Le "150 ore" degli studenti universitari crescono a 200, ma i compensi? 6 euro all'ora, a volte anche meno

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 01 Mar 2013 in Notizie

È un’opportunità per migliaia di studenti universitari per guadagnare qualcosa durante gli anni di studio e fare un po’ di esperienza, ma soprattutto una possibilità per gli atenei per riuscire a coprire orari di uffici che altrimenti resterebbero chiusi: è il part time studentesco, le famose "150 ore" istituite dall’articolo 13 della legge 390/1991. Nonostante negli ultimi anni il numero di collaborazioni si sia notevolmente ridotto - passando da oltre 31mila a meno di 25mila, come dimostra il bilancio sugli ultimi dieci anni di part time fatto da Federica Laudisa dell’osservatorio regionale per l’università e per il diritto allo studio universitario della regione Piemonte - in molti continuano a partecipare per guadagnare una somma certamente esigua ma che possa aiutare a coprire le tante spese universitarie.
Oggi con l’articolo 11 del decreto legislativo 68/2012 le ore del part time sono aumentate fino a 200, senza che però sia stato previsto un aumento del compenso – definito “borsa lavoro” - erogato agli studenti. Così, scrive alla Repubblica degli stagisti una studentessa che preferisce restare anonima, «si inizia ad abituare i giovani a essere sfruttati» prima ancora di metterli alla prova con tirocini gratuiti.
È il caso dell’università per stranieri di Siena che a metà dicembre ha pubblicato il nuovo bando per il part time studentesco, sfruttando subito la possibilità data dalla nuova normativa di innalzare il limite delle ore a 200. A un impegno maggiore non corrisponde, però, una borsa lavoro altrettanto valida. Per questo ateneo, infatti, «il corrispettivo totale per lo svolgimento della collaborazione è pari a circa 753,2 euro». Quindi 3,76 euro l’ora calcolando tutte le 200 ore. Un compenso quasi dimezzato rispetto a quello, già molto basso, che la stessa università aveva previsto nel bando 2010-2011: 961,83 euro - in quel caso per 150 ore - pari 6,41 euro all'ora.
La ragione di queste cifre al ribasso va probabilmente cercata in una normativa poco chiara, che non stabilisce minimi orari e di retribuzione. Fino al 2012 il part time è stato regolato dalla legge 390/1991 che all’articolo 13 disciplina le attività a tempo parziale stabilendo al comma 2 che «la prestazione richiesta allo studente comporta un corrispettivo» ma che «l’assegnazione delle predette collaborazioni avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università, con esclusione di qualsiasi onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato». Al comma 3 si aggiunge che «le prestazioni dello studente non possono superare un numero massimo di 150 ore per ciascun anno accademico». A marzo del 2012 le cose, però, cambiano con il decreto legislativo n° 68 che all’articolo 11 torna sull’attività a tempo parziale degli studenti e stabilisce che «le università disciplinano con propri regolamenti le forme di collaborazione degli studenti», la cui assegnazione sempre «avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Il decreto aggiunge che questa prestazione «comporta un corrispettivo entro il limite di 3.500 euro annui», che il compenso orario è come di consueto «determinato dalle università» ma che che le prestazioni dello studente possono essere «in numero massimo di 200 ore per ciascun anno accademico».
Se le università pagassero il massimo previsto - 3.500 euro per un totale di 200 ore - i part time sarebbero pagati 17,5 euro l’ora. La legge, però, stabilisce che sia l’università a decidere il corrispettivo orario, così in tempi di tagli anche le risorse per gli studenti part time diminuiscono. Ma i bandi restano: perchè difficilmente senza questi studenti-lavoratori gli atenei potrebbero assicurare la copertura di tutti gli uffici.
