Toscana, l'assessore: «Se con le nuove leggi i tirocini diminuiscono non è un male: scompaiono quelli truffa»

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 27 Mag 2013 in Approfondimenti

La Toscana è a posto. Almeno per quanto riguarda l'aggiornamento della normativa sui tirocini extracurriculari, anzi, la Regione guidata da Enrico Rossi è la prima della classe: le linee guida concordate in sede di Conferenza Stato - Regioni lo scorso gennaio, mirate a uniformare – secondo quanto previsto da uno specifico punto della riforma Fornero – le varie normative regionali sullo stage, sono letteralmente modellate sulla legge approvata dalla giunta Rossi nel gennaio 2012, che ha introdotto nuove tutele a favore dei tirocinanti. A cominciare dal diritto a ricevere un'indennità mensile.
stage lavoroE non a caso l'assessore regionale al lavoro della Toscana, Gianfranco Simoncini, è anche il responsabile del settore Lavoro della Conferenza ed è stato il protagonista, insieme all'ex ministro Fornero, della trattativa per concordare il testo sugli stage. «Noi non abbiamo bisogno di introdurre modifiche alla nostra normativa» conferma alla Repubblica degli Stagisti, «anche perché buona parte delle linee guida hanno fatto riferimento alla nostra legge».
In effetti la legge regionale 3/2012 contiene già praticamente tutti i punti che le linee guida prescrivono. La normativa, preceduta dal progetto sperimentale della “Carta dei tirocini e stage di qualità nella Regione Toscana” ha introdotto a partire dalla primavera del 2012 «l’obbligo a carico dei soggetti ospitanti di erogare un importo forfetario a titolo di rimborso spese», poi definito dal successivo regolamento in un minimo di 500 euro lordi al mese, a favore di tutti gli stagisti extracurriculari. Prevedendo novità incisive sul fronte del monitoraggio della qualità formativa, dei controlli e delle sanzioni: alla fine di ogni stage le competenze acquisite devono essere «registrate nel libretto formativo del cittadino»; le Province, attraverso i centri per l’impiego, sono tenute a garantire «il corretto utilizzo dei tirocini  mediante  attività di informazione e di controllo»; e finalmente viene introdotta una sanzione per chi si approfitta degli stagisti: «In caso di mancato rispetto della convenzione e dell’allegato progetto formativo, accertato dall’organo di controllo, il soggetto ospitante non può attivare tirocini per il periodo di un anno dall’accertamento ed è tenuto al rimborso delle quote eventualmente corrisposte dalla Regione».
Di più. Lo scorso novembre, su sollecitazione di alcuni uffici stage universitari e centri per l'impiego che avevano richiesto delucidazioni, la Direzione generale Competitivà del sistema regionale e sviluppo delle competenze, settore Formazione e lavoro, ha emesso una lunga circolare che fornisce risposte ai dubbi interpretativi relativi alla legge.
stage lavoroNel documento, firmato dal dirigente responsabile Gianni Biagi, dopo aver ancora una volta chiarito alla voce «applicabilità» che «le disposizioni di cui alla legge e al regolamento si riferiscono esclusivamente ai tirocini non curriculari», si specifica per esempio che il divieto di ripetizione del tirocinio presso il medesimo soggetto ospitante va interpretato «nel senso che lo stesso non deve aver svolto un tirocinio, né deve aver avuto nessun precedente rapporto di lavoro o incarico (prestazione di servizi) con il medesimo soggetto ospitante». Si ribadisce poi che «non può essere attivato alcun tirocinio, anche con riferimento a tirocinanti disabili o svantaggiati, con soggetti ospitanti privi di dipendenti a tempo indeterminato». E più avanti che «possono essere attivati tirocini con soggetti di età superiore ai 30 anni», ma che «per tali soggetti non potrà essere richiesto il contributo regionale» a meno che non appartengano alle categorie dei «soggetti disabili» o «soggetti svantaggiati»: insomma, mentre la Regione rende all'azienda una parte del rimborso spese erogato dal soggetto ospitante se lo stagista è un under 30, non lo fa dopo questa soglia di età.
Altra precisazione importante riguarda le aziende che hanno un distaccamento in Toscana, ma non la propria sede legale, che sono comunque tenute a uniformarsi ai dettami della legge toscana: «I soggetti promotori aventi sede al di fuori della Regione Toscana che attivano tirocini che si svolgono sul territorio regionale sono tenuti all’osservanza integrale della normativa regionale in tema di tirocini». Rispetto ai tutor, che la legge toscana ha responsabilizzato, la circolare specifica che deve essere fisicamente presente nella stessa sede dello stagista, e ovviamente «in orario compatibile con l’attività del tirocinante».
