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Italia Lavoro aiuta i cittadini a trovare un impiego, ma lascia a casa i suoi collaboratori

Sono saliti all’onore delle cronache nel giugno 2011 quando durante un convegno domandarono all’ex ministro Renato Brunetta quali riforme il governo intendesse attuare per i tanti che lavorano per la pubblica amministrazione. Da allora non è cambiato nulla per i collaboratori di Italia Lavoro, l’agenzia tecnica interamente partecipata dal ministero dell’economia ed ente strumentale del ministero del lavoro. Che continua ad avvalersi per la gran parte di precari: al 31 dicembre 2011 su 1.102 persone totali in azienda, solo 420 risultavano essere dipendenti (di cui 34 dirigenti), mentre la maggior parte - 645 - era inquadrata come cococo o cocopro o con altri tipi di contratto (18 contratti d'opera, 2 occasionali, 17 professionisti, un giornalista). Ma una volta scadute le collaborazioni a progetto non ci sono tutele per gli ex lavoratori. Come il giovane che ha scritto alla Repubblica degli Stagisti per raccontare la sua storia, autodefinendosi “l'abbandonato da Italia Lavoro”.Ha meno di trent’anni, un diploma di perito informatico e ha collezionato negli ultimi quattro anni una serie di contratti a progetto di durata variabile da un mese e mezzo a un anno e mezzo, con  periodi dai cinque giorni ai cinque mesi di pausa contrattuale tra uno e l'altro, con cui non portava a casa nemmeno mille euro netti al mese. Poi a dicembre 2011, in seguito a una nuova serie di tagli e alla riduzione dei posti messi a bando, «è stato palese che la mia figura professionale quasi non c’era più». Nessun nuovo contratto quindi, né per lui né per tanti altri collaboratori storici anche con più di cinquant'anni. Con l’aggravante «di non aver diritto a nessun sussidio visto che eravamo tutti collaboratori a progetto». Il paradosso che questo abbandonato racconta alla Repubblica degli Stagisti è che lui e i suoi colleghi hanno lavorato per anni sulla stabilizzazione dei precari e sul reinserimento occupazionale per poi ritrovarsi nella stessa condizione. Uno dei progetti più importanti di ItaliaLavoro e di cui anche lui si occupava è, infatti, Welfare to work: «Grazie a degli accordi con la provincia o la regione dovevamo aiutare un gruppo di lavoratori in cassa integrazione a trovare una nuova ricollocazione e controllare come andava a finire. Lavoravo per cercare di stabilizzare lavoratori, mentre altri pensavano a come lasciarmi a terra». Da quasi un anno è quindi senza contratto, con l’ulteriore problema di risiedere in una regione, la Puglia, in cui le prospettive occupazionali per i giovani sono molto poche.Nella sua stessa situazione ci sono molti altri ex dipendenti di ItaliaLavoro a cui il contratto non è più stato rinnovato, tutti con l’aggravante di non poter nemmeno fare fronte comune contro l’azienda. Perché i contratti firmati sono tutti individuali e così ogni ex lavoratore ha dovuto iniziare una singola vertenza e dovrà aspettare i tempi lenti della giustizia per avere una sentenza definitiva. C’è chi per cinque anni ha lavorato per la società arrivando a firmare anche dei contratti a tempo determinato: dopo la finanziaria del maggio 2010 le promesse di trasformare la collaborazione in contratto a tempo indeterminato sono svanite, con l’unica alternativa di rientrare al massimo come cocopro. Roberto D’Andrea (nella foto), segretario Nidil Cgil, è esplicito nel definire «assurda» alla Repubblica degli Stagisti la politica di questa società «che su oltre mille lavoratori ne ha soltanto 400 stabili e si rifiuta di affrontare il problema su che tipo di organico vuole avere». La Cgil è l'unico sindacato che al momento sta seguendo questo caso, perché le altre associazioni sindacali hanno accettato il regolamento aziendale del 2008 in cui era scritto che Italia Lavoro non si sarebbe avvalsa «del medesimo lavoratore con contratto di collaborazione per più di tre anni» e che «tale vincolo ha valore anche per le collaborazioni attualmente in essere». Mentre la Cgil nel 2009 ha deciso di ritirare la firma dall'accordo chiedendo di aprire un confronto sull'utilizzo delle collaborazioni. Approfittando, però, dell'accordo sottoscritto con gli altri sindacati, Italia Lavoro non ha più rinnovato i contratti e in alcuni casi, nei nuovi bandi pubblicati, ha ridotto anche il numero delle posizioni aperte.«Ogni giorno devi controllare sul sito se esce un avviso di selezione e partecipare di nuovo, ma fino ad oggi per la mia figura nella mia regione non è uscito nulla», racconta l’abbandonato di Italia Lavoro. In controtendenza rispetto a qualsiasi buona pratica aziendale, la società preferisce quindi formare nuovi dipendenti piuttosto che sfruttare le competenze e le abilità di quanti per anni hanno cercato di risolvere il problema occupazionale di disoccupati e cassintegrati sognando la stessa stabilizzazione che anche a loro veniva negata. E Italia Lavoro che dice? Interpellato dalla Repubblica degli Stagisti, l'ufficio stampa produce una nota in cui spiega che «in quanto società per azioni del ministero dell'economia e agenzia strumentale del ministero del lavoro, è obbligata a rispettare le stesse regole stabilite nelle ultime finanziarie per i dipendenti pubblici quindi la direzione del personale non può muoversi come una normale società per azioni». Sempre nella nota l'ufficio stampa assicura che è nello stesso interesse di Italia Lavoro «salvaguardare le esperienze maturate all’interno dei progetti realizzati», ma che «poiché gestisce le proprie attività attraverso finanziamenti comunitari del Fondo sociale europeo opera seguendo una cadenza cronologica stabilita in ambito comunitario»: da qui verrebbe l'impossibilità a fare altre tipologie contrattuali che non siano quelle a progetto, perché i finanziamenti UE arrivano per singoli progetti. La nota si chiude con un tentativo di rassicurazione: Italia Lavoro garantisce che si impegnerà a «salvaguardare le proprie professionalità», ammettendo però che «il blocco delle assunzioni imposto dalla spending review riguarda anche Italia Lavoro» e che quindi i contratti temporanei sono le uniche «soluzioni» che hanno consentito e consentiranno «l’utilizzo del patrimonio di esperienza dei collaboratori», restando «in linea con le leggi dello Stato». Parole che non suoneranno bene nè alle orecchie dei precari lasciati a casa negli ultimi mesi, nè del sindacato che sta seguendo il loro caso.Marianna Lepore Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro- Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo Lavoro- Quattro milioni di euro per le idee giovani dei «bollenti spiriti»: riparte in Puglia il bando Principi attivi e anche:- Bando per stage pagati e incentivi all'assunzione in Puglia: le ragioni del ritardo - Quel pasticciaccio brutto dei due Les4 omonimi: perchè Italia Lavoro non chiarisce la posizione delle agenzie interinali nell'attivazione dei suoi tirocini?

