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Il tuo lavoro ti rende felice? Nel libro “Da grande” scintille di riflessione e strategie d'azione

Ce lo siamo chiesto tutti, prima o poi: quello che faccio mi rende felice? Ho fatto bene a scegliere questa scuola, quest’università, questo lavoro? Un grande classico nella categoria delle domande esistenziali – specie nei momenti di inquietudine, di crisi, in cui qualche elemento magari deflagra e ci porta a riflettere su tutti gli altri.Anche Giulio Xhaët ci ha riflettuto parecchio. Consulente, docente, musicista, Xhaët – 42 anni, biellese trapiantato a Milano – è partner di Newton spa, digital strategist e senior trainer, esperto di competenze digitali, e adesso anche autore di un libro uscito poche settimane fa per la casa editrice Sonzogno dal titolo “Da grande”, lo stesso titolo della canzone che Xhaët aveva inciso l’anno scorso con la sua rockband (di cui la Repubblica degli Stagisti aveva parlato qui).“Da grande”: una formulina che riecheggia non tanto la domanda che tutti i nonni e vecchi zii ci hanno fatto alle cene di Natale quando eravamo alle elementari – “Cosa vuoi fare da grande?” – ma soprattutto invece le nostre dichiarazioni spontanee. Spavalde, ingenue, coraggiose: “Da grande voglio fare…”. O ancor meglio “Da grande, sarò...”. Ciascuno di noi ha completato la frase mettendoci il suo sogno, il mestiere che in quel momento lo affascinava di più. Spesso negli anni il desiderio è cambiato, e così ne possiamo ricordare non uno solo ma due o tre che si sono avvicendati nel nostro cuore, passandosi il testimone mentre noi compivamo i tanti passaggi dall’infanzia all’adolescenza, fino poi all’età adulta. Poi a un certo punto si diventa adulti, appunto, e si sceglie davvero cosa fare nella vita. E qui entra in gioco il sottotitolo del libro: “Non è mai troppo tardi per capire chi potresti diventare”. Una riflessione che fin dalla copertina mira ad aiutare il lettore a focalizzare le proprie vocazioni, gli obiettivi, i modi per essere davvero soddisfatto di quel che fa nella (e della) sua vita.Per scrivere questo libro l’autore si è immerso in una notevole quantità di letture variegate, dalle biografie dei grandi personaggi a testi di psicologia e sociologia, fino a ricerche sul campo mirate ad indagare le interazioni umane. Con una prosa intelligente, chiara ma non semplicistica, ironica senza mai abbandonare l’empatia con il lettore, Xhaët riassume e mette a confronto questi tanti studi ed esperimenti intrecciandoli a interviste fatte a amici, conoscenti, colleghi che rappresentano esempi concreti delle teorie e dei temi al centro della narrazione, pescando anche dal proprio bagaglio di esperienze personali. Per chi si fosse mai trovato a disperarsi e a dire “ho sbagliato tutto! Sono un fallito!”, fortemente consigliata è la lettura del capitolo “Sì, fallire”, che l’autore chiude con un impietoso, autoironico e generativo elenco dei suoi personali fallimenti – forse perfino più numerosi del previsto, a cominciare dalla bocciatura alle superiori e dalla laurea conseguita alla veneranda età di 29 anni.“Da grande” è un libro che può servire a chiunque si trovi nel momento fatidico dell’ “E adesso?”, per mettere a fuoco le proprie aspirazioni, aspettative e la coerenza tra quello che vorremmo essere e quello che siamo nella vita di tutti i giorni, nel lavoro che ci siamo scelti – o che ci è capitato e abbiamo deciso di stretto, con più o meno convinzione e soddisfazione. Senza stupide formule magiche, assolutismi, dogmatismi, senza avere la pretesa di erogare ricette valide per tutti, Xhaët propone una ricca rosa di spunti di riflessione per ponderare in maniera approfondita le proprie scelte, le motivazioni che stanno alla radice di queste scelte, e sopratutto la coerenza di queste scelte con il nostro io più profondo. Invitando a abbassare la maschera che portiamo per proteggerci e a guardarci dentro con schiettezza e benevolenza; e anche a imparare a considerare gli ostacoli che la vita ci mette di fronte, o i veri e propri fallimenti, come “pali in faccia generativi” da cui provare a trarre qualche lezione utile per andare avanti. Di nuovo, però, vale la pena sottolineare che Xhaët non è uno di quegli imbonitori da social network che fanno l’elogio incondizionato del fallimento; anzi «questa storia del fallimento», osserva a un certo punto, ci è «sfuggita di mano»; e commentando una delle frasi motivazionali più in voga negli ultimi anni, «La cosa più bella e importante che può capitarti nella vita è fallire», riflette: «Non so per quale assurdo motivo, ma solitamente trovo più bello ottenere ciò che vorrei. Preferisco un matrimonio a un divorzio, la nascita di un amore alla sua fine, la crescita di un’azienda al suo crollo, trovare un lavoro che mi piace rispetto a un licenziamento in tronco. Sarò strambo io».Per i lettori più giovani “Da grande” può essere uno strumento prezioso per orientarsi nel caleidoscopio di possibilità rispetto alla propria formazione, l’università, e i primi passi nel mondo del lavoro. Alcune delle interviste sono dedicate a persone giovanissime, come le due creatrici di Factanza o i tre ideatori di Legolize, che dalla scintilla di un’idea hanno costruito progetti concreti: Legolize ha oltre un milione di followers su Instagram, Factanza 600mila – numeri che i manager più vecchio stampo stenterebbero ad associare a un manipolo di ventenni.Ma il libro in realtà può essere letto ad ogni età, perché la teoria dell’autore è proprio che tutti noi siamo in continuo cambiamento, continuamente portati a cambiare dalla vita stessa, e che dunque piuttosto che contrastarlo perseguendo, talvolta inconsciamente, l’obiettivo impossibile di diventare dei monoliti, alla fine è meglio abbracciare questo cambiamento e avvicinarci, un passettino alla volta, a quello che veramente vorremmo diventare, alla persona che ambiamo ad essere. A qualsiasi età si possono attraversare quelle che l’autore chiama le “zone aride”: «A quindici, venti o venticinque anni, quando vi accorgete con terrore che non c’è nulla in cui eccellete e neppure qualcosa che vi piaccia davvero. Dopo i trenta o vicino ai quaranta, quando vi rendete conto che ciò che fate ha perso di senso e non vi suscita più le emozioni dell’inizio. Di punto in bianco credete di aver buttato via gli anni migliori. Intorno ai cinquanta o sessanta, quando magari intravedete gli ultimi sgoccioli dell’attività lavorativa e iniziate a fare bilanci. Verso i settanta, gli ottanta o anche dopo, quando diventa difficile trovare nuovi stimoli e rimpiangete la frenesia e l’intensità dei decenni precedenti, perché fate fatica a capire come trascorrere». Ma allo stesso modo a tutte le età si può decidere di reinventarsi, dare una sterzata alla propria vita, agire per fare in modo che diventi più nostra, più in linea con i nostri valori, più capace di renderci felici, giorno dopo giorno, di alzarci dal letto e andare al lavoro.Giulio Xhaët è stato l’ospite di uno degli episodi del neonato podcast della Repubblica degli Stagisti proprio per parlare di “Da grande”.

Tirocini, massimo sei mesi e con indennità di almeno 600 euro: in Valle d’Aosta si cambia

