Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 16 Set 2010 in Editoriali

Niente spazio a bandi per stage senza rimborso spese: è da sempre, i lettori più assidui lo sanno, la precisa linea editoriale della Repubblica degli Stagisti. Anche se questo vuol dire non dare qualche notizia che altri siti invece pubblicano. Per coerenza: gli stage gratuiti sono una iattura, costringono chi vi partecipa a pagarli di tasca propria - anzi il più delle volte a far scucire migliaia di euro ai genitori per coprire le spese di viaggi, vitto, alloggio e trasporti - e i meno abbienti a rinunciare. Chi vuole è certamente libero di farli, perché non è escluso che abbiano un significativo valore formativo: ma non sarà la Repubblica degli Stagisti a promuoverli.
Una seconda linea editoriale è quella di non fare copia&incolla dei comunicati stampa, specie quelli "istituzionali". Per nessuna notizia. E anche questo è un modo di lavorare molto diverso da parecchi altri siti.
Queste due premesse per fare il punto sulla questione degli stage Mae-Crui, quelli organizzati dalla Fondazione Crui presso le sedi del ministero degli Esteri in Italia e nel mondo, che coinvolgono ogni anno migliaia di studenti universitari e neolaureati. Un programma che, come denunciato anche nel libro La Repubblica degli stagisti - Come non farsi sfruttare, ha un aspetto molto criticabile:  «I tirocini, rigorosamente gratuiti (ai ragazzi non viene rimborsato nemmeno il viaggio aereo per raggiungere la destinazione della sede diplomatica!), vengono svolti talvolta a Roma, alla Farnesina, sede centrale del ministero, ma più spesso in ambasciate, consolati e istituti di cultura in giro per il mondo. Centinaia di ragazzi, ogni anno, vanno in stage in posti dove il personale diplomatico guadagna decine di migliaia di euro al mese, e loro invece si devono pagare vitto e alloggio di tasca propria (o meglio, come sempre, tasca di mamma e papà), e talvolta, per non correre rischi, magari anche un’assicurazione sanitaria privata».
L'approfondimento di Andrea Curiat su questo tema, scaturito dalla lettera che la studentessa Katya dell'università Ca' Foscari ha scritto alla redazione della Repubblica degli Stagisti, ha messo in luce un aspetto del programma Mae-Crui che pochi conoscevano. E cioè che circa un quarto degli atenei italiani che partecipano all'iniziativa, rendendosi conto del problema, ha previsto di impegnare una parte del proprio denaro per sostenere i giovani che svolgono questi tirocini, erogando rimborsi o borse di studio per aiutarli ad affrontare le spese.
Ogni università è indipendente dalle altre e sceglie a sua discrezione come utilizzare i suoi soldi. Il fatto che 18 atenei «virtuosi» (le università di Udine, Verona, Catania, Perugia, Cagliari, del Piemonte orientale, Genova, Macerata, Messina, Salerno, Sassari, Siena, Palermo,  la Sant’Anna e la Normale di Pisa, l'università per stranieri di Siena, la Lumsa e la Bocconi di Milano) abbiano compiuto questa scelta non comporta affatto, per gli altri, l'obbligo di fare lo stesso. Ca' Foscari, quindi, tecnicamente non ha colpa: i suoi dirigenti hanno semplicemente scelto di destinare altrove i propri fondi - peraltro sempre più esigui, per cui ci sono ben poche chance che il numero delle università che prevedono questo tipo di sostegni economici  aumenti.
Il punto è che, al di là delle "toppe" che alcune università possono meritoriamente metterci, i tirocinanti Mae-Crui vengono impiegati negli uffici del Mae. E pertanto starebbe al Mae, in primis, accantonare ogni anno un tot di risorse per dare a questi ragazzi un rimborso spese decente. Nel 2010 il programma ha riguardato 1800 giovani.
Nel primo bando 2010 erano state infatti inserite 609 posizioni di stage (404 in Europa e poi 39 in Africa, 46 in America del Nord, 28 in Asia, 60 in Centro e Sud America, 19 in Medio Oriente, 13 in Oceania); nel secondo bando i tirocini erano stati 612 (così suddivisi: 413 in Europa, 46 in America del Nord, 55 in America del Centro-Sud, 39 in Africa, 27 in Asia, 19 in Medio Oriente e 13 in Oceania). Nell'ultimo - quello di cui si parla in questi giorni - vengono messi a bando 580 posti: 372 in Europa e 208 in paesi extraeuropei (38 in Africa, 53 in America del Nord, 29 in Asia, 56 in Centro e Sud America, 19 in Medio Oriente e 19 in Oceania).
Per gli stage in Europa, che rappresentano circa il 65% del totale, si potrebbe prevedere un rimborso forfettario di 500 euro; per il restante 35% di stage in Paesi extraeuropei il rimborso potrebbe essere di mille euro al mese. Servirebbe quindi ogni anno una copertura di un milione 760mila euro per i tirocini «vicini», più un milione e 900mila euro per i tirocini «lontani».
Ministro Frattini, ogni ambasciatore guadagna oltre 250mila euro all'anno: davvero il suo ministero non ha tre milioni e mezzo di euro  per i suoi stagisti? È vero che si tratta di una cifra notevole: ma  il bilancio annuale del Mae è di oltre 2 miliardi di euro, quindi basterebbe solamente prevedere che un piccolo 0,2% di esso venisse destinato a questo scopo. E investire sui tirocinanti anzichè sui soliti 50-60enni «di ruolo» non sarebbe un bel modo di contribuire a far tornare l'Italia, come dice Alessandro Rosina, un paese per giovani?

Eleonora Voltolina

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