Ashoka Fellows, Francesca Fedeli di Fight the Stroke: "Portiamo in Italia il concetto di imprenditoria sociale"
Una mamma che ha fatto del suo vissuto personale un lavoro e quasi una missione: per la prima intervista del ciclo dedicato agli Ashoka Fellows la Repubblica degli Stagisti incontra Francesca Fedeli, fondatrice di Fight the Stroke, un'associazione che si propone di fornire un concreto supporto a tutti i bambini colpiti da ictus. Una malattia che spesso, erroneamente, si associa solo agli anziani e alle loro famiglie. Quarantasette anni, una formazione accademica che l’ha portata a conseguire la laurea in Economia agraria e vari master, Francesca aveva avviato la sua carriera in aziende multinazionali, ricoprendo in particolare ruoli legati al marketing e alle relazioni esterne. Fino all’evento che le ha cambiato la vita: la nascita, nel 2011, di suo figlio Mario, un bimbo che appena dieci giorni dopo la nascita è stato colpito da ictus perinatale. Questa esperienza durissima si è trasformata ben presto in un lavoro per Francesca, che qualche tempo dopo la nascita di Mario ha deciso di lanciare un’associazione che si occupasse proprio dei bambini colpiti da questa sindrome o da altri disturbi cerebrali in tenerissima età. E il prossimo 30 novembre, per il quinto anno consecutivo, Fight the stroke porta a Milano il TedMed, l’edizione della Ted Conference dedicata alle grandi sfide di medicina, innovazione e scienza: nell’appuntamento verrà proiettata una selezione di talk del TedMed americano (andato in scena in California la settimana scorsa) selezionati da un panel di curatori scientifici italiani, esperti in diverse discipline. Il tema di quest’anno sarà ‘Chaos + Clarity’: mentre il caos è spesso disordinato e può sembrare antiscientifico, è in realtà un grande amico del metodo scientifico. Dalle situazioni caotiche, infatti, spesso nascono le più grandi scoperte. Come l’intuizione alla base di Fight the Stroke.Come è nata Fight the Stroke?Al momento della diagnosi di ictus perinatale di Mario io e mio marito ci siamo resi conto di quanto fossero scarse le nostre conoscenze al riguardo. Dopo aver trascorso i primi due anni a elaborare il trauma e a cercare le cure migliori per il nostro bambino (qui il video della loro partecipazione al Ted 2013), nel 2014 abbiamo deciso di trovare un modo per “restituire” le conoscenze che avevamo sviluppato. Così è nata Fight the Stroke. Negli anni poi ci siamo “allargati” e ora ci occupiamo di tutti i bimbi con paralisi cerebrali infantili o traumi cerebrali insorti in una fase precoce della vita: si tratta di circa 17 milioni di bambini nel mondo.Un'esperienza così cambia la vita.L’esperienza con Mario mi ha fatto scoprire di avere abilità, skill, che non sapevo di possedere: come la resilienza e la facoltà di accettare che non sempre le cose vanno come ci aspettiamo. Essere madre di un bimbo con bisogni speciali attiva in modo particolare la capacità di resilienza.I vostri progetti?Il più importante è senza dubbio quello di Mirrorable, la nostra piattaforma di riabilitazione. Il progetto si basa su nozioni scientifiche come la scoperta dei neuroni specchio, quelli che si attivano quando vediamo la nostra immagine allo specchio – o un’altra persona – che svolge una certa attività, tipo bere un bicchiere d’acqua. Mostrare questa azione a un bambino colpito da ictus o da paralisi cerebrale infantile genera la costruzione di alcune sinapsi necessarie per reimparare questo movimento. Facendo esercizi i bambini recuperano parte delle abilità perse. Inoltre, attraverso la piattaforma è possibile collaborare con altre famiglie coinvolte dallo stesso problema: la riabilitazione tra pari ha dimostrato di essere molto efficace. Infine, organizziamo anche campi estivi in cui i bambini lavorano in un percorso intensivo. Come si inserisce il progetto Mirrorable nella struttura di Fight the Stroke?Fight the Stroke è attualmente un’associazione di promozione sociale che però sta virando verso il modello della fondazione: a gennaio cambieremo statuto. All’interno dell’associazione abbiamo costituito gruppi di lavoro che si attivano in maniera fluida e flessibile. Al progetto che ha portato alla realizzazione di Mirrorable hanno collaborato a vario titolo nove persone: la piattaforma è stata poi testata in un clinical trial che ha mostrato