Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 19 Nov 2011 in Approfondimenti

Governo nuovo, ministri nuovi. Tra le tre donne del team Monti c'è Elsa Fornero, 63 anni, docente di economia presso l'università di Torino ed editorialista del Sole 24 Ore, esperta di pensioni e tematiche del lavoro. A lei è stato assegnato uno dei ministeri chiave della nuova compagine governativa: quello del Lavoro, per l'appunto, cui si è aggiunta anche una delega alle pari opportunità.
stageFornero è torinese, energica, donna di grande rigore che si è già dimostrata capace di sostenere con forza le proprie idee. Senza paura di pestare i piedi alla Lega o di incalzare il governo su temi scomodi come quello della riforma delle pensioni. Il neo ministro arriva all'incarico dopo una lunga serie di esperienze in campo accademico e istituzionale: ha fondato il Cerp, Centro per la ricerca sulle pensioni e le politiche di welfare, primo ente in Italia e tra i primi in Europa con un focus specifico sull'economia dell'invecchiamento; ha fatto parte della commissione ministeriale di esperti indipendenti per la verifica del sistema previdenziale; è stata membro della task force sulla portabilità pensionistica, costituita presso il Centre for economic politicy studies (Ceps) di Bruxelles. Ma è stata anche consigliere indipendente in Buzzi Unicem e, sino alla nomina, vice presidente nel Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo.
Il lungo curriculum del ministro non chiarisce da solo quali siano le sue posizioni sui temi più cari ai lettori della Repubblica degli Stagisti: precariato, pensioni, politiche occupazionali per i più giovani. Per quanto riguarda le tematiche previdenziali, le sue posizioni di lunga data sono state rilanciate con forza dai media in occasione della sua recente nomina. La Fornero ha da sempre sostenuto l'esigenza di estendere il calcolo contributivo delle pensioni a tutti i contribuenti, anche a chi era stato escluso dalle vecchie riforme.
Ma si è anche espressa più volte pubblicamente in favore di un passaggio dal precariato alla flessibilità. Anzi, alla «flessicurezza». Nella newsletter dell'Associazione Nuovi Lavori dello scorso 27 aprile il neo ministro scrive: «La flessibilità, così come è stata introdotta, avrebbe funzionato (o almeno avrebbe funzionato meglio) se soltanto l’economia fosse cresciuta di più e quindi se ci fosse stata, da un lato, una maggiore domanda di lavoro, e più proiettata sul medio lungo termine; dall’altro, un maggiore base contributiva e un più alto tasso di remunerazione dei contributi in vista del futuro pagamento delle pensioni. stageIn termini un po’ approssimativi: ogni punto percentuale in più di crescita del prodotto lordo italiano avrebbe consentito la creazione di 200-250mila posti di lavoro, portato circa sette miliardi in più nelle casse pubbliche e migliorato il “libretto pensionistico” dei giovani soggetti alle pensioni contributive». L'errore di fondo dei governi passati, aggiunge Fornero, è questo: «Le politiche italiane per la flessibilità del mercato del lavoro e per la sostenibilità del sistema previdenziale non hanno considerato la crescita come un risultato da raggiungere, ma piuttosto come un presupposto».
Come passare dalla precarietà alla flessibilità? Il ministro appoggia l'idea di un contratto unico di lavoro, di cui la Repubblica degli Stagisti si è spesso occupata: «La “flessibilità buona” si può quindi individuare precisamente nella riduzione/eliminazione della convenienza a comportamenti, sia delle persone, sia delle imprese, che tendono a trasformare la flessibilità in precarietà. Una via percorribile e più efficace potrebbe essere quella del contratto unico di lavoro, una proposta - avanzata da Tito Boeri e Pietro Garibaldi su La Voce
e successivamente fatta propria da un folto gruppo di parlamentari - in grado di conciliare la flessibilità in ingresso richiesta dalle imprese con l’aspirazione alla stabilità rivendicata dai lavoratori». Il contratto, spiega Fornero, potrebbe essere modellato «in modo da adattarsi maggiormente sia alle diverse esigenze del ciclo di vita delle persone - con un periodo iniziale di formazione anche sul posto di lavoro, minore risparmio previdenziale e quindi aliquote contributive inizialmente più basse - sia alle esigenze delle imprese, con una retribuzione e condizioni di impiego commisurate alla produttività». Il punto critico del contratto unico rimane «la licenziabilità dei lavoratori che dovrebbe diventare progressivamente più difficile mano a mano che il lavoratore acquisisce esperienza e diventa più produttivo».
stageE ancora, in un'intervista di gennaio sul Corriere Economia, quando la situazione per l'Italia e l'Europa non era ancora così nera, Fornero dichiarava: «Il mercato ha incoraggiato il lavoro flessibile, trasformandolo in lavoro precario, mentre il welfare lo ignora. Bisogna invece riconoscere che il dipendente precario è a tutti gli effetti un lavoratore e che nelle condizioni di crisi economica in cui viviamo è più difficile trasformare un rapporto a tempo determinato in uno indeterminato. Occorre pensare a un reddito minimo e a una rete di sicurezza che oggi manca e induce molti giovani a dipendere da un genitore che magari non è ricco o da una nonna che fa risparmi su una pensione molto modesta. Non si può accettare un welfare solo per chi lavora a tempo indeterminato; vuol dire chiudere gli occhi sul fatto che molta parte del lavoro dei giovani e delle donne non ha queste caratteristiche».
Elsa Fornero, insomma, si presenta come un ministro con le idee chiare in tema di giovani e precariato, e tutte le carte in regola per prendere decisioni rapide ed efficienti. La sua determinazione politica verrà messa alla prova nei prossimi mesi: lo stesso presidente del Consiglio Monti, nel presentare la squadra di governo, ha sottolineato la necessità di rivedere le pensioni e di prestare maggiore attenzione a giovani e donne, prospettando anche il progetto di adottare effettivamente il contratto unico. Saranno quindi i precari italiani i primi a verificare se il welfare prospettato dal nuovo ministro sia destinato a concretizzarsi o a restare un bel progetto sulla carta di vecchi giornali.

di Andrea Curiat


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