Altro che choosy: un'indagine su giovani e lavoro smentisce il ministro Fornero

Antonio Siragusa

Antonio Siragusa

Scritto il 29 Ott 2012 in Approfondimenti

Sfigati, monotoni e mammoni, ma anche choosy, cioè «very careful in choosing, highly selective» secondo i dizionari di lingua inglese, «altamente selettivi nelle loro scelte».
L’anglicismo, che ha avuto una tale risonanza in questi giorni da avere buone probabilità di entrare a far parte del nostro lessico comune, è stato utilizzato dal ministro del lavoro Elsa Fornero con l’intento di spronare i giovani a un ingresso rapido nel mercato del lavoro, senza attendere per anni l’occupazione dei loro sogni.
La traduzione «schizzinosi» non rende abbastanza l’idea della scelta: non a caso l’aggettivo è un derivato del verbo to choose. Pesantemente contestata per le sue parole, la Fornero è subito tornata sui suoi passi, spiegando quanto da lei affermato poco prima: «Non ho mai detto che i giovani italiani sono schizzinosi. I giovani italiani sono disposti a prendere qualunque lavoro, tanto è vero che sono in condizioni di precarietà. Ho detto che in passato poteva capitare, quando il mercato del lavoro consentiva scelte diverse». Ma la smentita, osservando le due dichiarazioni a confronto, a molti non è sembrata pienamente convincente.
I social network sono stati inondati da messaggi di indignazione e di ironia: tanti giovani, intrappolati nella precarietà pur avendo magari conseguito alti titoli di studio, si sono sentiti offesi dalle parole del ministro. Ma, al di là delle reazioni a caldo, a smentire le affermazioni della Fornero è stata un’indagine presentata da Ial (Innovazione, apprendimento, lavoro) e Cisl, intitolata Il futuro delle nuove generazioni in Italia. Su 3600 intervistati, il 71% degli under 35 si è detto disposto ad accettare qualsiasi lavoro, anche non interessante, purché retribuito. Solo uno su cinque dimostra un'attitudine choosy, sostenendo che oggi è invece preferibile attendere per trovare un lavoro che rispecchi le proprie aspirazioni. Il 91%, infine, considera la ricerca di un’occupazione la priorità assoluta, persino più importante dei rapporti familiari. «La ricerca di Ial-Cisl conferma che i rappresentanti del governo farebbero bene a proporre iniziative concrete per i giovani piuttosto che rilasciare commenti offensivi» spiega alla Repubblica degli Stagisti il segretario Confederale Cisl, con delega alle questioni giovanili, Liliana Ocmin.
«Il Paese deve poter offrire possibilità occupazionali, dando maggiore spazio a ricerca, innovazione e al merito. Deve capire che abbiamo un immenso capitale umano, che non può essere costretto a fuggire all’estero. Tuttavia» continua la Ocmin, dando in parte ragione alla Fornero  «in questi tempi di crisi non si può fare affidamento solo sul welfare e le famiglie devono responsabilizzare di più i figli prima della laurea, spingendoli a fare anche lavori umili. C’è bisogno di un ripensamento complessivo della società sul riconoscimento sociale di alcuni lavori che saranno sempre più utili in futuro, come l’assistenza agli anziani».
E i giovani? Si dividono. I più rumorosi sono naturalmente quelli che contestano il concetto di choosy e rinfacciano alla Fornero di parlare senza conoscere la situazione giovanile, da una condizione privilegiata: sono gli stessi che hanno inondato Facebook negli ultimi due giorni con messaggi di dissenso, istantanee anonime o cartelli scritti a mano. Ma perchè i giovani sono cosi solerti nell'indignarsi per una frase e non si mobilitano altrettanto accoratamente per vere e proprie battaglie che li riguarderebbero molto più da vicino?
Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto a Giuseppe Failla, portavoce del Forum nazionale dei giovani.
«In un contesto di grandi possibilità e opportunità, la frase del ministro avrebbe sortito effetti certamente diversi, ma in un Paese bloccato come l'Italia, con i tassi di disoccupazione giovanile che conosciamo bene e le conseguenti ricadute per gli stessi
anche sul piano personale, familiare e psicologico, ritengo naturali le reazioni alle quali abbiamo assistito. Ció detto, è senza dubbio vero che questo non é l'unico motivo che dovrebbe spingere i giovani italiani all'indignazione. Purtroppo la mobilitazione giovanile nel nostro Paese fatica ad essere organizzata, coesa, a rappresentare le istanze di una intera generazione al di sopra delle differenze culturali, sociali, politiche che esistono tra i giovani italiani. Il rischio, in tal senso, é che prevalgano visioni populistiche o fintamente giovanilistiche».
Sulla stessa linea anche Ilaria Lani, coordinatrice politiche giovanili della Cgil, che peraltro non risparmia una stoccata alla Fornero: «Di fronte ad un messaggio di pubblica offesa, con un carattere così simbolico, è facile innescare la reazione sul web. Molto più difficile per una generazione che ha tanti lavori, tante condizioni, tanti contratti - e pochi luoghi di incontro - organizzare battaglie comuni: in questo caso non basta il web, bisogna organizzarsi, elaborare proposte, rischiare in proprio. E poi servono interlocutori e controparti chiare affinchè sia visibile lo sbocco. Tutto questo è molto difficile ma se le nuove generazioni non si organizzano rimarranno sempre schiacciate in una eterna condizione di giovinezza e subalternità».
Eppure capita anche di trovare ragazzi che non si sono scandalizzati per le parole della Fornero, come nel caso di Davide Maria De Luca, giornalista di 27 anni che scrive di economia e lavoro per ilpost.it: «Siamo i figli viziati di una generazione che si è arricchita, ha comprato casa e ci ha mandato a studiare all'università. A parole siamo bravissimi a dire che siamo disposti a tutto pur di lavorare, ma nella pratica le cose cambiano e ci sono parecchi mestieri che non riteniamo alla nostra altezza. Fornero è stata coraggiosa, come al solito, nel dire una di quelle cose che sappiamo tutti, ma non diciamo mai».
Il ministro avrebbe potuto evitare quelle parole, ma se non altro ha aperto un dibattito nella società, toccando un tasto molto dolente di una generazione stufa di essere additata come viziata
e passiva. Gli adulti dovrebbero ammettere di aver lasciato sulle spalle dei giovani un peso enorme, quello del debito pubblico, e i ragazzi  riconoscere che molti di loro, anziché cercare di reagire alla crisi, preferiscono la rassegnazione o la comodità dell’ammortizzatore sociale familiare.

Antonio Siragusa


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