Dallo studio al lavoro: viaggio negli uffici placement, a sorpresa quasi nessuna università monitora l'esito occupazionale degli stage

Giulia Cimpanelli

Giulia Cimpanelli

Scritto il 05 Gen 2012 in Approfondimenti

Al giorno d’oggi non si può intraprendere un percorso di studi senza preoccuparsi per un futuro professionale. Per questa ragione, uno dei criteri per scegliere in che ateneo iscriversi, potrebbe essere la valutazione preventiva del funzionamento degli uffici placement. stageQuasi tutte le università, infatti, ne hanno uno e a breve anche quelle che non ne sono provviste dovranno dotarsene per legge. Non solo: la nuova normativa ne impone un potenziamento, per poter svolgere appieno un ruolo sempre più attivo  nell'incontro domanda-offerta e nel collocamento dei laureati nel mercato del lavoro.
La Repubblica degli Stagisti ha fatto un «viaggio» alla scoperta di queste realtà, in sei atenei molto differenti fra loro per dimensioni, storia e posizione. E ha scoperto che non si è ancora raggiunta una standardizzazione in fatto di servizi universitari al placement.
Il Politecnico di Torino è dotato di un ufficio placement centralizzato e convenzionato con oltre 6mila aziende. Tutti gli studenti dei master effettuano uno stage, ma la percentuale scende se ci si riferisce ai laureandi o laureati: nel 2010, a fronte di 27.519 iscritti, sono stati attivati solo poco più di duemila stage curriculari e 936 extracurriculari. Ma forse questa è una buona notizia, perché significa che le lauree dell’ateneo sono talmente forti da reggere sul mercato senza bisogno del passaggio intermedio dello stage. Il Politecnico organizza ogni anno un career day con una quarantina di imprese in cerca di talenti e sono parecchi gli eventi legati al placement tra cui i cicli di orientamento in uscita e Architetti on the job, incontro specifico tra studenti di architettura e studi di settore.
All’università di Pavia l’ufficio orientamento, che ha attivato 3.395 stage nell’ultimo anno (andando a servire quindi circa un settimo dei suoi 22mila studenti), offre specifici servizi come CV check e colloqui di orientamento. L’ateneo garantisce l’incontro di domanda e offerta attraverso una banca dati laureati e una bacheca di offerte di stage e lavoro, in cui le 5mila aziende convenzionate inseriscono le offerte. Il career day attira in media 2mila partecipanti e ospita 80 aziende.
È difficile credere che l’università di Bologna
con i suoi 76mila iscritti non abbia un vero e proprio ufficio placement, inteso come incrocio tra domanda e offerta, che metta in rete tutti i curricula dei laureati. Invece è così, l’Alma Mater è dotata solamente di un ufficio atto allo svolgimento e all’organizzazione di tre iniziative: Alma orienta, salone dell’orientamento in entrata, il career day e un servizio di orientamento al lavoro grazie al quale «gli studenti possono venire negli uffici per imparare a stendere il cv, prepararsi a colloqui o verificare le proprie attitudini» come spiega Roberto Nicoletti [nella foto a sinistra], prorettore agli studenti. Poi però ciascuna facoltà ha il suo ufficio stage. Sono 14.260 i tirocini curriculari attivati nell’ultimo anno dall’ateneo bolognese e circa 1.500 quelli di orientamento al lavoro (per laureandi o laureati).
A Firenze si applica una distinzione tra stage di formazione e di orientamento al lavoro: nell’anno 2010/11 i tirocini totali sono stati circa 6mila, di cui il 90% di formazione. Tutti i 1.167 studenti dei 63 master hanno svolto uno stage. Nella banca dati stage sono registrati 11.405 soggetti ospitanti. Anche Firenze organizza un career day, una settimana di seminari e incontri fra laureandi e laureati e rappresentanti del mondo del lavoro alla quale, l’ultimo anno, hanno partecipato 220 aziende e 1000 laureandi.
Spostandoci al sud, all’università di Lecce l’ufficio Career service si occupa solo dei tirocini extracurriculari. Nel 2010, su 3.880 laureati, sono stati attivati solo 332 stage. A causa della carenza di fondi negli ultimi anni l’ateneo non ha più realizzato il career day e si sta appoggiando al Job meeting organizzato dalla Provincia, l’unico, tra quelli considerati, che prevede la partecipazione gratuita delle imprese.
Alla Federico II di Napoli
Luigi Verolino [nella foto a destra], direttore del centro Softel (Orientamento, formazione e teledidattica), sottolinea la differenza tra lauree forti e deboli: «A Ingegneria e Economia il 94% dei laureati ha un lavoro a due anni dalla laurea e le offerte di stage sono molte. Diversa è la situazione dell’area socio-umanistica». L’ateneo sta dunque cercando di potenziare il servizio placement in quest’ultima. L’università di Napoli però è la sola tra quelle considerate a non offrire alcun tipo di stage all’estero.La Repubblica degli Stagisti ha posto ai sei atenei anche tre domande scomode: la loro posizione rispetto agli stage privi di rimborso spese, le strategie messe in campo per evitare gli stage-sfruttamento, e infine le modalità per calcolare la percentuale di placement, cioè di «buon esito» dello stage dal punto di vista occupazionale. Per quanto riguarda la tutela degli stagisti nessun ateneo ha scelto di imporre alle aziende di garantire un rimborso ma alcuni, come la Federico II, cercano di offrire ai ragazzi un contributo a loro spese in caso di stage non retribuito. Sulle ipotesi di «stage-sfruttamento» le università sembrano non volersi soffermare e tutte spiegano che, in caso di segnalazioni, si attivano immediatamente per cambiare tirocinio all’interessato e valutano la possibilità di togliere la convenzione all’azienda. Ma il dato più negativo riguarda il monitoraggio del placement: sorprendentemente nessuno degli atenei considerati ne effettua uno sull’esito dei tirocini e sulle percentuali di assunzione al termine dello stage.

Giulia Cimpanelli


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