Ti assumo senza bisogno di tirocinio: l'antidoto al “Cercasi stagista con esperienza”

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 07 Nov 2022 in Notizie

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“Cercasi stagista con esperienza”. Questa dicitura, riportata in fin troppi annunci, fa drizzare i capelli in testa agli esperti di lavoro – e a tutti coloro che hanno a cuore l'equità nel percorso di transizione dalla formazione all'occupazione. Perché è ovviamente un controsenso: uno stage si fa per consentire a una persona inesperta di accumulare competenze professionali. Se quelle competenze la persona le ha già, perché mai dovrebbe essere inquadrata in stage, anziché con un vero contratto di lavoro?

Spoiler: ovviamente la risposta è “perché costa meno”. Perché lo stage non prevede retribuzione (solo una indennità mensile, e peraltro obbligatoria solo per i tirocini extracurricolari), non prevede contribuzione (cioè il versamento dei contributi previdenziali, per la pensione), né tutto il corollario di diritti annesso a un vero contratto di lavoro – le ferie retribuite, la malattia, la maternità, i permessi, il tfr. Dunque quanto è conveniente selezionare un giovane e proporgli uno stage anziché un contratto, ignorando magari la sua esperienza lavorativa pregressa!

Certo, cercare stagisti con esperienza è un malcostume. E per fortuna c'è chi si tira fuori dal mucchio, scegliendo di fare direttamente veri contratti di lavoro: anche di fronte a candidati giovani, magari freschi di studi. Anche di fronte alla possibilità di metterli in stage senza infrangere nessuna legge. Aziende che dicono: no. Tu sei già pronto per essere inquadrato come dipendente, hai già le competenze per essere immediatamente autonomo e operativo. Non hai bisogno di un tutor, o di un periodo di formazione. Voglio investire su di te da subito: ti faccio un contratto di lavoro vero, con una vera retribuzione, contributi e tutto il resto.


È il best-case scenario per migliaia di giovani. Ed è quello che Bip, EY e Spindox hanno offerto nel 2021
rispettivamente a 401, 880 e 117 giovani. Aggiudicandosi per questo un premio.

Da molti anni infatti la Repubblica degli Stagisti assegna durante il suo evento annuale “Best Stage” uno dei suoi “AwaRdS” alle aziende del suo network che si distinguono per il “miglior tasso di assunzione diretta dei giovani”. Questo riconoscimento premia il miglior rapporto tra organico aziendale e nuove assunzioni di under 30 senza passare per la fase del tirocinio.

«Assumere un giovane direttamente è un modo per dare una possibilità a quanti sono già pronti per fare il salto ed entrare in azienda con un contratto di apprendistato o a tempo indeterminato», osserva Mariateresa Maranò, Hr recruiter di Spindox, sottolineando l’importanza di coltivare i giovani per un’azienda che vuole crescere, assumendo il ruolo di ponte tra mondo scolastico e lavorativo: «Quando diciamo che vogliamo puntare sui giovani, che è nostro interesse prenderci cura di loro, dargli una prospettiva di crescita, lo diciamo sul serio e i dati lo dimostrano. Il nostro impegno ad assumere così tanti giovani direttamente è il patto che stringiamo con chi si avvicina a Spindox: se credete in noi, noi crederemo in voi. E i giovani rispondono sempre con entusiasmo e partecipazione a questa nostra offerta di impegno reciproco».

«Da sempre assumiamo principalmente neolaureati che poi inseriamo in un percorso di crescita; gli ultimi anni sono stati di grande espansione del nostro business e il numero di persone che abbiamo portato a bordo è cresciuto notevolmente», le fa eco Francesca Giraudo, Ey Europe West Business Talent Leader: «Sicuramente il trend è rafforzativo di una strategia che è sempre stata nel nostro dna e non abbiamo intenzione di abbandonare».

«Vogliamo offrire ai nostri giovani un contesto di crescita meritocratico, dinamico e in continua evoluzione, in cui il singolo è libero di esprimere le proprie idee e il proprio potenziale
e dove il lavoro di squadra è fondamentale per il raggiungimento di un obiettivo comune» aggiunge Elena Pozzi, Employer branding senior expert di Bip: «In più garantiamo professionalità e responsabilità sempre maggiori attraverso un programma di formazione all’avanguardia».