La più recente revisione delle linee guida per i tirocini extracurricolari risale al 2017: da allora sono passati sei anni e nonostante il governo Draghi avesse dato indicazione di procedere con un aggiornamento, con la caduta di quella legislatura tutto è finito nel cassetto.Nel frattempo però qualcuno ha pensato di rivedere autonomamente la propria normativa. È il caso della Regione Valle d’Aosta dove il 21 luglio 2022 la Giunta regionale ha approvato una delibera per la disciplina in materia di tirocini extracurricolari. La nuova legge aumenta l’indennità prevista da 450 a 600 euro al mese e riduce la durata massima da 12 mesi a solo sei.Come si è giunti a questo traguardo? «Nel momento in cui è emersa l’esigenza di adattare la normativa regionale alle esigenze del programma GOL, si è reso necessario apportare alcune modifiche alla nostra normativa» spiega alla Repubblica degli Stagisti Sabina Thoux, segretaria particolare dell’Assessorato allo Sviluppo economico, formazione e lavoro della Regione autonoma: «Nello specifico: prevedere i tirocini di gruppo per particolari target, derogare alla durata settimanale dei tirocini di inclusione, favorire l’utilizzo dei tirocini anche per i minori a rischio dispersione che si sono ritirati dalla scuola».Per GOL si intende la “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” inserita nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che è stata introdotta per rilanciare l’occupazione in Italia e combattere la disoccupazione. Il programma durerà fino al 2025 e prevede una serie di misure per il reinserimento lavorativo dei disoccupati, dei percettori del reddito di cittadinanza, dei lavoratori in cassa integrazione, dei disabili, delle donne, dei giovani, degli over 50 e di altre categorie. In pratica un insieme di strumenti e misure volte a promuovere l’occupazione in Italia.Sentendo quindi – a differenza delle altre Regioni – l'esigenza di adattare la propria normativa alle esigenze del programma GOL e dei beneficiari delle iniziative, la Regione Valle d'Aosta ha incaricato i suoi tecnici di redarre «una proposta di modifica che è stata condivisa con il Consiglio politiche del lavoro che l’ha accolta favorevolmente». Il Consiglio «è un organismo presieduto dall’assessore regionale al lavoro» spiega Thoux, di cui fanno poi parte altri venti membri: il sovraintendente agli studi della Regione; tre consiglieri regionali, di cui uno della minoranza; un rappresentante del Consiglio permanente degli enti locali; i rappresentanti delle quattro organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale e delle sei associazioni datoriali; un esponente delle associazioni dei familiari dei disabili; un rappresentante della Camera valdostana delle imprese e professioni e uno dei consulenti del lavoro; la consigliera regionale di parità e un designato dagli enti del Terzo settore.I lavori per disegnare il nuovo quadro normativo per i tirocini valdostani sono andati spediti: «Sono iniziati nel mese di maggio 2022 e sono terminati il 21 luglio con l’approvazione del documento da parte della Giunta regionale. Le modifiche introdotte sono entrate in vigore proprio quel giorno».All’articolo 11 del nuovo testo si introduce uno dei due cambiamenti più importanti: «il tirocinante ha diritto a un’indennità di partecipazione non inferiore a 600 euro lordi mensili per un impegno pari a 40 ore settimanali», importo che può essere proporzionalmente ridotto in relazione all’impegno del tirocinante, fino a un minimo di 300 euro lordi per 20 ore. Nello stesso articolo si prevede, poi, anche la possibilità di riconoscere un rimborso forfettario per le spese di vitto, trasporto e alloggio. Questa modifica sull’innalzamento dell’indennità minima mensile, precisa Thoux, «riguarda tutti i tirocini extracurriculari». Cambia, quindi, radicalmente l’impostazione rispetto alla Dgr precedente, del 2017: in quel caso, infatti, il rimborso spese mensile previsto era di 450 euro, e l'obbligo di indennità non si estendeva agli stage di inclusione sociale, che anzi non potevano essere pagati più di quattro euro l'ora.Con l’innalzamento del rimborso spese a 600 euro la Valle d’Aosta si pone sulla stessa linea del vicino Piemonte, tanto che a prima vista si potrebbe pensare che nonostante in Val d'Aosta i numeri dei tirocini siano molto contenuti (tra i 400 e i 500 percorsi extracurricolari ogni anno), si sia voluto in qualche modo evitare il trasferimento dei giovani valdostani nella regione limitrofa attratti magari da un’entrata mensile più cospicua. «Con il Piemonte c’è piena collaborazione e l’obiettivo reciproco è quello di implementare le possibilità di fare esperienze per i giovani in entrambe le Regioni» spiega invece Sabine Thoux: «In particolare, questo vale per i residenti dei territori contigui della bassa Valle d’Aosta e del Canavese, tanto è vero che ci sono giovani piemontesi che svolgono tirocini extracurriculari presso le aziende informatiche nella nostra Regione». Dunque l'unico intento era quello di innalzare il tetto minimo all’indennità, stabilendo che sotto i 600 euro al mese non sia «possibile andare»L’altro cambiamento importante è quello relativo alla durata massima per lo stage: nella precedente normativa regionale era già sei mesi, ma «con possibilità di proroga di ulteriori sei per una durata complessiva non superiore a 12», mentre per i soggetti disabili 24 mesi. Oggi, invece, con la nuova normativa, si riduce a soli sei mesi la durata massima della stragrande maggioranza dei tirocini extracurriculari. Una decisione presa, spiega Sabine Thoux, «per evitare un abuso dello strumento e favorire un’occupazione stabile». Nel nuovo testo, infatti, si legge che «la possibilità di proroga di ulteriori sei mesi, per una durata complessiva non superiore a 12» è riservata solo ad alcune specifiche categorie: le persone svantaggiate, i richiedenti protezione internazionale, le vittime di tratta o di violenza, i soggetti in situazioni di bisogni complessi. Resta, invece, uguale al passato la disciplina per i disabili per cui lo stage potrà durare 12 mesi ed essere rinnovato per un ulteriore anno.Tra le novità introdotte, poi, anche la possibilità di attivare dei tirocini di gruppo, per massimo sei persone, nello stesso contesto aziendale per facilitare l’apprendimento e favorire la motivazione attraverso la condivisione di un’esperienza comune per soggetti disabili, vittime di violenza e tratta e soggetti in situazione di bisogni complessi.Marianna Lepore

Insegnare l'italiano all'estero, il ministero paga fino a 1.700 euro al mese: domande entro il 6 marzo

Insegnare italiano all'estero, per 12 ore alla settimana per un periodo di otto mesi, con un compenso tra gli 800 e i 1700 euro al mese. Un'occasione ghiotta, e una volta tanto ben pagata, messa a disposizione dal Ministero dell'istruzione in un'ottica di promozione e conoscenza della lingua e della cultura italiana: ci sono ancora due settimane per far domanda come assistente di lingua italiana presso le istituzioni scolastiche in alcuni paesi europei nel prossimo anno scolastico, 2023/2024. Circa 300 i posti a disposizione distribuiti in sette stati: Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Regno Unito e Spagna.Il bando è aperto a chi ha cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione europea; la data di scadenza entro cui far domanda è la mezzanotte del 6 marzo, termine ultimo entro cui bisogna aver conseguito un diploma di laurea specialistica o magistrale o un titolo di laurea estera equipollente tra quelli indicati nel bando. Tra gli altri requisiti necessari c’è anche il non essere già stati assistenti di lingua italiana all’estero su incarico del Ministero dell’istruzione, non avere alcun rapporto di lavoro con altre amministrazioni pubbliche nel periodo che va dal settembre 2023 al maggio 2024 e non aver riportato condanne penali. Se in passato era necessario anche aver sostenuto almeno un certo numero di esami nel corso di laurea relativi alla lingua o letteratura del Paese per cui si faceva domanda, ora questo requisito non c’è più. Viene considerato titolo facoltativo, e quindi aggiunge alla fine punteggio, l’aver sostenuto uno o più esami – fino a cinque – relativi alla lingua o letteratura o linguistica del Paese per il quale si presenta la domanda o uno o più esami relativi alla lingua o letteratura o linguistica italiana.La somma dei requisiti, come indicato dal bando, determinerà il punteggio finale che sarà inserito nelle graduatorie articolate per Paese pubblicate sul sito del Ministero dell’istruzione. Gli incarichi di assegnazione saranno comunicati direttamente via email ai candidati vincitori che saranno successivamente contattati dalle autorità estere per la formalizzazione degli incarichi.   L’impegno orario previsto sarà di 12 ore settimanali per circa otto mesi e potrà essere svolto in uno o più istituti di vario ordine e grado. Il compito per cui saranno selezionate queste figure è per il supporto allo sviluppo delle competenze linguistico comunicative riferite al parlato. Questo significa che bisognerà dare priorità all’attività di comprensione, produzione e interazione orale. E, soprattutto, bisognerà affiancare i docenti di lingua italiana per fornire un contributo originale alla promozione e conoscenza non solo della lingua ma anche della cultura italiana.Il numero preciso dei posti a disposizione si conosce solo con l’avvio del nuovo anno scolastico, ma indicativamente il ministero riporta le disponibilità per l’anno in corso, da cui, quindi, non dovrebbe discostarsi molto il prossimo: in Francia sono disponibili 197 posizioni, in Austria 35, in Spagna e Germania rispettivamente 23 e 22, e poi c'è Irlanda con 8 disponibilità, il Belgio con 3 e infine il Regno Unito con 2.Agli assistenti di lingua italiana è riconosciuta una borsa di studio mensile che varia a seconda del paese ospitante. Si va dagli 800 euro netti della Spagna, dove però il rimborso sale a mille euro se si viene assegnati a una scuola nella capitale Madrid, agli 850 della Germania, dai 918 euro dell’Irlanda ai 974 – ma in questo caso lordi – della Francia, fino ai 1.103 del Belgio e ai 1.700 dell’Austria. Nel caso del Regno Unito il compenso è pagato in sterline e si va da mille a 1.900 sterline a seconda della sede della scuola e del numero di ore svolte.Cambia da paese a paese anche la durata dell’incarico: per Austria, Belgio, Irlanda e Spagna si comincia il primo ottobre fino al 31 maggio; in Francia si finisce un mese prima, il 30 aprile; mentre in Germania si inizia il 19 settembre fino al 31 maggio. Caso a parte il Regno Unito dove si può scegliere tra la permanenza lunga, dal primo settembre al 31 maggio o dal primo ottobre al 30 giugno, e la permanenza breve, dal primo novembre al 30 aprile.È importante ricordare che in sede di domanda è possibile scegliere il Paese di destinazione – sceglierne più di uno comporta l’esclusione dalla selezione – e indicare le preferenze delle città: in fase di assegnazione delle sedi «si cercherà di tenere conto delle preferenze indicate dai candidati, ma non è possibile assicurare il buon esito della richiesta». Quindi la sede potrebbe essere situata in qualsiasi località del Paese prescelto. A quel punto i candidati avranno sette giorni, inclusi i festivi, per comunicare l’accettazione o la rinuncia.La domanda va compilata online attraverso questo link. Per farlo è necessario registrarsi oppure utilizzare le proprie credenziali Spid o Cie. Sul bando sono presenti tutte le indicazioni, passo dopo passo, per inserire i dati sulla domanda e inviarla. Una volta scaduti i termini si procederà a stilare la graduatoria in base al punteggio, dato dalla somma del voto di laurea, della media dei voti conseguiti in alcuni esami, del titolo di specializzazione in Italiano lingua 2 e della certificazione di livello B2 nella lingua del Paese per cui si presenta la domanda. A questo punto si stilerà la graduatoria per ogni Paese e sarà pubblicata sul sito del Ministero dell’istruzione. Gli incarichi di assegnazione delle sedi saranno comunicate direttamente via mail ai vincitori che, si legge da bando, «saranno contattati dalle autorità estere per la formalizzazione degli incarichi».Se all’ultimo si decidesse di cambiare idea e rinunciare all’incarico è necessario comunicarlo con tempestività via mail, caricando il modulo di rinuncia firmato sulla piattaforma. Nel caso in cui non si comunicasse la rinuncia, il candidato sarà escluso dalle future selezioni.Ma vale veramente la pena fare un’esperienza del genere? Facendo qualche ricerca in rete si scopre che, come per quasi tutti i periodi trascorsi all’estero, i commenti di chi ci è passato sono sempre positivi. C’è chi racconta di aver trovato molto utile questa pratica prima di insegnare in scuole italiane, chi la definisce una delle esperienze più stimolanti della propria vita,  chi sottolinea come questi nove mesi arricchiscano e facciano maturare.Se poi si vuole avere qualche notizia in più si possono consultare le faq predisposte dal ministero e controllare su Facebook, dove si trovano molti gruppi divisi per Paese di destinazione e annata con le storie di chi ci è già passato.   Marianna LeporeFoto di apertura da Pixnio in modalità Creative commons

