Il punto di riferimento normativo rispetto agli stage, anche se a livello locale sono spuntate negli ultimi anni alcune leggi regionali, resta principalmente il decreto ministeriale 142/1998. Questo testo prevede pochi paletti fondamentali che dovrebbero regolare l'utilizzo dello strumento dello stage, volto esclusivamente - almeno nelle iniziali intenzioni del legislatore - «a realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro nell'ambito dei processi formativi» e «agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro».
Rispetto al numero di stagisti ospitabili, già nell'articolo 1 di questo decreto viene esplicitato che «i datori di lavoro possono ospitare tirocinanti in relazione all'attività dell'azienda, nei limiti di seguito indicati: a) aziende con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato, un tirocinante; b) con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e diciannove, non più di due tirocinanti contemporaneamente; c) con più di venti dipendenti a tempo indeterminato, tirocinanti in misura non superiore al dieci per cento dei suddetti dipendenti contemporaneamente».
Sembra tutto chiaro, eppure questa disposizione ha un grande tallone d'Achille. Anzi, tre. Per prima cosa, malgrado sia espressamente specificato che si parla solo di dipendenti a tempo indeterminato, molte imprese scelgono di fare le "finte tonte" e conteggiano ai fini della proporzione tutto il loro organico, ricomprendendo anche i collaboratori con contratto a progetto, i giovani in apprendistato, talvolta perfino i freelance. Capita quindi che piccole imprese - agenzie pubblicitarie, redazioni giornalistiche, società di consulenza... - che hanno solamente due-tre dipendenti a tempo indeterminato si sentano in diritto di ospitare cinque-sei stagisti alla volta, come se avessero sessanta dipendenti, perchè magari in organico hanno una decina di impiegati a tempo determinato, una ventina di cocopro e altrettanti collaboratori a partita Iva.
Un altro aspetto problematico è quella parolina, «contemporaneamente», che non lega il limite numerico all'anno solare (es. 2010, 2011...) bensì all'hic et nunc. Per com'è scritta la norma, infatti, non si possono ospitare più di tot stagisti contemporaneamente: ma nulla vieta di ruotarli in continuazione. Con il risultato che un'azienda con cento dipendenti in un anno potrebbe prendere non solo dieci stagisti (che corrisponderebbero appunto al 10% del suo organico) ma addirittura fino a quaranta: basterebbe che avesse l'accortezza di far durare gli stage tre mesi e di sostituire immediatamente gli stagisti in scadenza con nuove leve. Non capita, purtroppo, così raramente.
Infine un ultimo aspetto da segnalare è che vi sono aziende che hanno un certo organico, di cui però una percentuale rilevante ha mansioni operaie: ha senso che quei dipendenti vengano considerati nel computo? Poniamo il caso di una fabbrica con 2mila dipendenti, di cui 500 con mansioni impiegatizie e 1500 operai. Ha senso che quest'azienda possa ospitare fino a 200 stagisti all'anno? Siccome gli stagisti non vengono destinati alla catena di montaggio o alle officine - almeno, lo si spera - potenzialmente negli uffici potrebbe crearsi una situazione assurda con 500 dipendenti e 200 stagisti! Qui il buon senso suggerirebbe due soluzioni: diminuire la proporzione percentuale tra numero di dipendenti a tempo indeterminato e numero di stagisti, riducendola per esempio dal 10% al 5%, oppure specificare che nel computo non potranno essere conteggiati coloro che svolgono mansioni di fatica.
In ogni caso, il tallone d'Achille più significativo rispetto a questo punto della normativa - anzi, della normativa nel suo insieme - è che non è prevista alcuna sanzione per le eventuali violazioni. Detto in parole povere, si parla di teoria: in pratica oggi se un'azienda supera i paletti che il dm 142/1998 pone, ospitando più stagisti del consentito, anche in caso di ispezione e di accertamento della violazione rischia poco o nulla. Non sono infatti previste né sanzioni pecuniarie né ripercussioni di altro tipo. Per raddrizzare il sistema ci sarebbe bisogno di cominciare a bacchettare le imprese che non si comportano bene. La proposta della Repubblica degli Stagisti è quella di differenziare tra violazioni gravi e violazioni lievi: per le prime, come ad esempio l'utilizzo dello stagista come dipendente, dovrebbe scattare la trasformazione dello stage in apprendistato; per le violazioni lievi potrebbe invece essere prevista come punizione la sospensione della facoltà di ospitare stagisti per un certo periodo di tempo, per esempio 12 o 24 mesi. Ma per introdurre queste migliorie ci vuole la volontà politica di proteggere gli stagisti e sanzionare le imprese che li sfruttano.
Eleonora Voltolina
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