Prosegue «L'avvocato degli stagisti», rubrica della Repubblica degli Stagisti curata da Evangelista Basile e Sergio Passerini, avvocati dello studio legale Ichino Brugnatelli. Basile e Passerini approfondiscono di volta in volta casi specifici sollevati dai lettori.
«Mi sono laureata alla facoltà di Scienze politiche dell'università di Perugia. Da una settimana circa ho iniziato uno stage presso l'ufficio Stranieri delle Segreterie dell'università: la borsa ha una durata di 10 mesi e prevede 400 euro mensili che mi vengono retribute ogni due mesi. I miei orari sono dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 14 e il martedì e il giovedi dalle 14.30 alle 17.30. Tutto questo senza poter usufruire dei buoni pasto. Io ho accettato questa borsa anche perchè sono disoccupata in cerca di lavoro e per adesso non ho ho ancora trovato niente, ma mi rendo conto che rispetto alle ore che faccio la borsa non è molto alta. Volevo sapere se ho la possibilità almeno di fare la richiesta dei buoni pasto o se invece non rientra nei miei diritti».
Purtroppo la risposta è no: uno stagista non può invocare alcun principio di parità rispetto al trattamento economico riservato ai lavoratori dipendenti, essendo il lavoro prestato solo strumentale alla sua formazione e al suo orientamento. Quindi in questo caso, anche se i colleghi della lettrice percepiscono i buoni pasto, non si può pretendere che vengano erogati anche a lei.
Come noto, infatti, lo stage consiste in un inserimento temporaneo di un soggetto all’interno del mondo produttivo, allo scopo di realizzare - almeno nell’intenzione del legislatore - momenti di alternanza tra studio e lavoro nell’ambito dei processi formativi e di agevolare le scelte professionali mediante una sperimentazione diretta del mercato del lavoro. Ai sensi della legge n. 196/1997 e del decreto ministeriale n. 142/1998, i tirocini formativi e di orientamento “non costituiscono rapporti di lavoro”. Dichiarazioni analoghe si rinvengono anche in altre disposizioni normative, come - in particolare - nel decreto legislativo n. 368/2001, con il quale è stata riformata la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato in attuazione della direttiva 1999/70/CE: sono, infatti, escluse dal campo di applicazione del decreto “le tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione attraverso il lavoro che, pur caratterizzate dall’apposizione di un termine, non costituiscono rapporti di lavoro”.
Pertanto le finalità dello stage sono preminentemente rivolte alla formazione e all’addestramento professionale e la sua struttura è oggettivamente diversa da quella che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato. Il soggetto ospitante è obbligato ad assicurare lo stagista contro gli infortuni sul lavoro presso l’INAIL, nonché presso idonea compagnia assicuratrice per la responsabilità civile verso terzi, ma non è tenuto a riconoscergli alcuna retribuzione, contribuzione, rimborso spese o fringe benefits (come appunto i buoni pasto).
Ciò non toglie che spesso il soggetto ospitante, come in questo caso, possa decidere volontariamente di erogare al tirocinante un compenso quale rimborso spese per gli oneri sostenuti; da un punto di vista fiscale, esso è assoggettato alla ritenuta d’acconto ai fini Irpef. Ma comunque qualsiasi erogazione economica (che si tratti di un rimborso spese o di qualche altro benefit) è un di più, non un diritto.
Sergio Passerini
avvocato associato dello studio legale Ichino Brugnatelli
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