, con moltissimi dati inediti:- Probabilità di assunzione post stage, il grande approfondimento della Repubblica degli StagistiC’è grande fermento nel mondo dei tirocini: per gli stage extracurricolari dovrebbero essere approvate nuove linee guida secondo quanto prescritto in legge di bilancio 2022, ma le Regioni non sembrano d’accordo e il Veneto ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale, come la Repubblica degli Stagisti ha raccontato.Anche in ambito tirocini curricolari, però, sembra che questo possa essere l’anno della svolta. Sta per entrare in fase emendativa il testo unico nato dall’unione di vari disegni di legge proposti da differenti gruppi politici (il primo a farlo è stato Massimo Ungaro di Italia Viva già nel 2018) che se approvata porterà grandi cambiamenti, primo fra tutti l’obbligatorietà di un rimborso spese mensile. Intanto qualcosa è già cambiato, a fine aprile, in termini di linee guida per gli stage all’interno di un percorso di formazione. È stato raggiunto un accordo tra le Regioni e le Province autonome relativo alle modalità di svolgimento dei tirocini curriculari nell’ambito di corsi di formazione regolamentati.Nel testo approvato è stata introdotta una piccola variazione riferita alle figure degli operatori socio sanitari e prevede «la possibilità di effettuare il tirocinio in una Regione diversa da quella dove si è effettuato il corso di formazione, previo parere positivo preventivo rilasciato dalla Regione ospitante». Il testo è andato a integrare quanto già previsto in Conferenza delle Regioni in un documento approvato a novembre dello scorso anno. In quella occasione le regioni e province autonome avevano approvato due accordi sulla formazione a distanza: il primo sulle linee guida per il suo utilizzo nelle professioni regolamentate una volta terminato lo stato di emergenza; il secondo sulle modalità di svolgimento dei tirocini curricolari nell’ambito di corsi di formazione regolamentati. Quest’ultimo accordo serviva per dare una «disciplina omogenea delle modalità di svolgimento dei tirocini, nei casi in cui le norme richiedano la frequenza obbligatoria di un corso di formazione, di cui il tirocinio è parte integrante (tirocinio curriculare), per poter svolgere un’attività economica o professionale o esercitare una professione».  Questo perché, spiegava il documento, l’esito della formazione in questi casi ha valore e spendibilità su tutto il territorio nazionale e quindi è necessaria l’uniformità di regole in tutte le Regioni.Nel documento di novembre si affermava che di norma il tirocinio curricolare, così come la parte teorico pratica, si svolge nel territorio della regione o provincia autonoma che ha autorizzato il percorso e che lo stage deve essere effettuato in presenza. Ci sono, però, dei casi di deroga a questo regolamento, anche alla luce dei due anni di pandemia Covid. Situazioni in cui risulta impossibile svolgere il tirocinio nella medesima Regione che ha autorizzato il corso.  Il provvedimento di novembre individuava quattro casi di deroga ma stabiliva anche che queste «non si applicano ai percorsi per l’acquisizione della qualifica di operatore socio-sanitario, che pertanto devono essere realizzati interamente nel territorio dell’Amministrazione responsabile». Questo significa che al contrario delle altre situazioni, in cui nell’interesse dell’utenza è possibile derogare al principio di contestualità territoriale dell’intero percorso formativo, il giovane che frequentava un corso per operatore socio sanitario era obbligato alla formazione pratica lì dove aveva svolto anche quella teorica. Le cose, invece, cambiano con l’accordo approvato nella seduta del 28 aprile: la Conferenza delle Regioni e province autonome ha previsto un’integrazione riferita proprio alla figura degli operatori socio-sanitari, con la possibilità di effettuare il tirocinio in una Regione diversa da quella dove si è effettuato il corso di formazione, previo parere positivo preventivo rilasciato dalla Regione ospitante. Il tirocinio deve essere effettuato in presenza ma ci sono delle deroghe a cui possono ricorrere le Regioni, anche se non c’è un obbligo. Quelle che decidono di applicarle si assumono anche la responsabilità della gestione e controllo dell’intero percorso garantendone la conformità agli standard nazionali. Ai quattro casi di deroga già individuati a novembre dello scorso anno, ora si aggiunge una novità: per i corsi di operatore sociosanitario, la necessità del «parere positivo preventivo delle Regioni/province autonome ospitanti, che ricevono la richiesta da parte della Regione/provincia autonoma responsabile».  Sarà invece possibile per gli aspiranti oss eventualmente richiedere di derogare al principio di contestualità territoriale dell’intero percorso formativo – come per tutti gli altri studenti in tirocinio curricolare – in situazioni di «vicinanza al luogo di residenza dell’utente, dell’impresa o di altra struttura ove realizzare il tirocinio, situate in territori diversi ma confinanti con quello della Regione responsabile», questo per gli evidenti costi di frequenza abbattuti per il giovane; o per «assenza anche temporanea nel territorio della Regione responsabile di strutture ove realizzare il tirocinio», in questo caso lo stage può essere effettuato in una impresa di qualsiasi altra regione o provincia autonoma.Un'altra possibile deroga riguarda le situazioni «di (temporanea) non attivazione di corsi di formazione obbligatoria in un dato territorio per assenza di atto di recepimento della disciplina del percorso nell’ordinamento regionale o per indisponibilità di offerta formativa», in questo caso lo stage può essere svolto a distanza nel territorio di residenza del giovane, ma la formazione teorica va svolta parzialmente o integralmente in presenza.Piccole variazioni, importanti, in attesa di avere finalmente una legge che regolamenti a livello nazionale i tirocini curriculari e garantisca a questi stagisti l’ambito rimborso spese. Marianna Lepore[Foto a destra di ThisisEngineering RAEng, tratta da Unsplash][Foto di apertura di nodstrum in modalità Creative Commons credit to lyncconf.com/]