L’assunzione diretta può essere anche l’effetto di una fase di espansione: «In EY abbiamo un trend costante negli ultimi anni. È il frutto di una crescita del business, ma rientra anche in una strategia focalizzata sull’avere un impatto sociale positivo nei confronti della società» spiega Giraudo: «In un Paese che investe molto poco nei giovani, nei neolaureati, noi vediamo in questi soggetti il bacino principale di investimento». Ed è dimostrato anche dal fatto che negli ultimi anni EY ha cominciato
ad assumere da un bacino trasversale, non solo laureati in economia o materie stem ma anche lauree più umanistiche su cui poi fare «attività di reskilling» e far diventare il soggetto più interessante e spendibile per l’azienda ma anche per il mercato.

Dell’importanza della contaminazione delle competenze sono convinti anche in Bip: «Per questo motivo ogni anno realizziamo, in partnership con il Polimi, il programma Bip Bootcamp: un percorso intensivo di formazione dedicato a chi ha conseguito una laurea umanistica, giuridica o linguistica e che mira ad arricchire le proprie competenze con una preparazione accademica in ambito economic & finance, marketing, management e trasformazione digitale al fine di intraprendere una carriera nel management consulting», racconta Pozzi.

Assumere i giovani può essere quindi una priorità per le aziende. Ma quali sono i criteri per decidere se offrire a un candidato in fase di colloquio uno stage o direttamente un contratto di lavoro? In larga parte dipende dall’esperienza del singolo.

In EY, per esempio, «offriamo gli stage, molti anche curricolari, alle persone che stanno ancora studiando, o quando hanno finito gli studi ma devono ancora laurearsi» dice
Giraudo: «Moltissimi sono assunti con contratti di apprendistato, propedeutico all’inserimento. Se, invece, c’è un percorso anche breve di esperienza pregressa, allora si va sull’indeterminato. Il percorso più classico è: stage se ha senso all’interno del percorso di studi e poi un apprendistato finalizzato all’inserimento».

Anche in Bip «lo stage generalmente viene offerto a chi è appena uscito dall’università e ha ancora bisogno di tempo per acquisire quelle skills tecniche e relazionali che gli permetteranno di affermarsi in una realtà diversificata come la nostra» spiega Pozzi: «
Un contratto di lavoro, invece viene offerto a chi ha già maturato un’esperienza professionale e può immediatamente mettere a disposizione le proprie competenze».

In Spindox, oltre alla valutazione del potenziale della risorsa e del suo percorso di studi o professionale, «è importante intravedere in sede di colloquio quelle qualità che rendono un candidato non solo adatto al lavoro, ma anche ai nostri valori aziendali. Vogliamo portare a bordo  persone amanti delle sfide, pronte a sperimentare e mettersi in gioco. Come diciamo sempre anche in fase di recruiting, il nostro candidato ideale deve essere Hungry, Easy, Fearless, Explorer». Affamato, semplice, intrepido, e avere un animo da esploratore.  

Una volta selezionati, nelle tre aziende che si sono aggiudicate quest'anno l'AwaRdS per l'assunzione diretta di giovani l’offerta è quasi sempre un contratto di apprendistato o a tempo indeterminato, quasi mai un “semplice” tempo determinato. «L’apprendistato rappresenta un investimento a lungo periodo anche psicologico, nella crescita, nella formazione della persona e il rapporto che noi vogliamo avere con chi entra e diventa nostro dipendente vuole essere di una prospettiva di lungo periodo» riflette Francesca Giraudo di EY: «Poi certo sappiamo che le nostre industries hanno un turn over elevato, ma ciò è dovuto al fatto che siamo tra le poche aziende che investono in maniera talmente strutturale sui giovani che una volta formati, questi diventano molto interessanti per il mercato. Quindi creiamo employability per le nostre persone. Se più aziende facessero lo stesso, tutto il mondo del lavoro ne gioverebbe!».