Senza arrivare al caso limite al ribasso dell’università per stranieri di Siena, che con i suoi 3,76 euro l’ora convincerà molti studenti che è meglio essere choosy e rinunciare al bando, il compenso orario per gli altri atenei è comunque spesso al di sotto dei 10 euro l’ora – con notevoli differenze tra nord e sud. Si va dagli 11,40 euro l’ora per le collaborazioni per la didattica del Politecnico di Torino, che scendono a 9,30 euro per le collaborazioni per i servizi e ai 9 euro per l’università degli studi sempre nel capoluogo piemontese. In entrambi i casi, il bando parla di «un limite massimo di 200 ore» quindi se gli studenti dovessero fare tutte le ore senza assenze, si ritroverebbero rispettivamente con 2.280, 1.860 e 1.800 euro, ben lontano quindi dal massimo di 3.500 euro previsti nel decreto. Si scende a 8 euro all’ora all’università di Milano e a quella dell’Insubria a Varese: in questo caso il part time è di 200 ore (per un totale di 1600 euro) mentre nel capoluogo lombardo sono ancora 150 le ore di attività richiesta agli studenti (per 1.200 euro totali). All’università di Bologna si tolgono altri preziosi centesimi nel bando scaduto a fine settembre 2012 e si arriva a 7,50 euro all’ora per massimo 150 ore (1.125 euro totali), importo identico al bando 2010/2011; mentre all’università di Camerino nel bando 2012/2013 si arriva a 7,20 euro l’ora, ma solo per 100 ore (quindi 720 euro). A Roma la Lumsa si adegua alle 200 ore con il bando scaduto a fine gennaio, per il part time destinato ad aiutare gli studenti disabili: il compenso orario è di 6,74 euro, in crescita di un centesimo (!) rispetto ai 6,73 euro del bando 2011/2012 e di 10 centesimi rispetto al 2010/2011 (quando le ore previste erano 150 e il compenso totale 990 euro). Alla Sapienza, invece, dove sono pubblicati singoli bandi dai vari dipartimenti, prendendo per esempio in esame la facoltà di farmacia, il compenso è di 7,30 euro l’ora per 150 ore.
In Campania, invece, all’università Parthenope di Napoli il bando 2012/2013, scaduto a metà febbraio, prevede 7,23 euro all’ora per 150 ore (1.084,5 euro totali). Ancor di meno per l’ultimo bando pubblicato dall’università di Salerno: 7 euro sempre per 150 ore (per un totale di 1.050 euro). In questo caso la cifra è costante, visto che già nell'anno accademico 2008/2009 erano previsti stesso compenso e numero di ore. La situazione non migliora in Puglia dove nel 2013 si arriva a 6,66 euro all’ora per 150 ore (quindi appena mille euro per i ragazzi part time) per il bando dell’università del Salento scaduto a metà gennaio; e 6,20 euro per l’università di Bari dove l’ultimo bando, scaduto a maggio 2012, prevedeva 150 ore, pari a 930 euro totali.
Salgono invece i compensi previsti per l’università della Calabria e quella di Catania, entrambe con 7,75 euro l’ora, ma nel primo caso per 100 ore (quindi 775 euro)  e nel secondo per 150 ore (1.162,5 euro). Per l'università della Calabria è la stessa cifra oraria prevista nel bando 2009/2010, ma in quel caso il limite massimo di ore era 150 - quindi il rimborso totale di 1162,5 euro, quasi 400 in più.
Per compensi che vanno dagli irrisori tre euro all'ora dell’università per stranieri di Siena agli 11,40 euro del Politecnico di Torino (unico caso in esame che supera i 10 euro orari), l’attività di part time si rivela un metodo sicuro su cui gli atenei possono contare per riuscire a offrire servizi che altrimenti non potrebbero coprire, mentre gli studenti finiscono per sottrarre ore preziose allo studio. In molti, però, continuano a fare domanda, attratti dalla somma della borsa lavoro che - per quanto scarsa - può aiutarli a coprire le spese connesse all'università. E se in dieci anni i tagli si sono abbattuti come una scure sull'università, dai fondi per il diritto allo studio fino ad arrivare a queste borse, in tempi di spending review non c’è alcuna prospettiva positiva sulla possibilità di scongiurarne di nuovi ed evitare il ripetersi degli scarsi quattro euro previsti dall’università di Siena. L’invito al prossimo governo è quindi quello di investire sull’istruzione, sull’università e in particolare nelle politiche di diritto allo studio universitario, rinnovando i bandi di part time e garantendo quel rimborso minimo dignitoso che ogni persona che svolga un'attività lavorativa, ancorché da studente, dovrebbe meritare.

Marianna Lepore

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