Tirocini, il Veneto fa ricorso: «Irragionevoli» i criteri proposti dal governo

Poco meno di quaranta giorni: tanto manca alla deadline per il varo delle linee guida che dovrebbero limitare i tirocini extracurriculari. E arriva la mossa della Regione Veneto che, contestando le indicazioni che il Governo ha inserito nell’ultima legge di bilancio, presenta ricorso alla Corte Costituzionale. Il processo di scrittura delle nuove regole da parte delle Regioni ora si ferma, in attesa della pronuncia della Corte.La legge di bilancio 2022 ha dato alle Regioni 180 giorni per formulare nuove linee guida per l’attivazione dei tirocini extracurriculari, chiedendo di circoscriverli alle persone con difficoltà di inclusione sociale. In realtà il dibattito in Conferenza Stato Regioni è fermo al palo. Solo otto – Campania, Abruzzo, Liguria, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Sicilia e Puglia –  hanno ad oggi risposto alle domande della Repubblica degli Stagisti, e si sono tutte dichiarate concordi nel non voler creare una disciplina troppo rigida. In questo contesto di “protesta” delle Regioni si cala il ricorso del Veneto. La giunta regionale, infatti, con la deliberazione numero 148 del 2022 ha autorizzato il Presidente –  il leghista Luca Zaia – a promuovere ricorso per illegittimità costituzionale. È bene precisare che i punti sollevati non riguardano esclusivamente la questione dei destinatari degli stage extracurricolari, ma in generale la decisione del governo Draghi di legiferare su un tema di competenza “residuale” (così si dice in gergo tecnico) delle Regioni. Nel testo della delibera di giunta si legge infatti che «i criteri previsti per la determinazione di tali linee guida sono idonei a limitare in modo cogente e irragionevole la competenza regionale esclusiva in materia di formazione professionale, con conseguente violazione dell’articolo 117, comma 4, della Costituzione della Repubblica Italiana».  L’articolo in questione prevede che la formazione professionale rientri tra le materie di legislazione concorrente per le quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».Il comma 721 della legge di Bilancio – da cui nasce lo scontro tra governo centrale e Regioni – prevede, invece, che si trovi un accordo per definire nuove linee guida sui tirocini extracurriculari «secondo criteri che ne circoscrivano l’applicazione in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale». Ed è proprio questo il pomo della discordia. La Regione Veneto osserva come l’applicazione dei tirocini extracurriculari circoscritta in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale «esclude alla radice la possibilità di introdurre in sede di accordo o di attuazione dello stesso ogni diversa scelta formativa che le regioni intendessero intraprendere»  venendo meno al «principio di leale collaborazione di cui all’articolo 120 della Costituzione, solo all’apparenza rispettato, ma nella sostanza eliso dalla legge statale».In pratica, osserva la Regione Veneto (che proprio pochi mesi fa aveva bocciato una mozione presentata dalla minoranza – a prima firma Vanessa Camani del Partito Democratico – che chiedeva un impegno della Regione per limitare l'abuso dei tirocini), il provvedimento governativo non lascia libero arbitrio nella riscrittura delle linee guida perché, chiedendo esplicitamente di restringere l’applicazione dei tirocini ai soli “soggetti con difficoltà di inclusione sociale”, obbliga di fatto a limitarne l’uso a una platea molto limitata, senza lasciare alle Regioni la libertà di decidere sfumature diverse nell’applicazione. L’unica soluzione alternativa sarebbe forzare il concetto di soggetti con difficoltà di inclusione sociale, allargandolo, come già l’assessore al lavoro della Regione Siciliana Antonio Schiavone aveva ipotizzato nella sua risposta alla Repubblica degli Stagisti – «ampliandone l’accezione a donne, disoccupati di lunga durata, soggetti con disabilità, giovani con meno di trent'anni e lavoratori ultracinquantenni». In entrambe le situazioni, però, si rischia di esagerare: nel primo caso si avrebbe un numero limitatissimo di tirocini extracurriculari, nel secondo si finirebbe per includere in un’unica categoria di “vulnerabili” un’eterogeneità di soggetti – alcuni dei quali tutt'altro che vulnerabili, e a nessun rischio di esclusione sociale.Secondo l’ultimo studio condotto nel novembre 2021 dall’Osservatorio di Veneto Lavoro, ente regionale a cui sono attribuite le funzioni di direzione e monitoraggio della rete pubblica dei servizi per il lavoro, ogni anno nella Regione sono attivati oltre 40mila tirocini. Questo tipo di esperienza si rivela un efficace strumento di inserimento lavorativo visto che a «un anno dalla sua conclusione il 76 per cento dei tirocinanti trova lavoro o attiva un nuovo stage».Nel report che analizza il quadriennio 2016-2020 si legge che dei circa 165mila tirocini conclusi nel quadriennio in esame, in 126mila hanno avuto un nuovo contratto di lavoro o un nuovo stage nei 12 mesi seguenti. Nel 2019, per esempio, il numero totale di tirocinanti è stato di 30mila, di questi hanno avuto uno sbocco occupazionale entro un mese dalla fine dello stage in 19mila, in quasi tre quarti dei casi nella stessa azienda in cui hanno svolto il tirocinio.Non è la prima volta che lo Stato si occupa di tirocini e che le Regioni si “ribellano” interpellando la Corte Costituzionale perché sanzioni l'invasione di campo. C'è il  precedente del ricorso che nel 2012 Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Umbria e Sardegna fecero all'articolo 11 del decreto legge 138/2011 sugli stage, che aveva escluso i diplomati e laureati da oltre dodici mesi dalla possibilità di fare questo tipo di percorsi, e che aveva ridotto a un massimo di sei mesi la durata di tutti gli stage extracurriculari. In quella occasione la Corte aveva accolto il ricorso stabilendo che la normativa in esame costituiva «un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni». Ma la situazione adesso è diversa? La valutazione è in mano ai giudici della Corte, che dovranno decidere se accogliere o meno il ricorso. Se dovessero accoglierlo, di fatto le attuali linee guida resterebbero in vigore e quanto prescritto in legge di Bilancio non avrebbe più valore.Se invece decidessero di mantenere quanto previsto dal Governo, allora il dibattito in Conferenza Stato Regioni riprenderà lì dove al momento si è arenato: chi sono i soggetti con difficoltà di inclusione sociale? E dalla risposta a questa domanda, quindi dall’interpretazione restrittiva o meno del concetto di “difficoltà”, dipenderà il futuro di questo strumento di inserimento lavorativo.  Marianna Lepore

