In occasione dei bandi per i premi della Società italiana di Fisica, la Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze dei precedenti vincitori. Ecco quella di Eugenio Bertozzi, che nel 2007 si è aggiudicato quello per la Didattica o la Storia della Fisica, e oggi a 32 anni è direttore scientifico del museo del Balì. Sono di Saltara, un piccolo centro della provincia di Pesaro-Urbino. Dopo essermi diplomato nel 1997 al liceo scientifico di Fano, seguendo un certo trend dell’epoca che sembrava prescrivere successo e carriera agli ingegneri e stenti e calamità ai fisici e ai matematici mi ero iscritto ad Ingegneria prima a Bologna e poi ad Ancona, ma con poca convinzione. Finalmente al terzo anno mi sono deciso a passare a Fisica, a Bologna. Gli esami – pochini – che avevo fatto mi sono stati convalidati: mi sono laureato a marzo 2004 con una tesi in fisica teorica dal titolo “Self-similarità e collasso gravitazionale in relatività generale”. Quasi sette anni per laurearsi non sono pochi, ma di mezzo c’è stato un po’ di tutto: oltre al cambio di facoltà, gli studi di violino, pianoforte e composizione ai conservatori di Pesaro (dove mi sono diplomato in violino) e Bologna. In particolare l'esame di VIII corso nel 1999 e il diploma in violino nel 2001, per cui studiavo anche otto ore al giorno! E poi avevo i concerti con l’orchestra - insomma, per molte persone come me gli ultimi anni di conservatorio (i più duri perché oltre lo strumento c’era il quartetto, l’orchestra, la musica da camera…) coincidevano con i primi anni di una facoltà scientifica (fisica, ingegneria o medicina… ancora i più duri!) e il binomio era esplosivo.
Appena laureato, al primo colloquio ricevetti una proposta lavorativa da una società di consulenza di Milano. Mi offrivano 1200 euro netti come primo stipendio. E… Rifiutai. Per fare la SISS, cioè la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario! Anatema generale: la SISS, a Bologna, ti occupava quasi tutti i pomeriggi per due anni, allo stesso prezzo delle tasse universitarie, senza sicurezza di lavorare e senza un minimo di rimborso (io in effetti per mantenermi facevo il tutor di matematica e fisica in una scuola privata); tuttavia sentivo che, al di là del risvolto immediato, potesse fare al caso mio. E così è stato: fu una delle esperienze migliori che mi siano capitate. Penso che come insegnante me la caverei bene: l’abilitazione, che non ho mai sfruttato, mi ha fatto conoscere un approccio alla fisica più riflessivo e maturo. Da lì ho capito in che gruppo avrei potuto fare il dottorato di ricerca.
Nel 2006 ho tentato quindi questa carta, ho vinto il concorso e sono diventato dottorando nel gruppo di ricerca di didattica della Fisica con una borsa di studio inizialmente di 848 euro al mese, poi lievitata a mille euro. Col dottorato è arrivata anche l’esperienza all’estero, tre mesi presso l’università Ebraica di Gerusalemme, toccante dal punto di vista umano e importante da quello professionale: nel mio settore, la science education, lì c'è uno dei gruppi di ricerca più attivi e interessanti al mondo. Mi ha aiutato ad affrontare le spese una borsa Marco Polo dell’università: qualche centinaio di euro in più che sono servite per il viaggio e l’alloggio a Gerusalemme, città abbastanza cara. E proprio quando ero in Israele ho saputo, via Skype, di essere stato nominato dalla Fondazione «Villa del Balì» direttore scientifico del museo…
Ma qui devo fare un passo indietro. Dopo la laurea avevo iniziato a lavorare come animatore scientifico al neonato museo del Balì, un science centre di ultima generazione con planetario e osservatorio aperto proprio nel paesino di Saltara. Il mio compenso era "a chiamata" con una media di poche centinaia di euro al mese - e lo integravo con le lezioni di tutorato alla scuola privata e qualche minuscola ma intraprendente operazione in borsa per pagare affitto della casa e rate della SISS; insomma, dal punto di vista economico, non è che si facesse sempre in pari. Col passare del tempo l’attività mia e del museo è aumentata e nel 2006 ho avuto una borsa di studio di 10mila euro netti all'anno dalla provincia di Pesaro-Urbino per condurre un lavoro di ricerca sulla figura di Giuseppe Occhialini - fisico dei raggi cosmici nato a Fossombrone, ad un tiro di schioppo dal museo, che sfiorò per due volte il premio Nobel. Ne nacquero una mostra e una serie di attività che nel 2007 celebrarono il centenario della nascita, col coinvolgimento delle università milanesi Statale e Bicocca, dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare, dell'Istituto nazionale di Astrofisica, dell'Agenzia spaziale italiana, della European Space Agency e dell'Alcatel Alenia Space Italia.
Oggi mi occupo del "benessere" scientifico di tutto il museo del Balì: mi piace molto, ma non voglio "chiudermi" in una struttura museale; ho concluso il dottorato nel maggio scorso e mi piacerebbe continuare la carriera universitaria, tentando per esempio il concorso per ricercatore.
Ho partecipato per la prima volta al congresso SIF nel 2006, a Torino. Da lì sono sempre stato aggiornato via mail dei vari premi e ogni tanto davo un’occhiata al sito; appena ho visto quello sulla didattica e la storia della Fisica ho partecipato e ho vinto l’edizione 2007. Cosa ho fatto dei tremila euro di premio? Una vita piena di attività è anche piena di spese, quindi non mi ci sono potuto comprare una moto: li ho investiti in quello che stavo facendo.
Mi sento refrattario alle definizioni, sono un fisico ma anche un musicista. Dopo il diploma ho appeso il violino al chiodo per nove anni e mi sono concentrato sul pianoforte. Ma proprio qualche mese fa, non so proprio perché - le vie dell’inconscio sono proprio imperscrutabili - l’ho ripreso in mano e ora lo suono tutti i giorni.
testo raccolto da Eleonora Voltolina
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