Quando l'università si rifiuta di attivare lo stage

In ogni università esiste in genere un ufficio dedicato appositamente al placement e all'organizzazione dei tirocini. È qui che di solito gli studenti si rivolgono per attivare le convenzioni di stage propedeutiche all'entrata in azienda e concordare il progetto formativo e il tutor che seguirà lo stagista nel suo percorso. Nonostante questa sia la prassi, non sempre fila tutto liscio, soprattutto quando si tratta di stage extracurriculari (che non forniscono quindi crediti formativi e che sono al di fuori del piano di studi). Rosalba, 26 anni, interviene sul forum della Repubblica degli Stagisti per raccontare la sua storia: «La mia facoltà, trovandosi in fase di 'ristrutturazione', non ha potuto attivare per me una nuova convenzione con un ente pubblico con sede all'estero, con cui avevo già preso contatto. Io sono laureata da meno di dodici mesi, ma ho dovuto comunque rinunciare perché non sapevo a chi altri rivolgermi». Lei, neolaureata in Lettere e Filosofia all'università di Bari, aveva deciso di mandare il curriculum all'Istituto di cultura di Marsiglia: «Ben sapendo che il Mae Crui è stato sospeso, ho voluto proporre la mia candidatura autonomamente, nella speranza che ci fosse una strada alternativa per realizzare questa esperienza». Viene presa, ma la condizione che le pongono è trovare «un ente italiano disposto a pagare una copertura assicurativa». Si rivolge dunque alla sua facoltà, convinta di poter risolvere tutto tramite l'ufficio tirocini, ma qui arriva la doccia fredda: «Siamo in fase di ristrutturazione, la presidenza verrà smembrata tra poche settimane e non possiamo attivare nessuno stage fino a quel momento». Così taglia corto Sabrina Albanese, responsabile degli stage alla facoltà di Lettere, fornendo la stessa versione dei fatti sia alla ragazza che alla Repubblica degli Stagisti che l'ha contattata per avere chiarimenti. A Rosalba resta solo la delusione: «Ho dovuto avvisare l'Istituto che per il momento non avrei potuto avviare alcuna convenzione. Ci sono rimasta male, era un'esperienza che sognavo da tempo». Si lascia andare allo sfogo spiegando che sarebbe stata disposta perfino a pagarsi di tasca propria l'assicurazione, ma che purtroppo ha solo potuto constatare in prima persona l'ingiustizia di «un giovane volenteroso che non sappia a chi rivolgersi per un'esperienza di prestigio. Sono disorientata e spaesata». Tutto per una semplice convenzione. E senza una risposta sensata. Il suo è certamente un caso particolare: la facoltà è bloccata per questioni organizzative interne. Ma certo questa non può dirsi una valida giustificazione: l'ufficio tirocini è lì per fare il suo dovere, cioè quello di attivare stage su richiesta dello studente e di vigilare sulla loro serietà e valore formativo. E non ci sono ristrutturazioni che tengano. Ma come si comportano altre università di fronte alla richiesta di stage extracurriculari? Il caso di Rosalba e dell'università di Bari non sembra infatti l'unico. «Sono al secondo anno della laurea specialistica in Economia, la data di laurea presunta è dicembre 2012. Mi è stato proposto uno stage presso un'importante azienda locale, e dato che sto ancora studiando dev'essere l'università l'ente promotore dello stage» dice Anni88 sul forum della Repubblica degli Stagisti. «La mia università però sulla base di una direttiva interna si rifiuta di attivarmi lo stage in quanto, non essendo previsto dal piano di studi, sarebbe una perdita di tempo».All'ufficio tirocini di Lettere e Filosofia alla Sapienza fanno sapere intanto che presso di loro la convenzione si può sempre attivare, ma solo facendo iscrivere l'ente ospitante (come ad esempio l'Istituto di Marsiglia, o l'azienda) alla piattaforma placement Jobsoul e quindi aprendo la corsa alla candidatura a chiunque vedesse l'offerta di tirocinio pubblicata online. «Solo a quel punto la convenzione potrebbe essere attivata», commenta Elena Serra, responsabile dell'ufficio. Quanto ai centri per l'impiego, non sempre sono utili. Lo sono stati nel caso di Anni88 che, tramite i cpi è riuscita alla fine attivare lo stage «facendolo passare come finalizzato all'assunzione». Ma nel caso dell'estero, questi centri hanno le mani legate: «Possiamo attivare convenzioni solo con aziende del territorio di nostra competenza» spiegano dal centro per l'impiego della Sapienza, creato dalla Provincia come punto di riferimento per i laureati dell'ateneo. Che ci siano di mezzo questioni economiche dietro i niet di queste università non è da escludere. Del resto la norma sulla congrua indennità per gli stagisti (non ancora entrata in vigore e dunque per il momento un nulla di fatto) della riforma Fornero ho portato perfino alla sospensione del programma Mae Crui. E chissà che, dietro le spiegazioni ufficiali e un po' frettolose, anche gli atenei non risentano della pressione psicologica di una legge che potrebbe rimettere in discussione la gestione dei tirocini per come è stata conosciuta finora. La Repubblica degli Stagisti si è rivolta anche al Ministero degli Affari Esteri, per ottenere delucidazioni su come risolvere il caso di Rosalba, visto che gli istituti di cultura rientrano proprio nelle sedi di destinazione del programma di partenze appena chiuso. E la risposta è stata per l'ennesima volta che «la pubblicazione del prossimo bando non può avvenire, anche per correttezza istituzionale, in assenza della definizione in sede di Conferenza Stato Regioni, come previsto dalla legge n. 92/2012», ovvero fino alla determinazione delle linee guida sulla regolamentazione degli stage. Il risultato è però che a un giovane laureato che vuole partire per un tirocinio all'estero può capitare di vedersi sottratta inspiegabilmente un'opportunità. A Rosalba per esempio è stato negato il diritto a un'esperienza come stagista all'Istituto di cultura di Marsiglia, che aveva selezionato e approvato il suo curriculum.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Tirocini Crui, anche l'Agenzia del Demanio li sospende per non dover pagare rimborsi agli stagisti- Regione Lombardia, mezzo milione di euro per stage di un anno negli enti pubblici- Ministero degli Esteri, 555 stage Mae-Crui bloccati e non si capisce il perché    

«I tirocini di inserimento non esistono, una circolare non è fonte di diritto»: così la Regione Emilia Romagna blocca gli stage per laureati e diplomati da più di 12 mesi