Puglia, verso un compenso minimo più alto per gli stagisti: la promessa dell'assessore

«La richiesta è assolutamente legittima e di buon senso». Così Sebastiano Leo, assessore al lavoro della Regione Puglia risponde alla polemica lanciata sui social, e poi ripresa poi da i media locali, dai giovani pugliesi dell’Associazione Radici 021, che chiedevano alla Regione «di aumentare l’indennità minima regionale per questione di dignità e rispetto» e così facendo «assumersi la responsabilità ed evitare di condannare intere generazioni alla precarietà». Non è solo una richiesta monetaria, ma una vera e propria campagna social per ricordare che «i tirocini extracurriculari, nati come strumenti di politiche attive per l’inserimento ed il reinserimento di soggetti svantaggiati disoccupati e inoccupati, senza alcuna limitazione anagrafica, nel corso del tempo sono divenuti una vera e propria gabbia di sfruttamento e precariato». Da qui la richiesta avanzata da Radici 021 ai rappresentanti della Regione «di battersi affinché siano escluse dalle materie oggetto di tirocinio le attività basilari e ripetitive», per superare «il meccanismo del tirocinio a vita» e impegnarsi per potenziare «il contratto di apprendistato in quanto via d’accesso al mondo del lavoro più tutelante e formativa del tirocinio».Ad ognuna di queste richieste risponde alla Repubblica degli Stagisti l’assessore Sebastiano Leo. «L’indennità di tirocinio è fissata da una legge regionale del 2013 ormai superata», precisa, aggiungendo che «è opportuno riflettere su un suo adeguamento su cui il mio assessorato sta per formulare una nuova proposta ma che poi dovrà passare dal Consiglio regionale che ne ha competenza essendo una legge regionale. Non corrisponde al vero però, l’affermazione secondo cui la media tra le regioni italiane delle indennità di tirocinio sia pari a 800 euro, che rappresenta invece il picco raggiunto solo dalla Regione Lazio che ha adeguato la sua normativa nel 2019». La media, aggiunge l’assessore, «è un range variabile tra i 500 e i 550 euro». Al momento, secondo le informazioni reperibili anche nell’ultima guida Best Stage della Repubblica degli Stagisti, infatti, la Puglia ha un rimborso spese mensile di 450 euro al pari di Veneto, Emilia Romagna, Umbria e Basilicata, meglio di Calabria e Sardegna che garantiscono 400 euro e di Trentino e Sicilia, ferme a 300. Ma in ogni caso il rimborso spese è più basso di Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Marche e Campania ferme a 500 euro, Abruzzo, Molise, Valle d’Aosta e Piemonte a 600 euro e del Lazio, unica eccezione virtuosa a 800 euro. La Regione Puglia si pone quindi in un range medio basso, anche se condiviso con molti e non tra i peggiori. Ma più che puntare su un aumento dell’indennità, l’assessore ribatte che la cosa importante, ora, «È capire insieme se e come il tirocinio rappresenti ancora lo strumento formativo idoneo all’ingresso nel mercato del lavoro».La seconda richiesta dei giovani pugliesi è quella di escludere le attività basilari e ripetitive tra le materie oggetto di tirocinio e potenziare il contratto di apprendistato per l’ingresso nel mondo del lavoro. «Sono assolutamente d’accordo» conviene l’assessore: «Nonostante lo strumento del tirocinio nel periodo prepandemico abbia consentito a migliaia di giovani pugliesi, soprattutto tramite il programma Garanzia Giovani, esperienze formative trasformatesi in contratti di lavoro, penso che l’apprendistato oggi rappresenti la formula migliore dal punto di vista delle tutele per l’ingresso nel mercato del lavoro, sul piano remunerativo e soprattutto in termini di sicurezza sul lavoro. Ed in questo senso la Regione Puglia si sta muovendo». L’intenzione, infatti, è quella di proseguire con quanto cominciato dal 2019, ovvero avvisi pubblici per sostenere la formazione nell’ambito del contratto di apprendistato professionalizzante e di terzo livello. Per garantire, quindi, un accesso al mondo del lavoro con un vero contratto, dei contributi, un percorso di crescita all’interno delle aziende.«Quello che trovo davvero insopportabile e ingiusto è il lavoro mascherato da tirocinio» rilancia Leo: «L’abuso di uno strumento formativo che, in alcuni casi, nasconde un vero e proprio sfruttamento di manodopera senza il giusto corrispettivo, confondendo l’indennità con lo stipendio, senza le tutele che un contratto di lavoro può garantire. È questa la grande differenza con l’apprendistato», aggiunge l’assessore «che invece rappresenta un contratto di lavoro a tutti gli effetti». Sotto questo punto di vista, quindi, Regione e associazione Radici 021 sembrano essere sulla stessa lunghezza d’onda: quella del favorire l’apprendistato a discapito del tirocinio che - per quanto i numeri definiti dall’assessore “positivi” con più di 18mila neet pugliesi che hanno trovato occupazione nell’ambito del programma Garanzia Giovani, di cui quasi il quaranta per cento a tempo indeterminato - può spesso camuffare uno sfruttamento senza alcuna prospettiva lavorativa.Qualsiasi nuova decisione da parte della regione Puglia dovrà però prima aspettare la stesura delle nuove linee guida per tirocini extracurriculari, al momento sul tavolo nel dibattito in Conferenza Stato Regioni. È dunque troppo presto per prevedere e decidere come eventualmente restringere il campo di attivazione del tirocinio a favore dell’apprendistato, visto che le ultime informazioni riguardo le nuove linee guida provengono dal testo della legge di Bilancio che limita “l’attivazione dei tirocini extracurriculari alle persone con difficoltà di inclusione sociale”. «Una definizione tanto condivisibile quanto generica», osserva Leo. «Mi pare evidente la necessità di