Apprendistato: contratto a tempo indeterminato oppure no?

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 14 Apr 2012 in Approfondimenti

L'apprendistato è un contratto a tempo determinato o indeterminato?Stagisti L'annosa questione, da tempo dibattuta, si ripropone leggendo la bozza di riforma del mercato del lavoro approvata dal consiglio dei ministri il 23 marzo. Perché quella che dovrebbe essere la principale porta di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro in quel testo viene definita prima in un modo e poi in un altro.

L'apprendistato è un contratto che può essere sottoscritto da un giovane di età compresa tra i 16 ed i 29 anni, ha una durata massima di 6 anni e prevede che il lavoratore svolga un determinato numero di ore di formazione. Il ministro Elsa Fornero considera questa tipologia contrattuale uno dei pilastri della sua riforma: nel disegno di legge pubblicato il 4 aprile viene definita come la «modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».

Ma più che il ddl, in questo frangente è il testo del documento del 23 marzo a interessare. Vi si legge infatti che l'apprendistato dovrebbe essere sempre più inteso come «il punto di partenza verso la progressiva instaurazione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato». Il che lascerebbe supporre che si tratti di un contratto a tempo determinato. Eppure, poche pagine oltre, cambia tutto.

Una delle modifiche all'attuale struttura delle norme sull'occupazione riguarda infatti un aumento del costo del lavoro delle dive
Stagistirse di alcune tipologie di contratti temporanei che nelle intenzioni del governo dovrebbe incentivare le aziende ad assumere a tempo indeterminato. Ebbene, nel testo in questione si legge che «l'aliquota aggiuntiva non si applicherà agli apprendisti» visto che essi sono «titolari di contratto a tempo indeterminato». Ma allora l'apprendistato è un tempo determinato o indeterminato?

La Repubblica degli Stagisti ha cercato di chiarire la questione interpellando ad alcuni giuslavoristi. «Il contratto di apprendistato è sempre stato considerato come un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che ha la peculiarità di permettere un licenziamento immotivato al termine della parte formativa, senza bisogno da parte del datore di lavoro di addurre giusta causa né giustificato motivo» afferma Gianguido Balandi [foto a sinistra], ordinario di Diritto del lavoro e preside della facoltà di Giurisprudenza dell'università di Ferrara. Cosa accada lo spiega nel dettaglio Angelo Pandolfo, che insegna Diritto del lavoro alla Sapienza di Roma: «Alla fine dell'apprendistato il datore di lavoro può recedere dal rapporto. Ma se da parte dell'azienda c'è quella che si definisce "inerzia", allora questo continua automaticamente. Ed è a tempo indeterminato». Quanto spesso avviene il passaggio al tempo indeterminato?

Stando all'ultimo rapporto Isfol, coloro che hanno iniziato a lavorare con un contratto di apprendistato nel 2005 sono riusciti, dopo cinque anni, a trasformare questo rapporto in un tempo indeterminato nel 44,9% dei casi.

Per queste ragioni la proposta di riforma non prevede un aumento del costo del lavoro di un apprendista.Stagisti Ma servirà far crescere quello dei contratti precari per convincere i datori di lavoro a preferire forme di contratto più stabili? «Il problema rimane tutto intero», contesta Claudia Pratelli [foto a destra] del dipartimento per le politiche giovanili della Cgil. «Restano in piedi tutte le oltre 40 tipologie contrattuali precarie che conoscevamo»: insomma, se l'obiettivo fosse stato quello di combattere il precariato sarebbe servito abolirne almeno qualcuna. In più «l'aumento del costo del lavoro vale per i contratti a tempo determinato, ma non per i parasubordinati» - ovvero contratti a progetto, collaborazioni coordinate e continuative, occasionali.

Anzi, per queste categorie «il rischio è che l'aumento del costo contributivo si scarichi sulle buste paga nette». Chi lavora in queste condizioni infatti non ha un salario definito in base ai contratti nazionali. E quindi le aziende potrebbero ridurre i loro compensi, scaricando su di loro l'aumento del costo del lavoro.

«Non solo non si è disincentivato l'utilizzo dei contratti precari
» chiude Pratelli «ma contemporaneamente si produce un effetto perverso legato all'abbattimento del compenso netto». Senza essere riusciti a trasformare l'apprendistato nella principale via d'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.

Riccardo Saporiti

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