Poco meno di due settimane fa il ministro Elsa Fornero e il premier Mario Monti avevano illustrato i contenuti della riforma del lavoro che intendono realizzare. I punti erano poi stati resi disponibili alla stampa e ai cittadini attraverso un testo per cosi dire "programmatico", un documento di 26 pagine che spiegava argomento per argomento le intenzioni del governo. Ma quel testo non era ancora definito, non aveva la forma di un atto normativo. Ora ce l'ha.
Dopo 12 giorni di lavoro - e di ultime trattative - Monti e Fornero si sono ritrovati ieri pomeriggio di nuovo fianco a fianco, di nuovo in conferenza stampa, per presentare il dettato definitivo che il governo propone ai due rami del Parlamento - in prima battuta al Senato. Il «Disegno di legge recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita» si articola lungo 79 pagine [scarica qui il pdf], che la Repubblica degli Stagisti nei prossimi giorni approfondirà e presenterà ai suoi lettori per capire appieno la portata dei cambiamenti proposti e gli effetti sull'occupazione giovanile. Il primo focus, oggi, è sull'articolo 12 e riguarda il tema dei tirocini formativi.
Cosa diceva il testo programmatico rispetto agli stage
Il testo del 23 marzo era molto generico in proposito: al punto 2.10 diceva che «nel rispetto dei profili di competenza regionale» sarebbero state individuate, «unitamente alle regioni stesse», alcune non meglio precisate «misure rivolte a delineare un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento, al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità dei giovani e prevenire gli abusi, nonché l’utilizzo distorto dell’istituto, in concorrenza con il contratto di apprendistato». Il governo si riprometteva cioè di elaborare alcune «linee guida per la definizione di standard minimi di uniformità della disciplina sul territorio nazionale», riservandosi peraltro (un po' fumosamente) di prevedere anche «misure, riconducibili alla esclusiva competenza dello Stato, volte a disciplinare i periodi di attività lavorativa che non costituiscono momenti del percorso di tirocinio formativo, ad evitare un uso strumentale e distorto delle attività esclusivamente lavorative svolte nel tirocinio». Niente veniva detto però rispetto al contenuto delle linee guida.
Cosa prevede il disegno di legge
Ora l'articolo 12 del ddl qualcosa lo precisa, quantomeno nelle intenzioni. Promette che, all'indomani dell'applicazione definitiva della riforma - ipotizzabile per l'estate - partirà un conto alla rovescia che, nel giro di massimo 6 mesi, dovrebbe portare all'approvazione di «uno o più decreti legislativi finalizzati ad individuare principi fondamentali e requisiti minimi dei tirocini formativi e di orientamento». Questo decreto verrà elaborato «dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano».
Disciplina da rivedere interamente per frenare gli abusi
E conterrà disposizioni coerenti con quattro «princìpi e criteri direttivi». Il primo: «revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo». Cioè la normativa verrà rimodellata per rendere lo stage meno intercambiabile con l'apprendistato, in modo che cessi di esserne un concorrente sleale. Il secondo: «previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività». Qui si può evincere che il governo abbia intenzione di porre paletti più stringenti per quanto riguarda la durata massima, le garanzie di qualità formativa, il raggio di possibile applicazione degli stage, con l'obiettivo di rendere più difficile ai datori di lavoro il malcostume di utilizzare i tirocinanti come se fossero dipendenti, lasciandoli soli dopo qualche giorno di formazione sommaria, e richiedendo loro prestazioni e autonomia e gravandoli di responsabilità. Si pensi qui solo all'enorme bacino degli stagisti utilizzati come commessi nei supermercati, come baristi e camerieri nei locali, come receptionist negli alberghi.
Sanzioni per chi abusa dello stage e rimborso spese obbligatorio
Ma sono senz'altro il terzo e il quarto dei punti messi nero su bianco da Monti e Fornero a suscitare le migliori speranze. Il terzo prevede infatti la «individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza, anche attraverso la previsione di sanzioni amministrative, in misura variabile da mille a seimila euro». Finalmente cioè la normativa sugli stage smetterebbe di essere sine sanctione - al pari una sorta di mero suggerimento, senza alcuna possibilità di punire il trasgressore - e si introdurrebbe un deterrente monetario. Infine, il quarto «criterio e principio» è quello per il quale la Repubblica degli Stagisti si batte fin dalla sua nascita: la «previsione di non assoluta gratuità del tirocinio, attraverso il riconoscimento di una indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta». Stop agli stage gratuiti dunque. Non viene specificato se il divieto di gratuità andrà applicato a tutti i tirocini, oppure solo a quelli extracurriculari (questa via, più soft, è stata quella utilizzata dalla Regione Toscana e dalla Regione Abruzzo che per prime hanno legiferato introducendo l'obbligatorietà di un rimborso spese minimo). Ma si tratta comunque di un principio di portata rivoluzionaria per l'Italia: che anche la prestazione di uno stagista, benché non esperto, benché in formazione, è meritevole di riconoscimento economico.
Ora si vedrà l'iter parlamentare di questo ddl: ma il primo giudizio della Repubblica degli Stagisti su questo articolo 12 è sicuramente positivo.
Eleonora Voltolina
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