Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 05 Giu 2010 in Editoriali

Da una parte della barricata c'è l'Ordine dei giornalisti col suo Tariffario quasi irreale (e peraltro caduto in disuso). Dall'altra le centinaia di testate giornalistiche che pagano i collaboratori una miseria, come è emerso dalla ricerca «Smascheriamo gli editori» realizzata dal segretario del consiglio nazionale dell'Odg Enzo Iacopino. In mezzo ci sono migliaia di giornalisti, pubblicisti e professionisti, nella maggior parte dei casi giovani, che si arrabattano mettendo insieme collaborazioni da poche decine di euro a pezzo, che non si possono permettere di scovare le magagne o di criticare i centri di potere perché si sentono (e hanno) le spalle scoperte, che quando vanno a proporre un pezzo sono alla mercè non soltanto degli editori ma anche dei direttori e dei singoli caporedattori. Giovani che spesso alternano (con conseguenze facilmente intuibili e poco edificanti) l'attività giornalistica con quella di ufficio stampa, pur di riuscire a mettere insieme uno stipendio decente.
E' il momento di fare chiarezza, e dire con coraggio che un articolo non vale né 342 euro né 2,50. Nessuno dei due prezzi è giusto: né quello esoso suggerito dal Tariffario, che molti giornali non vogliono o non possono pagare, né quello miserevole che alcune testate impongono ai propri collaboratori, sicure che nessuno avrà il coraggio di denunciare e soprattutto che né l'Ordine né il sindacato avranno il potere di sanzionare.
Il Tariffario del resto è il frutto dell'organo che l'ha prodotto. L'Ordine è composto in prevalenza di giornalisti coi capelli bianchi, spesso pensionati, e ha per questo parecchia difficoltà a comprendere la realtà di oggi.
Ragiona ancora con gli schemi di qualche anno fa e stenta a capire che accanto ai giornalisti di vecchia data, ben protetti dall'articolo 1 del contratto di lavoro che li mette al riparo da licenziamenti (e giudizi sull'efficienza e la qualità del loro lavoro) e sicuri di ricevere alla fine del mese un ottimo stipendio, vi è una schiera sempre più folta di giornalisti freelance, tenuti fuori dalle redazioni e sottopagati, per i quali i compensi minimi indicati nel Tariffario sono quasi uno schiaffo. Uno sberleffo alla loro situazione: come potete dire che dovrei essere pagato 100 euro per ogni articolo, se non riesco a convincere il giornale a darmene nemmeno 20?
Allo stesso modo, gli editori hanno buon gioco a eludere compatti una regola se essa è irragionevole: e la legge della domanda e dell'offerta rafforza la loro posizione, perché hanno a disposizione tanti - troppi - giornalisti disposti a lavorare per poche briciole pur di vedere la propria firma sulla pagina. Nel caso del web il problema si eleva a potenza: in questo settore sono davvero poche le testate che si comportano bene e rispettano il valore del lavoro giornalistico. La Repubblica degli Stagisti è fra questi, e ne va fiera: paga mediamente 40 euro lordi per ogni articolo, il che non è ancora perfettamente in linea con quanto suggerito dal Tariffario 2007, ma è il doppio o addirittura il triplo di quanto la maggioranza delle testate web (tra cui anche molte blasonate) paga i collaboratori.
Buona, ottima idea sarebbe quella di ripristinare il Tariffario. Ma a due condizioni: aggiornarne i contenuti per renderlo aderente alla realtà, e dare all'Ordine o alla Fnsi precisi compiti (e poteri) di controllo e di sanzione nei confronti di quelle testate che non vi si adeguano. Rispetto al primo punto, la discussione è aperta. Qual è il prezzo giusto del lavoro giornalistico?

Eleonora Voltolina

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E anche:
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