Marianna Lepore
Scritto il 01 Mar 2024 in Notizie
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Ci sono voluti sedici anni di attesa, ma alla fine il primo traguardo è stato raggiunto: la settimana scorsa la Commissione affari costituzionali in Senato ha approvato all’unanimità un emendamento al decreto elezioni presentato da Fratelli d’Italia per consentire alle prossime elezioni europee di giugno il voto fuori sede per chi è temporaneamente domiciliato per motivi di studio lontano dalla propria residenza abituale. «Siamo molto contenti che la politica abbia finalmente dato una risposta concreta, ma non siamo del tutto soddisfatti perché è un risultato parziale, rivolto solo agli studenti fuorisede e non a tutta la platea di cittadini coinvolti dal problema» commenta a caldo Stefano La Barbera, fondatore del comitato Io voto fuori sede alla Repubblica degli Stagisti.
Il comitato è nato nel 2008 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del diritto di voto per i cittadini in mobilità e da allora si è battuto per far approvare una legge che garantisca questo diritto a coloro che vivono lontano dalla loro residenza. «Circa 4,9 milioni di cittadini», precisa La Barbera: più del dieci per cento del corpo elettorale.
Così oggi da una parte si festeggia, ma allo stesso tempo si continua a chiedere alla politica «di dare una risposta a tutti i cittadini in mobilità, non solo ad alcune categorie. E quindi di fare un dispositivo che permetta a prescindere dalla condizione del singolo che si trova in mobilità, di poter votare senza dover giustificare la propria posizione». Che sia malato, studente, lavoratore, viaggiatore, non deve essere importante, l’unica cosa che andrebbe presa in considerazione è il fatto che si trovi lontano dalla propria residenza.
L’articolo 1 del testo approvato prevede che «In occasione delle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia per l’anno 2024, gli elettori fuori sede che per motivi di studio sono temporaneamente domiciliati, per un periodo di almeno tre mesi» in cui ricade la data del voto, «in un comune italiano situato in una regione diversa» da quella in cui si è iscritti nelle liste elettorali, «possono esercitare il diritto di voto» con le modalità in seguito illustrate. Viene da chiedersi perché sia stata data questa possibilità per le europee e non anche per le amministrative, accorpate peraltro in un unico election day.
La Barbera guarda il bicchiere mezzo pieno e lo considera un primo passo per «venire incontro alle sollecitazioni che abbiamo fatto come comitati e società civile», possibile anche perché meno complicato nella gestione rispetto alle regionali. «Le elezioni europee hanno circoscrizioni molto più ampie, solo cinque: Nord est, Nord ovest, Sud, Centro e Isole. Quindi sono solo cinque schede elettorali che dovrebbero eventualmente essere stampate nelle varie circoscrizioni e questo semplifica di molto le disposizioni elettorali. Sarà la prima volta che si sperimenterà questo sistema e il ministero dell’interno vuole valutare l’impatto che questa tipologia di voto avrà sull’andamento del processo elettorale prima di allargarlo alle altre elezioni. Questo è il motivo tecnico per cui la maggioranza è riuscita ad approvare il voto fuori sede solo per le europee».
La Barbera ripercorre proprio le ultime settimane, quando durante il festival di Sanremo l’attenzione al tema è cresciuta grazie alla mobilitazione con le matite che molti cantanti hanno portato sul palco. «Così è arrivata la nostra richiesta a maggioranza e governo di studiare una soluzione».
Una legge delega nei confronti del Governo, già approvata alla Camera, è in questo momento in votazione alla Commissione affari costituzionali del Senato; poi dovrà passare in assemblea. «Vogliamo che sia approvata al più presto perché l’emendamento di cui oggi parliamo vale solo per le europee di giugno» ed è dunque un provvedimento «a termine. Mentre la legge delega introduce il voto a distanza definitivamente nel nostro ordinamento, anche se limitatamente a europee e referendum, con possibile allargamento alle politiche». Legge delega che consentirebbe, quindi, a tutti i fuorisede, non solo agli studenti, di esercitare il proprio voto dove si risiede temporalmente.
