I giovani e la giungla del mercato del lavoro: tante parole, poche certezze. Ad Atreju 2010 Sacconi, Polverini, Ichino e Letta a confronto sul tema occupazione

Chiara Del Priore

Chiara Del Priore

Scritto il 20 Set 2010 in Notizie

Alla fine l'atteso faccia a faccia tra il ministro del lavoro Maurizio Sacconi e il giuslavorista e senatore Pietro Ichino sul tema delle prospettive occupazionali per i giovani non c'è stato. Sopratutto perché il ministro al dibattito organizzato nell’ambito di Atreju, la festa nazionale della Giovane Italia - il movimento giovanile ufficiale del Popolo della Libertà - a Roma dall’8 al 12 settembre [nella foto a destra, un  momento del dibattiito], si è presentato in ritardo di mezz’ora. E allora il convegno ha preso una piega diversa, coinvolgendo gli altri ospiti, la governatrice della regione Lazio Renata Polverini e il vicesegretario nazionale del Partito democratico Enrico Letta.                
Un incontro che solo in rari momenti ha toccato il cuore della questione: tanti buoni propositi ma poche, per la verità, le soluzioni concrete messe sul tavolo.
Quali sono i principali problemi del nostro sistema occupazionale e come si può favorire l’ingresso di tanti diplomati e neolaureati nel mondo del lavoro? Le cause dell’attuale instabilità del mercato del lavoro sono numerose e di diversa natura: per il ministro Sacconi «la situazione di oggi è eredità di un passato, caratterizzato da politiche occupazionali sbagliate, e dalla scarsa efficienza di enti troppo lontani dalla realtà lavorativa, come le università, veri e propri “conventi di clausura”».
Il democratico Letta [foto a sinistra] non va molto indietro nel tempo nel trovare una spiegazione: «Regioni e governo nazionale hanno destinato la quasi totalità degli 8 miliardi di euro di ammortizzatori sociali a chi ha un contratto a tempo indeterminato, preferendo così mantenere il lavoro già esistente, piuttosto che investire su nuove assunzioni». Il risultato è un’immobilità generale che di fatto non ha aiutato le nuove generazioni, per la maggior parte escluse da questa tipologia contrattuale. 
Come realizzare, allora, la svolta? Le proposte si giocano su diversi fronti: innanzitutto, sostiene Letta, dando vita a una serie di misure fiscali sulla casa e sulla prima assunzione, con l’obiettivo di facilitare l’allontanamento dalla famiglia.
 Poi potenziando il ruolo di tutte quelle realtà che dovrebbero tutelare un giovane prima e dopo l’ingresso nel mondo del lavoro. 
Le università, in primis: sia Renata Polverini - che ha alle spalle una lunga esperienza sindacale come segretario Ugl - che Maurizio Sacconi sono convinti che bisogna fare degli atenei un ponte tra studio e lavoro, in grado di orientare costantemente i giovani.
 L’unico esempio concreto in tal senso è stata la proposta di potenziamento del placement universitario, cui il ministro ha fatto riferimento nel corso del dibattito. Senza specificare con quali fondi, però. 
Il sistema, tuttavia, va modificato anche sotto altri aspetti: Ichino si è soffermato sull’importanza di riformare alcune strutture, come gli ordini professionali, che devono avere come fine quello della «tutela della collettività»  e di favorire la dinamicità delle nostre imprese, in modo da renderle capaci di assorbire un numero quanto più ampio possibile di lavoratori. 
La conferenza è stata anche un’occasione per parlare del controverso “Patto Italia 2020”, promosso dai ministri Sacconi e Gelmini, dal titolo “I nostri giovani prima di tutto”. Il documento si sofferma sulle problematiche del lavoro, proponendo soluzioni come la valorizzazione del contratto di apprendistato e del ruolo dell’università. Ma soprattutto, ha spiegato Sacconi [foto a destra], «affonda le sue radici nel riconoscimento del valore della vita e nella responsabilizzazione della persona nelle sue scelte di studio e di lavoro, che devono essere basate sulla convinzione e non sulla convenzione».   Un’affermazione che lascia qualche perplessità, se si pensa che il  Patto mette l’accento sulla necessità, da parte delle famiglie, di continuare a sostenere economicamente i giovani, più che favorirne l’autonomia. 
Che siano questi gli antidoti per orientarsi nella giungla del lavoro? I giovani attendono e sperano, ma per ora all’orizzonte ci sono più dubbi che certezze. 

Chiara Del Priore

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