come il prodotto avesse un’efficacia superiore del 26% a quella della riabilitazione tradizionale sul fronte del recupero dell’attività motoria. Si tratta di un progetto dal respiro internazionale: il nostro obiettivo è lavorare alla diffusione della piattaforma nei Paesi di lingua inglese e spagnola, oltre che in quelli di lingua italiana. Com'è andato il percorso di selezione per diventare Ashoka fellow?Il percorso è iniziato nel 2014, nel momento in cui stavo rientrando dagli Usa, dove peraltro mi trovavo per un’altra fellowship, la Eisenhower Fellowship, un programma specifico sull’innovazione. Per me la fellowship di Ashoka ha rappresentato di un punto di arrivo: Ashoka ancora non esisteva in Italia, per cui il processo di valutazione è iniziato negli Usa e si è concluso nel 2015 in Olanda. Si è trattato di un percorso di valore, specie perché mi trovavo nel momento in cui dovevo decidere in che modo mandare avanti la mia idea imprenditoriale, ed entrare nella rete Ashoka mi ha senz’altro agevolato.Che significato ha essere nominati Fellow?A me la nomina ha dato consapevolezza di un ruolo: prima che esistesse Ashoka in Italia non era ancora chiaro il concetto, che ancora fa fatica a consolidarsi, di imprenditore sociale. Parliamo di chi nella sua attività non guarda esclusivamente al ritorno economico, ma pensa anche all’impatto sulle generazioni future. Entrare in questa rete per me è stato il valore più importante. Inoltre, in alcuni casi come il mio – all’epoca ero disoccupata – l’associazione garantisce uno stipendio minimo per continuare a operare come imprenditore sociale.In cosa Fight the Stroke è diverso... è speciale?Innanzitutto è l’unico progetto sull’health in Italia premiato da Ashoka, senza dubbio perché nel caso della salute si fa fatica a improvvisarsi imprenditori: occorrono un solido background e conoscenze specifiche. Un’altra caratteristica è il fatto che questo progetto parte da un problema che mi ha toccato personalmente: in questo modo vedono la luce molte imprese sociali, che nascono da un vissuto personale per poi espandere l’azione a raggio più ampio.Qual è l’impatto più forte sulla società?Noi esistiamo innanzitutto per creare consapevolezza, fare advocacy sul problema dell’ictus in età precoce e in generale dei bimbi colpiti da paralisi cerebrale infantile. Una questione ancora poco conosciuta: con Fight the Stroke siamo riusciti a coinvolgere mille famiglie colpite dal problema in Italia. Da qui ci siamo mossi per cercare di apportare quello che Ashoka definisce un “cambiamento sistemico”. Queste malattie presentano infatti varie difficoltà per quanto riguarda la diagnosi precoce e la riconoscibilità dei sintomi: per questo nel 2017 siamo riusciti a ottenere uno dei primi risultati, l’apertura del Centro Stroke specializzato presso l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. Un altro dei pilastri della nostra attività è poi la risoluzione del problema della riabilitazione motoria di questi bambini, che devono effettuarla per tutta la vita. Abbiamo constatato che nel mondo della riabilitazione esistevano dei “minus” a questo riguardo e quindi abbiamo creato la nostra piattaforma Mirrorable, attraverso la quale questi bambini possono eseguire gli esercizi di cui hanno bisogno. In sintesi, quindi, l’impatto della nostra attività sulla società si articola su tre aree: creare una consapevolezza e fare rete, aprire il primo centro specializzato, e avviare la piattaforma per la riabilitazione.In cosa consiste l'appuntamento di TedMed del prossimo 30 novembre?Portiamo in Italia questo appuntamento in maniera esclusiva da cinque anni. All’interno di Ted Global, un ciclo di conferenze internazionali dedicate all'innovazione, alla creatività e alle idee, c’è un appuntamento verticale dedicato a medicina, scienza e innovazione, con interventi brevi e di tipo divulgativo. Il 30 novembre a Milano, a partire dalle nove e mezza del mattino (qui il programma completo) vedremo tutti i talk dagli Usa; ci saranno poi due moderatori, sezioni in cui faremo workshop e attiveremo sinergie con un pubblico variegato, composto da medici, studenti di medicina e di ingegneria biomedica e altre professionalità. Il senso di questo appuntamento è imparare a costruire un’alleanza terapeutica tra tutti i soggetti portatori di interesse su questa materia.