Niente più stage in Emilia Romagna per chi si è diplomato o laureato da più di un anno. La Regione amministrata da Vasco Errani ha deciso, in maniera ancor più netta della Campania e della Toscana, di non seguire la circolare 24/2011, non considerandola «fonte di diritto». E dato che i nuovi paletti legislativi posti dalla legge 148/2011 all'articolo 11 riservano lo strumento dello stage in via esclusiva a chi abbia finito gli studi da meno di 12 mesi, salvo differenti normative regionali, in Emilia si è preferito bloccare tutto in attesa che la giunta approvi una nuova legge sul tema. Il processo però procede molto a rilento: a quasi cinque mesi dall’entrata in vigore dei nuovi paletti nazionali, a livello locale si è ancora in alto mare. E intanto i giovani emiliani non più freschi di diploma o laurea trovano più difficoltà a entrare nel mondo del lavoro, perchè restano tagliati fuori da uno dei canali principali di recruiting e cioè lo stage.La segnalazione arriva sul forum della Repubblica degli Stagisti da una lettrice laureata nel 2009 che racconta il suo viaggio tra le agenzie interinali per trovare uno stage nel settore della ricerca del personale. Non rientrando più nella categoria dei neolaureati, qualcuno le suggerisce di iscriversi alle liste di disoccupazione per riuscire ad ottenere un tirocinio. Ma al centro per l’impiego del suo paese «salta fuori che su questo punto della circolare 24/2011 del ministero del lavoro in cui sono presenti le chiarificazioni sull’art. 11 della manovra finanziaria, la Regione Emilia Romagna ha posto una deroga e quindi devo aspettare che la Regione stessa intervenga!». La Repubblica degli Stagisti ha contattato la Regione per capire cosa sta succedendo, perché la lettrice aspetta ormai da inizio ottobre che il governo regionale risolva questo problema. L’Emilia Romagna, infatti, vista la confusione che si è creata sull’argomento tirocini ha deciso di approfittare di quanto è scritto nell’articolo 11 del decreto legge 138 in cui si ricorda che «i tirocini sono di esclusiva competenza regionale» e di approvare una nuova legge sull’argomento. Ad oggi «è in corso la discussione con le parti sociali sui contenuti», dichiara alla Repubblica degli Stagisti Katia Pedretti del servizio lavoro della Regione. Si è quindi soltanto al primo stadio di stesura della legge, non c’è ancora nulla di scritto, né ci sono progetti già presentati. La discussione però non è aperta solo sui contenuti ma anche sui destinatari futuri dei tirocini. È quindi troppo presto per sapere se gli stage di inserimento e reinserimento al lavoro saranno presenti in questa nuova norma. Così per una giovane come la lettrice della Repubblica degli Stagisti, che ha sforato i 12 mesi, non sembrano esserci possibilità di fare futuri tirocini perché, come spiega Pedretti, l’articolo 11 della legge 138 «dice che per la normativa nazionale, che ovviamente nella gerarchia delle fonti è superiore a quella regionale, i tirocini possono essere promossi unicamente in favore di neolaureati e neodiplomati». In realtà la circolare n° 24 ha in seguito specificato che «non rientrano nel campo di applicazione del decreto i tirocini d’inserimento/reinserimento al lavoro svolti a favore dei disoccupati» ma l’Emilia Romagna non ha preso in considerazione questo punto. Perché? Dice Katia Pedretti: «ad oggi un tirocinio di inserimento e reinserimento al lavoro non esiste, non è normato, perché la circolare non è una fonte del diritto. Per cui a livello normativo questi tirocini non esistono». La circolare non viene insomma riconosciuta come norma: ecco spiegato perché la Regione ha deciso di non seguirla e di agire per conto suo con una legge. Il tempo però scorre: il decreto legge 138 è stato pubblicato (ed è diventato immediatamente operativo) ad agosto 2011, la circolare è arrivata a metà  settembre e oggi, a inizio 2012, dall’Emilia Romagna non è arrivato ancora alcun provvedimento in grado di dirimere questo problema. La discussione sulla nuova legge è aperta: «Si pensava di pubblicarla il prima possibile nel momento in cui c’è un accordo. Ma io non sono in grado di dirle quando quest'accordo possa essere raggiunto» conclude Pedretti. Nessuna previsione, quindi, con il risultato che i giovani disoccupati si trovano nella condizione di avere scarse possibilità di accedere al mercato del lavoro visto che sono sempre meno le aziende che assumono giovani senza averli "testati" attraverso un periodo di tirocinio. Tra il 2000 e il 2007 (dati più recenti non sono ancora disponibili sul sito della Regione) il numero di tirocinanti in Emilia Romagna è cresciuto in modo esponenziale, passando da poco più di 4mila a oltre 14mila all'anno. Il boom emerge dal documento “I tirocini in Emilia Romagna. La transizione al lavoro e la certificazione delle competenze”, in cui si legge anche che dei 14mila tirocini del 2007 oltre uno su quattro ha avuto una durata compresa tra 6 e 12 mesi. Quanto all'età, quasi 5mila tirocini sono stati attivati nella fascia 15 -19 anni e circa 4mila in quella 25-34.La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare sia l’assessore al lavoro Patrizio Bianchi sia la dirigente Paola Cicognani per avere notizie più specifiche sui tempi di elaborazione e approvazione della nuova legge regionale, senza però riuscire a intervistarli, forse anche a causa del periodo festivo. I tentativi continueranno, nella speranza di riuscire a raccogliere quanto prima informazioni da chi si sta occupando in prima persona di questo delicato problema.Marianna LeporePer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Tirocini, in Campania i centri per l'impiego ignorano la circolare e li attivano solo entro i 12 mesi dal diploma o dalla laurea- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti - Laureato da più di 12 mesi? Non ci interessi. Il meccanismo perverso che rischia di escludere un'intera generazione dal mercato del lavoro

Stagisti al Comune di Napoli, due anni di attesa per ricevere il rimborso spese

Sei mesi d’attesa e ancora non si sa quando sarà distribuito il rimborso spese. È il grande problema di 48 neolaureati con lode campani che da gennaio a maggio 2011 hanno effettuato uno stage presso gli uffici del Comune di Napoli e devono ancora ricevere i 2mila euro (400 euro al mese) previsti  come emolumento.«Quando telefono per sapere semplicemente cosa devo fare per ottenere ciò che mi spetta, rispondono che NON sanno niente, né come, né quando…né se avremo mai quei soldi», scrive Bianka sul forum della Repubblica degli Stagisti.Nel frattempo, però, il Comune ha già aperto e chiuso un nuovo bando. Anche in questo caso il rimborso promesso agli stagisti è 2mila euro, ma i mesi sono passati da 5 a 6 (quindi il rimborso è stato decurtato di un quinto, scendendo a 333 euro al mese) mentre il numero di posti a disposizione è diminuito: solo 28. Sono del resto, si sa, tempi di tagli.La Repubblica degli Stagisti si è messa in moto innanzitutto contattando Marco Vassallo, il funzionario incaricato del Servizio Lavoro e formazione professionale del Comune di Napoli per capire quando e da chi saranno stanziati questi soldi. «Italialavoro è il vecchio schema dei tirocini Fixo che erano finanziati direttamente dallo Stato. Noi come Comune ci limitavamo ad ospitare i tirocinanti» spiega Vassallo: e infatti per esempio risulta che nel 2009 l'amministrazione abbia ospitato 65 stagisti Fixo. «Poi abbiamo deciso di attivare direttamente noi tirocini di questo tipo, prendendo spunto da Fixo. Italia Lavoro a questo punto non c’entra nulla: è un programma gestito e finanziato da noi».Non è una buona notizia per gli ex stagisti, perché il Comune ha dei gravi problemi di bilancio e fa aspettare addirittura anni i suoi creditori. «I tempi normali di pagamento vanno oltre i due anni» conferma Vassallo «però attraverso il nostro assessore di riferimento, Marco Esposito, stiamo facendo pressioni per dare una corsia privilegiata a questi rimborsi tentando di farli diventare come quelli che tecnicamente si chiamano "pagamenti indispensabili"». Compensi che possono scavalcare l’ordine cronologico: in questo modo i tirocinanti non dovrebbero aspettare ancora dodici-tredici mesi, ma potrebbero sperare di avere il rimborso «per l’inizio del prossimo anno». Complessivamente si tratta di 96mila euro: una cifra non altissima nell’ambito di un bilancio comunale, specialmente considerando che i soldi sarebbero già dovuti essere stati messi a bilancio nel 2010. L’unica certezza è che «l’ufficio servizio lavoro e formazione professionale ha fatto l’atto di liquidazione nel mese di luglio». Ma per avere i soldi serve il mandato di pagamento che deve essere emesso dalla Ragioneria «che segue l’input politico dell’assessore al bilancio Riccardo Realfonzo» continua Vassallo «È lui che tiene in mano i cordoni della borsa e si dovrebbe convincere dell’opportunità di trattare in modo diverso questi pagamenti».Le carte sono quindi materialmente ferme da luglio presso la Ragioneria del Comune di Napoli dove, visti i tempi, potrebbero sostare ancora per un anno e mezzo. La Repubblica degli Stagisti ha provato a mettersi in contatto con Rosaria Rossi, coordinatore presso la Ragioneria, senza riuscire a raggiungerla. Lei è l’unica che potrebbe rispondere alla domanda fatidica: quanto dovranno ancora aspettare gli ex tirocinanti per vedere il loro rimborso? E magari chiarire perché la Ragioneria, che si occupa del pagamento delle spese ma ha principalmente il compito di gestire le risorse finanziarie e provvedere alla programmazione economica del Comune, pur a conoscenza dei problemi di bilancio, non abbia vigilato e bloccato i nuovi tirocini formativi. Se l'amministrazione non riesce oggi a rimborsare gli ex tirocinanti, non si capisce infatti come l’anno prossimo possa pensare di trovare i fondi per pagare i nuovi stagisti.Questa domanda la Repubblica degli Stagisti avrebbe voluto porla anche all’assessore al lavoro Marco Esposito, se fosse stato possibile contattarlo. L'assessore avrebbe potuto dare anche una risposta politica rispetto alla trasformazione dei rimborsi in “pagamenti indispensabili”.Ma a che bando aveva partecipato Bianka e perché viene chiamato "Fixo"? Si tratta della terza edizione di un programma di "tirocini formativi per l’occupazione": un progetto realizzato nel 2010 dal Comune di Napoli e dall’assessorato allo Sviluppo che riprende la formula dei tirocini Fixo di Italia Lavoro e la riadatta alle esigenze dell’amministrazione comunale. I soldi, quindi, non sono stanziati dal ministero del Lavoro, come Bianka indica sul forum lasciandosi confondere dall’omonimia, ma dalle casse dell’ente pubblico. Una confusione data dal bando stesso, in cui questi tirocini vengono definiti come “format già sperimentato con il programma Fixo”. Quando questi tirocini vennero presentati alla stampa un anno fa dall’allora sindaco Rosa Russo Iervolino, l’assessore allo sviluppo in carica, Mario Raffa, parlò del progetto come «un’eccellenza riconosciuta a livello nazionale che permette ai giovani neolaureati di avere la possibilità di formarsi, di fare esperienza e di collocarsi nel mondo del lavoro». I numeri erano abbastanza incoraggianti perché su 100 tirocini nelle prime due edizioni, furono 40 le assunzioni presso imprese private. Il bando per il 2011 evidenziava quest'aspetto scrivendo: «obiettivo dei tirocini è agevolare la collocazione dei giovani sul mercato del lavoro, mediante l'utilizzo di un format già sperimentato, che prevede, a conclusione dello stage, la promozione di momenti di incontro tra questi ragazzi e le aziende cittadine». Bianka, però, sul forum della Repubblica degli Stagisti scrive che per la sua tornata non ci sono stati sbocchi lavorativi. «Alla fine del periodo di stage ci avevano promesso colloqui con aziende che effettivamente ci sono stati, ma è sembrata una farsa: insomma le aziende non erano affatto interessate a conoscerci ma solo a farsi belle nei confronti degli assessori che le avevano invitate».Sette mesi dopo la fine dei tirocini, 48 brillanti laureati napoletani si trovano senza un contratto e cosa ancora più grave senza aver ricevuto il rimborso spese che gli spettava. «Di sicuro ho capito che entrare nel mondo della pubblica amministrazione per fare uno stage nella maggior parte dei casi significa restare inattivi, passare intere giornate senza far niente» conclude Bianka. Se questa è la testimonianza diretta, allora perché ospitare altri tirocinanti pur sapendo che non avranno molto da fare e non riusciranno ad avere il rimborso spese previsto? Forse ancora una volta un comune ha deciso di sfruttare la formula dei tirocini per riempire vuoti di organico?In tutto questo si sta dimenticando, però, che i patti vanno rispettati. Forse a funzionari e assessori quei 2mila euro possono sembrare una cifra irrisoria, ma i 48 ex stagisti hanno il diritto di riceverli – subito, e non con altri mesi o anni di ritardo – perché queste erano le condizioni alle quali hanno accettato di fare lo stage. Napoli ha da pochi mesi un nuovo sindaco, l'ex magistrato Luigi De Magistris, che ha promesso grande attenzione ai giovani e alla legalità. A rispettare gli uni e l’altra si comincia anche da qui, dall’onorare una promessa e saldare un debito. E si continua cercando di evitare che in futuro si ripetano situazioni simili.Marianna LeporePer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Al via il nuovo Progetto FIxO: 115 milioni di euro per evitare il "job mismatch" e aumentare la qualità dell'occupazione dei neolaureati- Laureati e diplomati da più di 12 mesi, in Campania niente più tirocini. Il responsabile del centro per l'impiego di Napoli spiega perché- Per rifare l'Italia bisogna partire dal lavoro e dalle retribuzioni dei giovani

