Con l'Aspi sussidio di disoccupazione anche ai precari: ma solo se cercano lavoro

Marta Traverso

Marta Traverso

Scritto il 23 Apr 2012 in Approfondimenti

Ammortizzatori sociali: cosa cambierebbe se il disegno di legge Fornero venisse approvato? La legge 223 del 1991 stabilisce le regole in base a cui i lavoratori hanno diritto a ricevere - in caso di disoccupazione, cassa integrazione e altre condizioni di mobilità - un sussidio economico e un supporto nella ricerca di un nuovo lavoro.
Se il ddl entrerà in vigore, le varie forme di sussidi di disoccupazione e gli assegni di mobilità previsti dalla normativa precedente saranno accorpati dal 2017 in due strumenti, Aspi («Assicurazione Sociale per l'Impiego») e MiniAspi.
Entrambe le misure sono destinate ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con contratto a tempo indeterminato, determinato, part-time o di apprendistato (escluse invece le forme di contratto atipico). L'Aspi verrebbe erogata a chi ha due anni di anzianità assicurativa e che ha lavorato per almeno cinquantadue settimane nell'ultimo biennio; la Mini Aspi a chi ha lavorato in un periodo compreso da tredici settimane a sei mesi nell'ultimo anno. Secondo l'articolo 37 comma 3 del ddl Aspi e MiniAspi durerebbero fino a dodici mesi - con a proroghe per casi specifici, per esempio la frequenza di un corso di riqualificazione professionale: in caso di una o più proroghe, la somma sarebbe inferiore rispetto all'indennità erogata inizialmente, nello specifico del 10 % alla prima proroga, del 30 % alla seconda e del 40% alla terza e successive. L'articolo 35 illustra invece un'indennità una tantum per i disoccupati il cui ultimo impiego è stato con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e iscritti alla gestione separata dell'Inps.
Come nella normativa ancora in vigore, il ddl tiene conto anche dei requisiti di decadenza, ossia le condizioni per cui viene meno la fruizione degli ammortizzatori sociali, illustrati negli articoli 30 e 62. Si decadrebbe dal ricevere Aspi e MiniAspi in caso di perdita dello stato di disoccupazione (perché si è firmato un contratto di lavoro o si è avviata un'attività autonoma) o di raggiungimento dei requisiti per il pensionamento, ma anche rifiutando una o più opportunità di lavoro o formazione proposte dal centro per l'impiego.
Cosa significa quest'ultimo punto? Che se una persona iscritta al centro per l'impiego riceve un'offerta per partecipare a un corso di formazione o di riqualificazione professionale, oppure un'offerta di lavoro con contratto subordinato, e rifiuta questa opportunità (oppure accetta ma non frequenta il corso o non si reca regolarmente sul luogo di lavoro) automaticamente non ha più diritto a ricevere il sussidio. In particolare, la decadenza si applica se il lavoratore rifiuta di partecipare a opere o servizi di pubblica utilità mentre è disoccupato, oppure se rifiuta un'offerta di impiego «professionalmente equivalente» alle sue mansioni precedenti e la cui retribuzione è - come si legge all'articolo 62 comma 2b del ddl - «non inferiore al 20% rispetto all'importo lordo dell'indennità cui ha diritto», e ove il luogo di lavoro o la sede del corso - comma 3 - «si svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici».
La Repubblica degli Stagisti ha chiesto un'opinione su questa "clausola di non rifiuto" a Patrizia Avellani, segretaria Camera del lavoro di Genova: «Le criticità non sono legate tanto alla parte economica, poiché dalle tabelle allegate alla relazione tecnica essa risulta in linea o lievemente superiore rispetto all'attuale indennità, piuttosto all'incertezza sul reperimento delle risorse per il suo finanziamento. Per quanto riguarda l'universalità vengono escluse alcune figure professionali, i requisiti richiesti non allargano di fatto la platea dei lavoratori. Ovviamente quando andrà a regime, nel 2016, e di fatto verrà cancellata la mobilità in deroga, avremo grossi problemi di sostegno al reddito per tutti quei lavoratori coperti oggi dalla deroga. La durata, rispetto all'attuale indennità, viene di fatto dimezzata, e in presenza di grave crisi occupazionale ciò rischia di diventare un problema drammatico. Le prime conseguenze si stanno già verificando: le aziende in crisi stanno accelerando i processi di mobilità e fuoriuscita dei lavoratori al fine di utilizzare le norme attualmente in vigore».
Cosa accade invece all'estero? Nei Paesi dell'Unione europea il diritto a ricevere l'indennità è strettamente collegato al salario maturato nell'ultima esperienza lavorativa, ma non tutti garantiscono in contemporanea un "salario minimo" per gli inoccupati (ossia chi non ha mai lavorato), come del resto l'Italia, o per chi dimostra di vivere in condizioni di indigenza. 
Tutti i Paesi dell'Ue pongono la disponibilità al lavoro come requisito fondamentale per accedere agli ammortizzatori sociali: questo perché i fondi devono essere erogati a chi si trova in uno stato di "disoccupazione involontaria", ossia è rimasto senza impiego, risulta iscritto al collocamento ed è alla ricerca attiva di una nuova collocazione. In Germania, dove si applica un sussidio tra il 60 e il 67% rispetto all'ultimo stipendio e un reddito minimo di 359 euro mensili a chi è in cerca del primo impiego, è requisito indispensabile per accedere ai sussidi il dimostrare che si sta cercando un lavoro e l'accettare un eventuale impiego che viene proposto. La stessa cosa avviene in Paesi come Francia, Spagna e Inghilterra, dove l'importo dell'indennità varia a seconda dell'età o dei contributi maturati nell'ultimo biennio. La Finlandia impone addirittura che la persona che richiede i sussidi stia ricercando un lavoro full time, mentre in Svezia e Paesi Bassi bisogna dichiarare di non aver rifiutato opportunità di lavoro tra il momento in cui si è diventati disoccupati e quello in cui si è fatta richiesta del sussidio.
È giusto imporre l'obbligo di cercare lavoro per legge? Certamente, a fronte di risorse pubbliche sempre più scarse, è opportuno rendere il sussidio di disoccupazione una misura limitata nel tempo. Un "tampone" deputato esclusivamente ad aiutare una persona nel momento di transizione da un lavoro all'altro non può diventare uno "stipendio di Stato", erogato per anni, magari a persone che non intendono trovare un nuovo impiego. Il problema però si porrà per quelle persone che durante il periodo di disoccupazione non si sentiranno offrire nessuna proposta di nuovo lavoro. E questa è un'altra sfida della riforma, ancora tutta da valutare: rivitalizzare e riorganizzare i servizi rivolti a chi cerca lavoro, a cominciare dall'attività dei centri per l'impiego sparsi per il territorio.

Marta Traverso

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