«La nostra richiesta» continua La Barbera, «è fare in fretta ed evitare che alle prossime elezioni accada di nuovo che milioni di cittadini non riescano a votare. In questo caso sarebbe tutto più complesso perché le tessere elettorali sono diverse per ogni singola realtà amministrativa, quindi il dispositivo va studiato con maggiore accuratezza e sicuramente il ministero dell’interno da questa sperimentazione trarrà le sue considerazioni». Al momento, quindi, la legge delega è ferma al Senato e se approvata non entrerà in vigore a breve perché «prevede un massimo di diciotto mesi dalla sua approvazione per produrre il dispositivo: questo significa che ci vorrà ancora molto tempo».
La buona notizia, però, è che finalmente qualcosa si muove e con l’unanimità dei partiti sul tema. «Dopo tanti anni abbiamo diffuso nella classe politica la consapevolezza che questa fosse una tematica non più rimandabile. E poi una pietra miliare l’ha messa il Libro bianco sull’astensionismo, che è un documento governativo del 2022 da cui sono uscite le cifre: 4,9 milioni di elettori» che esercitano l’astensionismo involontario. Ovvero coloro che svolgono la propria attività lavorativa o frequentano corsi di studio scolastici o universitari in luoghi diversi dalla Provincia o Città metropolitana di residenza.
La Repubblica degli Stagisti aveva raccontato due anni fa i contenuti del Libro bianco, e le sue tre soluzioni per ridimensionare le cifre dell’astensionismo: digitalizzazione della tessera e delle liste elettorali, election day e voto anticipato presidiato.
Con questi numeri, «la politica non ha più potuto guardare dall’altra parte», osserva La Barbera. E poi c’è il supporto ricevuto negli anni anche da altre realtà. «Noi siamo il primo comitato nato nel lontano 2008, dopo si sono aggiunte altre associazioni: la prima è stata The Good Lobby, con cui poi abbiamo costituito la rete Voto sano da lontano formata da una dozzina di associazioni. Poi nell’ultimo anno si è unito anche Will, dando un enorme supporto dal punto di vista mediatico, grazie alla loro capacità di focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica in maniera costante».
Ora che la Commissione ha approvato l’emendamento, il testo è stato inserito nel decreto elezioni che deve essere approvato al Senato, dove arriverà nella settimana tra il 12 e il 14 marzo, e poi passare alla Camera per la definitiva approvazione entro il 29 marzo. Dal 20 aprile, poi, comincerà il processo elettorale, quindi il Presidente della Repubblica dovrà indire i comizi elettorali. «Diamo per scontato che il testo arrivi ad approvazione, non ci aspettiamo cambiamenti, non ci sarebbe altrimenti il tempo per la staffetta Camera – Senato. Per questo motivo festeggiamo il traguardo perché ora non dovrebbero più esserci sorprese».
Il rischio, però, «è che la politica si rilassi. Che dica: il nostro l’abbiamo fatto, e decida di riprendere l’esame della delega dopo le Europee. Non vogliamo che accada: la nostra campagna è per una legge per il diritto di voto per tutti e siamo a un passo dall’averlo. Non vogliamo distrarre l’opinione pubblica con questa soluzione ponte appena approvata».
La buona notizia è che tutti gli studenti fuori sede temporaneamente residenti in un comune diverso da quello di residenza potranno esercitare il proprio diritto di voto alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno senza necessariamente macinare chilometri in un weekend per tornare a casa. «È importante comunicare il più possibile questa notizia ed evitare l’effetto boomerang che alla fine siano in pochi a votare fuori sede», mette in guardia La Barbera. Una comunicazione necessaria anche perché non basta recarsi in un altro seggio la mattina stessa delle elezioni. Bisogna presentare apposita domanda, anche in forma telematica, al comune nelle cui liste elettorali si è iscritti. E bisogna farlo almeno 35 giorni prima della data della consultazione con la possibilità di revoca entro il 25esimo giorno antecedente.
