Domenica sera il premier Monti ha raccontato agli italiani i contenuti della sua manovra. E i tanti che si aspettavano anticipazioni rispetto al mercato del lavoro sono rimasti delusi: il ministro Elsa Fornero ha parlato dei ritocchi al sistema previdenziale, ma tutte le decisioni rispetto al diritto del lavoro sono state posticipate a dopo la chiusura del decreto legge "Salva Italia". Quindi prima di Natale, come la stessa Fornero ha comunicato martedì alla commissione Lavoro del Senato, il Governo aprirà il confronto su «un progetto di riforma del diritto del lavoro per i nuovi rapporti di lavoro che si costituiranno da qui in avanti, che per semplicità possiamo indicare con il nome flexsecurity».
Il grande nodo è quello del contratto unico. Con questa definizione si indica una nuova modalità contrattuale che andrebbe a sostituire la stragrande maggioranza dei contratti ora esistenti (resterebbero in vita solo il part-time, l’apprendistato, il lavoro stagionale, l’interinale e il tempo determinato per ragioni precise). Rimodellando il contratto a tempo indeterminato solo per i nuovi entranti.
Il progetto, teorizzato da vari esperti sul modello di tipologie contrattuali simili già vigenti nella maggior parte dei Paesi occidentali, ha la sua forma più definita nella proposta di legge «codice del lavoro semplificato» già depositata dal giuslavorista e parlamentare Pietro Ichino, e supportata da 54 altri senatori del PD. Contro questo progetto c’è chi ha innalzato le barricate: non solo la Cgil ma una consistente parte di centrosinistra, a cominciare dal PD. E lo scontro che ha visto contrapposti Ichino e il responsabile economico dei democratici Stefano Fassina nelle scorse settimane, con tanto di lettere di sostegno, ne è la rappresentazione plastica.
Ma chi ha paura del contratto unico, e perchè? La semplificazione è: perchè non protegge più dal licenziamento, permettendo al datore di lavoro di lasciare a casa i dipendenti per ragioni economiche e strutturali, anche derogando all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. I detrattori infatti fanno sempre il paragone tra le tutele assicurate dal futuro contratto unico e quelle dell’attuale tempo indeterminato.
Eppure il contratto unico sarebbe incommensurabilmente vantaggioso per la stragrande maggioranza dei giovani italiani, che il contratto a tempo indeterminato non sanno nemmeno cosa sia. Ecco cosa prevede.
Assunzione da subito a tempo indeterminato. Via tutti i sotterfugi, taglio netto alla precarizzazione dell’esistenza. In particolare, viene ridefinito il concetto di «lavoratore dipendente», intendendo con questa definizione chiunque lavori continuativamente per un solo committente traendone la maggior parte (oltre i 2/3) del proprio reddito, con un limite di 40mila euro annui. Il periodo di prova è fissato in 6 mesi standard. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi meno del 10% dei giovani viene assunto con contratto stabile, quindi con questa riforma il 90% dei neoassunti godrebbe di un netto miglioramento.
Stipendio dignitoso, allineato ai contratti nazionali di categoria o ai contratti aziendali, e comunque mai inferiore al salario minimo. Infatti il progetto di riforma prevede l’introduzione di una soglia minima (già presente nella maggior parte dei paesi occidentali, es. smic in Francia, minimum wage in UK) sotto alla quale nessun datore di lavoro possa scendere. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: niente più finti cocopro full time pagati poche centinaia di euro al mese.
Diritti estesi a tutti. Col contratto unico anche i neoassunti hanno diritto alle ferie, alla malattia, alla maternità, al tfr. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi quasi tutti i contratti con cui si impiegano i giovani – a cominciare dai cocopro – non prevedono affatto queste tutele. Il contratto unico comporterebbe pertanto dal punto di vista dei diritti un miglioramento di portata colossale.
Contributi decenti per costruire una pensione decente. Tutti i lavoratori assunti con contratto unico avrebbero un’aliquota contributiva universale pari al 28%. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi per i parasubordinati l’aliquota non solo è più bassa ma è sopratutto per 1/3 a carico del lavoratore.
Welfare in caso di licenziamento / 1, soldi come buonuscita. Il contratto unico non dà garanzia di illicenziabilità: quindi può capitare di essere licenziati. Come del resto capita oggi a tutti i giovani che non si vedono rinnovare i contratti precari, parasubordinati o a termine. La differenza è che il contratto unico dà molte garanzie. Innanzitutto una buonuscita (aggiuntiva rispetto al tfr) pari a una mensilità per ogni anno di anzianità (ma lo stesso Ichino ha sempre detto che questa cifra potrebbe anche essere migliorata). Vantaggi rispetto alla situazione attuale: a un precario a cui non viene rinnovato il contratto oggi spettano ZERO euro.
Welfare in caso di licenziamento / 2, soldi come sussidio fino a 3 anni. Non è finita. In caso il dipendente venga licenziato, accede automaticamente al sistema di welfare nazionale. I vantaggi rispetto al presente sono evidenti, dato che allo stato attuale quasi nessun precario vi accede. Ma non solo. Lo Stato attualmente garantisce il sussidio di disoccupazione solo per 12 mesi e solo in una misura tra il 60 e l’80% dell’ultima retribuzione. Col contratto unico, se il lavoratore licenziato lavorava da oltre 2 anni presso un’azienda, gli viene garantito il 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, l’80% per il secondo e il 70% per il terzo. Cioè il lavoratore è protetto per tre anni anziché uno. E a integrare il sussidio è l’azienda di tasca sua.
Welfare in caso di licenziamento / 3, servizio di ricollocamento. Infine, sempre se il lavoratore era assunto da oltre 2 anni, l’azienda licenziante è tenuta ad assicurare non solo tutti i paracaduti economici di cui sopra, ma anche un servizio efficiente di ricollocamento. Sarà dunque l’azienda stessa a pagare professionisti che prenderanno in carico le persone rimaste senza lavoro e le sosterranno con corsi di formazione, incontro domanda-offerta, fino all’esito auspicato di assunzione presso un’altra realtà.
Garanzia del divieto di licenziamento per discriminazione. Resta in vigore il divieto di licenziare per tutti i motivi discriminatori (legati al genere, all’orientamento religioso o politico, alle tendenze sessuali…).
C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che questo progetto non sarebbe una rivoluzione copernicana in grado di illuminare la vita di milioni di giovani sottopagati, sottoinquadrati e condannati alla precarietà?
Eleonora Voltolina
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