Le università dovrebbero far conoscere le aziende che rispettano la Carta dei diritti dello stagista!

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 30 Mag 2020 in Storie

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Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Micaela Franchini, 28 anni, oggi con un contratto di apprendistato Meta System.

Sono nata a Serramazzoni, un paese di 8mila abitanti immerso nelle montagne modenesi. La mia prima esperienza lavorativa è stata nell’estate tra la quarta e la quinta superiore, quando avevo 17 anni, e ho partecipato a un mese di Summer Job all’estero offerto dall’azienda in cui lavora mia madre, operante nel settore del packaging alimentare, Tetra Pak. [che peraltro è un'altra delle
aziende dell'RdS network!] Il programma offriva di seguire le attività di uno degli uffici interni svolgendo piccole mansioni a supporto dei dipendenti. Ho deciso di provare e dopo un piccolo test di ingresso mi sono spostata nella sede svedese, nell’agosto 2009. È stato un mese pieno di nuove emozioni: prima di allora non avevo mai viaggiato da sola! L’inglese non è stato un problema, mi è sempre piaciuta come lingua e lo studiavo volentieri anche a scuola. Ho ricevuto un rimborso che mi ha permesso di coprire unicamente le spese di viaggio e ho dovuto pagare l’alloggio – vivevo in casa da sola – grazie all’aiuto dei miei genitori, ma in quel contesto e data la mia età, la maggior retribuzione è stata la grande opportunità che ho avuto e il segno che quell’esperienza mi ha lasciato. Se dovesse capitare di avere un’occasione del genere la si dovrebbe cogliere senza batter ciglio.

Lund mi ha trasmesso un senso di serenità incredibile: una città multietnica e dinamica, arricchita dalle esperienze di persone provenienti da ogni parte del mondo, che hanno portato le loro esperienze e abitudini per brevi, lunghi periodi o in modo permanente e in qualsiasi tipologia di settore.

Terminato il liceo mi sono inserita nell’attività commerciale di mio padre, in una realtà contenuta e operante nel settore agricolo. Mi è sempre piaciuto il suo contesto lavorativo ed è questa affinità che forse inconsciamente mi ha spinta verso la decisione che avrei poi preso poco dopo in merito alla scelta dell’indirizzo universitario.

Presa la maturità nel 2010, ho anche cominciato l’università: alcuni miei compagni di corso si sono presi il tempo per viaggiare e fare svariate esperienze prima di iniziare gli studi universitari. Con il senno di poi non è stata una mossa del tutto sbagliata la loro, soprattutto quando non si hanno le idee chiare su che strada intraprendere.

Mi sono iscritta a Ingegneria gestionale, nella facoltà di Reggio Emilia, probabilmente anche per le svariate opportunità che questo percorso mi avrebbe poi offerto. Ho fatto i primi anni di triennale in modalità part-time, alternando allo studio il lavoro nell’attività di mio padre. Dopo il primo anno di corso mi sono trasferita a Modena: il pendolarismo con Reggio Emilia era meno faticoso e l’azienda di mio padre dove continuavo a lavorare in part time era a Vignola, quindi così ero a metà strada. È stata la mia prima esperienza di vita fuori casa: per fortuna non avevo spese di fitto da pagare visto che l’appartamento era di famiglia. In più lo condividevo con altre tre ragazze così anche le spese erano più sostenibili. In quel periodo il lavoro part time mi ha consentito di sviluppare alcune soft skills che oggi reputo estremamente importanti per muoversi nel mondo del lavoro. Ero una persona molto più timida e introversa e oggi posso dire di aver imparato ad affrontare alcune situazioni con maggiore sicurezza e fiducia in me stessa.

La prima esperienza professionalizzante attinente al mio percorso di studi l’ho fatta internamente all’università, attraverso il tirocinio obbligatorio della triennale, collaborando con il gruppo di ricerca universitario LCA working group. Ho sviluppato qui la prima tesi di laurea, basata sullo studio di Life Cycle Assessment applicata al prodotto di una ceramica locale. Era il 2016 e sono stati mesi di collaborazione molto interessanti, nei quali il senso di organizzazione ha giocato un ruolo fondamentale.

Presa la laurea di primo livello, gli anni della magistrale sono stati totalmente diversi, vissuti in maniera più concentrata. Mi sono trasferita a Reggio Emilia, dove ho condiviso l’appartamento con un’altra persona pagando 500 euro di affitto al mese. Reggio è una città universitaria, è stato facile ambientarsi. In più il bacino della pianura padana ha molto da offrire ai giovani neolaureati. La richiesta di ingegneri gestionali aumentava sempre di più e anche i corsi all’interno dell’università si modificavano di pari passo con i cambiamenti che le imprese stavano subendo in seguito allo sviluppo tecnologico.

Questa volta ho deciso di fare un percorso di stage in azienda piuttosto che interno all’università. Ho vinto una sorta di borsa di studio offerta da un’azienda multinazionale del territorio, operante nel settore di macchine per l'agricoltura e l'industria, tramite un seminario facoltativo incentrato sulla Lean Organization.

