Eleonora Voltolina
Scritto il 06 Dic 2024 in Notizie
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Ogni cambiamento parte da dentro, si dice. Ma come si fa, poi, a creare cambiamento anche fuori? È un tema importante per chiunque decida di agire positivamente per la collettività, perché poi ci si guarda intorno con frustrazione e inevitabilmente ci si chiede “Sì ma se qui mi comporto così solo io, avrò veramente un impatto?”.
Questo vale non solo per le singole persone, ma anche per le aziende. Danone, per esempio, è virtuosa in molti campi (è parte dell'RdS network da oltre un decennio), e da 14 anni ha in atto una politica aziendale estremamente favorevole all'occupazione femminile e alla natalità, avviata nel 2011 con il “Baby decalogo” – una serie di buone pratiche per accompagnare le mamme e i papà durante l’esperienza della gravidanza e del rientro in azienda, adottata poi in tutte le sedi di Danone nel mondo. Più di recente, Danone ha anche sottoscritto il Codice di Autodisciplina per le imprese in favore della maternità promosso dal Dipartimento delle Pari opportunità (ad oggi gli aderenti sono 142).
Dietro questo lavoro, che è anche finito citato nel bel saggio della demografa Alessandra Minello “Non è un paese per madri”, c'è la manager Sonia Malaspina, a sua volta madre in carriera, protagonista nel 2021 di un Ted Talk dal titolo “Come implementare la parità di genere sul posto di lavoro” e autrice del libro “Il congedo originale - Perché le aziende temono la maternità”, scritto a quattro mani nel 2023 con la collega Marialaura Agosta (qui la puntata del podcast della Repubblica degli Stagisti su questo libro) proprio per ripercorrere e divulgare l'esperienza di Danone in tema di valorizzazione delle madri lavoratrici.
A marzo dell'anno scorso Danone ha ottenuto la certificazione per la parità di genere e ha deciso di rilanciare provando a coinvolgere i suoi 500 fornitori nel percorso, incentivandoli a prenderla a loro volta. L’intenzione di espandere a macchia d'olio l'adesione alla certificazione è stata messa anche nero su bianco in un accordo sindacale di secondo livello formulato insieme a Massimiliano Albanese, segretario nazionale della Fai Cisl (sigla sindacale che rappresenta circa 200mila lavoratori dell'agricoltura e attività connesse, compresa l'industria alimentare) firmato ufficialmente a gennaio 2024. L'accordo impegna Danone a inserire in tutte le sue gare di beni e servizi un criterio di premialità dal 5 al 10 per cento in favore delle aziende che hanno conseguito (o che conseguiranno nei successivi sei mesi) la certificazione per la parità di genere.
Da cosa nasce cosa, e ora c'è un appello pubblico a tutte le aziende d’Italia, di tutti i settori, affinché adottino anche loro questa policy: si chiama “Il Manifesto per la parità di genere nella filiera italiana” ed è stato lanciato a febbraio di quest’anno, e poi ri-presentato in Sicilia in occasione del G7 Agricoltura e Pesca, a fine settembre, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Oltre ad alcune delle aziende fornitrici di Danone, come per esempio il Pastificio di Chiavenna in Valtellina («quelli che ci fanno la pastina per i bimbi»), o Damiano («che produce mandorle per noi in Sicilia»), il settore farmaceutico è stato il primo a rispondere, con varie aziende aderenti: «Segno che hanno un maggiore presidio della loro catena di fornitura» riflette Malaspina, «cioè sono più avanzati nella volontà di trainare la catena del valore». Il che risponde anche allo spirito di una recente direttiva europea, la Corporate Sustainability Reporting Directive approvata a gennaio 2023, «che dice proprio che bisogna preoccuparsi della sostenibilità ambientale e sociale non solo all'interno della propria azienda, ma lungo tutta la catena». Un obiettivo che tocca potenzialmente tanti aspetti: «I diritti umani, il giusto salario, la sicurezza sul lavoro, l'ambiente. Ormai siamo tutti interconnessi e ognuno deve far la sua parte: le aziende capofila come la nostra hanno grandissimo peso nel far cambiare i comportamenti».
Ovviamente c’è anche il tema del contrasto alla discriminazione di genere (secondo il Global Gender Gap Index 2024 del World Economic Forum l'Italia è in posizione pessima: 86esima su 146 Paesi nella classifica generale, e addirittura 111esima rispetto alla partecipazione delle donne alla vita economica e opportunità). Per questo, continua Malaspina, «in Danone ci siamo detti: ma noi, che come azienda ormai abbiamo raggiunto un ottimo livello, cosa possiamo fare di più?». Risposta: mettere a disposizione «l'esperienza, le pratiche, le policy, facendo in modo di stimolare la decisione» di fare la certificazione. Il che però dev'essere «assolutamente una decisione imprenditoriale: bisogna dire “mi interessa l'occupazione femminile, ci credo”, oppure no. È una scelta radicale che si fa a monte». Ma per chi decide di intraprendere questa strada, «noi siamo a disposizione con il nostro know-how».