Catalogo dei voucher per l'alta formazione: «Il mio master non è partito e ho dovuto rinunciare a 5mila euro»

Soldi pubblici a organismi spesso privati per pagare master e corsi iper costosi e di dubbia utilità. Che, si scopre, a volte non partono nemmeno. Ad agosto la Repubblica degli Stagisti aveva parlato del catalogo interregionale Altaformazione: 2.500 percorsi formativi finanziati tramite un fondo comunitario da 30 milioni di euro a beneficio dei giovani di dodici regioni italiane. Adesso, a giochi fatti (le liste dei beneficiari sono state pubblicate ad ottobre) in redazione arriva una denuncia. A scrivere è Carla, lettrice della RdS e vincitrice di un voucher da 5mila euro per un master di primo livello in diritto penale all'università privata Luspio di Roma. Che non farà mai: il suo corso, «insieme a molti altri» dice, non è stato attivato e adesso le alternative sono due, sceglierne uno diverso dal catalogo oppure rinunciare tout court al finanziamento. Perché il master non è partito? Lo spiega direttamente Carla in una mail alla Direzione formazione e lavoro della Regione Lazio: «A mio avviso la mancata attivazione del master è dovuta, in primo luogo, alla tariffa abusiva dell'università - il master, del costo di 7mila euro, non è affatto competitivo rispetto ad altri master di secondo livello, di costo inferiore - ed in secondo luogo ad una discutibile scelta dei corsi da parte degli organismi di finanziamento». Costi eccessivi (il finanziamento è di massimo 5mila euro, il resto va integrato) e offerta formativa di scarsa qualità avrebbero quindi fatto calare a picco il numero di iscritti, almeno in questo caso; e quindi niente master.Il bivio che si presenta di fronte alla ragazza non è semplice: rinunciare ad un finanziamento ottenuto grazie a merito e motivazione, oltre che per condizione economica, è difficile da accettare; ma d'altra parte i pochi corsi rimasti in catalogo non rappresentano una valida alternativa al master sfumato - per contenuti, qualità, anche località di svolgimento. E per la sostituzione ormai ci sono solo una decina di giorni. Essere messa di fronte a una scelta di questo tipo è, secondo Carla - peraltro avvocato - «una violazione del mio diritto allo studio». La ragazza scrive prima all'assistenza del portale Altaformazione, poi alla Regione Lazio, provando anche a rilanciare: dal momento che il suo master non può essere attivato per carenza di iscritti, cosa impedisce di avviarne uno simile, con lo stesso budget, presso un altro organismo di formazione, magari già presente in catalogo? Ma entrambi gli enti sostanzialmente rispondono picche, ripetendo lo stesso ritornello: o sostituzione con uno dei corsi in catalogo, o rinuncia. Un vicolo cieco. Carla però non si rassegna a perdere il finanziamento e opta per un corso di inglese: 160 ore alla British School di Roma con esame finale di livello europeo B1 - da sostenere obbligatoriamente a maggio 2013 - alla modica cifra di 3.800 euro. Sostiene il test d'ingresso e di classifica anche ad un buon livello; troppo buono, dal momento che il corso in catalogo (peraltro già iniziato da qualche giorno) è di un livello molto più basso. Segreteria della British e Regione si consultano ma il verdetto è sempre quello: o quel corso o niente. E Carla non può che gettare la spugna: «Nulla, considerato che un corso all'università popolare di Roma costa massimo 400 euro, e posso scegliere il livello più adatto a me, mi preparo alla rinuncia del voucher». Più che rassegnata però Carla è arrabbiata: «Tutto questo sarebbe da ricorso al Tar» continua «ma ormai i termini sono scaduti, e comunque credo che ogni singolo beneficiario avrebbe avuto poche possibilità, mentre  denunciando il fatto tramite la Repubblica degli Stagisti la pressione potrebbe spingere le Regioni a trovare una soluzione più equa». Già, le Regioni. Raggiunto al telefono, l'ufficio competente del Lazio ammette: «In effetti è una difficoltà, ma per il momento non possiamo fare altro che tenerne conto in vista del progetto 2012; stiamo iniziando a discuterne proprio in questi giorni. Per il bando precedente gli enti avevano l'obbligo di partire solo una volta ottenuta l'iscrizione di almeno quattro voucheristi, al di là del numero di privatisti. È una regola; e fare in modo che la soglia sia garantita è complicato, per un problema di organizzazione e soprattutto di fondi. Ma per essere chiari: non finanziamo gli enti formativi, finanziamo le persone». Come si finanziano le persone, cioè i giovani, non è però questione secondaria. Un po' più di flessibilità in questo caso avrebbe permesso a Carla - e agli altri nella sua stessa situazione - di non perdere il finanziamento pubblico e poter svolgere un corso di formazione in linea con le sue esigenze e con la sua prima scelta.Annalisa Di Palo Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Master finanziati dallo Stato: nel catalogo Alta formazione corsi di dubbia utilità e prezzi molto alti rispetto al mercato- Soldi pubblici per pagarsi il master: a disposizione oltre 30 milioni di euro in 12 regioni. Ancora dieci giorni per partecipare al bando- La lettera di una giovane pugliese: «La Regione ha sbagliato a calcolare le tasse sulle nostre borse di studio, e ora rivuole indietro migliaia di euro» - La delusione di un lettore dopo un master: «Perché le aziende prendono stagisti se non ne hanno bisogno?»  