Il potere del podcasting, anche per il lavoro

Nato oltre 15 anni fa, il podcast è uno strumento che si sta diffondendo ogni giorno di più. Negli ultimi tre anni, e ancora di più con la pandemia, i podcast sono cresciuti in numero e in ascolti: secondo la ricerca United States of Podcast di Nielsen e Audible presentata nel 2020 in Italia per esempio gli ascolti sono aumentati del 15% rispetto al 2019; secondo i dati Ipsos a ottobre 2021 gli ascoltatori italiani erano ben  9,3 milioni.  Dall’attualità allo sport passando per politica, esteri, cultura, cronaca ed economia, i podcast sono fruiti non solo nei momenti di svago, ma anche per fini lavorativi. E ci sono anche podcast che parlano specificamente di lavoro: come approcciarsi a un colloquio, come sopravvivere alla vita da freelance, come funziona lo smartworking, oppure storie a cui ispirarsi.That’s Y, per esempio, è il primo podcast italiano dedicato a mondo hr e alle nuove generazioni. Nato da un'idea e dall’entusiasmo di Giulio Beronia, autore e podcaster, è pensato come uno strumento per i giovani in cerca di trucchi per trovare un’occupazione, uno spazio di connessione audio delle "Generazioni al Lavoro" che svela ai giovani molti segreti per entrare (e restare) in azienda e lancia nuove idee e spunti di discussione per i manager appassionati. La prima puntata è andata in onda a maggio 2020: «C’era la pandemia, eravamo tutti chiusi in casa» ricorda Beronia: «Un momento drammatico, ma anche utile per riflettere sul futuro, sul lavoro, e sperimentare per trovare nuove soluzioni per far fruttare ancor di più il proprio potenziale».  Il podcast naturalmente è uno strumento che il marketing conosceva già prima del 2020, «ma il mondo delle risorse umane no: penso di essere stato il primo ad unire i due mondi, quello dell’hr e dei podcast».  Un modo di reinventarsi che ha dato vita ad una realtà che conta oltre 1000 ascolti mensili, tra generazione z, millennial e persone più adulte. That's Y è un gioco di parole tra l'esclamazione inglese "Ecco perché" – per provare a rispondere ai quesiti generazionali che ritroviamo nella vita quotidiana e sul lavoro – e la "Y" che è l'iniziale di Youth (gioventù), ovvero "Ecco i giovani", per comprendere meglio il tema dell’inclusione generazionale. Uno strumento «che fa dialogare giovani e anziani. Molti infatti i temi che riguardano la ricerca delle differenze tra adulti e non. Gli episodi sono alternati su diversi temi tra orientamento professionale e innovazione manageriale nella gestione delle persone in azienda. Ci sono rubriche più tecniche, ma si parla anche di musica e cucina» racconta Beronia. Oltre 250 episodi – tra cui uno con la fondatrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina, e altri con Silvia Sciorilli Borrelli, giornalista e autrice del saggio “L'età del cambiamento - come ridiventare un Paese per giovani”, Francesco Armillei del think-tank Tortuga, Marianna Poletti di Just Knock, Donata Columbro di Dataninja School e Giulio Xhaet, partner e digital strategist di Newton nonché autore del libro appena uscito “Da grande” – che hanno riscosso successo tra giovani, ma anche professionisti del settore.Molte sono le aziende che si sono convertite ai podcast, scoprendone il potenziale proprio durante il lockdown, quando era forte l’esigenza di puntare su strumenti che potessero aggregare le persone in un periodo di lontananza forzata. Invece già nel 2018 Spindox, azienda che opera nel mercato dei servizi e dei prodotti ICT e che fa parte dell'RdS network da quasi dieci anni (ha aderito nel 2014!), aveva dato vita a Spindox Radio, con «la finalità primaria di creare people engagement» spiega Stefano Barricella, project officer dell’azienda. L’obiettivo dei podcast che compongono il catalogo di Spindox Radio è «quello di raccontare la realtà aziendale attraverso la voce dei protagonisti, dando spazio alle passioni dei dipendenti e coinvolgendo le persone per farle sentire parte attiva dell’azienda e di un più ampio progetto». Vari i temi affrontati: “Voci dal Management” è il podcast che racconta Spindox attraverso le parole dei suoi manager, «quindi vengono affrontate tematiche relative al mondo del business e ai processi interni alla nostra azienda» racconta Barricella, «mentre “AI Confidential” è il primo radio drama tech noir realizzato da Spindox per parlare di tecnologia, artificial intelligence e cyber security attraverso le avventure del detective Jack Spade e il suo partner Arti». Senza dimenticare “Mai Dire Calcio”, format «che racconta le persone di Spindox e la loro passione per lo sport». Ad oggi Spindox Radio vanta un totale di 30 mila ascoltatori unici, con una media degli ultimi due anni di circa 10mila ascoltatori unici all’anno. «Siamo molto soddisfatti dei risultati riscontrati non solo in termini di ascolti, ma anche e soprattutto in relazione al grado di coinvolgimento delle persone di Spindox e ai feedback positivi relativi alla loro esperienza in radio» dice Barricella: «E abbiamo tante novità in programma per quest'anno. Stiamo programmando anche la realizzazione di un podcast che coinvolga i nuovi entrati in Spindox per farli sentire subito parte dell’azienda».Un'altra potenzialità dei podcast è quella di poter informare e guidare le persone; e nel mondo del lavoro questo si può declinare anche in un'ottica di orientamento. Per esempio Bip, società di consulenza internazionale che da anni fa parte del network della Repubblica degli Stagisti, a maggio dell'anno scorso ha dato vita a Corner Hr «con un obiettivo pratico: aiutare le persone a orientarsi meglio nel mondo del lavoro. Il podcast viene curato da «una nostra collega che si occupa di selezione» spiega Luca Monaco, head of content e Growth hacker di Bip, e ottiene migliaia gli ascolti ad ogni puntata. E a volte può anche accadere che ascoltando un podcast si crei perfino una opportunità lavorativa. «Una persona, dopo aver ascoltato il nostro podcast, ha contattato la nostra hr» racconta Monaco: «Da lì è nata una conversazione sui social che ha dato vita ad un colloquio di lavoro che si è concluso... con l’assunzione dell’ascoltatrice!».Corner Hr non è l’unico podcast realizzato da Bip. C'è anche Caffè Macchiato, creato con l'obiettivo di raccontare le storie di persone di Bip: «Crediamo nell’unicità dei dipendenti, e vogliamo raggiungere i giovani e creare una relazione più intima tra l’ascoltatore, che potrebbe diventare il candidato, e il brand Bip» dice Monaco: «Proprio dalle storie di ognuno di noi nasce la forza di una grande azienda. Raccontiamo le vite di persone che hanno scelto di osare per inseguire i propri sogni». Il podcast in questo caso assume un doppio valore: «La nostra azienda è molto di più di quel che emerge da un sito web: è fatta di persone vere. Attraverso le storie si crea curiosità, magari anche un effetto di identificazione. Così le informazioni passano più facilmente: è un modo più umano di fare informazione, e far conoscere il contesto in cui lavoriamo». Ogni puntata, che mediamente raccoglie 700-750 ascoltatori, racconta la vita di uno dei 4mila dipendenti Bip. Non tutti ovviamente! «C’è una selezione su base volontaria o su scelta degli hr» conferma Monaco. Tra le storie già online, per esempio, quella di Giuseppe Cernigliaro, 29enne che da poco più di due anni lavora come consulente in Bip nel settore Government & Public services. La sua è una vicenda intrecciata con una pagina drammatica della storia italiana: il sisma che nel 2016 colpì il Centro Italia. L'episodio di Caffé Macchiato che lo vede protagonista è anche, riflette Luca Monaco, una testimonianza di come «affrontare le difficoltà nella vita ti aiuta anche a farlo nel lavoro».Insomma, per chi vuole scoprire qualche segreto in più per orientarsi nel mondo del lavoro, non resta che scegliere, mettersi le cuffie ed alzare il volume!

