Caso Calabria, l'indignazione di Ichino: «Questi stage di tre anni in realtà sono posti di lavoro creati artificialmente, l'opinione pubblica deve reagire»

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 16 Lug 2011 in Interviste

Una delle cose che colpisce di più nel caso dei "superstage calabresi" è l'insistenza dei beneficiari nel volere a tutti i costi questo prolungamento della loro condizione. Da una parte è comprensibile: non hanno in mano un'altra opportunità ed è normale che si aggrappino a questa. È Pietro Ichino [nella foto], giuslavorista e senatore del Pd, a fornire alla Repubblica degli Stagisti la sua visione sulla vicenda, dando un'interpretazione dell'atteggiamento di questi ragazzi così tenacemente aggrappati all'inquadramento come stagisti. E dicendosi convinto che non è più di stage che si può parlare in questo caso.

Professor Ichino, è 'formazione' uno stage di 3 anni? Qual è il limite oltre il quale questo si trasforma in qualcosa di diverso, in un lavoro vero e proprio?
In questo caso calabrese parlare di "stage" è veramente del tutto fuori luogo. Tecnicamente, lo definirei "job creation fuori mercato", ovvero creazione artificiale di posti di lavoro in soprannumero nelle amministrazioni pubbliche. Non è davvero quello che ci vuole per lo sviluppo della Calabria.
Come commenta l’ennesima proroga concessa dal consiglio regionale calabrese ai “super-stagisti”?
È una cosa desolante. In quella regione cambiano le maggioranze, ma non cambia la mentalità assistenzialistica bi-partisan, che è una delle cause del sottosviluppo della regione stessa. La politica calabrese ha una responsabilità gravissima nel circolo vizioso che condanna la regione alla povertà. Ma la cosa più impressionante è l’inerzia di quei 360 giovani, che dovrebbero essere i più svegli.
Perché impressionante?
Perché, con le loro lauree a pieni voti e con lode ci si sarebbe potuto aspettare da loro che avessero almeno un po’ di orgoglio, di sicurezza di sé nel mercato del lavoro, di idee sul come promuovere lo sviluppo della loro terra. Invece sono lì da tre anni aggrappati alla speranza di una qualche stabilizzazione ope legis, quindi sostanzialmente di un intervento assistenziale. Sembrano non rendersi conto di essere una contraddizione vivente.
Quale contraddizione?
Sostengono di essere i migliori, i più bravi. Dovrebbero dunque essere quelli che meno di tutti hanno bisogno di assistenza. Invece adducono il loro voto di laurea come titolo di precedenza rispetto agli altri per ottenere assistenza pubblica. Se hanno diritto all’assistenza i 110 e lode, che cosa dovrebbero chiedere tutti gli altri? E la cosa incredibile è che il governo regionale esprime comprensione di fronte a questa pretesa contraddittoria. Ma loro obiettano, per un verso, che è interesse della Calabria a trattenerli; per altro verso che la loro unica speranza di lavoro in Calabria risiede nella possibilità di un posto nelle amministrazioni pubbliche. È proprio qui che sbagliano di grosso.
Non si accorgono che l’epoca dello Stato-mamma è finita, non traggono alcun insegnamento da quello che sta accadendo in Grecia. Non capiscono che l’unica speranza di sviluppo economico e di crescita dell’occupazione sta nella capacità della loro regione di attirare investimenti da fuori, quindi nella capacità dei calabresi di cercare nuovi piani industriali in giro per il mondo e negoziarne l’insediamento in Calabria, mostrando di essere loro i primi a crederci, essendo quindi disposti anche a scommettere qualche cosa di loro su questi piani.
Più facile a dirsi che a farsi.

Abbiamo una infinità di esempi, anche vicini a noi, di regioni depresse che sono riuscite o stanno riuscendo a decollare in questo modo. E non solo nell’Europa orientale. Non c’è un solo motivo ragionevole per cui il nostro Mezzogiorno non debba o non possa imitare quegli esempi e rimboccarsi le maniche. I calabresi non sono obbligati a farlo; ma se scelgono di non farlo, devono sapere che il salvagente dell’assistenza non c’è più: l’unica alternativa ad attirare investimenti sulla loro terra è recarsi loro dove c’è chi è interessato ad assumerli.
Dopo le sue interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta, cosa si può fare adesso contro un provvedimento che è del tutto illegale?
Se le istituzioni tardano a reagire come dovrebbero, l'unico rimedio è che reagisca l'opinione pubblica: tocca soprattutto a voi giornalisti informarla e mobilitarla.

Ilaria Mariotti


Per saperne di più su questo argomento leggi anche:
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- Calabria, approvata la legge per stabilizzare i superstagisti. Nuova interrogazione parlamentare di Ichino: «Esito paradossale»
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