Il costituzionalista sulla sentenza della Corte: «Situazione Arlecchino per i diritti degli stagisti»

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 14 Gen 2013 in Interviste

«L'uniformità dei diritti dei singoli deve trovare un giusto contrappeso nella scelta del legislatore di favorire a livello regionale la autonoma e propria determinazione della normativa in tema di formazione professionale». Da un lato c'è l'articolo 3 della Costituzione, quello che sancisce la pari dignità sociale e l'uguaglianza di fronte alla legge dei cittadini, dall'altro la lettera m dell'articolo 117, per cui lo Stato può definire i livelli essenziali delle prestazioni, i diritti civili e sociali. Ma è questo stesso articolo a garantire alle regioni la potestà in tema di formazione professionale. Per questo Francesco Clementi, professore associato di Diritto pubblico comparato all'università di Perugia, e recentemente tra i più autorevoli sostenitori della candidatura di Matteo Renzi alle primarie del Partito democratico, non può che condividere la recente sentenza con cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'articolo 11 della legge 148 del 2011, quello che aveva fissato in sei mesi la durata massima di uno stage. Pur rendendosi conto che con queste regole del gioco «si rischia una situazione ad Arlecchino, per cui ciascun territorio ha una legislazione autonoma».

Professor Clementi, la Corte ha escluso che lo Stato possa intervenire in materia sulla base della lettera m dell'articolo 117, ovvero per definire i livelli essenziali delle prestazioni, diritti civili e sociali. Ma con questa sentenza non si apre la strada ad una leopardizzazione dei diritti, per cui ciò che viene riconosciuto, ad esempio, ad uno stagista piemontese non vale per uno pugliese?
La Corte non ha una giurisprudenza univoca, tale da poterla considerare come una decisione definitiva. La famosa lettera m è in realtà una lettera cerniera, come la porticina riservata ai gatti nelle case britanniche: un pertugio che consente alla Corte di decidere se la norma che ha di fronte rispetto al parametro è lesiva o meno. Oggi la Consulta dice semplicemente che la competenza residuale è di esclusiva titolarità regionale. Questo però non esclude, un domani, un intervento che dia ragione allo Stato per esigenze di unitarietà. La Corte non ha chiuso definitivamente il dibattito, ha detto che la norma in questione è invasiva della competenza delle regioni. Ma se in futuro di fronte ad un arlecchino normativo si riscontrerà un regime che viola l'articolo 3 al punto da divenire lesivo del principio di uguaglianza dei cittadini, allora si potrà definire incostituzionale la norma.
Siamo passati dalle maggioranze a geometria variabile alla Costituzione a geometria variabile?
La Corte sta razionalizzando, in un tentativo di portare unitarietà. Ma in questo caso ha riconosciuto le ragioni degli enti locali. Facciamo un esempio: la vostra testata si chiama Repubblica degli Stagisti e appunto la Repubblica è un soggetto composito. L'articolo 114 parla di una Repubblica delle autonomie, un modello asimmetrico territoriale. Si tratta solo di capire quale sia il principio di unitarietà che consente questo modello composito.
StagistiMa cosa avviene per quegli enti e aziende che hanno sede in più regioni? A quale normativa dovranno rifarsi?
Questo è un problema sul quale è interessante riflettere. Penso dovranno esserci regimi differenziati, conseguenti a leggi regionali differenziate. C'è una questione di unitarietà interna che però è problema del singolo ente. Credo che la direzione sia quella dei bandi regionali.
E in quelle regioni che ancora non hanno ancora legiferato in materia di tirocini cosa succede?
Semplicemente, vige l'ordinamento nazionale in attesa di una normativa regionale.
Con questa sentenza, però, ha stabilito che la competenza di legiferare sui tirocini è tutta in capo alle regioni?
Riprendo la sentenza: la Consulta dice chiaramente che «la normativa in esame costituisce un’indebita invasione dello Stato in una  materia di competenza residuale delle regioni».
Per questo motivo, quindi, si è arrivati all'abolizione dell'articolo 11 della legge 148/11?
Sulla base dell'articolo 117 della Costituzione, ovvero perché la norma impugnata è stata giudicata come lesiva dell’autonomia legislativa regionale.
Ma come mai nel 2005 la Corte aveva detto che solo i tirocini estivi erano di competenza regionale e ora afferma invece non solo che tutti i tirocini lo sono, ma anche che già nel 2005 l'aveva detto?
Il problema è questo: quando si ha di fronte la Costituzione, ci si trova di fronte a dei titoli, a delle materie che devono essere riempite da scelte normative, da contenuti concreti normativi, espressioni di scelte politiche. La Corte, come uno scultore di fronte al marmo nudo, scolpisce la materia e dice quali sono i punti critici da non oltrepassare. E oggi afferma che la formazione professionale è appannaggio delle regioni.
Ci saranno conseguenze sugli stage attualmente in corso e sui bandi già pubblicati?
Su quelli in corso no, ormai fanno riferimento all'ordinamento pregresso. Quelli futuri invece si dovranno conformare. Se l'ente promotore ha sede, poniamo, in Toscana e i tirocini si svolgono in questa regione, si farà riferimento alla legge toscana. Se invece si tratta di un ente con sede in più regioni, si farà un bando nazionale che si rifà alle leggi dello Stato. E se sarà in contrasto con le normative delle regioni, queste ultime lo potranno impugnare di fronte al Tar.
Non ritiene che sia un meccanismo farraginoso?
Può darsi che lo sia. Ma di fronte all’interpretazione costituzionale dato dalla Corte e in assenza di una normativa nazionale puntuale il quadro è questo.
E naturalmente i giudici della Corte, quando deliberano, non tengono in considerazione queste conseguenze pratiche?
La Corte non si pone questo tipo di problemi, che riguardano invece il legislatore, innanzitutto quello nazionale.
Ma questo pronunciamento è definitivo, oppure è possibile un ulteriore ricorso da parte dello Stato?
Servirebbe un nuovo ricorso perché la Corte possa tornare a pronunciarsi.
Come è possibile agire per chiarire una volta per tutte le competenze?
Servirebbe una riforma costituzionale che decida cosa fare del tema in sé: il legislatore può decidere che la questione venga costituzionalizzata nell'esclusiva competenza statale. Ma bisogna intervenire sulla Carta. È semplicemente una questione di volontà politica.

Riccardo Saporiti

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