Elezioni in Lombardia, la promessa di Majorino: “Aumenteremo l'indennità a almeno 800 euro al mese”

Domenica 12 e lunedì 13 febbraio in Lombardia si vota per le elezioni regionali. Se verrà riconfermato il governatore uscente leghista Attilio Fontana, è praticamente certo che niente cambierà per gli stagisti. I politici della Lega – che da esattamente dieci anni, prima con Maroni e poi con Fontana, governa la Regione – e i loro alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia non hanno mai dimostrato in questi anni un interesse a migliorare la vita dei giovani (e meno giovani) impegnati in stage, malgrado la competenza per gli extracurricolari sia completamente regionale. L’aumento dell’indennità minima arrivato nel 2017 è stato davvero misero (da 400 a 500 euro) rispetto alle cifre minime stabilite in altre regioni, come per esempio il Lazio (800) o il Piemonte e l’Abruzzo e la Valle d'Aosta (600); e inoltre la Lombardia, unica in Italia, ha perfino previsto che se lo stage si svolge in un ufficio pubblico l’indennità minima obbligatoria scenda a soli 300 euro.Ma tutto questo potrebbe cambiare. Il candidato del centrosinistra, Pierfrancesco Majorino, già assessore comunale del PD al Comune di Milano e dal 2019 europarlamentare, nel suo programma elettorale ha inserito proprio il tema dei diritti degli stagisti. La sua promessa: aumentare considerevolmente l’indennità obbligatoria minima (ad almeno 800, forse addirittura 1000 euro al mese) e limitare nel tempo la possibilità di attivare tirocini in modo che non sia più possibile usarli come alternativa conveniente rispetto i contratti di lavoro. Proprio ieri in una manifestazione pubblica a Milano, di fronte alla sede di Regione Lombardia, Majorino ha preso questo impegno esplicitamente di fronte a Paolo Romano, a sua volta candidato al Consiglio regionale nelle file del Partito Democratico, durante un evento partecipato da molti giovani militanti con cartelli che recitavano frasi come “Con 300 euro non si vive”, “Ci state rubando il futuro” e “Il lavoro è un diritto”. Presenti all’evento anche l’europarlamentare Brando Benifei e la deputata Chiara Gribaudo, entrambi da anni impegnati nelle battaglie per i diritti degli stagisti e per la dignità del lavoro giovanile.«Basta con gli stage pagati quattro soldi, o gratuiti o a queste condizioni inaccettabili» ha detto Majorino, aggiungendo che nel suo programma un altro strumento per aiutare i giovani è «la gratuità del trasporto pubblico regionale per gli under 25». Nella sezione “Per una regione che corre verso il futuro” del suo programma elettorale si legge anche l'idea di istituire in Lombardia un Osservatorio sui Salari, di sostenere il salario minimo, e di potenziare l’apprendistato rafforzando la decontribuzione e diminuendo la burocrazia necessaria per l’attivazione.«Siamo di fronte a un dato molto chiaro: da questa Regione la nostra generazione vuole fuggire. Siamo la generazione più povera d’Italia anche se siamo quella più formata» ha ricordato Paolo Romano, 26 anni, ex segretario dei GD Milano, che l’anno scorso aveva guidato la delegazione che aveva consegnato la petizione per la riforma degli stage con 60mila firme al ministro del Lavoro (ad oggi le firme sono oltre 70mila!), e aveva partecipato al dibattito di “Best Stage 2021” organizzato dalla Repubblica degli Stagisti proprio per dare conto di questa battaglia.Romano ha poi incalzato Majorino: «Io ti chiedo di prenderci un impegno semplice: nei primi cento giorni, come il Lazio alziamo il compenso minimo, e limitiamo» gli stage «all’anno dopo la fine della formazione. Lo facciamo?». «Lo facciamo» ha risposto convinto Majorino. Sarebbe, per le 90mila persone che ogni anno fanno stage extracurricolari in Lombardia, un cambiamento epocale. Vorrebbe dire meno sfruttamento, più dignità, più giustizia per i giovani. Gli elettori ci penseranno, quando nel segreto della cabina elettorale dovranno decidere per chi votare? Se Majorino vincerà, per la Regione capitale degli stagisti si aprirà una nuova era per la tutela degli stagisti.

È online (e gratis!) la Guida Best Stage 2023

In rampa di lancio la nuova edizione completamente aggiornata della Guida Best Stage, il vademecum della Repubblica degli Stagisti che accompagna i giovani nei primi passi nel mondo del lavoro.La Guida, giunta alla sua nona edizione, come di consueto contiene un focus sull’attualità (quest’anno dedicato all’occasione purtroppo sfumata, nel 2022, di riforma dei tirocini), oltre a una panoramica sui diritti e doveri degli stagisti con tutte le normative più aggiornate e le informazioni, Regione per Regione, rispetto al rimborso spese minimo e alla durata massima previsti dalla legge per i tirocini extracurricolari, e a un quadro d’insieme su quanti tirocini avvengono in ciascuna Regione ogni anno.La sezione delle FAQ, che ha ormai superato la soglia delle cinquanta domande-risposte, è fatta apposta per dissipare i dubbi più frequenti. Dalle classiche “Uno stage può essere interrotto prima della sua scadenza?” o “Gli stage gratuiti sono legali?”, fino alla sempreverde “Uno stagista deve fare la dichiarazione dei redditi?” passando per “Alla fine di un tirocinio si ha diritto al sussidio di disoccupazione?”, “E’ obbligatorio essere iscritti a Garanzia Giovani?” e “Uno stage può essere svolto da casa?” (domanda che dopo la pandemia, con l’introduzione della fattispecie dei tirocini da remoto, ha cambiato in effetti risposta!). Una FAQ specifica da quest’anno è anche dedicata alla possibilità di attivare un tirocinio in Italia per una persona straniera residente al di fuori dell’Unione europea.Inoltre quest’anno i lettori avranno anche a disposizione un focus specifico con consigli su come cercare efficacemente opportunità di stage e di lavoro e come prepararsi a un colloquio, grazie alla sezione “Job Hunting Tips” a cura di EY - che oltre ad essere da molti anni una delle aziende virtuose dell’RdS network, è anche sponsor della Guida Best Stage 2023. La Guida permette, come sempre, di scoprire tutte le aziende che fanno parte del network della Repubblica degli Stagisti, conoscere le loro policy sugli stage, l’indennità mensile che offrono e la percentuale di assunzione post stage. Una “operazione trasparenza” che contrasta la - purtroppo diffusissima - opacità del mercato del lavoro italiano.La Guida Best Stage 2023 è scaricabile gratuitamente dalla homepage della Repubblica degli Stagisti. Buona lettura!