approfondire e definire meglio ai diversi livelli istituzionali quanto previsto dalla legge, specie in tema di destinatari della misura. Se l’obiettivo della norma è quello di disciplinare meglio i confini dello strumento al fine di evitare abusi, di garantire una corretta esperienza formativa in luoghi di lavoro salubri e sicuri, noi siamo certamente d’accordo». Resta da capire come mai la Puglia non abbia mai adeguato la normativa in materia di tirocini extracurriculari alle Linee guida approvate nel 2017, lasciando in vigore una legge datata 2013, e ritrovandosi oggi con regole che hanno quasi dieci anni. L’intenzione dell'assessore Leo, oggi, è quella di evitare i tirocini-sfruttamento, come richiesto anche da Radici 021, e di spingere di più verso l’apprendistato. La differenza tra i due percorsi non è di poco conto: «Se svolgo un’attività di formazione in un ambiente produttivo, in linea con il mio percorso di crescita professionale e per un periodo limitato, sto arricchendo innanzitutto il mio bagaglio di conoscenze nel mondo del lavoro e risulta utile a un mio orientamento professionale» chiude l'assessore: «Questo è il caso del tirocinio extracurriculare. Se invece presto lavoro, produco valore aggiunto all’impresa, sebbene in un contesto di apprendistato, questo va remunerato secondo la legge». Con un vero contratto di lavoro, una vera retribuzione e i contributi previdenziali, e non con uno stage.Marianna Lepore   Foto di apertura: da Lyncconf.com modalità creative commons

Bene Assicurazioni entra nel circuito di aziende virtuose RdS: “Alla ricerca di giovani per il nostro team digital native”

La Repubblica degli Stagisti dà il benvenuto nel suo network a una nuova azienda. Bene Assicurazioni è «una giovane compagnia assicurativa in forte crescita e con una marcata impronta tecnologica»: così la presenta ai lettori il fondatore e presidente Andrea Sabìa: «Vogliamo allargare il nostro team, offrendo un percorso lavorativo e formativo allettante per i giovani».Sabìa si potrebbe definire un “imprenditore seriale”: a 57 anni ha già fondato tre società. Nel 1994, a soli trent’anni, aveva creato il Gruppo Mit - 4G Holding, la prima rete italiana di distribuzione al dettaglio di Telecom, guidandola poi per quasi un decennio, fino al “way out” con la cessione ad un fondo di Private equity. Nel 2003 era stata la volta di Tua Assicurazioni, compagnia danni controllata dal Gruppo Cattolica, per il quale aveva già lavorato nel ruolo di amministratore delegato nelle società Duomo Previdenza, Cattolica Investimenti SIM, Unione Vita e Persona Life. A fine 2016 è arrivata l’ultima creatura, Bene Assicurazioni appunto. Il Gruppo ha due gambe: la compagnia assicurativa Bene, con sede a Milano in via Valtorta, che opera in tutti i principali rami danni, compresa la RCA, in maniera “nativa digitale”; e poi Fit, «il nostro incubatore di idee e hub tecnologico», a Seregno, in provincia di Monza e Brianza. Formalmente il Gruppo è costituito da tre ragioni sociali – Bene Assicurazioni spa, Fit srl e bService scarl – e occupa ad oggi 72 dipendenti, di cui 45 a tempo indeterminato, cui si aggiungono 25 collaboratori.In Bene i giovani possono cominciare attraverso un’esperienza di stage curricolare, che prevede una indennità mensile di 500 euro, oppure extracurricolare, e in questo caso il rimborso sale a 700 euro al mese. Tutti gli stagisti ricevono anche un notebook aziendale, e gli extracurricolari anche i buoni pasto. Se scatta la giusta alchimia, alla fine del percorso formativo si passa a un contratto di apprendistato professionalizzante: «In entrambi i casi i giovani sono seguiti da figure professionali di comprovata esperienza» dice Sabìa: «Organizziamo in aggiunta eventi e percorsi formativi per l’aggiornamento professionale e la formazione on the job», non solo per i dipendenti ma anche per gli stagisti: «Siamo convinti che l’esperienza nasce sul campo, giorno dopo giorno, prendendo consapevolezza delle proprie competenze e incontrando sfide stimolanti che arricchiscano il proprio bagaglio personale e professionale».Bene Assicurazioni cerca sopratutto persone appassionate di innovazione: «Giovani che abbiano il desiderio di affrontare il cambiamento accelerato della trasformazione digitale e le sfide di un “team digital native”»; il requisito base è «aver voglia di crescere a livello professionale e umano all’interno della comunità dei “Benefitters”». “Benefitters” è il modo in cui l’azienda chiama i suoi collaboratori e racconta i suoi valori sui social network con l’hashtag #beabenefitter: «I Benefitters si dividono in senior manager e giovani talenti» spiega Sabìa: «Un gruppo di persone che coprono diversi ruoli aziendali, da figure tecniche a specialisti delle cauzioni e a professionisti delle nuove tecnologie e dell’amministrazione».Oggi Bene ha numerose nuove posizioni per le quali è alla ricerca di candidati: «Stiamo assumendo in molti nostri dipartimenti e aree aziendali, dal growth hacker all’artificial intelligence e il machine learning, fino ai claims expert e agli underwriter, preposti a valutare gestire rischi con tecniche di risk management e risk engineering» conferma il fondatore: «In futuro, considerata la vertiginosa crescita della compagnia, cercheremo persone interessate anche ad altri ruoli professionali, più assimilabili alle figure dei business developer».L’adesione al network della Repubblica degli Stagisti è avvenuta sulla base di una convergenza valoriale: «Al nostro interno ogni attività si fonda su tre valori principali: fiducia, approccio “full stack” e sviluppo professionale» riassume Sabìa: «Incoraggiamo i giovani a sperimentare nuove soluzioni, a collaborare con i professionisti di tutti i servizi aziendali e ad acquisire così nuove competenze trasversali». Questo approccio di valorizzazione dei giovani e investimento sulle loro capacità è quello che ha fatto guardare Bene Assicurazioni verso l’RdS network, scegliendo «di sostenere la Repubblica degli Stagisti e di poter conoscere e interagire, attraverso questo portale, giovani che abbiano il desiderio di affrontare la sfida di diventare i nuovi membri del nostro equipaggio di Benefitters».

