La riforma del lavoro non ha alcun futuro se non si affronta il nodo degli stage. È in questo enorme bacino, che coinvolge oltre mezzo milione di persone all'anno, che si annida il maggior pericolo di fallimento di qualsiasi tentativo di riforma strutturale del sistema italiano.
L'obiettivo dichiarato di Monti e Fornero è certamente condivisibile: aiutare i giovani a uscire dalla precarietà e dall'indigenza, permettendo loro di poter accedere a contratti decenti. In questo senso si parla di contratto unico, contratto prevalente, rilancio dell'apprendistato. Tutte tipologie contrattuali che assicurerebbero (o già garantiscono, nel caso dell'apprendistato - purtroppo ancora drammaticamente sottoutilizzato malgrado i tanti proclami dei governi precedenti) diritti e garanzie sia da tanti punti di vista: retribuzione dignitosa, contributi adeguati, ferie e malattia e maternità, tfr. Cose dell'altro mondo per la maggior parte dei giovani, oggi condannata a contratti a progetto senza progetto, collaborazioni finto-autonome (spesso con l'obbligo di aprire la partita Iva, per poi fare però un normale lavoro subordinato), full time inquadrati e pagati come part-time... e sopratutto stage e tirocini.
Senza una nuova legge su questo tema cruciale non si può andare da nessuna parte. Gli stage sono lo strumento più conveniente oggi a disposizione dei datori di lavoro. Non prevedono praticamente nessun obbligo: nè di corrispondere un compenso agli stagisti, nè di assumerne almeno una parte, nè di prendere in tirocinio solo persone effettivamente inesperte, nè di usare questo inquadramento solo per i mestieri che effettivamente necessitano di una formazione approfondita. Non c'è nemmeno - e questo è l'aspetto più grottesco - una sanzione per chi viola i pochi e blandissimi paletti (il numero massimo di stagisti ospitabili contemporaneamente, la durata massima, l'obbligo di mettere a disposizione un tutor...). Quindi sostanzialmente ad oggi la legge sugli stage è poco più di un suggerimento.
Proprio per questo tutti ci si buttano a pesce. la caccia allo stagista é ormai aperta da anni e imprese private – ma anche enti pubblici e organizzazioni non profit – ci sguazzano felicemente. Meno felici sono i giovani che subiscono questa situazione: per loro gli stage si sono progressivamente trasformati da belle opportunità di crescita professionale e di inserimento lavorativo a via crucis infinita, passaggio obbligato per poter accedere - chissà quando - a un vero contratto. Nella maggior parte dei casi precario.
I casi virtuosi, importantissimi da evidenziare e valorizzare per dimostrare che "un altro stage è possibile", sono troppo pochi per potersi accontentare: il cancro del lavoro mascherato da stage avanza e ogni giorno si moltiplicano gli annunci indegni che offrono stage per mansioni di basso profilo in negozi, supermercati, call center; oppure che ricercano "stagisti esperti" - un vero e proprio ossimoro.
Qualsiasi riforma del lavoro sarà dunque assolutamente inefficace se non prevederà, come corollario immediato, una revisione totale della normativa in materia di stage e tirocini. Urge una legge quadro statale che ponga le condizioni minime da garantire a tutti i giovani, per assicurare loro esperienze realmente formative e dissuadere dall'abuso. La legge quadro dovrebbe agire almeno su tre fronti: imporre uno standard minimo di "diritti" per gli stagisti, a cominciare da un dignitoso rimborso spese che permetta loro di non dover pesare sulle famiglie. Prevedere severe sanzioni in caso di violazione. E mettere in piedi un sistema di monitoraggio continuo in grado di smascherare immediatamente gli abusi e di permettere ai soggetti promotori (università, centri per l'impiego, agenzie interinali...) di condividere le informazioni su ciascun soggetto ospitante. Una volta delineato il quadro generale, poi, ciascuna regione potrebbe farsi la sua legge ad hoc (come quella, estremamente innovativa, appena approvata in Toscana). Ma le regole del gioco le deve dettare lo Stato e devono proteggere e garantire tutti gli stagisti, da Aosta a Taranto.
Senza una riforma degli stage la riforma del lavoro nascerebbe dunque irrimediabilmente zoppa. La miglior legge del mondo sul contratto unico o sul rilancio dell'apprendistato non avrebbe alcuna chance di essere applicata se restasse in piedi un concorrente sleale talmente più conveniente - lo stage appunto. Quale azienda sceglierà mai di pagare per qualcosa che può avere gratis?
Eleonora Voltolina
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