Sei settimane per diventare IT Developer, ultimi giorni per candidarsi all’Academy di Bene Assicurazioni

Ci sono ancora pochissimi giorni per fare domanda per l’Academy JR Developer organizzata da Bene Assicurazioni – giovane compagnia nata a dicembre 2016 e dal maggio dello scorso anno nel circuito di aziende virtuose dell’Rds network – in collaborazione con l'agenzia per il lavoro Orienta. Per partecipare è necessario essere inoccupati, avere massimo 30 anni, tanta voglia di mettersi in gioco e il desiderio di diventare un IT developer.«L’idea di questo percorso di Academy ci è venuta lo scorso anno, raccogliendo le esigenze evidenziate dai responsabili del team di sviluppo emerse con i nuovi obiettivi di crescita tecnologica dell’infrastruttura digitale della compagnia», spiega Alberto Piva, 34 anni, responsabile Talent Acquisition all'interno dell'Ufficio People Management di Bene Assicurazioni: «Ci siamo messi all’opera ed è nata l’idea di offrire un percorso complementare a quello predisposto da corsi di formazione e università. L’Academy sposa entrambe le anime della realtà di Bene: quella di tecnology company, che punta all’innovazione, e quella di realtà votata ad avere un impatto sociale puntando anche sui giovani talenti e offrendo loro un’occasione di crescita professionale, supportata da senior manager».Nel 2022 hanno partecipato all’Academy sette persone. «Avevamo incontrato circa il doppio dei candidati preselezionati per noi da Orienta, 15 giovani» dice Piva: «Per qualcuno abbiamo detto no all’ingresso del corso, qualcun altro si è ritirato. Provenivano da tutta Italia e avevano un’età che andava dai 20 ai 28 anni. Erano tutti maschi, ma quest’anno speriamo di coinvolgere anche qualche donna: tra le selezioni fatte, infatti, abbiamo già confermato una ragazza e speriamo di riuscire a selezionarne qualche altra». Al termine del percorso del 2022 due giovani sono stati assunti con contratto di apprendistato professionalizzante all’interno di Bene, e tre stanno già lavorando come sviluppatori in altre aziende.Le selezioni per la nuova edizione si concluderanno il 27 gennaio e l’Academy partirà immediatamente dopo, lunedì 30. Questi ultimi giorni, quindi, sono importantissimi per chi volesse far domanda. Il percorso è pensato per diplomati o laureati in materie Stem, ma non si escludono percorsi ibridi. «È fondamentale la passione per la tecnologia e l’innovazione, ma stiamo valutando anche profili che arrivano da un’istruzione superiore umanistico-classica e che magari stanno facendo un percorso universitario non necessariamente in informatica, ma anche in fisica, ingegneria, ingegneria energetica, che non hanno per forza lo sbocco professionale sullo sviluppo software. Oppure un diplomato come perito informatico o tecnico che non ha fatto l’università ma che ha delle basi tecniche, non per forza di programmazione», spiega Piva: «Perché queste basi, se necessario, potremo darle noi durante l’academy».In pratica, quindi, si può candidare anche chi non ha mai scritto una linea di programmazione nella sua vita: «Se una persona viene da studi superiori classici con un percorso in materie umanistiche e però, durante l’assessment psico attitudinale viene fuori che ha una mentalità logica analitica propedeutica all’attività di sviluppo, la prendiamo in considerazione! La logica dell’Academy consente di formare e poi di andare avanti nell’affiancamento una volta inseriti in azienda».Per candidarsi è necessario registrarsi a questo link. È Orienta a gestire, come per la prima edizione, tutta la fase di recruiting e preselezione.Lo scopo dell’Academy è quello di far entrare nuove leve nel team di sviluppo in qualità di junior developer, per acquisire gradualmente le competenze e la modalità di lavoro in ambito back end o front end, ma è un percorso molto utile anche per quanti decidessero di proseguire il proprio percorso professionale in altre realtà strutturate in ambito insurance & finance. Anche perché, pur non entrando nel team di Bene, è possibile avvalersi del supporto di Orienta per individuare opportunità professionali in altre aziende.L’Academy è totalmente gratuita, in quanto finanziata dal Fondo Forma.Temp di Orienta che copre anche le spese di vitto e alloggio per i partecipanti che non risiedono a Milano. È organizzata in sei settimane con lezioni full time dalle 9 alle 18, con un’ora di pausa pranzo, dal lunedì al venerdì presso la sede di Bene Assicurazioni. In queste 240 ore di formazione vengono insegnati linguaggi di programmazione e metodologie utilizzate all’interno della IT Factory di Bene. «Facciamo conoscere ai partecipanti la nostra realtà, anche tramite esercitazioni pratiche con i responsabili del nostro team, in modo che imparino a declinare competenze specifiche di development in un reale contesto aziendale».I partecipanti possono affinare le competenze in linguaggi di programmazione come PHP, Java, Html, Css, Javascript, VueJS – quest’ultimo è una novità rispetto allo scorso anno ed è il motivo per cui c’è una settimana in più di corso – e competenze legate a database Sql e MySql. «Queste conoscenze sono trasmesse durante i percorsi di studio superiori o universitari, ma spesso restano sul piano teorico» riflette Alberto Piva: «In questi anni ci siamo resi conto che in un ambito specialistico con esigenze specifiche come quello di una fully digital company assicurativa, un giovane developer ha bisogno di diverso tempo per declinare le proprie competenze in modo pratico ed efficace. Abbiamo realizzato l’Academy proprio per far sì che i partecipanti possano toccare con mano quello che viene sviluppato dalla nostra IT Factory, attraverso anche esercitazioni pratiche e un approccio learning by doing».I partecipanti non sono coinvolti solo in attività legate alla tecnologia, però: durante il percorso formativo si promuovono anche altre soft skills, come l’orientamento al risultato, la capacità di lavorare in team e il processo di delega e controllo. «Tutte competenze necessarie per un giovane che voglia inserirsi in un contesto professionale specialistico come quello dell’It development in ambito insurance & finance».Rispetto allo scorso anno c'è una sfida in più: l’attività totalmente in presenza. «Nel 2022, causa pandemia, l’Academy è stata svolta per quattro settimane da remoto, e solo l’ultima settimana in sede. Quest’anno, invece, saranno tutte e sei nei nostri uffici, a Milano. E questo porta sicuramente del valore aggiunto. I docenti sono professionisti selezionati ed esperti non solo di tematiche tecniche e linguaggi di programmazione ma anche delle dinamiche tipiche della docenza interattiva». Nel mese e mezzo di corso interverranno anche professionisti della IT Factory, così «i partecipanti avranno anche la possibilità di conoscere senza filtri i loro futuri colleghi e responsabili». E una volta finito il percorso, se in linea con le esigenze dell’azienda, avranno la possibilità di essere inseriti nel team con uno stage o un contratto di apprendistato professionalizzante presso la sede di Seregno, in provincia di Monza e Brianza.Se interessati conviene affrettarsi a far domanda e provare a entrare a far parte dell’equipaggio dei “Beneffiters”.Marianna Lepore

Un ponte tra giovani e imprese, il progetto CambiaMente ha cambiato pelle (ma non obiettivi)