Questo significa che il 4 maggio è la data ultima per fare domanda; nel caso si cambiasse idea, la revoca va fatta non oltre il 14 maggio. Poi cinque giorni prima del voto sarà il comune di temporaneo domicilio a rilasciare, anche attraverso strumenti telematici, un’attestazione di ammissione al voto con l’indicazione del numero e dell’indirizzo della sezione presso cui votare. In pratica tra la data probabile di approvazione del provvedimento, il 29 marzo, e il giorno ultimo per aderire, ci saranno poco più di trenta giorni per informare chi è interessato. «Perciò è importantissimo diffondere la notizia per evitare che vadano pochi studenti fuori sede a votare e si dia motivo alla politica di dire la legge non è necessaria», conclude La Barbera.
I giovani che potrebbero approfittare del provvedimento saranno circa 600mila fuorisede, che dovranno comportarsi, però, in maniera diversa in base a dove si trova il domicilio. Chi studia in una Regione che è nella stessa circoscrizione elettorale del proprio Comune di residenza, voterà nel Comune in cui è fuorisede. Ad esempio il giovane che è di Potenza ma studia a Salerno, potrà votare a Salerno, nel seggio che gli sarà indicato dopo l’accettazione della richiesta. Se, invece, il giovane è di Potenza ma studia a Pavia, dovrà spostarsi nel capoluogo della Regione in cui è fuorisede, (con uno sconto sui trasporti) quindi in questo caso andare a Milano. Questo perché i candidati sono diversi tra le cinque circoscrizioni (Nord est, Nord Ovest, Centro, Sud, Isole) e quindi il capoluogo fungerà da punto di raccolta per i fuorisede.
Il costo per coprire la nuova organizzazione sarà di 615mila euro attraverso risorse del fondo per le spese delle elezioni politiche, amministrative, europee e dell’attuazione dei referendum.
L’iter potrebbe in futuro cambiare a seconda delle decisioni inserite nella legge delega ancora in discussione. Nel frattempo, grazie all’emendamento approvato si riuscirà almeno in parte a bloccare la contraddizione esistente dal 2015, quando con l’entrata in vigore dell’Italicum, è stata introdotta la possibilità di votare per gli italiani che si trovano momentaneamente all’estero per motivi di studio, lavoro o per curarsi, ma non per chi da un posto in Italia si sposta temporaneamente in un altro posto in Italia, senza cambiare residenza.
Per chi è fuori dal territorio nazionale, ad esempio il giovane di Potenza che studia a Parigi o a Barcellona, è quindi già possibile da quasi dieci anni votare dall’estero anche senza essere iscritti all’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero). È necessario, però, presentare domanda entro l’ottantesimo giorno antecedente l’ultimo giorno delle votazioni, quindi in questo caso il 21 marzo, alla rappresentanza diplomatico-consolare competente in base al temporaneo domicilio. Il voto si esercita presso i seggi istituiti dagli uffici consolari: precedentemente sarà il Ministero dell’Interno a inviare il certificato elettorale con l’indicazione del seggio presso cui votare, data e orario di apertura delle votazioni.
Ora bisognerà vedere cosa succederà in aula. Il senatore Andrea Giorgis, Pd, ha già annunciato che richiederà l’estensione di questo diritto di voto a tutti, non solo gli studenti; dello stesso parere anche Mariastella Gelmini di Azione, che ha parlato di un errore l’esclusione dei lavoratori. Il tempo certamente stringe, ma per ora gli studenti universitari possono festeggiare.
Marianna Lepore
Foto in basso a destra: di Diliff da Wikipedia in modalità Creative Commons
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