La selezione è avvenuta in seguito a valutazione basata su breve esame finale e giornate di workshop in stabilimento. Era uno stage finalizzato alla stesura della tesi: ho frequentato un corso facoltativo e sono stata una delle tre persone selezionate con il test finale con la possibilità di fare il tirocinio in azienda anche qui, se c'è su linkedin mettiamo il nome. Ho iniziato il percorso insieme ad altri due ragazzi. Il mio si è incentrato in contesto logistico. Mi sono occupata dell’ottimizzazione del flusso interno di movimentazione del prodotto finito, tramite simulazione basata su dati reali raccolti sul campo.

Il tirocinio è partito a settembre del 2018 fino a febbraio 2019,
nello stabilimento di Reggiolo: avevo un rimborso spese di 600 euro al mese, con tessera mensa inclusa. Il mio progetto di tesi è andato avanti parallelamente con altre attività di cui l’azienda necessitava in quel momento, su tematiche di Lean organization e World Class Manufacturing. Ho avuto il supporto del professore e del tutor aziendale. La mia intenzione, una volta terminati i sei mesi di stage, era quella di concentrarmi sull’elaborazione della tesi e sul conseguimento della laurea.

Poi, prima ancora di avere in tasca il titolo, sono stata contattata dalle risorse umane di Meta System di Reggio Emilia, che avevano trovato il mio curriculum su Almalaurea. C’è stato un primo contatto telefonico, poi un incontro su skype e infine una giornata di workshop in azienda. Avevo già sentito parlare di Meta System proprio tramite il sito Almalaurea, visto che aveva partecipato a un career day. E cercando altre informazioni in rete le ho trovate proprio in un articolo della Repubblica degli stagisti! È stato utile perché c’erano informazioni sulla tipologia del percorso e sul rimborso spese in maniera dettagliata. Prima di oggi non avevo, però, mai approfondito il testo della Carta dei diritti dello stagista: penso che sia un’informazione utile che potrebbe essere divulgata in primis tramite l’università.

Sono stata selezionata attraverso il “Talent Day”, una giornata organizzata da Meta System in cui alcuni candidati venivano selezionati direttamente dai vari responsabili. Dopo di che è iniziato un tirocinio con un rimborso spese mensile di 800 euro: sei mesi di rotazione da marzo a settembre 2019 in diverse aree aziendali, logistica, qualità acquisti, project management, produzione. Così ho potuto assistere allo sviluppo dello stesso progetto automotive attraverso diversi punti di vista. Durante il periodo di stage ho avuto modo di approfondire conoscenze gestionali già acquisite, è stata una fase di perlustrazione fondamentale per capire quali fossero i processi aziendali e come fossero gestiti attraverso le mansioni specifiche dei vari dipartimenti. La disponibilità dei colleghi è stata forse la cosa più importante che ha caratterizzato questi mesi di prova.

Terminato lo stage mi è stata fatta la proposta di un contratto di apprendistato di due anni, al termine del quale avrò un contratto a tempo indeterminato; oggi comunque ho una retribuzione annua lorda di circa 26mila euro. 

A questo punto mi sono spostata definitivamente in uno dei reparti in cui ero passata: qualità della fornitura. È un lavoro che presenta sfaccettature statiche e dinamiche allo stesso tempo: ci sono attività di ufficio abbastanza specifiche, tra cui raccolta e analisi dei dati fornitore e altre spostate principalmente verso l’esterno, trasversali agli altri dipartimenti interni. Elaborazione dati e loro presentazione al cliente, gestione delle attività legate allo sviluppo del progetto dei singoli componenti e approfondimento dei diversi processi di produzione tramite visite ai fornitori sono le attività sui cui sto lavorando. È un settore in cui non ci si annoia mai.

In futuro mi aspetto di approfondire aspetti inerenti al miglioramento continuo del processo del fornitore, di raggiungere un buon livello di indipendenza nelle scelte risolutive. Aspiro ad acquisire una competenza tecnica di un certo livello, con capacità gestionali all’altezza della situazione, accompagnata da una visione complessiva del processo.

Dopo l’esperienza in Svezia non ho più pensato a lavori o trasferte all’estero, non perché disdegnassi l’idea. È un’opzione da tenere in considerazione, soprattutto pensando alle richieste e alle necessità del mercato del lavoro oggi. Ed è una delle cose che viene sempre chiesta in sede di colloquio: la risposta deve essere affermativa. Ecco se tornassi indietro forse l’unica cosa che cambierei è fare l’Erasmus, esperienza che mi è mancata.

Con la diffusione dell'emergenza Coronavirus Meta System mi ha dato la possibilità di lavorare fin da subito da casa, in modalità smart working. Questo mi ha permesso di lavorare come se fossi a fianco dei miei colleghi, pur mantenendo le distanze di sicurezza.
È un approccio al lavoro diverso, che non avevo mai sperimentato prima d’ora, ma in situazioni del genere è una buona alternativa, che permette di portare avanti le attività evitando un blocco drastico.

Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

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