Perchè le agenzie interinali chiedono agli aspiranti stagisti Les4, tutti residenti al sud, di avere un domicilio al nord?

Un altro aspetto controverso del programma di tirocini Les4 di Italia Lavoro, e in particolare del coinvolgimento nella fase di avvio di questi tirocini di alcune agenzie interinali, è quello logistico. Pur essendo indirizzati ad abitanti delle regioni meridionali, infatti, molti di questi tirocini si svolgono in aziende settentrionali. «Diverse volte ho risposto ad annunci che promuovevano offerte afferenti a tale progetto» scrive Dario alla Repubblica degli Stagisti, lamentando che le varie agenzie interinali che l'hanno ricontattato però gli hanno sempre chiesto un domicilio al nord: «Un disoccupato siciliano, calabrese, pugliese, in quanto disoccupato, non percepisce reddito. Per cui, secondo quale logica dovrebbe avere casa a Milano o Torino? Per villeggiatura?». Non solo. A Dario viene anche chiesto ripetutamente di recarsi presso le agenzie per un colloquio conoscitivo. Ma mai nella filiale di Catania, vicino a casa sua, bensì in quella che sta effettuando la selezione: «Poi, qualora fossero stati convinti, sarei stato mandato presso l'azienda in questione per sostenere un altro colloquio. Quindi, ricapitolando: io da Catania sarei dovuto andare a Milano presso l'agenzia interinale, poi sarei dovuto tornare in Sicilia per attendere risposta, in caso fossi stato ritenuto idoneo sarei dovuto ritornare a Milano e così via. Vale a dire 4 viaggi a/r solo per ottenere una risposta, cioè più di un migliaio di euro in biglietti aerei, hotel, pasti. Meno male che era una iniziativa per disoccupati». Un'altra lettrice gli fa eco: «Perchè utilizzare le agenzie del nord quando esistono i centri per l'impiego? Perchè fare colloqui al nord piuttosto che prediligere un colloquio nella filiale della residenza del candidato?».Anche Lucrezia affida alla Repubblica degli Stagisti la sua storia: «Ho avuto due contatti con le agenzie interinali per il Les4, uno per Monza con Obiettivo Lavoro, un altro per Cesena-Forlì con Metis». Quello su Monza risale al dicembre dell'anno scorso: «Mi chiesero di andare lì in filiale per un colloquio, senza specificare nè la posizione nè le eventuali prospettive. Quando feci presente che comunque avrei dovuto sobbarcarmi il costo di un viaggio senza alcuna garanzia, il responsabile mi rispose che loro gestivano le pratiche in questo modo. Chiamai Italia Lavoro di Napoli e mi dissero che le procedure tramite agenzie erano regolari e che l'agenzia non prendeva alcun compenso, cosa poi smentita da coloro che lo stage lo hanno fatto». Il secondo contatto per il Les4 avviene invece a settembre di quest'anno: «Mi chiamò la Metis da Forlì, feci un colloquio telefonico e chiesi una tollerenza di 3-4 giorni per organizzarmi e salire per il colloquio. Scartarono la mia candidatura e dopo qualche giorno ritirarono l'offerta. Li richiamai e l'operatrice mi disse "è normale che voi dobbiate avere il domicilio qui, altrimenti come lavorate?". Sicuramente non è normale che una persona si sobbarchi un viaggio solo per il colloquio, sicuramente non è normale che la selezione non avvenga da parte  dei centri per l'impiego di residenza; e non è normale che si richieda il domicilio visto che questi fondi dovrebbero favorire la mobilità interregionale di soggetti svantaggiati». C'è però chi è residente al sud ma già domiciliato al nord In questi casi la cosa è più semplice? Non tanto, come racconta Ezio: «Quando mi sono iscritto al cpi, a Bologna, l'addetta mi ha consegnato un foglio intestato della Lavorint che pubblicizzava orgogliosamente questi Les4. Nel corso di una conversazione telefonica questa agenzia interinale mi consigliò di propormi io di persona ad aziende inerenti il mio settore di competenza - quindi agenzie di stampa, comunicazione, marketing - per attivare i tirocini finanziati. Passai quasi un mese tra mailing list e colloqui: le aziende, quando vedono nell'oggetto la parola "finanziamento", hanno un sussulto di gioia e ti convocano subito. Ma non ottenni nulla. La catena si bloccava sempre quando l'azienda da me contattata, che ovviamente entusiasta accettava di attivarmi il tirocinio, chiamava la Lavorint per le procedure burocratiche. Lì tutto si arenava». Probabilmente per il fatto che esiste una lista predefinita di aziende che hanno i requisiti per ospitare lesquattristi: ma alla faccia della trasparenza questa lista non è pubblica, come più volte rimarcato dalla Repubblica degli Stagisti.La centralità della residenza è peraltro confermata dalle stesse agenzie interinali. «Il Les4 dà la possibilità alle aziende della zona di inserire in stage per la durata di 4 mesi a candidati che abbiano il domicilio qui nel comprensorio di Rimini e la residenza nel meridione» ha spiegato un addetto di una filiale della Metis di Imola a un'aspirante candidata:  «A noi fin dal principio hanno detto che l'appoggio, il domicilio era fondamentale. Tutti gli inserimenti che abbiamo fatto noi  finora erano ragazzi che abitavano a Bologna o a Rimini». E aggiunge: «In teoria tutte le agenzie per il lavoro dovrebbero essere state coinvolte, e aver ricevuto da Italia Lavoro le procedure per attivare lo stage. Anche perchè le aziende avevano mille euro  per ogni inserimento, quindi soprattutto verso la fine dell'anno scorso e l'inizio di quest'anno erano molto interessate».  Stessa risposta dagli addetti di Obiettivo Lavoro di Trento: «Il ministero ci ha dato il mandato per i tirocini Les4, ma noi possiamo attivarli solo a chi ha la residenza in una delle regioni svantaggiate e il domicilio qui in provincia di Trento. Noi ne abbiamo fatti, anche recentemente. Essendo un progetto ministeriale, non sempre è attivo. C'è stato uno stop quest'estate. Ora è stato ripreso ma per il momento solo per i profili di bassa professionalità, come gli operai. Vedremo prossimamente se ci sarà la possibilità di inserire figure di tipo impiegatizio». E dalla stessa agenzia, filiale di Genova, confermano il temporaneo blocco: «Oggi il progetto che era attivo in Liguria e in tutta Italia non è più fattibile, non ci sono più fondi per i tirocini in mobilità, cioè spostandosi. Se uno è residente a Foggia, deve fare il tirocinio a Foggia». Questo perchè la borsa mensile erogata a ciascun tirocinante ammonta a 500 euro «nel caso in cui il soggetto beneficiario dell’intervento sia coinvolto in un intervento in loco», come precisa Italia Lavoro sul suo sito, mentre lievita a 1.200 euro al mese «a titolo di sussidio e rimborso delle spese per la mobilità extraregionale, vitto, alloggio e trasporti qualora il beneficiario partecipi ad un intervento in mobilità interregionale».Insomma, per poter ambire a fare un tirocinio Les4 in un'azienda del nord, uno squattrinato senza lavoro deve mettere in conto anche questo.Eleonora Voltolinacon la collaborazione di Annalisa Di PaloPer saperne di più, leggi anche:- Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro- Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo Lavoro- Quel pasticciaccio brutto dei due Les4 omonimi: perchè Italia Lavoro non chiarisce la posizione delle agenzie interinali nell'attivazione dei suoi tirocini?

