Indennità e stage, in Veneto chi interrompe prima non sempre viene pagato

Paolo Ribichini

Paolo Ribichini

Scritto il 21 Gen 2016 in Help

diritto al rimborso spese stagista quarantenne

Interrompere uno stage e non essere pagato. È successo a Cristian Spolaor, 42enne disoccupato di lungo periodo, che si è rivolto al centro per l'impiego di Mirano, in provincia di Venezia, per cercare un lavoro. Qui a febbraio 2015 gli è stato offerto uno stage di reinserimento lavorativo presso una ditta di ricambi per automezzi pesanti, nell'ambito di un programma regionale specifico di promozione di tirocini di inserimento lavorativo a favore di lavoratori adulti. Sei mesi con un rimborso spese - 400 euro ogni 30 giorni - elargito da Veneto Lavoro, l'ente che da quasi vent'anni fornisce supporto tecnico-progettuale e servizi in tema di progettazione, gestione e valutazione delle politiche del lavoro. Dopo otto giorni di stage, compiuti dall'11 al 20 febbraio, Cristian rinuncia e chiede il corrispettivo per il breve periodo trascorso in tirocinio, ma i soldi non arrivano.

stage lavoro magazziniereIl rimborso negato: «Ho chiesto sia al centro per l'impiego di Mirano che a Veneto Lavoro i soldi che mi spettavano, pari a 100 euro, visto che comunque ho avuto dei costi sia per mangiare che relativi al trasporto» racconta Cristian alla Repubblica degli Stagisti: «Mi ha risposto via email un responsabile di Veneto Lavoro, il quale sosteneva che avessi letto male le Faq sui tirocini pubblicate sul sito della Regione».

Eppure proprio nelle Faq, che fanno riferimento alla deliberazione della Giunta regionale n° 1324 del 2013, è scritto chiaramente che nei casi in cui «si debba riconoscere l’indennità per periodi di tirocinio inferiori al mese (es. il periodo di tirocinio concordato non corrisponde a multipli di mese intero, oppure il tirocinio venga interrotto o il tirocinante si assenti senza giustificazione) l’indennità può essere riparametrata su base settimanale riconoscendo 100 euro alla settimana o 75 euro se con buoni pasto o servizio mensa. Tali importi sono ulteriormente ridotti del 50% se il progetto prevede un monte ore fino a 80 ore mensili».

Invece secondo il funzionario di Veneto Lavoro «io non avrei diritto ad alcun rimborso», denuncia Cristian, «perché in un periodo inferiore a 16 giorni non si instaurerebbe tra il soggetto ospitante e il tirocinante un rapporto di formazione per cui si giustifichi l'erogazione dell’indennità di partecipazione. Ma questo non era scritto sul documento che ho firmato e nessuno mi ha fornito un regolamento sul quale fosse indicato». In effetti non risulta alcun limite all'erogazione del rimborso non solo sulla documentazione fornita alla Repubblica degli Stagisti da Cristian, ma nemmeno nel testo della deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 2420 del 16 dicembre 2014, incluso l'allegato A, cioè il programma regionale di «Interventi di politica attiva del lavoro: promozione di tirocini di inserimento lavorativo a favore di lavoratori adulti» che finanziava lo stage.

La soluzione del “mistero” non sta infatti in quella deliberazione, ma nella sua premessa. Dopo aver invano provato a contattare la Regione Veneto, inseguendo il portavoce del governatore Zaia per settimane senza purtroppo riuscire ad avere risposte, è il direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone a dare alla Repubblica degli Stagisti una spiegazione. «Il provvedimento prevedeva, come insieme di regole di gestione delle risorse, la normativa già impiegata per “Welfare to Work”, programma di Italia Lavoro», spiega Barone. Infatti, nella premessa alla Dgr, l'assessore Elena Donazzan proponeva «di incaricare i centri per l'Impiego (Cpi) del Veneto di attivare detti tirocini con le stesse modalità e procedure utilizzate per i programmi “Welfare to work” di iniziativa ministeriale, in quanto tali procedure hanno dato prova di efficienza e affidabilità». Il legislatore ha quindi deliberato «di considerare, quale parte integrante e sostanziale del presente atto, quanto riportato in premessa», che diviene quindi legge.

