Nuove testimonianze dei lettori: «Il mio stage alla Fondazione DNArt? Un reality senza premio finale»

Annalisa Di Palo

Annalisa Di Palo

Scritto il 04 Mag 2011 in Help

Dopo l'approfondimento sulla Fondazione DNArt di Milano, scaturito dalla richiesta di Help di due ex stagiste, alla redazione della Repubblica degli Stagisti sono giunte altre due segnalazioni, che confermano le irregolarità e i punti critici già evidenziati. In particolare la violazione del primo articolo del decreto ministeriale 142/1998 che stabilisce il numero massimo di tirocinanti che enti e aziende possono ospitare, ma anche  il difficile ambiente lavorativo. Motivi che due mesi fa avevano indotto due importanti università milanesi all'avvio di verifiche ad hoc, e in un caso anche alla chiusura della convenzione di stage.
La prima delle nuove segnalazioni parte dal Forum: una ragazza - che preferisce rimanere anonima e che chiameremo  M. R. - interviene definendosi una «superstite  della Fondazione». Racconta di aver svolto uno stage presso la Fabbrica delle idee, srl "gemella" della Fondazione DNArt, da metà maggio a fine luglio 2009, fresca di laurea specialistica in arte alla Iulm di Milano. Allora la società contava quattro dipendenti "fissi" e due cocopro, e ospitava tre stagiste: un numero comunque superiore al limite previsto dalla legge, anche nell'ipotesi più generosa in cui le due realtà "avessero diritto" a un tirocinante ciascuna. Nel progetto formativo l'inizio stage era fissato al 29 maggio, ma M. R. racconta di essere entrata in ufficio due settimane prima di quella data, su esplicita richiesta dei titolari. Poco chiari pure giorni e orari di ufficio: la domenica diventa giorno lavorativo - nero su bianco nel progetto - a partire dalle nove di mattina, ed è previsto solo un giorno di riposo, in settimana. Spesso si è costretti a rimanere in ufficio oltre le sette di sera e
capita di dover lavorare al buio «per risparmiare sulla luce», confida M.R. alla redazione, definendo il clima «grottesco». «La cultura ve la dovete dimenticare, l'università ve la dovete scordare, dovete imparare a trattare male la gente, dovete imparare a bluffare»: nella sua relazione, consegnata all’ufficio tirocini della Iulm a fine stage, M. R. attribuisce queste parole a Riccardo Bertollini, allora presidente della Fondazione, ruolo poi passato alla compagna Elena Fontanella [sotto, l'immagine della homepage del sito ufficiale].
«Un momento tristemente divertente», commenta l'ex stagista con la testata. L'esordio dello relazione, in verità, ha toni molto positivi («Sono entusiasta in generale del lavoro» e «dal punto di vista della coerenza con i miei studi meglio di così non potrei chiedere») ma presto vira verso un elenco dei punti critici di quei tre mesi. L'ex stagista solleva perplessità circa le modalità con cui i titolari portano avanti il lavoro, i loro modi burberi, l'organizzazione che costringe a salti mortali all'ultimo momento, la mancanza di ricerca culturale, l'andirivieni continuo di stagisti e cocopro, spesso scontenti. «Questa esperienza è stata come vivere una sorta di reality con continue prove da superare ma senza nessun premio finale», sintetizza.
La relazione, consegnata a fine estate 2009 all'ufficio stage della Iulm, in quel momento non dà avvio ad alcuna procedura di verifica e la convenzione tra ateneo e DNArt va avanti. È con l'inchiesta della Repubblica degli Stagisti dello scorso febbraio, e gli approfondimenti della redazione partiti dalle nuove segnalazioni, che le lamentele di M. R. ritornano alla luce. Marco De Candido, responsabile dell'Area orientamento, stage & placement dell'ateneo, riconosce la svista e ipotizza che l'incipit entusiastico abbia potuto portare ad un'archiviazione affrettata della pratica, promettendo più attenzione e una linea dura contro gli enti ospitanti inaffidabili [leggi qui l'intervista], a cominciare dalla Fondazione a cui non verranno più inviati stagisti.
La seconda testimonianza proviene da Alessandra G., che invece ha avuto meno pazienza: il suo tirocinio trimestrale presso DNArt, cominciato nel giugno 2008 dopo una laurea in comunicazione sempre alla Iulm, lo ha interrotto dopo un mese, cogliendo l'opportunità di un altro stage non retribuito alla Rai Corp New York. «Meglio essere sfruttati nella Grande Mela che nel grigiore di Milano» sintetizza con ironia. Lo scenario della Fondazione descritto da Alessandra è sempre quello: surplus di stagiste (tre per quattro dipendenti), clima lavorativo teso, domeniche in ufficio, mansioni poco stimolanti - come gestire le prenotazioni dell'acquario civico di Milano per le scolaresche di medie ed elementari. Ricorda però anche i lavori di preparazione di una mostra al Palazzo Reale di Milano e puntualizza che DNArt avrebbe potuto essere un «ente autorevole presso cui effettuare uno stage», se non fosse stato per il clima irrespirabile in ufficio. Alessandra fa autoanalisi e riconosce, oggi, che un po' di timidezza e noncuranza le hanno impedito di denunciare le condizioni critiche dello stage in Fondazione. Per aver scelto di interrompere lo stage in anticipo, Alessandra non è stata nemmeno tenuta a redigere quella relazione finale che avrebbe potuto essere utile ai responsabili in Iulm. Come sottolinea lo stesso ufficio stage dell'ateneo, i ragazzi sono il primo e più affidabile metro di valutazione della qualità di uno stage, e l'unico mezzo attraverso cui si può venire a conoscenza di certe storture. Il consiglio è sempre quello: se qualcosa non va, bisogna tirare fuori la voce.

Annalisa Di Palo
con la collaborazione di Eleonora Voltolina


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