Il fattore-chiave del Manifesto per la parità di genere nella filiera italiana, promosso da Danone con il Winning Women Institute e la sua presidente Paola Corna Pellegrini, è proprio l'incentivo che va a valorizzare anche monetariamente la scelta di procedere con la certificazione. Senza incentivo, le parole rischiano di cadere nel vuoto: «Nel 2019 avevo scritto una lettera ai nostri fornitori raccontando i risultati delle policy di Danone sulla genitorialità» ricorda Sonia Malaspina, che all’epoca era direttrice HR di Danone e oggi ricopre il ruolo di direttrice Relazioni istituzionali: «Mi avevano risposto in tre su 500».
Ci voleva uno strumento più forte, che nel Manifesto è formulato così: «In sede di gara viene valutata l’adozione, da parte del fornitore, di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della certificazione di parità di genere [...] L’ottenimento di tale certificazione darà una premialità stimata tra il 5 e il 10% della valutazione complessiva di gara». Insomma, là dove non arriva la moral suasion, si spera che funzioni il richiamo al portafogli: avere la certificazione può servire anche ad avere più probabilità di vincere appalti, ottenere commesse e clienti.
Danone ha già incontrato per esempio i suoi dieci più grandi fornitori, chiamando a raccolta «amministratori delegati e amministratrici delegate» e loro diretti referenti, per una giornata di workshop sulla sostenibilità; e tutti e dieci «adesso sono dentro il processo di certificazione», anche ovviamente grazie alla premialità. In soli due anni sono già 16mila i siti certificati per la parità di genere: è diventata «la quarta certificazione in Italia in brevissimo tempo».
Il Manifesto ha il significato di «dare lo stimolo alla propria catena», invitando a considerare la tematica. Ovviamente poi avere la certificazione non basta, in sé, per vincere una gara e diventare (o restare) fornitori di Danone, o delle altre aziende che l'hanno sottoscritto: «Ci sono altri criteri», conferma Malaspina, come «il prezzo, la qualità, le altre ISO, il livello, la tempestività: variano a seconda del bene o del servizio». Prevedere però punti aggiuntivi direttamente dipendenti dall'impegno verso la parità di genere sul posto di lavoro è importante, perché le gare sono «un fattore importantissimo per il business: per questo Danone ha voluto associare la parità con la competitività, la natalità con l'occupazione femminile: per generare consapevolezza».
Anche i sindacati si stanno muovendo, proponendo alle aziende con cui sono in contatto di aderire; senza dimenticare che il Manifesto può anche essere sottoscritto dal terzo settore, dalle università, anche da persone singole che scelgono di diventarne “ambasciatrici”.
Ad oggi le aziende firmatarie sono 23: accanto a Danone ci sono Andriani, Damiano spa, Edenred, Freshfields (studio legale che ha firmato non solo per la sua sede italiana, ma anche a livello mondiale), Impianti spa, Iocap, Ipsen spa, Isopren, Korian, Landoor, Lati spa, Lundbeck, Minsait (Indra Italia spa), Pastificio di Chiavenna srl, Operàri srl SB, Prolink srl, Sanofi, Teva Italia srl, Veritas spa, Way2Global, più le due start-up FlorenceCare srl e Pack.
Importante sottolineare che qualsiasi azienda, di qualsiasi dimensione, può partecipare: quelle più piccole, che magari non hanno tanti fornitori e che non mettono su vere e proprie gare per selezionarli, possono concretizzare i principi della premialità meno formalmente, scegliendo magari di collaborare con aziende che hanno la certificazione per la parità di genere piuttosto che con aziende che non ce l’hanno: il ruolo dell’ufficio acquisti e di chi confronta e valuta i preventivi, anche nelle microimprese, è strategico in questo senso.
Va aggiunto che ottenere la certificazione comporta dei costi, sia monetari sia di tempo e risorse – per esempio, bisogna fare il piano strategico sulla parità, e per questo servono consulenti in caso non si abbiano le risorse interne in grado di elaborarlo. Ma si tratta comunque di costi piuttosto contenuti; inoltre, in alcuni territori sono disponibili dei voucher a copertura di queste spese. «Si può verificare tramite le Camere di commercio» suggerisce Sonia Malaspina «perché a volte ci sono dei fondi, specie per le piccole e medie imprese».
In un mondo del lavoro che strutturalmente penalizza le donne, non sorprende che ben la metà dei firmatari, cioè degli AD e manager che hanno firmato impegnando la propria azienda su questa policy, siano donne – forse in media più consapevoli dell’impatto sulle persone e sulle famiglie dei dati relativi alla presenza delle donne italiane nel mercato del lavoro.