Generation4Universities, cento posti per imparare a entrare nel mondo del lavoro

Si chiama Generation4Universities ed è un’iniziativa, nata lo scorso anno, destinata a studentesse e studenti universitari di talento, finalizzata all’inserimento in un programma della durata di sei mesi finalizzato a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. È promossa da Fondazione Generation Italy e McKinsey & Company, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, la partnership tecnica di Mentors4U, organizzazione no-profit di mentoring gratuito, e SHL, società specializzata nella misurazione del talento, e il patrocinio della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.Il programma, che si svolge totalmente online – purtroppo la Fondazione Generation Italy non ha potuto condividere, per motivi di policy interna, con la Repubblica degli Stagisti informazioni rispetto al budget stanziato per il progetto e alla lista di aziende con cui è prevista la collaborazione, in quanto gli accordi sono in fase di finalizzazione – è rivolto in particolare a studenti delle università italiane iscritti all’ultimo anno di corso della laurea magistrale in Ingegneria, Economia, Lettere, Filosofia e Lingue, che siano in corso di studio e abbiano una media ponderata non inferiore a 28/30. 100 i posti disponibili, la scadenza per la presentazione delle candidature attraverso il sito dedicato al progetto è il prossimo 1 maggio.Obiettivo è fornire agli studenti competenze tecniche e “soft” utili ad affrontare l’inizio di un percorso professionale. Al termine del programma, tutti i partecipanti sosterranno almeno un colloquio per posizioni di stage con una delle aziende aderenti al progetto.Nel corso dei sei mesi i partecipanti effettueranno dieci giorni di formazione online su competenze trasversali, comportamentali e attitudinali e di approfondimento su conoscenze acquisite durante il percorso universitario. A seguire sono previsti, fino a luglio, un percorso di mentorship individuale e seminari professionalizzanti con i senior manager delle aziende partner. Le lezioni si terranno online. e saranno dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18 a partire dal 9 maggio per due settimane consecutive. I quindici docenti hanno competenze diverse, tra soft e tecniche. A queste ottanta ore di lezione online si aggiungeranno complessivamete duecento ore di mentorship, divise tra ciascun partecipante – quindi circa due ore ognuno.I candidati dovranno compilare un test online composto da quattro sezioni: logica induttiva, logica deduttiva, matematica e aspetti attitudinali. La domanda di partecipazione deve essere corredata di una lettera motivazionale (lunga al massimo cinquecento parole). Chi supera questa prima selezione effettua poi un colloquio individuale.«L’iniziativa è dedicata a tutti quei giovani universitari che, nonostante il talento e l’impegno, non vedono riconosciuto il proprio potenziale sviluppo professionale a causa di ostacoli esterni, quali un contesto socio-economico sfavorevole, la mancanza di sostegno nell’orientamento professionale e l’assenza di un’adeguata mentorship» spiega alla Repubblica degli Stagisti Claudia Luongo, marketing&mobilization manager di Generation4Universities: «L’obiettivo è avvicinare i giovani laureandi all’universo lavorativo offrendo loro quelle competenze soft e tecniche fondamentali per intraprendere la loro carriera. Inoltre, tramite i seminari professionalizzanti, i partecipanti hanno l’opportunità di entrare in contatto con ceo e senior manager di alcune importanti aziende italiane e di chiedere loro dettagli sul percorso professionale e sulla posizione ricoperta in azienda e comprendere, al contempo, se quella può essere una strada da intraprendere».Il fatto che l’iniziativa si sia svolta – e continuerà a esserlo – completamente a distanza non ha rappresentato un ostacolo, anzi: «Il fatto che il corso sia online ha facilitato gli studenti provenienti da tutti gli atenei d’Italia a gestire meglio gli impegni personali o universitari».Alla prima edizione «hanno partecipato settanta giovani, equamente distribuiti in termini di genere, 35 e 35, e provenienti da una trentina di università italiane. Ventidue aziende, nazionali e internazionali, hanno preso parte al progetto in qualità di partner e sono state erogate oltre centocinquanta ore di mentorship individuale. A oggi 58 giovani hanno avviato il loro percorso lavorativo, sette hanno deciso di intraprendere altre carriere, tra cui quella accademica con il dottorato di ricerca, e cinque stanno ancora sostenendo i colloqui con le aziende in quanto prossimi al completamento del ciclo di studi».La Repubblica degli stagisti ha raccolto l’esperienza di un partecipante della prima edizione. Giacomo Galloni ha 24 anni ed è della provincia di Bologna. Ha frequentato un corso di laurea triennale in economia aziendale a Bologna e si è specializzato in marketing a Parma, conseguendo lo scorso novembre la magistrale. «A marzo dell’anno scorso frequentavo l’università a Parma e uno dei professori mi ha parlato di questo progetto, per cui ho deciso di provarci. La prima parte prevedeva un colloquio e l’invio di una lettera motivazionale. Nel corso di questa esperienza ho approfondito varie tematiche, la parte più interessante per me è stata quella delle soft skills, in particolare quando abbiamo parlato di come superare al meglio un colloquio, oppure quado abbiamo seguito una lezione dedicata al public speaking e tutto il tempo dedicato ad un project work che dovevamo fare divisi in gruppi. I docenti sono stati