Una questione poi molto molto sentita sia dai soggetti ospitanti sia dagli stessi stagisti è quella degli aspetti fiscali del rimborso spese. Qui la circolare però fa un passo indietro: «Questa Amministrazione non può fornire chiarimenti vincolanti in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, di competenza dell’Agenzia delle Entrate». Si limita a ricordare che «la normativa fiscale delle borse di studio prevede un generale criterio di imponibilità ai fini dell'Irpef, disposto dall'art. 50, comma 1, lett. c), del Tuir, che assimila ai redditi di lavoro dipendente "le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante"». Dunque, chiarito che l’importo minimo di 500 euro mensili «deve essere considerato al lordo», la circolare dice correttamente che «sarà la “situazione” fiscale di ciascun tirocinante che determinerà le modalità operative del soggetto ospitante nella sua veste di sostituto d’imposta».
Ma dalla circolare emerge un grande problema, già evidenziato dalla Repubblica degli Stagisti e ammesso anche da altri rappresentanti di enti regionali: cioè quello del vuoto normativo sul numero massimo di tirocini attuabili contemporaneamente presso uno stesso soggetto ospitante che non solo la normativa toscana, ma tutte le normative regionali in fieri sono destinate a creare. Si legge infatti che «I tirocini curriculari attivati presso il soggetto ospitante non sono computati nel numero massimo di tirocini attuabili».
Queste poche parole aprono la porta a un possibile abuso molto pericoloso: le aziende (e gli enti pubblici) cioè potrebbero attenersi alla normativa per quanto riguarda il numero di tirocinanti extracurriculari ospitati (per esempio: 10 se il massimo previsto è 10), ma poi aggiungere ad libitum tirocinanti curriculari, senza avere qui - di fatto - un tetto massimo.
È una delle tante storture generate dall'aver preteso di suddividere gli stage curriculari da quelli extracurriculari, assegnando addirittura a ciascuno dei due insiemi un differente referente competente per legislazione. Prima - con il decreto ministeriale 142/1998 che certamente tanti limiti portava con sè - almeno questa ipocrisia non c'era: i tirocini erano regolati da una sola normativa, i tirocinanti venivano conteggiati tutti insieme e sul numero totale veniva fatta la proporzione con il numero di dipendenti del soggetto ospitante. Ora tutto è nel caos. Le Regioni, supportate dalla Corte Costituzionale, si sono battute per affermare il proprio diritto a esercitare una competenza esclusiva in materia di tirocini: ma solo quelli extracurriculari. Si sono date (nel caso della Toscana) o si stanno dando nuove leggi per regolamentarli. Ma in tutto questo, i tirocini curriculari da chi saranno regolamentati? Urge un intervento statale immediato.
Comunque, nel suo piccolo anche su questo la Toscana è avanti: in avanzato stato risulta infatti un "Accordo di collaborazione tra la Regione Toscana, le Università degli studi e gli Istituti di alta formazione e specializzazione toscani per lo svolgimento di tirocini curriculari e non curriculari", che nelle prossime settimane dovrebbe essere approvato. In attesa che il neoministro Carrozza, toscana peraltro anche lei, batta un colpo.
Nel frattempo, dalle prime rilevazioni emerge che un effetto della nuova legge - in vigore ormai da un anno - ha comportato una riduzione del numero dei tirocini sul territorio toscano. Tanto che all'inizio di maggio la vicepresidente della Provincia di Prato, Ambra Giorgi, ha invocato una «sospensione delle nuove regole dei tirocini, per rifletterci sopra e lasciare che la recessione si allenti», denunciando che il numero di tirocini attivati nella sua provincia «si è ridotto del 25%» e che «il mercato è paralizzato», anche per colpa della nuova normativa. La richiesta però viene rispedita al mittente dall'assessore Simoncini: «È una sciocchezza. Chi dice "diminuiscono i tirocini rispetto a prima" deve tener conto che prima i tirocini erano utilizzati come strumento di sfruttamento. Non a caso anche in Toscana erano cresciuti sopratutto nel momento della crisi, a fronte di un abbattimento dei contratti di apprendistato: perché venivano utilizzati strumentalmente per far lavorare i giovani sottopagati o non pagati. Quel 25% di tirocini che si sono persi sono quelli di sfruttamento che noi non volevamo». Simoncini è dunque convinto che sia quasi un bene che si abbassi un po' il numero dei tirocini: «Il mio obiettivo non è ridurli, anzi, è incentivarli. Ma come strumento di formazione, non come rapporto di lavoro mascherato».

Eleonora Voltolina

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