L'intramontabile Marcello Lippi e la disfatta ai Mondiali: c'è bisogno urgente di un ricambio generazionale

Alessandro Rosina

Alessandro Rosina

Scritto il 25 Giu 2010 in Editoriali

Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un Paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.
[E grazie ad Arnald per la vignetta]


L’uscita ingloriosa della nazionale di calcio italiana dal Mondiale fornisce lo spunto per una riflessione sui meccanismi perversi che regolano il ricambio generazionale nel nostro Paese.
La nostra classe dirigente nel migliore dei casi è costituita da persone come il sessantaduenne Marcello Lippi. Grandi vecchi che pensano di essere intramontabili, di essere la soluzione adatta per tutte le stagioni. Hanno magari ottenuto successi importanti in passato, e per Lippi è stato senz’altro così, ma non capiscono quand’è il momento giusto per mettersi da parte. E così, un Paese che ha tutte le potenzialità per crescere, si ritrova guidato da persone con una storia alle spalle ma poca visione di quello che serve per vincere le sfide del presente e del futuro. Il mondo cambia sempre più velocemente, mentre la nostra classe dirigente è sempre più ostinata a mantenere le sue posizioni. Non capendo che i fattori che hanno determinato il successo di ieri non garantiscono necessariamente il successo di domani. In questo modo si lascia però anche poco spazio alle nuove generazioni e alla possibilità di innovare l’approccio verso le nuove sfide, che rimettono sempre in discussone le vecchie soluzioni. Questo significa anche rischiare e quindi poter sbagliare. Ma l’errore di un giovane che sperimenta è utile perché consente di imparare e crescere. L’errore di un vecchio serve solo per finire ingloriosamente una carriera.
Aiutiamo allora i grandi vecchi a non fare la fine di Lippi, facendo del male a se stessi e al Paese. Si potrebbero proporre anche scelte drastiche. Come ad esempio, stabilire che dopo i sessant’anni si lascino le cariche più importanti, potendo ricoprire ruoli che valorizzino l’esperienza - come supporto e consiglio - ma non siano direttamente decisionali. Si dirà che così facendo si rischia di privarsi di alcuni anziani ancora in grado di svolgere ad alto livello una funzione di leadership. Forse sì, ma io penso sia molto maggiore il danno attuale dei troppi illustri e meno illustri intramontabili che non ci stanno a farsi mettere da parte tenendo in ostaggio la crescita del Paese e frenando l’emergere di visioni ed idee nuove.

Alessandro Rosina

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