moltissimi, la maggior parte erano professionisti che lavorano in McKinsey, nelle aziende partner del progetto e professionisti del network Mentors4U. In aggiunta poi ci sono state anche testimonianze di personaggi come l'ex ministro per l'Innovazione tecnologica Paola Pisano e ceo importanti. Sono stati molto bravi gli organizzatori perché hanno reso il tutto moto interattivo anche se eravamo tutti a distanza. Ho conosciuto persone provenienti da tutta Italia e questo è stato sicuramente un valore aggiunto di tutta l'esperienza. A conclusione ho effettuato un tirocinio con Barilla e a novembre mi sono laureato alla magistrale». Giacomo ha battuto una grande concorrenza: sono stati come detto settanta i ragazzi che hanno partecipato all’edizione 2021 su circa 700 candidati. «La selezione è stata impegnativa, è un progetto super meritocratico per il quale bisogna studiare su libri dedicati, soprattutto per la preparazione del colloquio». Grazie ai colloqui sostenuti con le aziende partner alla fine del progetto, lo scorso settembre Giacomo ha effettuato un tirocinio retribuito di mesi in Barilla, e «ora lavoro come rappresentante ad Ancona sempre per la stessa azienda, con un contratto a tempo determinato di un anno». «È stato fondamentale anche il ruolo del mentor, che mi ha dato una grande mano a preparare i colloqui con le aziende!». Chiara Del Priore  

2mila posti a concorso per tirocinanti della giustizia, cultura e istruzione

Una mega-operazione di regolarizzazione, anche se solo a tempo determinato, sta per mettere fine ai “super stage” che da anni sono una vergogna in molti ministeri ed enti pubblici, specialmente al sud Italia. È stato pubblicato a inizio mese il bando per il reclutamento di quasi 2mila impiegati – per la precisione, 1.956 unità di personale non dirigenziale – che andranno per 18 mesi alle dipendenze dei ministeri di Cultura, Giustizia e Istruzione. L'opportunità è destinata esclusivamente ai tirocinanti presenti o passati che nell’ultimo decennio hanno affollato gli uffici pubblici (spesso per consentire il normale svolgimento dei compiti essenziali).Sulla Gazzetta ufficiale dell’8 aprile è uscito il bando del concorso – così definito sia in Gazzetta ufficiale sia sul sito Formez, sebbene contestualmente sia adoperato anche il termine "selezione pubblica" –  per 393 unità di personale a tempo determinato come collaboratore scolastico Ata presso il ministero dell’istruzione, 563 posti presso il ministero della Cultura e ben mille unità di personale presso il ministero della Giustizia. Data di scadenza ultima per l’inoltro delle domande: le ore 14 del 9 maggio 2022.Il concorso non è per tutti: alla procedura selettiva, infatti, «sono prioritariamente ammessi i soggetti già inquadrati come tirocinanti nell’ambito dei percorsi di formazione e lavoro presso le sedi del Ministero della cultura, del Ministero della giustizia e del Ministero dell’istruzione» nelle Regioni previste dall’articolo 50 ter del decreto Sostegni bis. Si usa il termine "prioritariamente" in modo improprio, perché lungi dal significare che possono accedervi alcuni soggetti prima di altri, vuole indicare che possono partecipare esclusivamente "alcuni". L’articolo 50 ter del Sostegni bis, infatti, circoscrive l'intervento alle «Regioni dell’obiettivo europeo “Convergenza”» – ovvero Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – per promuovere la rinascita occupazionale e migliorare la qualità degli investimenti in capitale umano. Per realizzare questi interventi è stata autorizzata una spesa complessiva di sessanta milioni di euro, di cui venti per il 2021 e quaranta per il 2022. Si tratta, però, solo di una boccata d’ossigeno per questi tirocinanti, magari al momento fermi senza tirocinio in corso, visto che appunto il contratto sarà per un anno e mezzo a tempo parziale (18 ore settimanali).Nessuna prospettiva futura prevista né dal Sostegni bis né dal decreto in Gazzetta relativo all’attuale concorso. Non stupisce: i soggetti in questione, in particolare per quanto riguarda i tirocinanti degli uffici giudiziari, vanno avanti di rinnovo in rinnovo da oltre dieci anni, svolgendo degli stage anomali contra legem. Non è la prima volta, però, che questi stagisti hanno “l’opportunità” di avere per qualche tempo un vero contratto di lavoro anche se solo a tempo determinato. Era già capitato con i concorsi del ministero della Giustizia per l’Ufficio per il processo. In quel caso il contratto era per 30 mesi – anche se in questo caso la selezione non era aperta solo agli stagisti, ma considerava quel percorso assegnandogli dei punti aggiuntivi. Stavolta, però, si pensa anche ad altri tirocinanti, ovvero quelli che negli stessi periodi hanno avuto contratti alle dipendenze del ministero della Cultura o dell’Istruzione senza mai vedere una reale contrattualizzazione. Partecipare diventa, quindi, estremamente utile, non solo per la prospettiva di un vero contratto, quantomeno per un anno e mezzo, ma anche perché – come prescritto sempre nel decreto Sostegni bis – «le graduatorie approvate all’esito delle procedure sono utilizzabili, secondo l’ordine di merito, per le assunzioni a tempo determinato anche da altre amministrazioni pubbliche». Il che significa che qualora dovesse uscire disponibilità di posti in un altro ente pubblico in cui non sono presenti altre graduatorie da cui attingere, si potrebbe chiamare da quella uscita da questo concorso.Oltre ad essere un ex o attuale tirocinante, gli altri requisiti sono: la maggiore età, la cittadinanza italiana, l’idoneità fisica all’impiego, il godimento dei