
Eleonora Voltolina
Scritto il 11 Lug 2025 in Interviste
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La direttiva europea che dovrebbe abolire gli stage gratuiti e garantire più diritti ai tirocinanti procede a rilento. Secondo i piani, a fine giugno la Commissione Lavoro avrebbe dovuto presentare la sua bozza finale di testo, e proprio in questi giorni sarebbe dovuto avvenire in Plenaria il voto del testo finale, indispensabile per avviare l'ultima fase dell'iter legislativo – la discussione detta “trilogo”, cioè il negoziato interistituzionale informale che riunisce rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione europea con l’obiettivo di raggiungere un accordo su una proposta legislativa accettabile per entrambi i “colegislatori” (Parlamento e Consiglio).
Invece i lavori in Parlamento sono stati rimandati a settembre. Nel frattempo, a metà giugno il Consiglio dell’Unione europea ha votato una sua “posizione”, fortemente conservatrice e inadeguata a evitare gli abusi, e che per giunta lascerebbe al di fuori del suo cappello di protezioni circa i tre quarti degli stagisti europei.
C'è da preoccuparsi? La direttiva sta subendo un sabotaggio? Vedrà mai la luce? E se sì, sarà in una forma decente oppure nella versione mediocre perorata dal Consiglio? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto alla persona che in questo momento è la più coinvolta in questo processo legislativo dal lato del Parlamento europeo: l'europarlamentare spagnola Alícia Homs Ginel, del gruppo dei Socialisti e Democratici, “rapporteur” di questa direttiva all'interno della Commissione Lavoro.L'anno scorso, poco prima della fine della legislatura, la Commissione europea aveva promesso una direttiva e una raccomandazione sui “tirocini di qualità” e ne aveva pubblicato le prime bozze, demandando alla legislatura successiva la responsabilità di discuterle e approvarle. Alícia Homs Ginel, a suo avviso, la Commissione e il Parlamento precedenti avevano più a cuore il destino dei tirocinanti rispetto a quella corrente?
Nella passata legislatura non c'è stato il tempo necessario, a causa di tutti gli eventi che si sono succeduti: la Brexit, il Covid, l'Ucraina... Quel che è sicuro è che sia nella passata legislatura sia in quella presente il gruppo S&D non ha cambiato posizione rispetto al suo impegno per la qualità dei tirocini. La precedente Commissione ha fatto un passo avanti per mettere la questione sul tavolo grazie alla volontà politica di Nicolas Schmit [commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali tra il 2019 e il 2024, ndr], che è un socialista, a riprova che questa è una posizione dei S&D dal primo momento. La differenza non va cercata tra il precedente Parlamento e la Commissione e quelli di adesso, ma tra coloro che all'interno di queste istituzioni vogliono proteggere i giovani e considerare le nuove generazioni come una priorità, e coloro che invece vogliono proteggere e dare la priorità agli interessi economici e spingere verso la competitività a scapito dei diritti dei lavoratori. Non dimentichiamo che il Parlamento e la Commissione hanno fatto un netto scarto verso la destra e l'estrema destra. Sta qui la differenza.
Roxana Mînzatu, europarlamentare romena oggi commissaria ai Diritti sociali e competenze, lavoro di qualità e preparazione, ha preso il testimone da Nicolas Schmit rispetto al tema dei diritti degli stagisti. Riuscirà ad avere lo stesso peso politico?
Certo! Lei è anche vicepresidente della Commissione, e ha una posizione molto netta sulla direttiva sui tirocini; in quanto socialista, spingerà perché la proposta copra il segmento più ampio possibile di tirocinanti.
Parliamo del ritardo che il Parlamento sta accumulando nella discussione di questa direttiva. Quando avevo intervistato il suo collega Nicola Zingaretti, in marzo, lui aveva descritto una tabella di marcia con un voto in commissione Cultura ad aprile – e questo è stato fatto – e poi un voto in commissione Lavoro a giugno, e a luglio la votazione in seduta plenaria. Invece questi due ultimi passaggi sono stati posticipati all'autunno: cosa sta succedendo?
Niente di drammatico, né di strano! In una procedura importante e complicata come questa a volte è meglio prendere un po' di tempo in più per assicurarsi che le negoziazioni procedano al meglio, invece di affrettare le cose e magari non riuscire a ottenere il testo desiderato. Io voglio arrivare a un testo che contenga il massimo possibile di tutele per i giovani. Alcuni gruppi politici, specialmente a destra, avevano bisogno di più tempo per considerare la proposta nel dettaglio e dibattere internamente. Dato che non c'è un gruppo che abbia la maggioranza assoluta, dobbiamo costruire accordi trasversali tra i diversi gruppi politici. La cosa importante è che le cose si muovano e che questo tempo extra serva per arrivare a una direttiva più forte, che migliori davvero la vita dei giovani. Speriamo di raggiungere nelle prossime settimane un buon accordo; in agosto comunque qui al Parlamento europeo non c'è attività legislativa, così tutti potranno rilassarsi e arrivare con nuova energia a settembre, pronti per chiudere il testo.
