Tiraboschi difende la circolare: «I tirocini di inserimento non sono destinati ai giovani, e i neolaureati non accetteranno l'onta di registrarsi come disoccupati per poter fare stage oltre i 12 mesi»

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 22 Set 2011 in Interviste

Michele Tiraboschi, 46 anni, è docente di Diritto del lavoro all'università di Modena e consigliere del ministro Maurizio Sacconi. Con la Repubblica degli Stagisti a Ferragosto, all'indomani dell'approvazione della manovra anticrisi, aveva fatto il punto sull'articolo che poneva nuovi paletti all'utilizzo dei tirocini formativi. L'approvazione della circolare che ha dato chiarimenti e aggiunto particolari sull'applicazione delle nuove norme è una nuova occasione per fare il punto con lui sulla questione.

stageProfessor Tiraboschi, non le è piaciuto il titolo di uno degli ultimi articoli della Repubblica degli Stagisti: «Normativa sui tirocini, clamoroso retrofront del ministero del Lavoro».

Sì, perché se vogliamo contrastare gli abusi dobbiamo dare tutti messaggi chiari. La confusione aiuta solo i più furbi a continuare a fare un cattivo uso di uno strumento importantissimo per dare opportunità formative e di lavoro ai giovani! Nel merito non penso affatto che la circolare abbia rappresentato una marcia indietro, né ciò potrebbe essere in chiave tecnica perché una circolare è subordinata alla legge. Oltre a essere coerente con il decreto, che infatti parla solo di tirocini formativi e di orientamento, la circolare mi parte contenga una soluzione equilibrata in una materia dove l’equilibrio è oggettivamente molto difficile. Io credo che per contrastare gli abusi occorra dare ai giovani e alle imprese interpretazioni rigorose, coerenti con le finalità del decreto, e contemporaneamente capaci di indicare in maniera chiara un percorso ragionevole per operartori e imprese che fanno un utilizzo corretto degli stage. Sarebbe un enorme passo in avanti rispetto alla situazione attuale, non crede? Del resto lei stessa scriveva, prima della circolare, che c'era un caos incredibile e che si rischiava di penalizzare giovani e disoccupati. La circolare è peraltro uscita a tempo record, con la conversione in legge del decreto, non appena si è avuta la certezza che non erano possibili emendamenti in Parlamento.
Noi abbiamo semplicemente registrato che la circolare re-introduce molto di quello che il decreto aveva vietato. Infatti dire «niente più tirocini dopo i 12 mesi dalla laurea» è una cosa. Dire «niente più tirocini dopo i 12 mesi dalla laurea, però tirocini aperti a tutti i disoccupati e inoccupati» è un'altra.
Il decreto si occupa dei giovani e dell'abuso degli stage nell'ingresso al lavoro: ma non possiamo penalizzare i disoccupati o taluni  gruppi svantaggiati impedendo loro di accedere allo strumento del tirocinio per inserirsi nel mercato. Se c’è un disabile, un rifugiato, un immigrato che ha perso il lavoro, un lavoratore in mobilità, abbiamo bisogno di permettergli di fare un tirocinio di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro. Per questo la circolare ha differenziato, credo opportunamente, gli stage «formativi e di orientamento» da quelli di vero e proprio «inserimento e reinserimento lavorativo». 
stageParliamo infatti di questa differenziazione. Con il termine «tirocini formativi e di orientamento» si erano finora, negli 14 anni, intesi tutti i tirocini – da quelli per i 18enni a quelli per i 50enni.
Non sono d'accordo: leggendo bene la legge 196/1997 e il decreto ministeriale 142/1998, si vedrà che l’oggetto della legislazione previgente erano unicamente i tirocini con valenza formativa o di primo contatto col mondo del lavoro.  In particolare l'articolo 1 dell'articolo 18 della legge 196/1997, il pacchetto Treu, quando parla di tirocini formativi e di orientamento si riferisce esplicitamente a «momenti di alternanza tra studio e lavoro» e di esperienze tese ad «agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro». Le stesse parole vengono riprese nell'articolo 1 del dm 142/1998, cioè il regolamento attuativo dei principi espressi nel pacchetto Treu in merito ai tirocini.
Forse non ne parla all'articolo 1, ma lo stesso dm 142/1998 all'articolo 7, quello in cui definisce le durate specifiche degli stage a seconda delle varie tipologie di beneficiari, elenca: «studenti che frequentano la scuola secondaria; lavoratori inoccupati o disoccupati ivi compresi quelli iscritti alle liste di mobilità; allievi… studenti… persone svantaggiate e soggetti portatori di handicap».
È vero, in questo elenco ci sono anche gli inoccupati e i disoccupati: ma si tratta di una un passaggio secondario del decreto. Il legislatore, nel disciplinare i tirocini di orientamento, ha sentito probabilmente l’esigenza di dare indicazioni anche per i tirocini in favore dei disoccupati. Il decreto ministeriale è subordinato alla legge, e la legge non parlava di disoccupati: ricomprenderli è stata una chiara forzatura, facendolo si è aggiunta una categoria non contemplata dal campo di applicazione della legge 196. I lavoratori in mobilità o che hanno perso il posto non necessitano certo di un primo contatto nel mondo del lavoro. Quindi, ribadisco, non hanno bisogno di tirocini di orientamento, bensì di tirocini di inserimento e reinserimento. 