È possibile mettere in connessione i giovani della Generazione Z e le Pmi italiane? Da alcuni anni ci prova CambiaMente, progetto nato giusto giusto dieci anni fa, nel 2013, in provincia di Cuneo grazie all’impegno (e al contributo economico!) di Martino Grindatto, ex manager e imprenditore che una volta in pensione, motivato dalla voglia di “restituire”, lo ha lanciato e finanziato per diverse edizioni.Dal 2021 CambiaMente ha cambiato pelle ed è stato preso in carico da Tacoma, società di consulenza e pmi innovativa che la gestisce tra le sue attività no-profit. L’ambizioso obiettivo è quello di far comunicare questi due mondi che oggi faticano a comprendersi – le pmi e i giovani – arrivando al paradosso di avere molti laureati e ottime università, ma allo stesso tempo un numero rilevante di imprese che non riescono a trovare le risorse che cercano.Oggi CambiaMente comincia il nuovo percorso ed esce dal suo territorio abituale, il Piemonte, per approdare in provincia di Como, a Lomazzo. «Il progetto ha tra i suoi obiettivi quello di far esplorare il mondo delle piccole e medie imprese, che sono un grande patrimonio per la nostra economia, ai ragazzi di oggi che le guardano con poco entusiasmo» spiega alla Repubblica degli Stagisti Stefano D’Avanzo, uno dei fondatori di Tacoma: «L’obiettivo è anche far comprendere alle pmi che i ragazzi di talento in giro ce ne sono molti e che la narrativa dei giovani che non hanno voglia di far nulla, comoda per alcuni, non è una fotografia della realtà: però bisogna essere pronti a riceverli». La ragione dello “sbarco in Lombardia” è presto detta: «Noi andiamo lì dove c’è una grande concentrazione di piccole e medie imprese: e l’obiettivo di CambiaMente per il 2023 è consolidare la nostra presenza in Piemonte e Lombardia. Adesso parte appunto a Lomazzo, poi ci saranno altre due edizioni in Piemonte, una che comincerà il 7 marzo e un’altra ad ottobre. Speriamo di riuscire anche a fare una seconda edizione in Lombardia nel corso del 2023». Ma attenzione: «Questo è un format che nasce per essere replicato, quindi l’obiettivo è trovare il modo per portarlo in sempre più territorialità – italiane e non».I giovani che sono stati selezionati nei mesi scorsi e che oggi cominciano il percorso sono 12, il doppio di quando tutto è partito – ma non si andrà oltre in futuro, perché «a questi ragazzi vogliamo far fare un percorso molto esperienziale, che li tocchi nel profondo. E non puoi farlo se in aula ci sono più di 15 persone, quindi 12 è un buon balance e teniamo quello. L’obiettivo per il futuro è più quello di aumentare il numero di progetti», lancia D’Avanzo: «Mi immagino un CambiaMente per edizioni quasi locali».CambiaMente è aperto a tutti, senza particolari requisiti: una volta pubblicato il bando e diffuso sui social, i giovani interessati devono inviare il curriculum e dare una risposta ad alcune domande che servono per valutarne l’attitudine e la proattività, le due caratteristiche maggiormente ricercate. «Non abbiamo preclusioni sull’università di provenienza o la media dei voti, nemmeno se si è laureati o no, basta che siano abbastanza vicini alla discussione della tesi per poter entrare nel mondo del lavoro», spiega D’Avanzo: «Dopo questo primo screening su carta si fa un colloquio telefonico, poi una video call dove approfondiamo la conoscenza, e chi supera quest’ulteriore step passa al colloquio de visu con noi dell’organizzazione e con due aziende partecipanti. Ripeto: cerchiamo giovani volenterosi che non abbiano perso la speranza che si possa fare qualcosa di buono nel mondo».«È un percorso con una grandissima potenzialità, perciò cerchiamo persone che abbiano una forte motivazione» rimarca Cristiano Ghibaudo, formatore con una lunga esperienza nell’aiutare i giovani a scoprire e valorizzare il proprio talento, che guida le attività formative e di coaching dalla prima edizione di CambiaMente e ora è anche socio di Tacoma: «Chi partecipa può fare veramente la differenza. Tanto che alcuni imprenditori spesso chiamano per chiedere se c’è qualcuno dei ragazzi che ha partecipato al progetto che sta cercando un lavoro».E qui è Martino Grindatto, il primo padre del progetto, a intervenire e spiegare che «i riscontri sono tutti positivi e favorevoli. Su circa cinquanta ragazzi che sono passati in queste varie edizioni, il tasso di approdo al mondo del lavoro è stato del 95 percento».Certo, CambiaMente oggi è diverso. «Nelle edizioni passate ai partecipanti veniva offerto un tirocinio, mentre adesso si offre un percorso di empowerment. Sulla carta non c’è la matematica certezza di avere un posto di lavoro, ma si crea la situazione per cui alla fine l’offerta arriva», racconta Cristiano Ghibaudo. In pratica si sono  invertite le posizioni, almeno in parte. «Prima l’idea sviluppata da Martino Grindatto era quella di dare un’opportunità di lavoro ai ragazzi, e quindi di creare l’occasione dialogando con le aziende per costruire dei percorsi di tirocini. Adesso, invece, è una bellissima partnership tra tutti i soggetti coinvolti nel progetto. Le aziende fanno rete e coprono tutti i costi vivi del progetto». L’obiettivo non è più quindi quello di “piazzare” i ragazzi in un buon tirocinio, ma «aumentare la loro consapevolezza di quello che li circonda e come possono dialogare con il mondo attraverso un percorso formativo “booster”, accelerato, di sette settimane».Un percorso di empowerment che non riguarda solo i giovani ma anche le aziende che partecipano grazie, per esempio, a un workshop interattivo in cui entrambe le parti dialogano su come si possano gettare le basi per comunicare quando si viene da generazioni diverse. «Questa è la prima volta nella storia in cui gli adulti nel formare i giovani non possono usare l’esperienza pura, perché il mondo in cui sono cresciuti non è quello in cui stanno crescendo i giovani» riflette Ghibaudo: «Il cambiamento è stato talmente veloce che l’esercizio della leadership è radicalmente diverso da quello di vent'anni fa». Bisogna a questo punto abbattere gli stereotipi: «i giovani non hanno voglia di lavorare, gli anziani non capiscono niente. Questo genera solo conflitti. CambiaMente è, invece, un luogo privilegiato di cambiamento e dialogo che permette di gettare dei ponti».C’è quindi una grande differenza rispetto al format originale pensato da Grindatto, che con uno sforzo economico importante aveva sempre sostenuto la spesa legata ai tirocini. «In questa nuova modalità sono le aziende che partecipano al progetto che alla fine dell’esperienza fanno un colloquio ai ragazzi ed eventualmente fanno loro una proposta di tirocinio». Con una probabilità decisamente alta che poi arrivi una proposta di assunzione: «Una partecipante ha finito il programma il 29 novembre; è partita subito dopo con un tirocinio, ma l’azienda dopo un solo mese ha deciso di interromperlo e assumerla: dal primo gennaio questa ragazza ha un contratto a tempo indeterminato!».Le aziende che partecipano al progetto sono quindici: Nord Ovest; K Rev; Libellula; Joinfruit; Spintech; Saet emmedi; Banca CRS; Crosa; Trucco Tessile; Ascensori Rossini; Bertola1946; Distribus; Trafficlab; Yeg!; Uomo e ambiente. Finanziano il percorso pagando una fee per partecipare, che cambia a seconda dell’edizione. «Per questa lombarda avevamo qualche spesa viva in più e la fee era sui 3mila euro. Va a copertura dei costi, quindi copre le spese per la formazione, il bootcamp, il noleggio delle sale e location, il materiale formativo. Tacoma ci mette il contributo operativo, di organizzazione, risorse umane. Ed è il nostro modo di esprimere il fatto di essere società benefit» spiega D'Avanzo.«Sono felicissimo di questa evoluzione del progetto CambiaMente e di vedere che il format ha raggiunto una sua maturità» dice Martino Grindatto, padre del primo progetto. «Mi piace molto che non solo i giovani entrino nell’arena del lavoro, ma che le stesse imprese si connettano tra di loro. Nella mia concezione ospitavano un tirocinante, ma tra loro non si parlavano. Qui, invece, le aziende hanno momenti di incontro in cui si creano sinergie e scambi di riflessione sulle best practices che arricchisce ulteriormente la progettualità di CambiaMente».In dieci anni è cambiato non solo il mondo esterno ma anche quello imprenditoriale, e Grindatto l’ha notato anche nelle ultime due edizioni di CambiaMente: «Mi ha colpito innanzitutto la consapevolezza da parte delle imprese  della necessità di uscire da una situazione di solitudine. E poi un’attenzione particolare a tematiche che alcuni anni fa non avvertivo in modo così potente: per esempio ho trovato straordinario il momento in cui, al termine della sessione progettuale, si fa un lavoro con le aziende e con i giovani e si delinea una sorta di contratto per lavorare insieme. E qui vengono fuori le diverse anime che alcuni anni fa io non avevo intercettato: l'attenzione a comprendere le motivazioni delle persone, a conoscerle, a dialogare, ad attivare dei percorsi di matching. Questo sancisce una sorta di nuova imprenditoria, anche perché la Generazione Z è così diversa dalle precedenti: è importantissimo entrare in connessione a capire questi giovani, che hanno un desiderio straordinario di poter partecipare a questa gara della vita».CambiaMente sta arrivando a un nuovo livello di maturità, per farlo attua delle ricognizioni accurate delle aziende partecipanti, perché «ci sentiamo profondamente responsabili nei confronti dei ragazzi. È un progetto che li può segnare in maniera positiva», aggiunge D’Avanzo, «e non vuol dire dargli un posto in una delle aziende partecipanti al progetto, ma fare uscire i giovani con più consapevolezza che è possibile interpretare il proprio percorso professionale». Un percorso di formazione e soft skills con l’obiettivo di dare alle persone le giuste potenzialità per affrontare il mondo del lavoro.Marianna Lepore