Esiste già una tabella di marcia aggiornata?
No, è ancora tutto aperto. Pensiamo di poter arrivare al voto in ottobre, ma vedremo come andrà. Nell'ambito di una negoziazione, ciascun eurodeputato arriva con la posizione del proprio gruppo, ma poi negozia con gli altri; e quindi capita di dover tornare al proprio gruppo con l'accordo raggiunto e verificare se potrà essere accettato o no. Penso che sia importante che partiamo dalla posizione più ambiziosa possibile, in modo da raggiungere un buon accordo durante il trilogo.
“I governi abbassano l’asticella sui tirocini: più tutele solo per un quarto degli stagisti”: questo è l'ultimo titolo di Eunews sull'iter legislativo della direttiva. Si riferisce al testo presentato dalla presidenza del Consiglio dell'Ue, votato e approvato un paio di settimane fa. Su una scala da 1 a 10, quanto è negativa questa posizione del Consiglio, e che impatto avrà sulla bozza finale della direttiva?
È una posizione inadeguata, che non ha nemmeno i contenuti minimi per essere considerata accettabile: lascia fuori il 75% dei tirocini che avvengono in Europa! Non vi è traccia delle protezioni su cui stiamo lavorando noi in Parlamento, di cui i giovani hanno bisogno e che meritano di ottenere. Il testo è tutto focalizzato sul lavoro dipendente mascherato da stage, e non prende in considerazione tutti gli altri frequenti abusi che gli stagisti subiscono. Da anni le organizzazioni giovanili e i sindacati spingono su questo argomento, ma il testo del Consiglio non si avvicina nemmeno lontanamente alle loro richieste.
Eppure è stato approvato.
Sì, ma abbiamo ancora il trilogo da fare! Proprio tenendo in considerazione il testo approvato dal Consiglio, è importante che noi come Parlamento europeo ne approviamo uno ben più ambizioso. Così quando ci siederemo al trilogo potremo bilanciare, migliorando la posizione del Consiglio con i contenuti della nostra proposta.
Insomma la decisione presa dal Consiglio non ha impatto, in effetti, sul vostro lavoro. Anzi, vi spinge a puntare a un testo con ancor più protezioni per gli stagisti.
Quando andremo al trilogo è innegabile che la posizione espressa dal Consiglio avrà un peso. Ma per ora, proprio in ragione di questa loro posizione, si fa sentire ancor più forte la responsabilità di ottenere la migliore proposta possibile qui al Parlamento europeo. I negoziati sono ovviamente difficili, ma dobbiamo cercare di far passare le richieste che i giovani stanno portando avanti da molti anni.
Roxana Mînzatu ha detto che ha buone speranze per le negoziazioni prossime venture, ed è convinta che non tutto sia perduto. Il Parlamento europeo può davvero rinforzare la direttiva presentando un testo ambizioso al trilogo, e usarlo sulla bilancia per trovare un equilibrio?
Siamo in gioco, dobbiamo giocare. Questa fase si svolge all'interno del Parlamento; poi ci sarà la fase con il Consiglio e la Commissione. Come ha detto Roxana, dobbiamo mantenere la nostra ambizione alta. Per me in qualità di rapporteur ci sono alcuni punti fondamentali: la definizione innanzitutto, perché alla base di tutto c’è bisogno di una chiara definizione di cos'è uno stage. Poi un raggio d'azione più ampio possibile, e garantire diritti minimi in tutta Europa: compenso minimo, protezione sociale, durata limitata – perché non è che si possa restare stagisti a vita. Alcuni Stati membri e gruppi politici cercheranno di bloccare o di annacquare tutte queste protezioni. Ma siamo pronti a combattere.
Sono contenta di sentire queste parole, perché a volte nei titoloni sui giornali e sui social viene suonata la campana a morto per la direttiva. Invece la sento molto speranzosa rispetto alla possibilità di ottenere un buon risultato.
Beh, io ho solo trentun anni, ero io stessa stagista non tanto tempo fa! So cosa vuol dire. Ho anche guidato un'organizzazione giovanile, i Giovani Socialisti Europei; per tutta la mia giovinezza ho lavorato su questi temi, e adesso continuo a farlo in Parlamento. Credo che dobbiamo dare una risposta non solo a parole ma con la legislazione, perché lo stage è qualcosa che riguarda moltissime persone. Nella scorsa legislatura abbiamo presentato la proposta e ora è il momento di far andare avanti la direttiva. Dobbiamo spingere anche i conservatori, che sono quelli che hanno le maggiori resistenze, a capire che è un problema di una intera generazione. Non importa che si sia di destra o sinistra: dobbiamo proteggere i giovani.