Università di Torino, la «telenovela» sulle nuove linee guida super restrittive per la gestione dei tirocini

Questa è la storia di un'università, la più popolosa del Piemonte, che da un giorno all'altro decide di porre nuove regole per l'attivazione di stage. È la storia di un giornale online - la Repubblica degli Stagisti - che si vede arrivare molte richieste d'aiuto da parte di persone che stando alla normativa vigente avrebbero diritto a fare uno stage ma che si vedono la richiesta negata. È la storia di una serie di linee guida che l'università in questione definisce e pubblica all'inizio di novembre, i cui contenuti vanno molto al di là del decreto e della circolare che regolamentano la materia a livello nazionale. Ed è la storia del tentativo del giornale di chiedere ai responsabili chiarimenti in merito. Una storia che é cominciata il 17 novembre e finita solo alla fine della scorsa settimana, dopo «una telenovela» di quindici giorni. All'inizio di novembre l’università di Torino, in seguito all’emanazione dall’articolo 11 del dm 138/2011, poi trasformato in legge 148/2011, pubblica una circolare con le linee guida per la gestione dei tirocini formativi e di orientamento. Nel documento la Commissione Orientamento, tutorato e placement, prima di enunciare i nuovi paletti, denuncia le numerose incertezze interpretative circa le modalità con cui applicare le norme statali in merito. Sono due i principi che guideranno i tirocini torinesi: saranno considerati curriculari esclusivamente quelli previsti nel curriculum, salvo provvedimenti specifici dei corsi di laurea; e ciascuno studente avrà, per ogni percorso di studi, la possibilità di usufruire di sei mesi di tirocinio extracurriculare da utilizzare durante la frequenza del corso e sei mesi da risolvere entro 12 mesi dalla laurea. Linee guida che limitano le possibilità degli studenti di affrontare periodi di stage durante o in seguito agli studi, invece che incentivarli. Avere delucidazioni in merito si rivela tutt’altro che semplice. Il 17 novembre la Repubblica degli Stagisti contatta l’ufficio stampa dell’ateneo chiedendo un’intervista con un responsabile placement. Un addetto stampa risponde di inviare una richiesta alla capoufficio Eva Ferra. Inizia una corsa per raggiungere i responsabili dell’ufficio che si passano la palla l’un l’altro senza fornire risposte. La comunicazione continua a latitare finchè, dopo diverse telefonate, un impiegato fornisce i contatti di Adriana Luciano, responsabile del progetto «Atlante delle professioni». Peccato che il cellulare della professoressa Luciano sia sempre spento e in dipartimento non risponda.La Repubblica degli Stagisti decide dunque di chiamare gli uffici placement delle singole facoltà. Alcuni esprimono opinioni sulle linee guida, ed emerge anche un certo malcontento. Qualcuno suggerisce di contattare Marianna Campione, responsabile dell’ufficio placement centrale. Ma nel frattempo è lei che chiama, intimando di smettere di contattare gli uffici «distaccati» e spiegando che l'unica persona da intervistare è il prorettore Sergio Roda. A quel punto la Repubblica degli Stagisti viene messa in contatto con la segreteria che promette di rispondere in giornata a proposito della possibile intervista. E invece nulla. La Campione chiede ancora tempo spiegando che il prorettore ha altre priorità. Dice che attendendo qualche giorno in più si riuscirebbe ad avere un articolo più completo, e conclude così: «Il prorettore, altrimenti, potrebbe non rendersi mai più disponibile a farsi intervistare da voi».Preso atto delle altre priorità del prorettore, la Repubblica degli Stagisti comincia a stendere il suo articolo. Ma ecco che il giorno dopo viene ricontattata dalla Campione che insiste per organizzare al volo un’intervista: non al prorettore Roda però, bensì ad Angelo Saccà, direttore della Divisione servizi agli studenti [nella foto a fianco]. Saccà esordisce spiegando che le linee guida «sono state stilate solo per seguire la legge 148 e per avere un modus operandi d’ateneo unitario». Perché però limitare il diritto allo stage degli studenti, ancor più di quanto l’articolo 11 già fa? «Non è una limitazione, è un modo per tutelarli dall’abuso di questa formula. E poi potranno continuare a fare tirocini». Sì, ma per una durata complessiva non superiore a sei mesi “curriculari” durante gli studi e a sei mesi “extracurriculari” dopo, entro dodici mesi dalla laurea. «Non è proprio così» continua «in realtà durante gli studi è possibile intraprendere sei mesi di stage curriculare, previsto dal piano di studi, ma anche sei di extracurriculare e altri sei dopo la laurea, entro 12 mesi dal titolo». Secondo Saccà sarebbe stato lo stesso ministero ad avallare l’interpretazione che il limite di sei mesi sia da applicarsi alla singola persona e non al singolo stage. Ma come nascono le linee guida in questione? «Una volta uscita la legge ci siamo confrontati con altri atenei e abbiamo chiesto al ministero delucidazioni su punti poco chiari. Hanno risposto a certi quesiti e per altri ci hanno rimandati alle faq sul sito del ministero. Poi con la Commissione abbiamo stilato le linee guida, seguendo la legge e le abbiamo pubblicate sul sito d’ateneo, con una serie di faq per chiarire a studenti e aziende il nuovo meccanismo». Permangono però dubbi: «Non abbiamo chiari dei punti sugli stage extracurriculari per dottori di ricerca» ha aggiunto Saccà, concludendo «modificheremo eventualmente le linee guida a seconda di come il ministero cambierà la legge».In realtà l'università di Torino si discosta in maniera piuttosto significativa dalle direttive ministeriali contenute nella circolare del 12 settembre, poichè ha deciso di considerare «curriculari» esclusivamente i tirocini previsti nel curriculum, mentre la circolare  definisce così non solo quelli «inclusi nei piani di studio delle università e degli istituti scolastici sulla base di norme regolamentari» ma anche «altre esperienze previste all’interno di un percorso formale di istruzione e formazione, la cui finalità non sia direttamente quella di favorire l’inserimento lavorativo, bensì quella di affinare il processo di apprendimento e di formazione con una modalità di cosiddetta alternanza». Perché un tirocinio sia considerato curriculare secondo la circolare basta che soddisfi tre requisiti: che l’ente promotore sia un’università o un ente di formazione abilitato al rilascio di titoli di studio; che il soggetto beneficiario sia uno studente di scuola superiore, università, master e dottorati universitari, o allievo di istituti professionali e corsi di formazione; e che lo stage sia svolto durante il percorso di studio, anche se non direttamente correlato all’acquisizione di crediti. Mentre l’ateneo torinese scrive nelle sue linee guida qualcosa di ben diverso: «saranno considerati tirocini curriculari esclusivamente quelli previsti nel curriculum, salvo eventuali ed ulteriori provvedimenti specifici dei corsi di laurea». Ponendo di fatto una forte limitazione a quei tirocini che andrebbero invece incentivati il più possibile: quelli svolti durante il percorso di studi. Nel frattempo, le linee guida sono scomparse da alcuni siti: fino a qualche giorno fa erano online per esempio sul sito della facoltà di Giurisprudenza, ora non ci sono più.Giulia CimpanelliPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Manovra, la riforma della normativa sugli stage getta gli enti promotori nel caos: e scatta l'anarchia interpretativaE anche:- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti

