Da qualche anno il focus tirocini contenuto nel rapporto Excelsior di Unioncamere è uno dei pochi strumenti a disposizione per valutare se, e in che misura, gli stage nelle imprese private siano davvero un'anticamera del mondo del lavoro. E finora ha sottolineato che tra le due realtà una porta comunicante c'è, ma è a malapena socchiusa: uno spiraglio praticamente, con una media di un tirocinio su dieci che si trasforma in assunzione. Il nuovo documento per l'anno 2010, particolarmente atteso alla luce dei primi timidissimi segnali di ripresa, sarà pubblicato a breve - con un piccolo ritardo rispetto all'abituale tabella di marcia - e nel frattempo l'istituto ha divulgato una prima fotografia dei risultati ottenuti per quanto riguarda il tema degli stage.
C'è una novità e non è di poco conto: nel 2010 ci sono stati 11mila stagisti in meno nelle aziende. A fronte dei 321.850 percorsi attivati nel 2009, l'anno successivo sono partiti 310.820 mila stage; una piccola ma significativa inversione di marcia rispetto al costante e pronunciato aumento degli ultimi anni, che nel 2009 aveva fatto registrare 17mila unità in più rispetto al 2008 e un +41% in quattro anni nel numero di percorsi attivati. Il dato ancora più significativo però è un altro: la contrazione interessa in maniera quasi chirurgica un solo settore, quello dei servizi, e in particolare «proprio il comparto che storicamente è più disponibile ad aprire le porte dell'impresa a chi è alla prima esperienza: quello dei servizi di alloggio e ristorazione». Impiegati alla reception di alberghi e villaggi turistici, baristi, cuochi, camerieri, animatori: un piccolo esercito stagionale di giovani che nel 2009 rappresentava da solo un sesto dei tirocini totali attivati in Italia e che l'anno scorso si è ridotto proprio di 11mila unità.
Per la prima volta quindi da quando è stato avviato il monitoraggio il 2010 ha segnato una battuta d'arresto nella crescita del numero degli stagisti, ma il cambiamento di rotta - tanto più se così circoscritto - va accolto con moderato entusiasmo: in tempi di depressione economica l'utlizzo massiccio di tirocinanti faceva facilmente ipotizzare che troppo spesso questi fossero usati come tampone gratuito o semigratuito per abbattere i costi del personale, ma con l'esasperazione della crisi e la perdita di ulteriori posti di lavoro - 33mila in meno solo nelle grandi imprese - si riducono anche le opportunità di accaparrarsi lavoro a buon mercato. Prova ne sia che a fronte di una diminuzione di circa il 3% degli stage attivati nel 2010, per lo stesso anno l'Istat ha registrato un aumento della disoccupazione giovanile del 2,4%.
Un secondo importante risultato anticipato da Unioncamere riguarda le assunzioni dopo lo stage, che sono state 38mila. In termini percentuali, dunque, a trovare lavoro attraverso questo strumento sono stati il 12,2% del totale - 0,7 punti percentuali in più rispetto al 2009. Ma si tratta pur sempre di poco più di un giovane ogni dieci assunto, una quota ancora estremamente bassa [le aziende che sottoscrivono la Carta dei diritti dello stagista si impegnano invece ad assumere il 30% degli tirocinanti ospitati annualmente, ndr]. Il dato rappresenta una media, da leggere alla luce del fatto che «l'entità del fenomeno aumenta in maniera esponenziale al crescere della dimensione dell'azienda»: più grande è l'azienda, più ci sono possibilità che da stagisti si passi a dipendenti. E questa non è una novità, i ragazzi lo hanno capito e nel corso del 2010 sempre di più hanno bussato alle porte delle multinazionali.
Le possibilità di assunzione, fa sapere Unioncamere, aumentano ulteriormente se si punta sulle imprese chimiche, farmaceutiche e petrolifere innanzitutto - dove però la percentuale di laureati o laureandi che si candida sale da un terzo della media generale a oltre la metà - e su quelle metalmeccaniche. Segue il settore del commercio al dettaglio e quello dei servizi di trasporto e logistica, dove ad essere assunto è uno stagista su quattro; bene anche l'ambito informatico e delle telecomunicazioni (qui rimane con un contratto il 20%). Se il manifatturiero risulta essere il comparto migliore su cui puntare, rimane però il fatto che proprio gli stagisti del nord est dell'Italia, dove hanno sede molte industrie del settore, se la passino peggio di tutti, dietro perfino ai colleghi stagisti delle aziende del Mezzogiorno. Bisognerà attendere i dettagli contenuti nel rapporto completo o nel focus "Formazione e tirocini" che l'istituto è solito pubblicare intorno alla fine dell'anno. Intanto, un ultimo dato: quasi due terzi degli stage presi in esame superano i due mesi - indicazione comunque poco dirimente: tra uno stage di tre mesi e uno di sei c'è differenza! - una durata che, si legge, «permette una approfondita conoscenza da parte sia del giovane che dell'impresa, aprendo così la strada a un possibile successivo rapporto di lavoro». Stando ai dati solo il 7% supera invece i sei mesi, percentuale che probabilmente in futuro si ridurrà in maniera notevole per effetto delle nuove disposizioni in materia di tirocini contenute nella manovra governativa, sempre che rimangano inalterate. Ma questo è ancora un altro capitolo.
Annalisa Di Palo
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