Contratto di inserimento addio: ecco l'unica tipologia abrogata dalla riforma

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 01 Giu 2012 in Approfondimenti

La riforma Fornero viene criticata da più parti per non aver ridotto il numero - effettivamente molto elevato - di tipologie contrattuali esistenti in Italia. Invece in realtà una di queste verrà abolita: si tratta del contratto di inserimento, che era stato introdotto nel 2003 dalla riforma Biagi per sostituire i vecchi contratti di formazione e lavoro. stage lavoroNel disegno di legge in questi giorni all'esame del Senato, infatti, non trova posto: verrà abbandonato per garantire la centralità dell'apprendistato come veicolo di ingresso privilegiato nel mondo del lavoro.
Oggi il contratto di inserimento è riservato alle categorie di lavoratori "svantaggiati": giovani da 18 a 29 anni; professionisti da 29 a 32 anni disoccupati di lunga durata; cittadini con più di 50 anni che siano privi di un posto di lavoro; lavoratori che desiderino riprendere un’attività e che non abbiano lavorato per almeno due anni; donne residenti in aree geografiche in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile, ovvero il tasso di disoccupazione sia superiore del 10% di quello maschile; soggetti disabili. L’assunzione del lavoratore risulta poi agevolata da sgravi fiscali e incentivi economici e normativi.
Si tratta comunque di un contratto che si può definire quindi piuttosto residuale a livello di numeri: stando agli ultimi dati Inps, nel primo semestre del 2011 sono stati stipulati in tutta Italia 47.602 contratti di inserimento, di cui circa 30mila rivolti a donne.
La prima bozza del disegno di legge, cioè il documento presentato dal governo alla stampa il 23 marzo scorso, prevedeva di affiancare l’apprendistato (per i giovani) al contratto di inserimento (per i disoccupati di lungo corso), preservando così il binomio iniziale tra le due tipologie contrattuali. Ma nella versione successiva, il vero e propri ddl depositato il 4 aprile, il ministro Fornero ha compiuto una brusca marcia indietro: il testo dice laconicamente che gli articoli 54-59 del decreto legislativo 276 del 10 settembre 2003 (vale a dire, tutti i punti della riforma Biagi che parlavano del contratto di inserimento) sono abrogati per tutte le assunzioni effettuate a partire dal primo gennaio 2013. I lavoratori svantaggiati che ne hanno usufruito sino ad oggi, ha spiegato il ministro, potranno spendere lo sgravio contributivo per un altro anno ancora applicandolo a un qualsiasi tipo di contratto.
stage lavoroCosa succederà in caso in abrogazione del contratto di inserimento? I pareri degli esperti sono contrastanti. Da un lato c'è il giudizio severo dell'Ordine dei consulenti del lavoro, l'associazione di categoria dei professionisti che assistono i datori di lavoro nella gestione del personale. Il presidente Marina Calderone [nella foto] commenta così con la Repubblica degli Stagisti gli effetti dell’abrogazione: «Più disoccupazione giovanile e di soggetti svantaggiati. Sarà questo il risultato se la riforma lavoro, in discussione in questi giorni, confermerà l’abrogazione del contratto di inserimento, uno degli ultimi strumenti agevolativi in materia di lavoro». Calderone non ha dubbi: «Al contrario di quanto si dica, secondo cui la flessibilità in entrata verrà rappresentata dall’apprendistato, ci sarà una grossa fetta di soggetti in cerca di occupazione, che non hanno più l’età per un contratto di mestiere, e che verranno automaticamente estromessi da una possibili occupazione agevolata per le imprese». Dall’esperienza dei consulenti, aggiunge la presidente, si paventa il «rischio di penalizzare nel mercato del lavoro fasce deboli di lavoratori nei confronti dei quali fino ad oggi il contratto di inserimento ha rappresentato un buon viatico per le imprese, parlando in tema di costo del lavoro».
stage lavoroFavorevole, invece, il parere dell’economista Marco Leonardi [nella foto], docente presso la Statale di Milano: «Penso che con la riforma del lavoro il governo abbia fatto scelte molto nette, ma oneste e complessivamente positive. Il contratto di inserimento è stato abrogato per una ragione molto semplice: si è deciso di favorire l’apprendistato rispetto a tutte le altre forme contrattuali come modalità di ingresso nel mondo del lavoro. L’apprendistato ha un costo pubblico molto elevato, quantificabile in 2,5 miliardi di euro. Era quindi necessario concentrare tutte le risorse pubbliche su questa tipologia di contratti, eliminando l’inserimento, aumentando il costo dei contratti a termine e punendo, forse troppo severamente, l’abuso di partite Iva. Se non si riesce ora a far partire l’apprendistato, significa che qualcosa è andato storto nella sua formulazione». Secondo Leonardi, anche la proposta del Pd per introdurre un contratto unico di inserimento è ridondante. «C’è già, e si chiama apprendistato. Il disegno di legge è ancora in via d’approvazione ma probabilmente, nella sua forma definitiva, si rivolgerà a un numero molto ampio di lavoratori, con limiti di età innalzati», conclude Leonardi. Senza contare le competenze delle Regioni in materia di legiferazione locale sul tema dell’apprendistato, che potrebbero permettere – come già accaduto in Campania – l’utilizzo di questo contratto anche per i lavoratori over-50.

di Andrea Curiat


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