diritti civili e politici, l’inclusione nell’elettorato politico attivo, non aver riportato condanne penali per reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici, e per i posti da assegnare al ministero della giustizia il possesso della condotta incensurabile. Ovvero l’assenza di condanne penali passate in giudicato o segnalazioni per esercizio della prostituzione, ubriachezza in suolo pubblico, uso abituale di stupefacenti o guida in stato di ebbrezza. A seconda, poi, del profilo per il quale si intende concorrere è necessario avere alcuni specifici titoli di studio: per i 271 posti nell’area III – F1 nel Ministero della cultura è richiesta la laurea, il diploma di laurea o la laurea specialistica o magistrale; per le 84 unità nell’area II – F2 sempre al Mic è richiesto il diploma di istruzione secondaria di II grado; per le 288 unità di area II – F1 sempre presso il ministero della Cultura e per le 1.000 nel ministero della Giustizia si richiede l’assolvimento dell’obbligo scolastico o il diploma di istruzione secondaria di I grado; per i 393 posti di collaboratore scolastico ATA di categoria A1 un titolo tra il diploma di qualifica triennale rilasciato da un istituto professionale, diploma di maestro d’arte, di scuola magistrale per l’infanzia, qualsiasi diploma di maturità, attestati e/o diplomi di qualifica professionale di durata triennale.Se per la selezione pubblica come collaboratore scolastico e operatore giudiziario c’è un unico profilo, diversa è la situazione per quella al ministero della Cultura. In questo caso per l’area funzionale III F1 si cercano funzionari di diversi profili, soprattutto: architetti (96), archeologi (73), tecnologi (53 ), ingegneri (24), bibliotecari (16),  ma anche 6 geologi. Per l’area funzionale II F2, invece, nella figura di assistente si cercano le seguenti specializzazioni: amministrativi gestionali (46), assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza (20), tecnici (18). Infine per l’area funzionale II fascia retributiva F1, per la figura di operatore si cercano: operatori alla fruizione, accoglienza e vigilanza (153), tecnici (38), amministrativi gestionali (17 tecnici).Ad ogni figura, e quindi precedente tirocinio, corrisponde un codice: la domanda di ammissione può essere presentata solo per il ruolo che si è già svolto. E va inviata solo in modalità telematica, compilando il modulo elettronico sul sistema StepOne 2019 dopo essersi registrati sul portale. Per farlo è necessario essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata e dello Spid. Insieme alla domanda per partecipare alla selezione deve essere effettuato anche il versamento della quota di partecipazione di dieci euro, seguendo le indicazioni presenti sul sistema «Step-One  2019», che va effettuato entro il termine di presentazione della domanda.La selezione è gestita dalla Commissione Ripam, la Commissione Interministeriale per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni, istituita con il compito di monitorare l’iter selettivo dall’inizio alla fine e si avvale di personale messo a disposizione dal Formez PA – un'associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, in house alla Presidenza del Consiglio ed alle amministrazioni associate, che attua le politiche di riforma e modernizzazione della pubblica amministrazione e tra i suoi compiti si occupa anche della selezione per il comparto pubblico – e prevede una procedura differenziata a seconda del profilo per cui si concorre. Per i posti di area funzionale III, fascia retributiva F1, e di area funzionale II, fascia retributiva F2, è prevista una prova selettiva scritta distinta per i relativi codici che si svolgerà esclusivamente attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e piattaforme digitali, anche in sedi decentrate. Le prove scritte consisteranno in un test di venti quesiti a risposta multipla, di cui dieci di cultura generale e altrettanti su specifiche materie diverse a seconda del profilo come indicato nel bando, da risolvere in quaranta minuti. Per i posti, invece, di area funzionale II, fascia retributiva F1, e di categoria A1, è previsto solo un colloquio di idoneità. Le commissioni esaminatrici, poi, redigeranno le graduatorie finali di merito sulla base dei punteggi conseguiti nella prova selettiva e dei titoli di preferenza e precedenza, per il primo tipo di selezione, e solo sulla base dei titoli di preferenza e precedenza nel secondo caso. Tutte le comunicazioni inerenti la prova, i punteggi, e quelle su data e orario delle selezioni saranno comunicate sul portale «Step-One  2019» almeno 10 giorni prima dello svolgimento del concorso. Non è prevista la pubblicazione della banca dati dei quesiti.Finito il concorso, le commissioni esaminatrici stilano le graduatorie finali sulla base del punteggio ottenuto nella prova selettiva tenendo conto dei titoli di merito e preferenza. E in questo caso per i tirocinanti degli uffici giudiziari a parità di merito avrà valore l’aver completato l’ulteriore periodo di perfezionamento presso gli uffici per il processo, l’aver terminato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari pur non facendo parte dell’ufficio per il processo, l’aver svolto il tirocinio presso gli uffici giudiziari. A parità di titoli, tra due candidati sarà preferito il più giovane di età.A questo punto pubblicata la graduatoria per tutti i profili saranno dichiarati i vincitori che saranno assunti e assegnati presso le sedi in cui hanno svolto o stanno svolgendo il percorso di formazione e lavoro. In pratica una volta superata la selezione non bisognerà aspettare in quale sede o città trasferirsi, ma si ritornerà nello stesso ufficio occupato fino a poco tempo prima non più con la qualifica di stagista ma con quella di dipendente a tempo determinato. Questo significa possibilità di ferie, malattia e contributi previdenziali. L’agognato traguardo rincorso per un decennio – anche se solo per 18 mesi.Marianna Lepore