Tirocini pagati mille euro al mese alla sede della Regione Piemonte a Bruxelles, in chiusura il primo bando

Il decreto dirigenziale è del 23 dicembre, le università del territorio hanno cominciato a diffondere la notizia solo da qualche giorno sui loro portali ma la risposta dei giovani è già alta: la Regione Piemonte offre a studenti universitari e neolaureati 30 opportunità di stage della durata di quattro mesi presso il proprio ufficio di Bruxelles. Agli stagisti sarà riconosciuta un’indennità di mille euro lordi al mese oltre a un contributo a forfait extra di 250 euro per coprire le spese del viaggio.Un’opportunità importante soprattutto per la presenza di un rimborso spese considerevolmente più alto rispetto al consueto – specialmente quando si tratta di enti pubblici – che aiuterà i tirocinanti a vivere in una città non certo a buon mercato come la capitale del Belgio. Il bando, però, ha qualche elemento poco chiaro che la Repubblica degli Stagisti non è riuscita a dipanare né contattando l’ufficio responsabile del procedimento né l’ufficio stampa.Meglio partire dagli elementi certi: al momento è aperta una selezione per 6 posti di tirocinio della durata di quattro mesi presso la sede della Regione Piemonte a Bruxelles. Per presentare la candidatura c’è tempo fino alle ore 12 del 20 gennaio. Ai tirocinanti sarà riconosciuto lo stesso rimborso spese mensile di 1.000 euro, indipendentemente dal fatto che il tirocinio sia configurato come curricolare o extracurricolare, più il contributo per le spese di trasporto. I giovani selezionati «saranno chiamati a partecipare alle attività svolte quotidianamente in ambito pubbliche relazioni e affari europei e fungeranno da supporto al team dell’ufficio di Bruxelles». Gli stage cominceranno il 15 marzo e proseguiranno fino al 15 luglio. La Regione ha previsto un impegno di spesa di 25mila 500 euro, come attesta il Bollettino ufficiale numero 2 del 2023, uscito il 12 gennaio.Per fare domanda non serve per forza essere residenti ufficialmente in Piemonte, ma è necessario essere iscritti a un corso di laurea o laureati da non più di 12 mesi presso uno degli atenei piemontesi ed essere in regola con il pagamento delle tasse universitarie. A partire dalle candidature sarà stilata una graduatoria sulla base del risultato di un test scritto e di un colloquio orale. Le selezioni «si svolgeranno tra il 30 gennaio e il 3 febbraio e in base al numero delle candidature verrà considerata la possibilità di svolgere il test scritto online».  Il test scritto sarà a risposta multipla su argomenti di cultura generale e sul funzionamento delle istituzioni europee. Per ora si sa che il test «si farà indipendentemente dal numero di candidature ricevute» ma non ci sono dettagli su come sarà organizzato perché è «in via di definizione» come spiega alla Repubblica degli Stagisti Gianni Gennaro, direttore responsabile di Piemonte informa, l’Agenzia quotidiana di informazione sulle attività della Giunta regionale. I primi sei candidati in graduatoria saranno selezionati per lo svolgimento dello stage.Già nel testo del bando si legge, comunque, che «la Regione Piemonte si riserva la facoltà di non procedere alla selezione di alcun candidato», quindi se proprio nessuno soddisferà i requisiti richiesti e se la caverà sufficientemente bene ai test, i sei posti resteranno vacanti. Purtroppo, nonostante si sia stabilito che saranno pubblicati successivamente nuovi avvisi nell’arco temporale che va da ora alla fine di luglio 2024 per arrivare al totale di 30 tirocini di cui si parla nell’avviso, in realtà Gianni Gennaro ammette anche che «la data di pubblicazione dei prossimi bandi è ancora da fissare: prima si procederà alla selezione dei candidati al primo bando», che se non ammessi «potranno in seguito rifare domanda nei bandi successivi».Ma perché, se la scelta della Regione Piemonte è di offrire 30 opportunità di stage, questo bando ne prevede solo sei? La spiegazione, che la Repubblica degli Stagisti non è riuscita a ottenere contattando l’ufficio responsabile dell’avviso, si trova leggendo attentamente la determinazione dirigenziale 456 del 23 dicembre 2022 in cui c’è scritto che «gli spazi attualmente disponibili presso l’Ufficio di Bruxelles della Regione Piemonte consentono di ospitare al massimo sei tirocinanti contemporaneamente»: c'è dunque una ragione di spazio che impedisce di attivare un numero più alto di tirocini. D'altro canto «anche sentiti gli Atenei del Piemonte con cui sono attive le citate convenzioni», la Regione ha voluto «prevedere tirocini di durata sufficiente a implementare un progetto formativo efficace»: ed è per questo che è stato deciso di organizzare stage della durata di quattro mesi, sei stagisti per volta. Per riuscire ad attivare tutti i 30 tirocini di cui si parla inzialmente nell’avviso, la Regione dovrà pubblicare dal 15 settembre di quest’anno al 30 dicembre del prossimo altri quattro avvisi in sequenza per riuscire a rispettare i numeri.In realtà al programma non possono accedere proprio tutti, visto che è ristretto agli studenti in corso o laureati degli atenei piemontesi che hanno sottoscritto un accordo con la Regione, ovvero l’Università di Torino, l’Università del Piemonte orientale e il Politecnico di Torino. Resta fuori l’Università di Scienze gastronomiche, che è un ateneo privato, e gli iscritti agli istituti di Alta formazione artistica e musicale, che secondo i dati del Ministero dell’università e ricerca nell’anno 2021/2022 erano circa 5mila 900.Questi stage sono stati presentati con entusiasmo dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, in carica dal maggio 2019 ed ex europarlamentare: «Visto il crescente rilievo delle politiche Ue, ho voluto che i nostri giovani avessero l’occasione di una esperienza di questo tipo» ha dichiarato presentando il programma: «Ma non tutti possono permettersi i costi di vivere all’estero, per questo è importante che lo stage sia retribuito, affinché sia davvero una opportunità accessibile a tutti».I selezionati parteciperanno alle attività svolte dal team dell’ufficio di Bruxelles nell’ambito delle pubbliche relazioni e degli affari europei, con l’obiettivo di rafforzare le competenze linguistiche, consolidare quelle nel campo della legislazione europea, acquisire una conoscenza diretta del contesto instituzionale europeo anche attraverso la partecipazione alle attività promosse dalla Regione Piemonte a Bruxelles, potenziare le capacità di lavoro sia autonome sia di gruppo e accumulare esperienza nell’organizzazione di eventi, conferenze e incontri internazionali. Lo scopo finale è quello di incentivare il posizionamento di giovani piemontesi nell’universo delle politiche europee e diffondere una maggiore conoscenza delle opportunità lavorative offerte in questo campo.Per partecipare, se in possesso dei requisiti, si deve presentare domanda unicamente per via telematica con le credenziali Spid, Cie o Cns al seguente sito mentre per chi non fosse in possesso di questo tipo di autenticazione è possibile registrarsi attraverso il modulo presente a questo indirizzo.  Di positivo c’è certamente l’esperienza in un contesto internazionale di tutto rispetto con un buon rimborso spese. Certo i tempi per le candidature sono un po' stretti, e poter conoscere già la data della prossima tornata di selezioni sarebbe stato utile; forse con i prossimi bandi questi aspetti verranno migliorati. Marianna Lepore

Stage al ministero della Cultura, ci risiamo: cento posti a 1000 euro al mese, ma zero prospettive di assunzione