Progetto Les4, blocco o non blocco? Gli aspiranti stagisti lanciano un help, ma Promuovi Italia rassicura: «Tutto procede come previsto»

Allarme sul gruppo Facebook della Repubblica degli Stagisti: diversi lettori che si erano candidati per i tirocini Lavoro e Sviluppo 4 tramite Promuovi Italia segnalano di avere avuto notizia di uno stop del progetto. L'utente “JuventinoVero” apre così la discussione: «Qualcuno vuole spiegarmi perchè a Promuovi Italia hanno sospeso tutti i tirocini? Si parla di un blocco totale». E aggiunge pochi post più in basso: «Per Lavoro e Sviluppo 4 dopo aver trovato un'azienda disposta ad accogliermi mi sento dire che tali tirocini sono stati bloccati».Altri utenti confermano il problema: «è successo lo stesso anche a me il mese scorso... un'azienda, dopo il colloquio, mi ha avvisato telefonicamente dicendomi che il progetto era momentaneamente sospeso, ma il vero motivo mi è tuttora ignoto!», afferma “Giu'Sy”. E “Il milione” ribadisce: «Anche a me era successa la stessa identica cosa, ma venerdì mi hanno richiamato dicendomi che hanno risolto il problema».Molti provano a contattare il call center di Promuovi Italia, senza però ottenere spiegazioni soddisfacenti. Blocco o non blocco? La Repubblica degli Stagisti ha raccolto queste richieste di help andando a interpellare direttamente Promuovi Italia. Dall'ufficio web e comunicazione Luigi De Stefano smentisce qualsiasi interruzione del progetto: «Non c'è nessun blocco, il programma procede come previsto e nei prossimi mesi, al massimo entro il gennaio 2012, partirà la terza annualità con un'offerta ancora più ampia di servizi da parte di Promuovi Italia». Perchè, allora, la confusione degli ultimi giorni e le notizie contrastanti dalle aziende? «Le società aderenti al progetto non sono autorizzate a parlare per conto di Promuovi Italia. Forse si è registrato un calo delle attività in vista della fine del secondo anno del progetto. Ma non c'è stato nessuno stop».Di certo la revisione dei requisiti per poter aderire ai tirocini dopo la riforma estiva ha influito al ribasso sui numeri del progetto: da agosto ad oggi sono stati attivati 73 stage, circa 25 al mese. Non molti, se si considera che nella prima annualità erano stati attivati oltre 1.500 progetti formativi, per una media di 125 al mese, e che nella seconda annualità, già allo scorso 13 gennaio, erano partiti altri 439 tirocini.Se la riforma estiva spiega in parte il rallentamento delle operazioni, potrebbe esserci un altro fattore meno evidente in gioco: fonti ben informate vedrebbero imminente (o già in atto) una revisione della lista delle aziende partecipanti al Les 4 dietro richiesta espressa del ministero. Difficile però dire quali potranno essere le modifiche se si considera che la lista non è mai stata resa pubblica in primo luogo, nonostante le sollecitazioni della Repubblica degli Stagisti.Sicuramente la smentita di Promuovi Italia in merito al blocco del progetto pone un punto fermo alla questione. Ma dovrebbe forse sorprendere che, alla fine, si presentino problemi come questi quando la trasparenza per i candidati continua a passare in secondo piano rispetto alla supposta inviolabilità della privacy aziendale?di Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage, maxi-finanziamento europeo da 60 milioni per disoccupati di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma tra i criteri di selezione non c'è l'età- Progetto di stage "Les 4" di Promuovi Italia: la scheda con tutte le informazioni utili- Lavoro e sviluppo 4, milioni di euro ma non si sa a chi: la lista delle aziende c'è ma non si vede. Ministero, e la trasparenza?- Tirocini Les 4, la Repubblica degli Stagisti gira le domande dei suoi lettori agli organizzatori: ecco le risposte di Promuovi Italia

Stage gratuiti, Caterina versus Flash Art: il botta e risposta con Giancarlo Politi. E il web si rivolta

Leggere un annuncio per uno stage di 8-10 mesi con rimborso spese «quasi inesistente» e decidere di rispondere per esternare la propria disapprovazione. Ricevendo, per tutta risposta, un insulto. È accaduto. Tutto comincia quando Caterina, 28enne milanese emigrata a Londra, pubblica sul suo profilo Facebook alcuni stralci delle mail che poche ore prima si è scambiata con Giancarlo Politi [sotto in foto], nome noto nel mondo dell'arte e del design. Politi, 74 anni, umbro, critico e già direttore della Biennale di Praga, è tra le altre cose anche editore e direttore di Flash Art, magazine mensile di arte contemporanea fondato nel 1967, di cui oggi oltre alla versione italiana - tiratura dichiarata: 40mila copie - esiste anche una internazionale in inglese, entrambe al costo di una decina di euro. «La rivista d'arte contemporanea più prestigiosa, autorevole e diffusa nel mondo» si legge nella pagina dedicata agli abbonamenti. E proprio per rimpolpare la redazione di Flash Art a Milano, in via Carlo Farini (in Italia un'altra sede è a Perugia, mentre l'editore dichiara dipendenti anche a Londra e New York), Politi pubblica un annuncio per la ricerca di stagisti come assistenti di redazione, raccomandando la candidatura solo a chi «possiede i requisiti richiesti e può mantenersi per parecchi mesi a Milano». L'annuncio, ancora disponibile online [sopra, uno screenshot della pagina] e sulla bacheca Facebook del magazine, fa infuriare Caterina, che per altro non è affatto interessata alla posizione. Perché lei un lavoro già ce l'ha ed è soddisfatta: fa l'interior designer a Londra con un contratto che, superato il periodo di prova in scadenza a fine mese, diventerà a tempo indeterminato, con uno stipendio di 32mila sterline all'anno.«Mi spiega perché i miei genitori o chi per essi dovrebbero pagare perché io lavori per lei? Solo persone ricche possono dunque lavorare da FlashArt?» scrive la ragazza il 12 ottobre. E a stretto giro di posta dall'IPhone di Politi arriva la risposta: senza competenze non si possono avanzare pretese, dice; la sua azienda «non è di beneficenza. E tu cerchi la beneficienza». Caterina ribatte con un elenco: laurea in design al Politecnico di Milano, conoscenza di inDesign e di un'altra decina di software tecnici, quattro lingue, un bel lavoro all'estero. «Dal suo annuncio la cosa che vorrei meno al mondo è lavorare per lei [...]. La beneficenza se la faccia fare lei». Poi, stando alla ricostruzione della ragazza, l'insulto di Politi, che chiude il botta e risposta: «Come vedi ora anche le mignotte debbono parlare 4 lingue, conoscere l'arte e inDesign. Il globalismo fa miracoli. Buon segno». Dal profilo Facebook di Caterina la notizia rimbalza in Rete: gli amici fanno partire il tam tam mediatico  e presto la vicenda, ripresa per prima dal Manifesto dello stagista di Scambieuropei, fa scalpore: la bacheca di Flash Art e la redazione vengono prese d'assalto dalle proteste. Al punto che il giorno seguente Giancarlo Politi pubblica una replica  ufficiale, in cui mette in evidenza la «malafede» di «una interlocutrice particolarmente aggressiva e subdola» che avrebbe «manipolato» la sua risposta via mail. Il termine «mignotta» non compare, sostituito da un più politically correct «escort». E non solo: nella replica Politi sostiene che per lo stage era previsto un rimborso spese, quantificato a grandi lettere già nel titolo della comunicazione in 350-500 euro, a seconda del grado di preparazione dello stagista. È questa, precisa il post scriptum, la «versione ufficiale e realissima dell'episodio» [a fianco, uno screenshot della pagina e qui i commenti al relativo post su Facebook].Caterina però giura di non aver manipolato nulla. E  decide di far pervenire lo scambio di mail, che nel frattempo ha fatto il giro del web, attraverso una lettera aperta al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Senza citare il nome di Politi, forse per prudenza, ma firmandosi con nome e cognome e chiudendo con un appello accorato: «Signor Presidente, ci aiuti a ritrovare le speranze. Non lasciateci soli».Chissà se Napolitano risponderà: per Caterina - e per decine di migliaia di giovani - sarebbe importante un riscontro. Intanto, secondo la filosofia del chi fa da sè fa per tre unita a quella spesso negletta dell'unione che fa la forza, si può prendere spunto dall'episodio. E iniziare a praticare l'arte del rilancio: se ci si imbatte in un annuncio di stage o di lavoro a condizioni non dignitose si ha tutto il diritto di comunicare all'azienda o all'ente il proprio dissenso verso quel tipo di trattamento, e proporne uno alternativo. Sul modello elaborato dal già citato Manifesto dello stagista o anche ricorrendo al sarcasmo - come ha recentemente suggerito un membro del gruppo Repubblica degli Stagisti su Facebook: «vi scrivo fiducioso che un'esperienza come stagista presso una delle vostre filiali possa risultare, assieme a tante altre sostenute, utile per acquisire quelle competenze e quel senso di responsabilità che solo chi non viene pagato, o viene pagato miseramente, può ottenere. Sono convinto dell'importanza del volontariato come esperienza di vita utile ad aiutare chi sta peggio di me e per questo voglio dedicare gran parte della mia vita al servizio di coloro i quali necessitano di giovani con poche pretese, sopratutto giovani che non sono così arroganti e presuntuosi da pensare ancora che qualcuno ti debba pagare se non hai esperienza specifica in tutti settori del nostro mercato del lavoro. Mi auguro di ricevere un riscontro positivo a questa mia richiesta per far in modo che le mie assurde e vergognose pretese di vivere una vita indipendente e di formarmi una famiglia siano rinviate il più possibile». Alla (ri)scoperta di una qualità che tra nuove generazioni sembra latitare: la combattività.Annalisa Di Palo Per saperne di più, leggi anche:  - Caso Flash Art, l'indignazione di Caterina arriva al Quirinale: «Presidente Napolitano, non lasciateci soli» - Mai più rassegnati e indifferenti, i giovani devono cambiare l'Italia: è l'appello di un 95enne nel libro «Ribellarsi è giusto»- Stagisti a zero euro, no grazie: ecco perchè vietare il rimborso spese per legge sarebbe ingiusto e controproducenteE anche:  - Senza soldi non ci sono indipendenza, libertà, dignità per i giovani: guai a confondere il lavoro col volontariato- Oggi in tutta Italia manifestazioni a difesa della Costituzione. Senza dimenticare l'articolo 36, che sancisce il diritto a retribuzioni dignitose- Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero

Trenta centesimi per tradurre un articolo, l'associazione interpreti: «un'offesa alla dignità professionale». Ma l'impresa ribatte: «così si tengono allenati»

Tre euro ogni dieci articoli tradotti. È questo il compenso offerto per una collaborazione con la Blogpublishing, azienda editrice di magazine online con sede a Londra e - si legge sul sito - 320 redattori da tutto il mondo. A segnalarlo – stupefatta e affranta allo stesso tempo - è Cristina N., una lettrice della Repubblica degli Stagisti, scrivendo sul profilo Facebook della testata. «Vorrei mettervi a conoscenza di ciò che mi è appena capitato» esordisce, «avevo risposto ad un annuncio in cui si cercavano traduttori per articoli online dall'inglese all'italiano e dal francese all'italiano». I gestori della pagina web in questione non tardano a ricontattarla; in base a quanto riportato da Cristina nel post, la referente di Blogpublishing scrive spiegando che «il lavoro proposto è  semplice, tradurre articoli dall'inglese all'italiano e inserirli sul portale di prossima apertura in lingua italiana», fornendo poi una serie di esempi sulla tipologia di articoli da rielaborare, «anche in maniera non fedele». Secondo il racconto della lettrice, la responsabile delle risorse umane avrebbe anche assicurato massima flessibilità negli orari («non c'è un minimo, un massimo o degli orari da seguire»).I pagamenti avverrebbero ogni inizio del mese, e non mancano le rassicurazioni sull'affidabilità del metodo applicato, già sperimentato altrove, in Francia e Spagna, dove peraltro i traduttori starebbero creando «un fondo per la loro economia» (testuale) - probabilmente semivuoto - e un modo per riempire i tempi morti del lavoro. Insomma, un incoraggiamento a divertirsi tra una pausa e l’altra del lavoro 'vero', traducendo articoli praticamente a titolo gratuito. Cristina N. si dichiara «mortificata, sfruttata, depressa». E cosa risponde chi questa tipologia di collaborazioni la propone? «Noi non lo consideriamo un lavoro, tant'è che non viene posta alcuna condizione» afferma Richard Lagozzi, responsabile delle relazioni esterne della Blogpublishing, contattato dalla Repubblica degli Stagisti. «Per i molti traduttori che sono a casa senza un lavoro è un modo per esercitarsi nel tempo libero, un'esperienza da aggiungere al cv», si giustifica. E quei trenta centesimi di euro sono giusto «un rimborso spese per la copertura del valore della connessione a Internet». Il resto, ovvero le competenze delle persone, sembra non avere valore economico. Eppure il lavoro prodotto dai traduttori finisce sui siti della Blogpublishing, contribuendo ad aumentare il traffico web e quindi i proventi dell'impresa: gli esercizi che dovrebbero tenere in allenamento i traduttori disoccupati si trasformano dunque in profitto.  Per la Aiti, associazione italiana interpreti e traduttori, questo tipo di situazioni rappresenta «un'offesa alla dignità professionale». È sbagliato credere che «basti un'estate all'estero per fare questo mestiere, che ancora fatica a vedersi riconosciuta la sua professionalità», dichiara con rammarico alla Repubblica degli Stagisti Sandra Bertolini, presidente Aiti. E denuncia casi analoghi di offerte di collaborazione a «prezzi da fame» anche per siti istituzionali, come quello del ministero del Turismo. «C'è stata pure un'interrogazione parlamentare ma noi siamo ancora in attesa di una risposta». Tuttavia  non esiste una tariffa precisa per i traduttori: il compenso varia sia a seconda della lingua (più economiche quelle europee) sia del tipo di cartella presa in considerazione (alcuni la calcolano equivalente a 1500 caratteri, altri a mille, poi c’è chi considera gli spazi inclusi e chi no). Non è possibile quindi stabilire una quota esatta. Il compenso medio comunque varia quasi sempre dai 15 ai 25 euro a cartella. Dunque un articolo di 1500 caratteri – se pagato in base agli standard della professione – dovrebbe costare almeno 15 euro alla Blogpublishing. Per dieci articoli, sempre ragionando in termini di 'minimo sindacale', dovrebbero essere 150 euro. I datori di lavoro del portale ne offrono tre. È deprimente anche calcolare in che percentuale questa cifra differisca dall’emolumento base dovuto: ben il 98% in meno. Il prezzo non sembra giusto, e segnalazioni come questa sono importanti per ribadirlo.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti- Senza soldi non ci sono indipendenza, libertà, dignità per i giovani: guai a confondere il lavoro col volontariato