Sessanta euro in Piemonte, 200 euro nel Lazio, 400 euro in Sicilia. No, non sono le ultime vincite sulle ruote del Lotto, ma le spese di segreteria previste dai vari ordini regionali dei giornalisti per presentare le domande di iscrizione all’albo dei pubblicisti. Cifre cui vanno sommati i costi per marche da bollo, i 168 euro di tasse per concessione governativa e altri pagamenti ancora, per arrivare a totali che variano dal minimo di 262 euro dell’Umbria al massimo di 582,62 euro per la Sicilia. Il calcolo si basa su quanto riportato nella modulistica ufficiale e nelle istruzioni reperibili nei siti degli Ordini che, però, in molti casi non specificano le spese immediatamente successive all’ammissione della domanda: emissione del tesserino e prima quota annuale. Anche le regioni apparentemente più “convenienti”, quindi, potrebbero riservare esborsi aggiuntivi tali da far lievitare il costo finale. A conti, comunque, fatti la spesa media cui va incontro un aspirante pubblicista si attesta oggi intorno ai 350 euro. E in alcune regioni la concentrazione di giornalisti è molto elevata: nel Lazio c'è un pubblicista ogni 500 abitanti, e sommando anche professionisti, pensionati, stranieri e iscritti all'elenco speciale la proporzione raddoppia addirittura a uno su 250.
Le differenze nei regolamenti d’iscrizione all’albo non si riducono esclusivamente ai costi per l’iscrizione. Anche i requisiti fissati dagli Ordini variano drasticamente di regione in regione, rispondendo a logiche diverse: da un lato, l’esigenza di non porre paletti troppo rigidi per consentire al maggior numero di giovani possibili di diventare pubblicisti; dall’altro, la volontà di evitare lo sfruttamento dei ragazzi con paghe da fame. La maggior parte degli Odg ha individuato un compromesso in una retribuzione minima fissata ad almeno mille euro netti nel biennio; altri, come gli Ordini di Liguria e Puglia, chiedono il 10% di quanto previsto dal Tariffario nazionale, mentre il Friuli Venezia Giulia valuta ogni caso come a sé stante. La Sardegna [nell'immagine qui a sinistra, l'homepage del sito dell'ordine] ha optato per paletti meno rigidi, richiedendo una remunerazione di 300 euro nel biennio, corrisposta però in non meno di 4 soluzioni semestrali, mentre il Lazio versa all’estremità opposta dello spettro con una barriera all’ingresso di 3mila euro.
Il numero di articoli necessario per diventare pubblicisti è sostanzialmente uniforme presso i vari Odg: da 60 a 80 in quasi tutte le regioni per chi scrive nei quotidiani, con sconti di entità variabile per chi lavora in periodici a cadenza mensile o settimanale. La Val d’Aosta costituisce l’unica eccezione significativa, richiedendo appena 40 articoli pubblicati e firmati nel biennio.
Un ultimo dato rilevante emerso dall’indagine della Repubblica degli Stagisti è dato dalla densità di giornalisti pubblicisti presenti nelle varie Regioni in rapporto alla popolazione locale. Così, in base ai dati degli Ordini e dell'Istat al 30 settembre 2009, in Abruzzo, Umbria, Trentino Alto Adige e Toscana ci sono circa 10 pubblicisti iscritti all’albo e non in pensione ogni 10mila abitanti; in Campania, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise e Piemonte, tale rapporto sale a 12 su 10mila. I picchi più alti si registrano nel Lazio (quasi 20 pubblicisti ogni 10mila abitanti) e, forse più sorprendentemente, in Val d’Aosta (15,3 su 10mila). Chi è interessato a lavorare in ambienti meno affollati dovrebbe forse trasferirsi in Liguria, Sicilia o Veneto, dove incontrare dei colleghi pubblicisti è molto più difficile: ce ne sono soltanto 5 o 6 ogni 10mila residenti.
Andrea Curiat
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