Normativa sugli stage e numero massimo di stagisti: che succede se il soggetto ospitante è la sede italiana di un ente straniero? Risponde l'avvocato degli stagisti

Sergio Passerini

Sergio Passerini

Scritto il 27 Apr 2011 in Approfondimenti

Prosegue «L'avvocato degli stagisti», rubrica della Repubblica degli Stagisti curata da Evangelista Basile e Sergio Passerini, avvocati dello studio legale Ichino Brugnatelli che approfondiscono di volta in volta casi specifici sollevati dai lettori. La domanda stavolta viene posta dalla lettrice StellaStellina87 attraverso il Forum di questo sito e con una mail alla rubrica «Help» della redazione.

stage«Ho fatto il colloquio in un ente del turismo straniero con una sede in Italia. L'ente è strutturato in questo modo: ci sono vari settori (tipo marketing, stampa ecc), in ognuno di essi ci sono in media due impiegati per un totale di circa 10-11 lavoratori a tempo indeterminato. Il problema sorge a questo proposito: su questi dieci lavorativi possiamo contare ben 7 stagisti! Quasi uno per ufficio, cosa veramente vergognosa! E ovviamente tutti senza prospettiva di assunzione. Ho anche scoperto che in realtà la  sede in Italia non è classificata come ente ma come impresa privata. Vorrei sapere  qualcosa sulla legislazione italiana rispetto al rapporto stagisti/lavoratori»


La questione
proposta dalla lettrice presenta diversi spunti di riflessione. In particolare ci sembra interessante raccogliere e approfondire quelli legati al “numero legale” di stagisti; alla natura (pubblica/privata) del soggetto ospitante e, infine, alla possibilità che quest’ultimo sia la sede in Italia di una società estera.  Il punto di riferimento per individuare il numero massimo di stagisti che possono essere contemporaneamente ospitati presso una realtà aziendale (c.d. contingentamento quantitativo) è costituito dalla dimensione occupazionale del soggetto ospitante e, in particolare, dal numero dei dipendenti a tempo indeterminato in esso impiegati. Infatti, secondo l’art. 1 co. 3 D. M. 142/1998 un’azienda può ospitare:
- un tirocinante ove abbia non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato. Pur non essendo richiesto alcun requisito occupazionale minimo, ciò non può significare, né dal punto di vista formale né da quello sostanziale, che sia possibile assimilare ai datori di lavoro chi non abbia lavoratori alle proprie dipendenze;
- non più di due tirocinanti contemporaneamente qualora abbia un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e diciannove;
- un numero di tirocinanti non superiore al 10% dei suoi dipendenti a tempo indeterminato, ove questi siano più di venti.
stageSoggetti ospitanti possono inoltre essere tutti i datori di lavoro privati e pubblici, imprenditori e non. Le ragioni dell’introduzione di tali limitazioni quantitative da parte del legislatore sono riconducibili al soddisfacimento di due concorrenti esigenze: da un lato quella di porre un argine ragionevole teso a rendere effettive le finalità istituzionali dello stage, altrimenti difficilmente perseguibili ove il numero dei tirocinanti fosse eccessivamente elevato. Dall’altro l’esigenza di evitare che lo stage si traduca nella realtà dei fatti in una forma di sfruttamento – a “costo zero” – del tirocinante per finalità produttive, disincentivando proprio l’obiettivo a cui lo stage stesso dovrebbe tende, vale a dire l’occupazione.
Nulla è espressamente previsto dalla normativa di riferimento per la violazione dei criteri di contingentamento, tuttavia si può ipotizzare che questa possa comportare la nullità del tirocinio eccedente, il quale tuttavia potrà svolgersi successivamente quando e qualora vi sarà la consistenza occupazionale richiesta dalla legge. Non può peraltro escludersi che – stante l’obbligo dei soggetti promotori ex art. 5 D.M. 142/1998 di trasmettere copia della convenzione con il soggetto ospitante e di ciascun progetto formativo e di orientamento anche all’Ispettorato del lavoro – il superamento del tetto consentito possa indurre a contestare al datore di lavoro la ricorrenza di un rapporto di lavoro subordinato con lo stagista in eccesso, fermo restando l’accertamento in sede giudiziale di tale sussistenza ai sensi dell’art. 2094 c.c..
Più complessa è senza dubbio la questione se il soggetto ospitante è la sede in Italia di una società straniera o, ancor più di un ente pubblico estero. Ferme le peculiarità di ogni caso concreto e dunque la necessità di un maggior approfondimento, in linea generale, applicando in via analogica principi elaborati per altri istituti – e con un certo margine di approssimazione, vista anche la non univoca giurisprudenza in materia – si può affermare che in ipotesi di stage presso una società straniera operante in Italia l’accertamento delle dimensioni dell’impresa, ai fini dell’applicabilità della disciplina sopra esaminata del contingentamento quantitativo per i tirocini formativi e di orientamento, vada compiuto considerando la società nel suo complesso e non la sola sede operante in Italia, salvo che quest’ultima si configuri come una articolazione produttiva autonoma avente propria soggettività giuridica distinta. In quest’ultimo caso, infatti, l’articolazione italiana di questa impresa multinazionale rappresenta a tutti gli effetti, per il nostro ordinamento, una impresa autonoma, e di conseguenza il numero degli stagisti ospitabili sembra doversi calcolare tenendo conto delle dimensioni occupazionali della sola articolazione italiana della società multinazionale. 


Sergio Passerini ed Evangelista Basile

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
- La Repubblica degli Stagisti ha una nuova rubrica: «L'avvocato degli stagisti» curata da Evangelista Basile e Sergio Passerini dello studio Ichino Brugnatelli

E leggi anche le puntate precedenti della rubrica:
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