Tra gli elementi che considera non negoziabili, c'è anche una indennità minima per gli stage svolti da persone che stanno facendo un percorso formativo – in italiano, gli stage curricolari?
È chiaramente uno dei temi sul tavolo. Nel mio report ho scritto che nessuno stage dovrebbe rimanere escluso dalle tutele – e questo include l'indennità, indipendentemente dalla tipologia di stage. Gli stage gratuiti sono inaccettabili: essere pagati dovrebbe essere la regola, non l'eccezione. Mi piacerebbe poter promettere che tutti gli stagisti saranno inclusi nel raggio d'azione di questa direttiva, ma è chiaro che dipenderà da come andrà la negoziazione – a cui partecipano molte persone, molti gruppi politici, con molte ideologie. Quello che posso dire è che la mia volontà è chiara.
Quando la negoziazione sarà conclusa, e sarà tempo di approvare la versione definitiva della direttiva, varrà il detto che “piuttosto che niente, meglio piuttosto”? Sarebbe cioè a favore di un testo finale sulla falsariga di quello che il Consiglio dell’Ue ha appena approvato e che, come diceva, non copre nemmeno gli standard minimi? O non ne varrebbe la pena?
Una direttiva che lascia fuori la maggior parte dei giovani non è progresso: sarebbe un fallimento politico. Accettare un testo che copre solo alcuni stagisti significherebbe abbandonare la maggior parte dei giovani, e non è quello che vogliamo. Vorrebbe dire istituzionalizzare la precarietà, invece di combatterla: inaccettabile. Come ho già detto, queste negoziazioni sono lunghe e complesse, e bisogna continuare a battagliare fino all'ultimo per raggiungere il risultato. Abbiamo ancora la possibilità di rendere significativa questa direttiva, di evitare che copra solo pochi stagisti.
Pensa che ci sia anche la possibilità che non si arrivi a nessuna direttiva? Che l'iter legislativo venga bloccato dalle forze avverse, e che la bozza di testo, dopo tutto questo clamore, finisca nel cassetto?
Nello scenario peggiore, può essere che la negoziazione venga a un certo punto bloccata. Oppure che arrivi a termine ma che sia fatto passare un testo annacquato. Ma finché il Parlamento tiene duro mantenendo una posizione ambiziosa, e finché c'è una società civile che continua a farsi sentire, penso che questa direttiva non potrà essere bloccata o ritirata, o cadere nel dimenticatoio: a un certo punto si arriverà al successo. Speriamo di riuscirci adesso; ma anche se così non fosse, comunque resterà nell'agenda politica. Ma questo è lo scenario peggiore: speriamo che non si realizzi!
E invece, nello scenario migliore, è verosimile che si riesca a ottenere una direttiva approvata entro la fine di quest'anno?
Beh, questo è forse troppo ottimistico. Magari sarebbe possibile arrivare ad votarla in Parlamento entro dicembre, ma poi comunque dovremo andare al trilogo; e dovremo lavorare parecchio per convincerli ad migliorare la loro versione. Ci vorrà del tempo, ma meglio aspettare un po' di più e ottenere una direttiva che copra tutti i punti importanti e che includa nel suo raggio d'azione la porzione più ampia possibile di stagisti. Vediamo che equilibrio riusciremo a trovare qui all'interno del Parlamento europeo, e poi con gli altri, per convincere tutti che questa posizione è la migliore per i giovani.
Ha menzionato l'importanza della società civile: cosa sta facendo oggi e cosa si può fare di più per aiutarvi?
Questa proposta di direttiva è in gran parte stata possibile grazie alla pressione e all'insistenza della società civile, delle organizzazioni giovanili, dei sindacati. La pressione pubblica è essenziale per mantenere la direttiva alta nell'agenda e per evitare quel compromesso debole che farebbe comodo a qualcuno. Abbiamo bisogno che i giovani alzino la voce e ricordino al Consiglio, e ai governi nei loro Paesi, che qui si tratta del loro futuro, della loro dignità e dei loro diritti. La situazione degli stage di oggi è una sconfitta del sistema: dobbiamo riuscire a ribaltarla. Vedremo come risponderanno gli altri.
Lei è già al suo secondo mandato da europarlamentare: quando è entrata in Parlamento aveva solo venticinque anni. Cosa vuol dire per lei rappresentare i giovani in questa istituzione?
È una grande responsabilità e un grande orgoglio: sento di rappresentare una generazione, e posso parlare con cognizione di causa perché conosco i temi in prima persona, in particolare quello dello stage. L’ho vissuto sulla mia pelle fino a non tanto tempo fa; ho fatto diversi stage e anche per questo sono convinta che si debba limitare l’uso – dovrebbe essere una esperienza che uno fa una volta nella vita, e basta. Non dimenticherò mai quel periodo della mia vita e continuerò a combattere per i diritti di tutti, ma soprattutto per i giovani, perché bisogna aiutarli a avviare il loro percorso di vita al meglio, e non nella precarietà.
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