Ma perché complicare le cose, adesso, introducendo questa distinzione? Non sarebbe meglio semplificare?
Intendiamoci, se avessimo delle linee guida condivise tra Governo, Regioni e parti sociali tutto sarebbe più facile. Ma queste linee guida ancora non ci sono. Così come non è stato possibile modificare il decreto legge alla luce della sterminata casistica emersa dopo la sua approvazione, grazie anche al prezioso lavoro fatto dal vostro sito. Si è allora cercato di raggiungere una soluzione tecnicamente ineccepibile ma anche di buon senso, nella ricerca di quel difficile equilibrio di cui parlavo prima. La verità è che i tirocini hanno nella legge - nazionale e regionale - e nella prassi diverse funzioni, non sono una cosa unica. Un conto è offrire un’esperienza di questo tipo a un giovane nella transizione dalla scuola al lavoro; altra cosa è usarla per reinserire un adulto senza lavoro o aiutare un rifugiato. Sono situazioni distinte che meritano regole distinte.
Il rischio però è che al 13esimo mese tutti i neodiplomati e neolaureati, per non perdere l'opportunità di fare stage, corrano a iscriversi al centro per l'impiego come inoccupati o disoccupati.
Ma pensiamo davvero che un brillante neolaureato accetti l'onta di farsi qualificare come disoccupato dopo un master o un percorso all'estero che non gli consentono di utilizzare i dodici mesi? Io credo di no.
Se però così fosse verrebbe irrimediabilmente vanificato l'intento del provvedimento cioè quello di incentivare l'utilizzo dell'apprendistato.
Ma ricordiamoci per essere disoccupato non basta dirlo! Lo stato di disoccupazione, ai sensi della legislazione vigente, deve essere comprovato dalla presentazione dell'interessato presso gli uffici di collocamento di una dichiarazione che attesti l’attività lavorativa  precedentemente  svolta,  nonché l'immediata  disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. I centri per l’impiego sono per contro tenuti a verificare l’effettività dello stato di disoccupazione
Insomma secondo lei chi sono i destinatari primari di questa nuova categoria di tirocini «di inserimento e reinserimento lavorativo»?
Essi non sono destinati ai giovani; rappresentano la ragionevole opportunità concessa a un lavoratore in mobilità o a un vero disoccupato, specie in aree svantaggiate, di reinserirsi nel mondo del lavoro con quello che c'è, per esempio un tirocinio promosso da un centro per l'impiego. Magari rientrando in qualche progetto finanziato da fondi europei che altrimenti rimarrebbero non spesi. Dire che il tirocinio vale solo per i giovani entro 12 mesi dal titolo è una grave ingiustizia per chi è senza lavoro e, purtroppo, non trova altri sbocchi per farvi rientro. Questo percorso porta ragionevolmente a dire che ci sono tirocini per la formazione e l'orientamento nella fase di uscita da un percorso scolastico o universitario - dove il tirocinio è fondamentale per la eccessiva lontananza dei percorsi scolastici dal mondo del lavoro - e di primo ingresso nel mercato, e poi ci sono tirocini di reinserimento per chi è rimasto fuori.
La profezia della Repubblica degli Stagisti, dato che i ragazzi sul Forum e sulla pagina Facebook sono stati i primi a ribellarsi contro i nuovi paletti denunciando che le aziende li stavano lasciando a casa, è che anche brillanti laureati o masterizzati si iscriveranno ai centri per l'impiego.
Infatti mi ha molto sorpreso che mentre tutto il fronte datoriale su questo tema è rimasto in silenzio e non ha fatto polemiche, la rabbia si è scatenata proprio nei giovani, anche nei miei studenti universitari, che si sentivano penalizzati. Non hanno capito che il limite dei 12 mesi è stato posto per proteggerli dallo sfruttamento. Se corrono a farsi inserire nelle liste dei disoccupati o degli inoccupati, vanificano l’effetto. Ciò detto, e compresa la rabbia, credo sia evidente che gli abusi non si combatto solo a colpi decreto, ma anche con una nuova cultura del lavoro. Mi preoccupano le imprese che fanno chiaro abuso degli stage, ma mi sorprende anche come spesso gli studenti siano assuefatti alla reiterazione di stage fittizi. Capisco che non sia facile, quando non vi sono reali alternative, rinunciare alle lusinghe di un tirocinio “retribuito”, ma mai si deve rinunciare a denunciare l’abuso quando non c’è formazione e orientamento. Qui la legge già prevede una pesante sanzione che è la conversione dello stage in un rapporto di lavoro dipendente.

intervista di Eleonora Voltolina


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- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti

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