A questo punto bisogna allora andare a controllare cosa prevedeva “Welfare to work” in Veneto. «Nell'ambito di quel programma non veniva assegnata l'indennità sotto i 16 giorni di presenza. Per questo Cristian Spolaor non ha potuto ottenere il rimborso per i giorni in cui è stato impiegato», spiega Barone. «La delibera è stata fatta a fine 2014, in periodo festivo, per cui hanno utilizzato l'impostazione più semplice: il rinvio organizzativo a quel programma. Normalmente, per gli altri tirocini, questo non accade. È probabile che il legislatore non avesse considerato questo elemento». Insomma, in Giunta si è peccato di disattenzione. Tant'è che nella stessa premessa alla Dgr 2420 si fa riferimento, per quanto riguarda le indennità, ad un'altra Dgr, la numero 1324 del 2013, che indica l'obbligo di corrispondere un'indennità ai tirocinanti senza limitazioni temporali.

«Probabilmente non vedrò mai quei soldi, però voglio che tutti sappiano cosa succede se si interrompe uno stage prima delle due settimane», dice Cristian con amarezza. «Al di là di tutto, ho comunque avuto dei costi, soprattutto in benzina, in quanto l'azienda che mi ha ospitato per lo stage dista 21 km dalla mia abitazione. In più dovevo pagarmi la mensa. Ho speso in otto giorni circa 60 euro a fronte di un'indennità che, riparametrata al periodo effettivo di stage, sarebbe dovuta essere di 100 euro. Negarmi quei soldi, da parte di persone che per qualsiasi spesa richiedono un rimborso, è una vera cattiveria. Inoltre, essendo un disoccupato di lunga durata, non ho ammortizzatori sociali. Sarebbe bastato che, al momento della mia presentazione al centro per l'impiego o alla stessa ditta che mi ha ospitato, mi avessero avvisato quando ho chiesto di sapere quanti giorni di preavviso dare in caso di rinuncia allo stage».

Ma, al di là del mancato versamento dell'indennità, ha davvero senso proporre uno stage ad un quarantenne? «Il tirocinio è una forma semplice ma fondamentale in una politica di accompagnamento al lavoro» risponde il direttore di Veneto Lavoro: «Nel caso di un quarantenne come Spolaor, bisogna capire se il disoccupato necessita di imparare un mestiere attraverso un rinforzo formativo che può passare dallo stage, o se deve semplicemente essere aiutato a cercare lavoro. La politica più economica ed efficace di ricollocamento di una persona già formata è l'assegno di ricollocazione, cioè un finanziamento sul risultato di quelle imprese che si occupano appunto di ricollocare i disoccupati».

Se lo stage è – o dovrebbe essere – un momento di formazione, non era allora lo strumento idoneo per Cristian che proprio in quel settore era di fatto già ben formato, con un'esperienza lavorativa pluriennale: «Ho lavorato per sette anni come magazziniere, frigorista e assemblatore di frigoriferi in una ditta artigiana dal 1998 al 2005», racconta. «Poi mi sono ammalato e ho dovuto rassegnare le dimissioni. Da quel momento ho lavorato quando sono stato chiamato dalle agenzie interinali per brevi periodi».

Lo scorso febbraio ha dovuto accettare questo stage: per lui era molto faticoso a causa di problemi di salute, ma era l'unica possibilità che gli era stata offerta in tre anni. «Ho un'invalidità del 35% per problemi alla schiena, ma non l'ho dichiarata perché in passato, durante alcuni colloqui di lavoro, sono stato discriminato per questo. Di certo non sono un choosy. Quando lavoravo ero in affitto, oggi sono tornato a vivere con i miei genitori come quando avevo vent'anni. Non ho bisogno di un lavoro, ma di un reddito da lavoro. Per questo, per mio errore, ho fatto anche gli straordinari, non sapendo che negli stage non vengono pagati. Ora mi accorgo di aver lavorato gratis».

Paolo Ribichini

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