Urgono nuove regole per proteggere tirocinanti e praticanti: tante idee della Repubblica degli Stagisti nel disegno di legge di Cesare Damiano

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 30 Mar 2011 in Editoriali

È stata presentato ieri alla Sala Stampa della Camera dei deputati un disegno di legge che mira a riordinare la materia dei tirocini formativi e dei praticantati. Primo firmatario Cesare Damiano, già ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi e oggi capogruppo del Partito democratico in Commissione Lavoro. Per costruire la proposta sono stati coinvolti  molti esperti: dai sindacati alle associazioni universitarie e dei giovani professionisti, fino alla Repubblica degli Stagisti chiamata ovviamente a suggerire il modo per contrastare i più frequenti abusi degli stage. Ascoltati tutti, Damiano e gli altri dieci firmatari  (Marianna Madia, Piero Fassino, Luigi Bobba, Marialuisa Gnecchi, Ivano Miglioli, Amalia Schirru, Donella Mattesini, Lucia Codurelli, Elisabetta Rampi, Giuseppe Berretta) hanno messo nero su bianco un ddl che contiene elementi importanti e che, se venisse approvato, porterebbe grandi miglioramenti nell'organizzazione e nella gestione degli stage e dei percorsi di praticantato, andando a incidere positivamente sulla vita dei 500mila stagisti e dei 300mila praticanti italiani.
Il testo del disegno di legge torna anche buono per tre riflessioni importanti. La prima: il denaro. La proposta prevede che gli enti ospitanti eroghino almeno 400 euro al mese di emolumento, così come accade in Francia, e che stage e praticantati gratuiti debbano essere quasi aboliti: la possibilità che un giovane
- ancorchè in formazione - non percepisca soldi per la sua prestazione è prevista infatti solo per periodi molto brevi. E meno male: non se ne può francamente più di stage lunghi mesi e mesi non pagati, nè di praticantati che non rispettano le più elementari norme non solo dei Codici deontologici ma anche del semplice buonsenso, costringendo laureati a sgobbare 18, 24 o addirittura 36 mesi senza vedere un euro. È più che mai necessario uscire dalla trappola del concetto di gavetta come formazione che non merita emolumento: ogni persona che dedichi tempo ed energie ad un progetto, sia in un'impresa sia in un ente pubblico sia in uno studio professionale, ha diritto ad essere pagata per il suo tempo e le sue energie. A meno che non decida di devolvere il suo tempo gratuitamente, ma quello ha un altro nome: si chiama volontariato.
La seconda riflessione: le sanzioni. Nessuna legge, tantomeno in Italia, può esistere e venire rispettata se non si prevede una penalità per chi la infrange. Noi italiani siamo un po' cialtroni, ci adeguiamo a una regola solo quando c'è una pena per chi la trasgredisce: è brutto da dire ma purtroppo è così. Perfino i più colti e onesti ammetteranno che il casco in motorino e la cintura in macchina hanno cominciato a metterli regolarmente soltanto quando sono arrivate la patente a punti e le multe fameliche. Pertanto da quando la regolamentazione sui tirocini è entrata in vigore - con il decreto ministeriale 142/1998 che questo disegno di legge mira a superare - essa è rimasta poco più che un suggerimento, essendo difficilissimo non solo effettuare controlli ma perfino stabilire, qualora venga verificata una trasgressione anche grave della normativa, quale punizione applicare. E così i pochi paletti che la norma vigente prevede - il numero massimo di stagisti ospitabili contemporaneamente, la durata massima degli stage - vengono quotidianamente saltati a piè pari da tanti soggetti, imprese private ma anche enti pubblici e purtroppo anche onlus e ong, che non percepiscono l'utilizzo fuorilegge degli stagisti come un vero e proprio "sfruttamento". Ben venga, quindi, la punizione di trasformare uno stage in un contratto di apprendistato qualora emerga che il tirocinante viene usato come un dipendente. Ben venga il blocco degli stagisti, ovvero la sospensione della facoltà di ospitarne per le imprese che compiono trasgressioni "minori" - per esempio ospitare più stagisti del consentito. Da anni la Repubblica degli Stagisti propone queste soluzioni.
E la terza riflessione. Si può sostenere il disegno di legge Damiano, ma non utilizzarlo come paravento per potersi piangere addosso indisturbati e immobili (i giovani, i sindacati) o proseguire a comportarsi malamente (gli imprenditori, i manager). I tempi della politica sono lunghissimi, quindi è molto scarsa la possibilità che nel breve periodo questo ddl o altri simili possano essere approvati e trasformarsi in legge. Il dm 142/1998 e le sue lacune resteranno in vigore ancora per molto tempo: bisogna attrezzarsi quindi per agire senza attendere Godot. Come ho scritto nel mio libro, nel capitolo «Fatta la legge, trovato l'inganno», la normativa è certamente importante ma non bisogna nascondersi dietro ad essa per giustificarsi: non è la sola arma in mano per chi voglia migliorare l’universo stage. C'è il potere della corporate social responsability da non sottovalutare: e un altro potere, quello della piazza (virtuale e reale), che può mettere alla berlina chi si comporta male. A nessuno piace fare brutte figure, a nessun imprenditore piace apparire come sfruttatore dei giovani, a nessun politico come sordo alle loro richieste ed esigenze. Gli spazi di azione sono pochi ma vanno utilizzati tutti. La Repubblica degli Stagisti lo fa non solo con la sua Carta dei diritti dello stagista ma anche con i progetti Bollino OK Stage e ChiaroStage, che stimolano le imprese virtuose a comportarsi bene con i propri stagisti - a cominciare dal rimborso spese - malgrado la normativa vigente non lo imponga. E lo fa con le sue inchieste giornalistiche, spesso basate sulle segnalazioni dei lettori, che fanno emergere invece quelle imprese ben meno virtuose, che violano le norme e il buonsenso contando sull'omertà e la paura dei giovani di esporsi. Ciascuno può fare la differenza: bisogna però avere il coraggio di tirare fuori la voce.

Eleonora Voltolina

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