Come ricorda il preambolo del Manifesto, il tasso di occupazione femminile in Italia è fermo al 55%, venti punti sotto la media europea, e vi è un'alta probabilità di abbandono del lavoro da parte delle madri lavoratrici, dato che una italiana su cinque lascia il posto dopo la maternità. Si tratta di un fattore rilevante per i progetti di famiglia delle nuove generazioni: non è un caso che infatti in Italia il tasso di fecondità sia bassissimo, solo 1,2 figli per donna, contro l'1,53 della media europea. Iniziative come questa del Manifesto puntano a rendere più paritario il mondo del lavoro, evitando che le donne debbano ancor oggi, alle soglie del 2025, scegliere tra lavoro e figli.
Qualche informazione in più sul Manifesto per la parità di genere della filiera italiana
FONDATORI E FONDATRICI
Enrico Gambardella
Ermelinda Spinelli
Fabrizio Gavelli
Letizia Caccavale
Luca Capone
Marilena Hyeraci
Massimiliano Albanese
Maurizio Del Conte
Paola Corna Pellegrini
Pietro Paolo Origgi
Sonia Malaspina
Stefania Balliana
Tonia Cartolano
William Griffini
Lista di aziende firmatarie, sostenitori e persone ambasciatrici
Aggiornata al 24 ottobre 2024
AZIENDE FIRMATARIE IN ITALIA
1) Danone, Fabrizio Gavelli – presidente e amministratore delegato Italia & Grecia
2) Andriani, Mariangela Candido – HR Director
3) Damiano spa, Riccardo Damiano – CEO
4) Edenred, Michele Riccardi – HR Director
5) Freshfields, Luca Capone – partner
6) Impianti spa, Simona Castelli – COO e presidente CDA
7) IOCAP, Edoardo Francesco Monopoli – Partner
8) Ipsen spa, Alessandra Benevolo – HR Director Italy and South Europe
9) Isopren, Marcella Bergamini – presidente e Chief Growth & Financial Officer
10) Korian, Federico Guidoni – amministratore delegato
11) Landoor, Adele Nardulli – owner & CEO
12) Lati spa, Laura Riva – direttrice Risorse umane
13) Lundbeck, Tiziana Mele – Managing Director
14) Minsait (Indra Italia spa), Pedro Garcia Martin – legale rappresentante
15) Pastificio di Chiavenna srl, Fabio Moro – amministratore delegato
16) Operàri srl SB, Vittorio Gennaro – amministratore delegato
17) Prolink srl, Rinaldo Pietro Platti – CO founder
18) Sanofi, Laura Bruno – People & Culture Director
19) Teva Italia srl, Veronica Magli – HR Country Lead Italia
20) Veritas spa, Chiara Bellon – direttrice Risorse umane e organizzazione
21) Way2Global, Laura Gori – founder & CEO
AZIENDE FIRMTARIE A LIVELLO GLOBALE
- Freshfields, Luca Capone – partner
AZIENDE START-UP
- FlorenceCare srl, Aura Alejandra Mezu Mencilla & Rocco Ciracì – Chief Solution Officer & amministratore unico
- Pack, Pietro Maria Picogna – CEO
SOSTENITORI
- Alfonsi Legal & Compliance Studio Legale, avvocato Antonella Alfonsi
- Assessorato all’Istruzione, Formazione, Lavoro di Regione Lombardia, Simona Tironi – assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro di Regione Lombardia
- Cottino Social Impact Campus, Cristina Di Bari - CEO
- Diligentia ETS, Claudia Franceschelli – vicepresidente
- Fidapa BPW, Roberta Giani – presidente sezione Monza e Brianza
- Istud Business School SRL, Marella Caramazza – direttrice generale
- NoiD Telecom APS, Cristina Carollo – presidente
- Side by Side, Alessia Salmaso – co-fondatore e presidente
- Women in Procurement
- Associazione di Promozione Sociale “U Jùse APS”, Alessandra Neglia – presidente
- Associazione Sloworking ETS, Vanessa Trapani – presidente
- Professional Women’s Association Rome, Catherine Tondelli – presidente
AMBASCIATORI E AMBASCIATRICI
- Cristina Di Loreto – psicologa psicoterapeuta, coach & trainer Ideatrice di Me First
- Elisabetta Pesenti – founder & COO La Luna del Grano
- Graziella Gavezotti – presidente Edenred Italia
- Laura Donadoni – giornalista e fondatrice di The Italian Wine Girl e La Com Wine Agency
- Licia Fagetti – marketing manager Pastificio di Chiavenna srl
- Patrizia Brunetti – libera professionista, ex manager
- Sonia Zappitelli – CEO & founder La Luna del Grano
- Valeria Gangemi – HR director
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