In un mondo sempre più precario le forme contrattuali più stabili, quelle che tecnicamente si definiscono “subordinate”, hanno certamente un appeal in più perché danno una stabilità che, di questi tempi, è raro per i giovani italiani trovare al primo impiego. «Le proposte di assunzione a tempo indeterminato sono a tutti gli effetti quelle più apprezzate dai nostri candidati e, quando le condizioni lo permettono, siamo ben felici di formalizzarle», conferma Elena Pozzi di Bip: «Ovviamente, se coerente con l’opportunità progettuale, prendiamo in considerazione anche altre formule contrattuali. Investire a lungo termine sui giovani significa scommettere sulle loro potenzialità e sulla loro voglia di mettersi in gioco. Cerchiamo di offrire ai nostri professionisti un ambiente dinamico, che permetta di continuare a sperimentarsi e di avere sempre di più un ruolo attivo e di responsabilità sui progetti».

È la prova che un lavoro appassionante e in continua evoluzione non debba sempre per forza essere sinonimo di contrattini brevi e di poca sicurezza. «I contratti a tempo determinato si addicono solo ad alcune tipologie di persone: quelle che hanno progetti di vita in evoluzione, che scelgono di non legarsi da subito a una realtà lavorativa»  osserva Maranò di Spindox: «A un ragazzo che deve mettere le basi della sua esistenza, proporre un contratto a tempo determinato vuol dire farlo vivere con una sorta di spada di Damocle sopra la testa. Significa dirgli: non ci fidiamo abbastanza di te. Questo stato di tensione non fa bene a nessuno: né alla risorsa, né alla azienda». Offrire un apprendistato o un contratto a tempo indeterminato rappresenta dunque «un investimento nel medio lungo termine, sia per l’azienda sia per il giovane che sceglie di restare con noi».

C'è però da considerare anche il fatto che le aziende in forte crescita, e con un alto tasso di assunti, vedono inevitabilmente con il tempo andare via molti di questi giovani. «Il turnover fa parte del gioco: quando assumi e formi qualcuno metti in conto che potrebbe andarsene per cercare fortuna altrove» scherza Mariateresa Maranò: «Non è una sconfitta, ma un fatto congenito alla natura del nostro business. Del resto se scegli persone ambiziose e capaci non c’è da stupirsi che vogliano correre verso nuovi traguardi».

E questo accade in modo particolare nel settore consulenziale che «è molto dinamico; è un contesto in continuo mutamento che richiede grandi capacità di adattamento da parte dei suoi player» secondo Elena Pozzi, che elenca i tanti progetti messi in campo da Bip per andare incontro ai dipendenti: «Progetti di work-life integration, con la possibilità di lavorare fino al 100 per cento in modalità smartworking; il Sustain new colleagues, un programma realizzato per accompagnare i nuovi assunti nel loro primo anno di esperienza; ma anche convenzioni, benefit e servizi per incrementare la capacità di spesa; una serie di iniziative a favore della genitorialità e di fitness, nutrition o campagne di prevenzione per aiutare le nostre persone a prendersi cura del proprio benessere fisico e mentale».

L’alta percentuale di turnover dipende anche dal fatto «che le nostre persone sono molto ricercate dal mercato» sottolinea Francesca Giraudo di EY: «Indubbiamente il lavoro di consulente è ad alta intensità, ha picchi che richiedono molto sforzo e grande flessibilità da parte delle persone. È un lavoro che dà una metodologia, una competenza e un’esperienza accelerata. Nella fase iniziale della carriera le persone sono fortemente appetibili sul mercato». Se per giunta hanno la fortuna di venire «“svezzate” da un datore di lavoro che insegna per bene come si lavora, allora è ovvio che c’è un grandissimo interesse dal mondo esterno!».

Il vantaggio aggiuntivo è che di solito con le condizioni contrattuali e retributive non si torna indietro: anzi, molti studi ormai dimostrano che cominciare con lavori “atipici”, “non garantiti”, rischia poi di avere effetti negativi sull'intera vita lavorativa delle persone, diminuendo le probabilità di «transizione in un impiego garantito», (come spiega anche nel saggio Sempregiovani & Maivecchi il demografo Giuseppe A. Micheli). Cominciare al contrario con un vero contratto di lavoro e con una busta paga “seria” vuol dire partire col piede giusto: quando e se si dovesse cambiare impiego, sarà molto improbabile sentirsi proporre contrattini precari – per non parlare di stage – oppure stipendi da fame.

Marianna Lepore


Grafica di apertura di ShariJo da Pixabay

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