I giovani sono i più colpiti dalla crisi, il Cnel: «Sempre più difficile trovare il lavoro per cui si è studiato»

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 24 Set 2012 in Notizie

Oltre un milione di lavoratori under 34 in meno rispetto al 2008: è solo uno dei risultati - forse il più esemplificativo - della crisi in atto, dell'ultimo Rapporto sul mercato del lavoro elaborato dal Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Un esercito di giovani e meno giovani messi ai margini e «solo parzialmente compensato» dice la relazione «dalla crescita dell'occupazione tra i 35 e i 74 anni» come conseguenza del processo di invecchiamento della popolazione. Le stime prevedono infatti che nel 2020 i 57- 66enni arriveranno a rappresentare il 47% della popolazione occupata totale, «a tutto svantaggio delle nuove generazioni». Con un ulteriore paradosso: il tasso di disoccupazione generale è cresciuto solo in forma contenuta nel 2011, ma questo per effetto della contrazione della domanda (ovvero delle imprese che assumono). Senza considerare che a detta del Cnel il mercato del lavoro non ha ancora risentito della nuova recessione. 
Ad aggravare il quadro generale è poi la composizione dello stock di disoccupati, costituito per quasi un terzo da persone tra i 25 e i 34 anni che – insieme al 22,9% di 15-24enni – formano la maggioranza degli individui in cerca di occupazione. Altra nota dolente: l'incremento della dis
occupazione riguarda soprattutto i laureati, passati in un anno dal 5 al 6,8% (per i 25-34enni la percentuale sale dal 10,5 al 13,6%). «I giovani non hanno la possibilità di mettere a frutto le conoscenze acquisite nell’iter formativo» si legge nel rapporto: «Il mancato impiego delle competenze conseguite annulla il rendimento dell’investimento pubblico in istruzione, generando una perdita netta per il paese». A preoccupare è ancora un'altra rilevazione: stavolta sulla durata media della disoccupazione, salita per la prima volta dal 2007 oltre i 20 mesi. Per chi è alla prima esperienza, quindi per i giovani, il periodo di inattività può aumentare anche fino a 25 mesi. 
lnoltre il sottoinquadramento e il fenomeno dell'overeducation dilagano. Rispetto al 2008 i laureati italiani hanno infatti maggiore probabilità di ritrovarsi a svolgere una mansione non corrispondente alle competenze acquisite. Cresce anche il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, divario molto presente nel nostro paese, con tassi di disoccupazione decisamente superiori alla media per i laureati del gruppo geo-biologico, letterario, giuridico e psicologico (tutti intorno al 25% contro una media generale del 18%). «Ne emerge la necessità di migliorare la corrispondenza tra i titoli di studio richiesti dal mondo produttivo e quelli in possesso delle persone attive sul mercato del lavoro», è l'analisi del Cnel, che individua in questa caratteristica del mercato italiano una delle cause della fuga dei cervelli. 
La sottoutilizzazione del capitale umano si conferma poi anche per le donne, vittime in Italia di un grave ritardo nel processo di femminilizzazione del mercato del lavoro: l'aumento della forza lavoro al femminile – prevede il Cnel – si protrarrà ancora a lungo portando a processi di cambiamento nelle abitudini di consumo e nel welfare. E ancora, anche per loro è l'overeducation a far sì che tra il 2004 e il 2011 siano cresciute solo le occupate nei settori di medio o basso livello di competenze, «a scapito delle figure a elevata specializzazione». Eppure c'è un dato che fa riflettere: si registra per il 2011 una maggiore «partecipazione al mercato del lavoro» con parallelo consolidamento del fenomeno del 'lavoratore aggiunto', cioè di chi si vede costretto a cercare lavoro a causa del peggioramento delle condizioni di reddito familiari: si tratta quindi soprattutto di donne (11mila unità in più), che spesso per necessità entrano a far parte del mercaro del lavoro. Ma aumentano anche i 'lavoratori aggiunti' immigrati, residenti del Sud e laureati (il 17,6% di chi chiede lavoro). 
Italia maglia nera poi per il fenomeno Neet (Not in employment, education or training): oltre due milioni di giovani, di cui un quarto è tra i 25 e i 29 anni, contro una media europea - nella stessa fascia di età - del 15,6%.
Prova ad aprire uno spiraglio il ministro del Lavoro Elsa Fornero, intervenuta alla conferenza di presentazione del rapporto. «La riforma del lavoro ha il duplice obiettivo di rendere più inclusivo e dinamico il mercato e di modellarlo nel senso di includere donne, giovani e anziani» ha rassicurato, definendo la precedente situazione «un mercato dalle fattezze inaccettabili». Spiegando le misure adottate Fornero ha espresso il «rifiuto della logica 'vai via tu e entra un altro', logica per troppo tempo incoraggiata». La flessibilità in entrata e in uscita per contenere la precarietà e rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato, obiettivi a cui punta la nuova normativa, serviranno a «rendere più dinamico il mercato, con tasso di disoccupazione più basso e transizione scuola lavoro meno lunga, e a ridurre i tempi tra disoccupazione e nuova occupazione». 
Interrompere il nuovo ciclo di recessione che ha colpito l'Italia «e di cui al momento non si vede il termine» diventa quindi la priorità assoluta. Cosa aspettarsi allora? Di fronte ai dati che mettono in guardia su un'ulteriore contrazione della domanda di lavoro sono diverse le soluzioni che gli studiosi del Cnel suggeriscono: tra queste il sostegno alla competitività delle imprese per la creazione di nuovi posti di lavoro, l'indennità per giovani disoccupati, il potenziamento dei servizi per l’impiego, una formazione pertinente ed in funzione del mercato del lavoro, informazioni attendibili e tempestive sul mercato del lavoro giovanile. Tutte idee che andrebbero messe su un tavolo da subito, perché il ritardo è già molto marcato.

Ilaria Mariotti


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