Nestlè lancia il Baby Leave: ai neopapà tre mesi di congedo retribuito

Da poche settimane a tre mesi interi di congedo di paternità: si chiama Baby Leave ed è la svolta nelle politiche per la famiglia messa in atto da Nestlé, multinazionale dell'alimentare e da oltre un decennio tra le aziende virtuose dell'Rds network. Il gruppo ha deciso così di «favorire la genitorialità condivisa e il gender balance» si legge nel comunicato dell'azienda. Che non è nuova all'introduzione di policies finalizzate a migliorare la conciliazione vita lavoro dei dipendenti e, è scritto ancora, «a agevolare la carriera femminile attraverso il bilanciamento dei carichi familiari». Già nel 2012 infatti, quando in Italia con un provvedimento del ministro del Lavoro Elsa Fornero fu introdotto un giorno di congedo obbligatorio più due facoltativi per i neopadri, Nestlé aveva previsto – tra le poche aziende in Italia – due settimane di congedo aggiuntive. Quattordici giorni che ora passano a dodici settimane consecutive. «Le iniziative a supporto della genitorialità e dell’abbattimento delle barriere di genere sono da sempre una priorità per Nestlé» è il commento di Giacomo Piantoni, direttore Risorse umane del gruppo in Italia [nella foto a destra]. «La maternità impatta sull’avanzamento di carriera delle donne, rendendo necessario riequilibrare i compiti nel contesto familiare». Il riconoscimento di un congedo anche ai padri va in questa direzione, ma il loro coinvolgimento nell'accudimento di un neonato ha effetti anche oltre la parità di genere o la possibilità per le neomadri di continuare a lavorare. «I bambini crescono meglio dal punto di vista dello sviluppo psicofisico» è il parere dello psicoterapeuta Alberto Pellai [nella foto sotto], che alla Repubblica degli Stagisti specifica: «Il padre sperimenta nuove dimensioni emotive grazie all'accudimento, e stabilisce una relazione precoce con il bambino». Una condizione che si ripercuote poi sull'adolescenza, quando i rapporti genitori figli sono soliti complicarsi, e un padre presente già dalle prime settimane di vita del bebè «trova maggiore riconoscimento». C'è poi l'aiuto concreto nei confronti delle donne: «La presenza paterna è uno stabilizzatore emotivo per la compagna, che in questa fase può arrivare perfino a sperimentare una condizione di depressione post partum». «Tre mesi di congedo come la Svezia sono il modello a cui aspirare» perché i benefici sono per tutta la famiglia. Peccato che a metterci lo zampino è spesso una certa arretratezza culturale, la visione distorta del papà che svolge il suo compito genitoriale «come mammo e non appunto come padre» prosegue Pellai. Si scopre così dai dati Istat che i congedi parentali per Covid sono stati usufruiti solo dal 29% degli uomini, contro il 71 delle donne. Il discorso che c'è dietro, ragiona lo psicoterapeuta, è quello della «rottura del patto di alleanza con i colleghi, con i quali si fa gruppo», con il risultato che il papà finisce per essere additato «come il furbo che se ne sta a casa». Qualche miglioramento in questo senso potrebbe arrivare dai numeri che usciranno sugli studi fatti sui due anni di pandemia, «ma ancora non li abbiamo». Lo smartworking si è diffuso su larga scala, e chissà che alcune reticenze in questo senso non si siano sciolte. Il nuovo Baby Leave assicura l’erogazione di tutti gli elementi retributivi e sarà fruibile sia dal padre che dal secondo caregiver in maniera consecutiva entro i sei mesi di vita del bambino, sia nato che adottato dalla famiglia. «Siamo stati i primi, nel 2012, a prevedere due settimane di congedo di paternità» sottolinea Piantoni e «oggi, dieci anni dopo, continuiamo a essere apripista su queste tematiche». Non potrebbe essere altrimenti per un'azienda per cui «l'attenzione ai bisogni di bambini e genitori è incisa nel dna». Ma il Baby Leave va proiettato anche sul piano sociale: «L’intesa raggiunta delinea una strategia lungimirante» dichiarano Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, organizzazioni sindacali degli alimentaristi intervenute nell'accordo. La convinzione è «che la tutela della genitorialità sia al contempo una opportunità in favore delle attuali generazioni e un investimento per quelle future». E l'auspicio è che «questo accordo possa fare da apripista sia nella contrattazione collettiva che nel Paese», dove il congedo parentale è ancora fermo a dieci giorni, pur essendoci alcune novità in arrivo riguardo una sua estensione. I dati aziendali di Nestlè sembrano confermare l'efficacia della misura del congedo. Secondo l'Istat nel 2020 l'Italia ha raggiunto il picco negativo di nascite, con un tasso di sette neonati ogni mille abitanti. Il tasso di natalità interno all’azienda è arrivato invece al valore di 1,6 figli per donna nel 2021, dato ben più alto della media italiana, che si attesta a 1,24. Il lavoro di Nestlé è stato riconosciuto anche dal Bloomberg Gender Equality Index che nel 2022, per il quarto anno consecutivo, ha premiato l’azienda per i progressi compiuti nel perseguimento di una cultura aziendale inclusiva, che comprenda parità di genere e salariale.Ilaria Mariotti L'immagine è di Andress Kloss, tratta da Flickr in modalità Creative Commons