Cambia il Governo, cambia il ministro della Cultura, dopo i quasi otto anni di Dario Franceschini, ma non cambiano le politiche di utilizzo dei giovani all’interno di musei, archivi di stato e biblioteche pubbliche con tirocini formativi in uffici senza alcuna possibilità di uno sbocco lavorativo. È stato pubblicato il 19 dicembre l’Avviso di selezione per l’attivazione di tirocini formativi e di orientamento per 130 giovani fino a 29 anni di età che «saranno impiegati per la realizzazione di progetti specifici, nell’ambito del sostegno delle attività di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale». «Altri 130 tirocinanti. Di nuovo. Esattamente come l'anno scorso. Per musei, biblioteche, archivi di Stato. E non tirocinanti qualunque: richieste lauree specifiche, voti alti, titoli e esperienze molto gradite» è l’allarme lanciato dall’associazione Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali, che dal 2015 si batte per la valorizzazione dei lavoratori dei beni culturali: «Di fatto dei para-funzionari, pagati molto meno, e pronti da premiare con punteggi stratosferici ai concorsi (nel presente concorso per funzionari, i tirocini al MiC valgono 10 volte di più di ogni altra esperienza di lavoro). Non c'è nessun altro ministero che abusi così di tirocini, volontariato e lavoro sfruttato. Ministero della Cultura non vi vergognate?»Nel bando all’articolo 1 si spiega che questi giovani «saranno impiegati presso gli uffici centrali e periferici del Ministero e gli istituti e luoghi della cultura». L’obiettivo è «attrarre i più meritevoli» e per farlo si applica quanto già previsto nelle modalità di accesso al Fondo giovani per la cultura all’articolo 24, comma 4, del decreto legge 104 del 14 agosto 2022.Quel Fondo era stato istituito nel 2013 con il nome di "Fondo mille giovani per la cultura": il ministero all’epoca aveva stanziato 1 milione di euro per il 2014 per promuovere tirocini formativi e di orientamento per giovani fino a 29 anni nei settori della cultura. Sei anni dopo, nel 2020, in piena pandemia, l'iniziativa ha cambiato nome: è diventata “Fondo giovani per la cultura” ed è stata rifinanziata per 300mila euro per l’anno in corso e per un milione di euro annui per il seguente. Già nel 2021 i posti messi a bando erano 130. E nei primi mesi di quell’anno, quando era stata pubblicata la primissima selezione per 40 tirocini formativi, la Repubblica degli Stagisti scrisse che «in pratica nel 2021 potrebbe essere pubblicato un nuovo bando, che potrebbe arrivare a coprire lo svolgimento di oltre 100 stage sempre nel settore dei beni culturali». In realtà i numeri sono stati molto più ampi. E potrebbero ancora aumentare. Offrire stage ben pagati non è sbagliato. Il problema è farlo nell’ambito dei beni culturali in cui la crisi durante e post pandemia è stata altissima, è riproporre un programma di tirocinio che non ha portato a nulla, in un settore pubblico dove gli stage non potranno mai sfociare in un contratto vero e proprio e in cui, nonostante i concorsi banditi negli ultimi anni, continua ad esserci una cronica mancanza di organico con la conseguenza di usare gli stagisti per rimpiazzare i dipendenti mancanti. E forse anche per questo la ricerca è per tirocinanti particolarmente brillanti e qualificati, insomma non un laureato qualsiasi.Il ministero continua ad aver bisogno di personale e approfitta dell’uso distorto del tirocinio, mettendo bene in chiaro già nel bando all’articolo 7 che alla conclusione del programma formativo «è rilasciato un attestato di partecipazione valutabile ai fini di eventuali successive procedure selettive nella pubblica amministrazione». Ma questo «non comporta alcun obbligo di assunzione da parte del Ministero della cultura», e per essere più chiari si puntualizza che «l’ammissione al tirocinio non dà luogo in alcun modo alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato».Eppure con la stessa cifra si potrebbe assumere qualcuno a tempo indeterminato, non solo per sei mesi di stage ma per un quarto di secolo con un contratto vero e proprio. È Alessandro Garrisi, presidente dell’Associazione nazionale archeologi a fare la stima: «Ai tirocinanti spettano mille euro per sei mensilità, per 130 posizioni, per un totale di 780mila euro. Se facciamo un calcolo a spanne, un funzionario a inizio carriera guadagna circa 1.200 euro al mese, quindi contando le 13 mensilità annuali con la stessa cifra si arriverebbe a coprire 50 anni, ovvero un funzionario e mezzo, tenendo conto di 35 anni di età media lavorativa. Non è con queste cifre che si risolve la questione delle carenze dei ruoli nella pubblica amministrazione. Il tirocinio», continua a spiegare Garrisi alla Repubblica degli Stagisti, «ha senso se gli stagisti sono inseriti in un percorso che gli consenta di acquisire competenze tali da essere, domani, professionisti migliori, quindi bisognerebbe porre l’accento su cosa vanno a fare effettivamente questi 130 tirocinanti». C’è poi un’altra questione, quella relativa all’attestato di partecipazione rilasciato al termine del periodo di stage, che potrebbe rivelarsi molto importante in seguenti selezioni pubbliche. È già successo con il concorso per funzionari al Mic dove i precedenti tirocini di questo tipo sono stati valutati 5 punti per ogni semestre contro un punto per qualsiasi altro tipo di esperienza professionale maturata con qualsiasi contratto con la pubblica amministrazione. «È un’ingiustizia: si crea una discriminazione al momento del concorso tra giovani e meno giovani» osserva però Garrisi: «Qualsiasi modalità che crei una ingiusta disparità di partenza nei requisiti di accesso non è mai considerabile una prassi corretta, soprattutto nel momento in cui diventi svalutativa dell’esperienza professionale maturata al di fuori dei tirocini, che non può essere sminuita. Le Soprintendenze in questi anni si sono riempite di giovani che hanno fatto stage come questi e che non avendo alcuna reale esperienza professionale altra, finiscono talvolta per essere pessimi funzionari. L’esperienza nel settore privato andrebbe valorizzata ben oltre quella del tirocinante. Non c’è alcun paragone tra la competenza alla quale ti costringe lo svolgimento della professione e sei mesi passati in non ben specificati percorsi formativi».Se, nonostante le premesse non proprio positive, si volesse comunque far domanda, bisogna compilarla in via telematica entro le ore 12 del 20 gennaio 2023 attraverso l’applicazione informatica al link servizionline.cultura.gov.it Si può accedere solo con Spid o carta di identità elettronica e si può inoltrare domanda per tutte le Direzioni generali e per l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale. Per ogni tipologia di tirocinio si possono inviare fino a cinque candidature.I tirocini dureranno sei mesi per venticinque ore settimanali e i tirocinanti riceveranno un’indennità mensile di mille euro lordi, comprensivi della quota assicurativa. Per partecipare è necessario aver conseguito una laurea magistrale tra quelle indicate nel bando con una votazione pari o superiore a 105/110 entro 12 mesi antecedenti la pubblicazione dell’avviso. La selezione avviene per titoli e colloquio che si svolge in modalità telematica. All’orale saranno chiamati i candidati con il punteggio più alto pari a tre volte il numero dei posti disponibili e saranno selezionati i primi 130 in graduatoria. I posti di stage sono così suddivisi: 40 presso la Direzione generale archivi, 30 presso la Direzione generale biblioteche e diritto d’autore, 10 presso la Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, 10 all’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale, 10 presso la Direzione generale educazione, ricerca e istituti culturali e 30 presso la Direzione generale musei. I candidati possono far domanda per ognuna delle varie categorie senza limiti.Ai giovani con i titoli necessari non resta che far domanda sperando di rientrare nei “fortunati” tirocinanti. Resta la delusione nel constatare l’assenza di un cambio di passo tra il vecchio e il nuovo esecutivo. L’incapacità di dire: è un programma sbagliato, senza sbocchi. E di provare a pensare a qualcosa di diverso per dare ai giovani che hanno deciso di dedicare i loro studi al settore artistico e culturale attratti dalla ricchezza che l’Italia offre in questo campo, il meritato sbocco lavorativo.«Al nuovo ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, chiediamo di tenere conto di tutto il corredo normativo e legislativo che regolamenta il settore, affinché sia sempre rispettato, e che si attuino strategie sagge che lo potenzino, attraverso la messa a sistema di piani di sviluppo di lunga gittata temporale, volti a garantire una crescita costante, con adeguati investimenti, congruo impiego di risorse, adeguamento degli standard digitali, politiche di partenariato pubblico privato, un ruolo centrale per i professionisti del settore», conclude il presidente Garrisi, con una proposta: «È arrivato il momento di chiedere l’esternalizzazione di alcuni servizi teoricamente svolti dalle soprintendenze che, per mancanza di personale, non riescono a smaltire. Si risolverebbero così non pochi problemi e si smaltirebbero le pratiche arretrate. Così si creerebbe lavoro in un ambito, quello dei beni culturali e dell’archeologia che ha questi numeri: solo un 16% dei professionisti lavora nel settore pubblico, università o soprintendenza, mentre più di otto archeologi su dieci lavora in forme privatistiche offrendo i servizi necessari».Marianna LeporeFoto di apertura: di Fred Romero da Flickr in modalità Creative Commons